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I rinneganti di Cardito Opum - prima sessione (Fate acc.)


Una Voce a caccia - parte I: Ritirata strategica
Prima sessione della campagna di Fate Accelerato "I Rinneganti di Cardito Opum"

Vai all'inserzione introduttiva sui personaggi: https://www.dragonslair.it/blogs/entry/1106-fate-acc-i-rinneganti-di-cardito-opum-personaggi/
Vai alla pagina di obsidianportal con le schede dei personaggi e con tutto il materiale sulla campagna: http://irinneganti.obsidianportal.com/
 

 Era quasi buio. Il sole si ritirò sulle viuzze, sdegnato dall’odore intenso e dolciastro del quartiere della Donnola, per abbracciare un’ultima volta la Città di Cardito Opum e sparire dietro le Mura vecchie senza un suono.

Arnaud percorse veloce via della Zecca, il passo nervoso ma sicuro, e si fermò davanti alla porta del Buco della Vedova. Chinatosi per entrare, scrollò sovrappensiero gli stivali dal fango. Il posto non era cambiato un granché dal suo ultimo show: la stessa dozzina di avventori, alcuni avvinazzati, altri intenti a lamentarsi della giornata, del Conte, dei Mercanti, della pioggia e del sole.

La crème de la crème, o secondo la maggior parte della città, la merde de la merdeMa questa è la mia gente

Un sorriso a metà si dipinse sul volto del Favoliere mentre si avvicinava al bancone, le mani in tasca, il borsello saldamente in pugno.
«Tarusi»

«Arnaud»
Una pausa, mentre lentamente comparve prima una schiena, poi delle grosse spalle e infine una testa rasata da dietro il tavolaccio.
«Non cerco favole né altre baggianate per almeno un altro Arco, ricordi?»

Finalmente la figura si girò a guardare Arnaud, che ostentava un’aria sorniona.
Un leggero cipiglio si accennò sulla faccia dell’oste.

«Non sei qui per quello, vero? Vuoi da bere, o altro?»

«Porto un ospite speciale stasera, mio caro Tarusi. Solito tran-tran: doppio giro, pago io, tu pronto a eventuali situazioni… inattendue, mon amì»

Le sopracciglia dell’oste si unirono nel mezzo, mentre la bocca si spalancò… e si chiuse, quando Arnaud fece passare due contee sul bancone. La mano dell’orso si chiuse in fretta sul denaro, la fronte si spianò, ogni tipo di tensione dimenticato.
«Mh»

«Lo prenderò per un “oui oui”»
Sogghignò il Favoliere dirigendosi al tavolo centrale, il volto rivolto alla porta, la posa distesa.
Ora stupiscimi, mio nuovo amico, e mostrami fino a che punto sei disposto a lasciarti sbottonare.

Quasi in risposta al suo pensiero, la porta del Buco si aprì nuovamente lasciando spazio ad una figura china ed allampanata avvolta nei cenci. Quasi fragile, forse troppo sottile per poter camminare eretta, si diresse lentamente al tavolo.
Arnaud non si fece ingannare. Il passo del nuovo arrivato era sicuro, il suo sguardo saettava veloce intorno cogliendo i particolari della stanza prima di fissarsi in quello del favoliere. L’oscurità che aleggiava in quegli occhi aveva un qualcosa di disturbante, di dissonante.

«Sei venuto. Accomodati, prego. Ho già provveduto per entrambi, e se solo aspetti un…»

«Sono venuto. Ora discutiamo. Non ho fame, non ho sete, non ho bisogno di altro»

Non ha cambiato atteggiamento dalle altre volte che l'ho incontrato. Pensavo che salvarsi a vicenda la pelle avesse sciolto un po' il ghiaccio. 
«D’accord, d’accord»
Arnaud si spinse in avanti, portando il volto più vicino a dove la figura aveva preso posto.
«Non vorrei essere io a ricordarlo, ma a volte ci tocca essere messaggeri di male nuove. Non è stato Arnaud Chanteur des la Montagne a richiedere questo incontro, se non mi sbaglio. Dimmi ora, cosa cerchi, Dagon?»
L’ultima lettera aleggiò nell’aria per qualche secondo, marcata a fondo dall’accento di Arnaud.

«Lo sai cosa cerco… Volpe»
Controbattè irritato, alzando un sopracciglio in un gesto quasi minaccioso, l’uomo nei cenci.

«So che puoi aiutarmi, so che puoi tenermi lontano da occhi, e da mani, fin troppo avide e mai sazie. Ora detta pure le tue condizioni…»
Dagon chiuse gli occhi un secondo, poi li riaprì all’improvviso. Arnaud sentì l’oscurità farsi strada fin nel suo intimo.
«Purché siano in linea con le mie!»



Lys sedeva irrequieta sulla sedia, guardando attorno con disprezzo il pavimento, il bancone, il soffitto, gli astanti, tutto.

Buco è un nome appropriato, crepino gli antenati.

Col bastone disegnava impaziente disegni sul terreno lercio, mentre la benda sull’occhio sinistro le irritava il delicato sopracciglio. Paludata in quel modo, coperta di stracci e di una barba posticcia, pareva perfettamente adatta all’atmosfera della locanda.

Locanda, pfff. Un covo puzzolente per chi non sa far fruttare la propria povertà a discapito degli altri. Gente senza talento. Popolo di incapaci. Idioti e pure brutti.

Assistette senza troppa attenzione all’entrata in scena di un ridicolo Favoliere, le cui movenze aggraziate le causarono un moto di riso, subito represso. Tornò subito a concentrarsi quando la porta del Buco si aprì lentamente per lasciare spazio ad una figura alta e sottile.

Dagon. Brucino gli antenati, se mi trovo qui è solo per colpa di quel vecchio puzzone di Deriyp. Non scoprirmi non scoprirmi non scoprirmi

Lo sguardo di Lys saettò velocemente su Cairi e Verves, seduti poco oltre il tavolo occupato dallo stregone e dal bardo. Li conosceva poco, ma in quei casi anche poco era meglio di nulla.

Mai più da sola insieme a LUI!

La giovane si mise comoda, pronta a tenere aperte le orecchie e chiusa la bocca. E a defilarsi in fretta in caso di guai, ovviamente: non dimentichiamo la parte Rapidi dei Rapidi Silenti. Gli ordini erano di non prendere iniziative violente, per nessuna ragione al mondo.



La porta si spalancò improvvisamente, interrompendo Arnaud a metà frase. 
Un uomo armato in vesti aderenti, color panna e oro, si fece largo nella stanza, creando insieme ad altri due un piccolo spazio protetto proprio di fronte all’entrata.
Dal rettangolo di buio della sera fece il suo ingresso, accompagnato da refoli di aria gelida, un’alta figura dall’abito completamente bianco. Il volto, splendidamente incorniciato da una curata barbetta alla Prenthese, aveva i bei tratti rilassati in una posa distesa. Lo sguardo, tuttavia, si fece duro mentre estraeva dalle pieghe del vestito un rotolo dall’aria costosa.

«La Voce del Circolo, quivi rappresentata dalla persona di Seri Badus, annuncia la volontà del Senato. 
Dagon Trelassis, conosciuto anche come Il Risvegliato, deve essere ricondotto, stante o meno la sua collaborazione, stante o meno il suo respiro, presso l’Elaia Prima per essere giudicato. Il crimine di cui è accusato è ora di essersi sottratto alla giustizia senatoria, stante la sentenza di colpevolezza per truffa.
La Voce è pertanto dotata di ogni potere necessario a tale scopo, stante il suo respiro»
.

Il silenzio che fece seguito alle sue parole fu interrotto da un rapido fruscio, dopodiché Arnaud si ritrovò circondato da due braccia e da una corda.

Mais qu’est-ce que…?

Un guizzo rapido del busto, e riuscì a sottrarsi alla stretta prima che si chiudesse. Di fronte a lui stava un tipo tracagnotto, un corsetto sbrindellato addosso e una pipa abbandonata ai suoi piedi. La mano, in una sporca manica di camicia che una volta doveva essere stata beige, si stava muovendo verso la tasca destra dei larghi pantaloni.
Senza fermarsi a vedere cosa ne avrebbe cavato, Arnaud estrasse la propria spada per metà, colpendo l’avversario in pieno volto con il pomello. Approfittando del suo momentaneo stordimento, lo incalzò tentando di liberare completamente la lama dal fodero. Quel dannato chien si riprese però rapidamente, e scattando di lato spinse Arnaud per andare a spostarsi vicino al bancone.
Il Favoliere si issò sul tavolo, danzando sul suo bordo e gettando un’occhiata all’intera stanza.
Dagon sembrava avesse avuto a che fare con un altro assalto alle spalle, ma il suo avversario era ora per terra, tenendosi una spalla. Le tre guardie si erano avvicinate all’Augemante, muovendosi cautamente a stringere un cerchio intorno. Fermo all’entrata, lo sguardo inflessibile, stava il tipo pomposo.

La Voce del Circolo, a quanto pare. Avessi solo idea di chi diable sia…



Ora basta. 
Dopo aver visto Cairi e Verves gettarsi sullo stregone e sul suo amico, in barba agli ordini, Lys decise di averne avuto abbastanza.
Non aveva idea di cosa stesse succedendo, né di perché; tutto ciò che le interessava era trarre il massimo profitto dalla situazione e uscire di scena, mettendo la maggior distanza possibile tra se stessa e il fattucchiere. Un’occhiata rapida a quella autoproclamata “Voce” le permise di appurare ciò che già pensava: vesti ricche, aria importante… tasche gonfie.
Muovendosi rapidamente nonostante i cenci, si portò alle spalle dell’uomo, come pronta ad andarsene per non restare coinvolta nello scontro. La sua mano destra scattò, cercando con cautela la causa del rigonfiamento. Trasferito il contenuto nelle proprie, colse il baluginio di una cinta argentata tra le vesti della Voce.

Pantaloni? Interessante, interessante…

Mentre le tre guardie si stavano spostando incontro allo stregone, un’idea brillante si fece strada nel flusso dispettoso dei suoi pensieri. Senza fermarsi a riflettere troppo, mosse lo stiletto in direzione della cinta e la recise nettamente. Forse per rendere la situazione più piccante, forse come vendetta a quella nobiltà che i suoi genitori hanno ostinatamente tentato di propinarle sin da piccola. 

Ora vediamo come te la cavi, panzone!

Un urlo si levò dalla gola della Voce, niente affatto virile ed imperioso.

«Guardie, a me»

Quando il grido stridulo non produsse un effetto immediato, l’onorevole Seri Badus caracollò, una mano sui pantaloni a mezz’asta, verso le sue guardie in mezzo alla stanza.
Voltandosi in quella direzione, Lys non riuscì a dare un senso a quel che vide. Cairi, schiena a terra, era ancora più scioccato di lei. Il suo pugnale era stato fermato a mezz’aria da delle forme oscure, una sorta di anelli senza capo né coda saldati l’uno nell’altro a comporre delle catene concepibili solo da un pazzo.
Aleggiando senza rumore, le catene si frapposero tra Dagon e i tre armigeri, minacciose nella loro scura fluidità. I soldati fecero un passo indietro, prima che uno di essi, il più coraggioso o il più fuori di testa, decise di chinarsi sotto alla nera massa per poi gettarsi sopra allo stregone.
Un altro urlo attirò l’attenzione di Lys, mentre il favoliere con una bottiglia in mano 
Da dove l’avrà presa? Dannati gli antenati se lo so
si lanciò dal tavolo per andare a schiantarsi di spalla poco distante da Verves. Con la consueta efficienza, questi sollevò una sedia per rompergliela in testa.

A questo punto dovrei uscire di scena. Eppure, eppure…



La spalla destra gli faceva malissimo, ҫa va sans dire, ma la Volpe Grigia si era già trovata altre volte in risse da osteria. Il trucco era concentrarsi sul fare male agli altri ignorando il proprio dolore. Facendo leva sull’avambraccio sinistro Arnaud si issò nuovamente in posizione eretta, colpendo l’avversario sul polso e costringendolo a lasciar cadere la sedia. Una ginocchiata precisa la mandò a levarsi in aria, e schivando di un soffio lo stiletto del manigoldo Arnaud saltò in alto fin sopra di essa.

Scusami, sono stato poco gentile: riecco la tua sedia!

Piroettando in volo, liberò con un calcio la propria forza, proiettando la sedia dritta in faccia all'avversario. 
In una pioggia di schegge e sangue, questi crollò per terra. Il rumore inconfondibile di ossa rotte nascose l’interruzione del respiro.

Tze! Pensavi davvero di farcela contro di me? Allenati ancora dieci anni, poi potrai... oh, parbleu. Forse non potrai...

Voltatosi indietro, Arnaud rimase a fissare affascinato e al contempo spaventato ciò che stava succedendo vicino al tavolo.
Dei filamenti neri si intrecciavano in anelli, danzando vicino a Dagon. Uno di essi si mosse rapido, mettendo fuori gioco una delle tre guardie avvicinatesi nel frattempo. Delle altre due, una si diresse correndo rapida verso la porta, l’altra si mosse come per attaccare l’Augemante. Della Voce non c’era più nessuna traccia, mentre un vecchio straccione si era avvicinato al centro della stanza.
Senza perdere tempo, Arnaud sguainò del tutto la spada e in un movimento fluido raggiunse l’ultimo armigero alle spalle, spingendo a fondo la lama appena sotto alla clavicola.

Non vedo altri muoversi. Dov’è finito il secondo homme bravache?

Per alcuni momenti se l'erano vista brutta, ma ora la tensione era finita.
 

Frugando nelle tasche dei caduti, Arnaud trovò qualche contea e uno o due marchi.
«Rimettili in forma per me, Tarusi, ti va? Il resto quando sarà tutto più tranquillo»
Lanciate le monete all’oste, si voltò verso il suo compagno.
«Conosco un posto qui vicino, dove possiamo stare tranquilli per qualche Corda ancora. Pronto, o vuoi continuare a giocare con i tuoi gingili?»
Con cui avresti ucciso tutti, probabilmente. Ma meglio non mostrarsi troppo impressionati, la Volpe Grigia ne ha viste di peggiori. Forse…

Lo sguardo fosco che gli restituì Dagon gli mise i brividi, ma dopo un breve istante l’Augemante annuì.
«Andiamo»



Verves era morto al di là da ogni dubbio. Cosa avrebbe potuto dire a Deryip? Nulla di quanto era successo aveva senso. 
Ma Lys non era tra le migliori dei Rapidi Silenti per nulla; controllato il tremito alle mani, si diresse verso la porta da cui la coppia favoliere-stregone era uscita.

Fare rapporto, innanzitutto. Vediamo dove vanno questi puzzoni, poi filata da Deryip a cercare di capire qualcosa in questo guazzabuglio.

La pioggia era incessante, una cortina spessa che sbavava nel buio il profilo degli edifici circostanti. La strada era prevedibilmente deserta.
Prestando attenzione a non farsi vedere, seguì le due figure ingobbite fino all’ingresso del piccolo cimitero della Donnola. 
Qui il favoliere estrasse una chiave, e dopo un rapido sguardo intorno sgusciò all’interno, seguito subito dallo stregone.

Bene, ho fatto il mio dovere. Ora dritta al Pipistrello, e vediamo un po’…



Dagon uscì dal piccolo stabile chinandosi leggermente. Le ore passate ad ascoltare il favoliere ciarlare sul proprio rifugio erano già sbiadite nella sua mente, concentrata sullo stringere i propri legami interni.
La forza dell’Antico sembrava crescere, forzare gli interstizi della sua anima per inserirvi le proprie scheletriche dita. Solo il controllo delle forze di legame riusciva a mantenere sana la mente di Dagon, ma anche da quel punto di vista cominciava ad accusare il colpo.

Una volta avrei spazzato via pezzenti e guardie del Circolo con un solo pensiero. Ora mi ritrovo a concentrarmi per Vincolare gli anelli in successioni abbastanza sensate da avere uno scopo. Maledetta la mia curiosità.

Seguendo la Volpe Grigia per vie strette e scure, sopportando il ticchettio della pioggia sui cenci in cui era avvolto, l’Augemante lasciò perdere i foschi pensieri sul passato e si concentrò sull’immediato.
«Rumori di passi. Tanti. E di corsa»

«Oui, oui. I tuoi amici stanno arrivando, e la porta è appena più avanti. Ci caleremo dai merli, come giovani scoiattoli furtivi!»

Sulla sinistra, una scala a sbalzo dalla muratura conduceva al camminamento superiore. Da qui avrebbero potuto scendere grazie ad una corda, senza attrarre l’attenzione.

O almeno questo era il piano. Maledetti soldati, maledetto Badus, maledetti tutti. Maledetto Senato.

Correndo in fretta dietro ad Arnaud, Dagon si portò in cima alla scalinata, mentre le grida dei soldati si avvicinavano sempre più. Oramai era impossibile non li avessero visti.

«La Volpe Grigia! Insieme allo stregone! Là in cima!»

Voltandosi lentamente, ne vide alcuni salirei i primi scalini. Era impossibile riuscire a calarsi prima di essere raggiunti.

Ho sacrificato tanto, e ciò che sono ora non è ciò che ero allora. Non tornerò docile dai Mantelli, pronto a farmi macellare. No, ed è abbastanza.

La vista gli si sdoppiò, un forte sapore di bile bruciante gli risalì in gola. Le vene del suo collo si tesero allo spasmo, mentre emozioni non sue gli si insinuarono dentro, spazzando via ogni ragionevole resistenza. 
Una risata rauca gli si formò in gola, mentre le mani si proiettarono in avanti, ansiose, artiglianti l’aria.
L’antico non era come un anziano mentore, pronto a spiegargli come lavorare insieme per risultati maggiori. Era più un tiranno impostore, capace di forzargli la mano seguendo pensieri di un altro mondo.
Un rumore come di tuono gli percosse le orecchie, mentre grida sovrapposte si fecero strada fino al suo cervello.
Quando fu in grado di rimettere a fuoco la scena, avrebbe preferito cavarsi gli occhi. Una massa confusa di interiora, peli, pelle strappata e sangue era qua e là puntellata da ossa ancora intere, bianche come dopo mesi al sole.

Non dovrebbe essere possibile utilizzare così i legami. Anzi, non lo è. Eppure, questo. E sono così stanco…

«Vieni qua, mon amì. Gli altri non saranno un problema, ma dobbiamo scendere ora!»

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Vicino ad Arnaud giacevano due cadaveri, trafitti entrambi all’altezza del cuore. Il favoliere aveva appena spinto due botti alla base della scala, per impedire ad altri soldati un facile accesso.
Il rumore della porta che si chiudeva giunse alle orecchie di Dagon insieme allo sguardo di Arnaud, seminascosto nella maschera della Volpe Grigia. 

Terrore, ma ben celato. D’altronde, non posso fargliene una colpa.

 

Calatosi per primo, l’Augemante fece appena in tempo ad appoggiare i piedi sul terreno che già il suo compagno gli era saltato accanto, la corda tranciata dopo pochi metri di discesa.
«Ahahah! E ora via, verso il vento! La Volpe Grigia ed il suo grigio compare, incontro alla libertè!»

 

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