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Seconda Era


Strikeiron

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La seconda era dei draghi

Le razze prosperarono per lungo tempo poiché, nonostante l'esistenza di Laran, non vi era inimicizia tra loro. Anzi il dio della Guerra si mescolava ai mortali e si dilettava in esercizi che nulla avevano a che fare con il sangue e la violenza. In quei tempi nacquero le arti nobili della guerra e si diffuse il pensiero del vero guerriero. Comunque le razze non si conobbero tra loro: i Nani preferivano le profonde viscere delle montagne dove estrarre il metallo che offrivano a Sethlans nelle loro creazioni; gli Elfi rimanevano immersi nelle cupe foreste del nord, adorando Selvans per la loro purezza e la natura che li circondava nella sua perfezione, donata loro da Northia. Solo gli Uomini attraversarono i fiumi e arrivarono ai confini del mare senza però trovare nulla che li potesse soddisfare. Là dove giungevano i loro cugini più longevi e resistenti, gli Zigar, erano comunque giunti prima di loro. Gli Gnul si isolarono nelle sabbie dei deserti e di loro nessuno seppe nulla per i secoli a venire. Selvans volgeva tranquillo la ruota del tempo con il ciclo delle stagioni e Velthune osservava compiaciuto la perfezione della propria opera. Northia moriva e rinasceva a ogni ciclo vitale, divenendo sempre più insensibile a quanto era stato perso e a quanto si andava già distruggendo.

Ma le razze crebbero a seconda della loro purezza.

E gli Elfi crebbero al punto da capire quale fosse la magia che sosteneva gli elementi e pertanto come era stata fatta qualsiasi cosa conosciuta. Ma questo non bastò loro. Trassero la magia al di fuori di ogni elemento conosciuto e credettero di poterla controllare e manipolare: gli elementi deperirono a poco a poco. E gli dei capirono quale danno fosse stato arrecato troppo tardi, quando ormai molti tra gli Elfi si erano già condannati traendo la magia dalle proprie vite e la terra stessa moriva, dividendosi negli elementi dei quali era costituita. Molti reietti tra gli Elfi pagarono il prezzo per il delitto che avevano commesso e scomparvero nella profondità delle foreste, portando con sé la magia che avevano sottratto a sé stessi e che pian piano li stava trasformando in degli incubi corrotti, evocati con le loro mani e la loro ignoranza. Credevano che la purezza della loro stirpe avrebbe naturalmente condotto le loro opere verso il bene di ciò che era stato loro affidato, ma nella loro cecità e nel loro zelo sbagliarono. Il potere stesso della magia, privo di controllo, li distrusse. Tra quelli che non andarono incontro ad un simile destino, pochi ormai morenti si ritirarono nei luoghi più remoti delle grandi foreste che già pian piano ingiallendosi andavano disgregandosi. Northia, indebolita, fece scendere l'oscurità su di loro e parve che fosse arrivata la fine per tutti i mortali, mentre gli stessi astri di Sethlans in cielo andavano spegnendosi. Velthune ricorse allora in quegli ultimi istanti al mondo generato da quanto aveva scartato nella prima creazione e là, dove la magia non ha più valore, esiliò i reietti e ciò che avevano compiuto perché fossero dimenticati. Ciò nonostante il mondo dove la magia non ha valore li inghiottì tutti quanti e continuò a prosperare, con grande stupore di tutti gli dei.1 Allo stesso tempo Velthune si decise e con l'aiuto di Selvans creò una nuova razza, l'unica e la prima tra tutte, che solcasse i domini dell'aria e dimorasse nella terra, tra Aita e Phersipnai. Questa razza ebbe il compito di portare l'equilibrio nelle ere a venire, compito che i migliori custodi tra gli Elfi avevano mancato. I Draghi furono creati tali da non temere alcun danno dal fuoco di Sethlans e neppure dalle acque cupe di Nethuns. E essi riportarono l'equità tra la magia e gli elementi. Gli Elfi li considerarono puri perché venivano dalle loro stesse foreste e molti di loro parlavano la loro stessa lingua; gli Zigar li rispettarono mentre solcavano i cieli sopra le acque e mostravano loro le rotte sicure al di fuori da insidiose tempeste. I Nani li venerarono perché nei Draghi vi era il fuoco di Sethlans e mai dei fratelli di sangue si sarebbero rivoltati gli uni contro gli altri. Questo era il prezzo per il dono concesso da Sethlans ai draghi. Ma in quei tempi i Draghi erano saggi e la condizione imposta divenne dono e fratellanza imperitura con il popolo dei Nani.

Le altre razze li temevano perché ai Draghi era stato concesso dagli dei il potere dell'ordine su tutti gli elementi. E gli dei tutti li amavano per la loro purezza e per il loro sacrificio. Perché nessun Drago sarebbe vissuto con altro compito che non fosse stato quello di proteggere gli elementi. Grazie a questo la vita tornò a prosperare nelle terre di Solnem e degli Elfi reietti non se ne seppe più nulla, così come del mondo in cui erano stati esiliati. In questo modo era stato creato un passaggio tra Solnem e i luoghi ove la magia non ha alcun valore.2,3

1 Sembra anzi che nel mondo privo di magia gli esseri esiliati abbiano a loro volta mantenuto per breve tempo le loro capacità magiche, dando così origine a leggende su folletti, ninfe e quant'altro. In realtà tali creature dimoravano più spesso in prossimità di elementi naturali dai quali potevano ancora trarre energia per non perdere subito e completamente i loro poteri.

2 In realtà la Terra rappresenta una sorta di zona di scarto, scaturita dalla creazione di Solnem. Un mondo risultato dell'eccesso "fisico" di materiali durante la creazione e soprattutto un mondo privo di essenza, dove però inspiegabilmente anche in assenza della magia si è costituita la vita. Solo più tardi gli dei si accorgeranno (primi fra tutti Velthune) che il mondo della Terra ha già assunto una sua autonomia rispetto a Solnem. E che soprattutto nell'atto della cacciata dei reietti si é venuto a creare un collegamento stabile tra i due mondi. Tale collegamento, presente nelle "età dell'oro" sarebbe poi caduto in disuso e infine del tutto dimenticato.

3 I draghi da allora vennero chiamati le chiavi della creazione. Pare infatti che gli dei avessero dato loro il compito di esiliare i reietti e impedire che essi riuscissero a tornare su Solnem.

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