Conflitto di stupiditÃ
Ci sono cose che mi sento di consigliare, apertamente. Queste cose finiranno qua.
La prima è un libro, che ho letto di recente (andrò controcorrente, ma dico "Dio benedica i viaggi in treno!"): Inchiesta sul Cristianesimo. Come si costruisce una religione, di Corrado Augias e Remo Cacitti (quest'ultimo professore di Letteratura Cristiana Antica e di Storia del cristianesimo antico all'Università di Milano).
Il titolo dice a sufficienza sul tema del libro: Augias e Cacitti cercano (o meglio Cacitti grazie alle domande di Augias cerca) di ricostruire il percorso che ha portato all'affermazione planetaria di una corrente del Giudaismo per diversi anni minoritaria e ritenuta eretica, il Cristianesimo appunto. L'approccio è storico, la struttura è giornalistica, con l'intervistatore che gioca il ruolo dell'uomo della strada che pone domande anche apparentemente stupide allo studioso.
Personalmente ritengo che sia un libro che difficilmente lascerà il lettore fermo immobile sulle sue posizioni. Soprattutto per questo mi sento di consigliarlo. Sia ai credenti, che in molti casi hanno perso di vista quello che è il nucleo di una religione (di una qualunque religione), sia ai non credenti, che spesso pretendono di ragionare sullo stesso piano del credente non credendo (e quindi partono già sconfitti per principio). C'è una bellissima frase scritta all'inizio del Novecento da tale Salomon Reinach in merito all'insegnamento della religione a scuola: egli auspica l'inserimento della "storia delle religioni" tra le altre materie, sostenendo che in questo modo gli studenti "invece di dire 'io credo', oppure 'io non credo', [...] potranno dire in certo modo 'io so'". Esiste modo migliore di spiegare questo libro?
Un paio di citazioni che esprimono concetti che, a mio parere, dovrebbero essere centrali in ogni discorso sulla religione (e che definiscono anche incredibilmente bene quello che è il mio approccio.. nuovamente, è bello trovare qualcuno che esprime in certo modo quello che tu pensi).
Lei definisce "fatti" quelli che preferirei chiamare "eventi". Credo, infatti, tanto per spiegarmi, che nella vita di ciascuno di noi vi siano degli eventi, per esempio le emozioni, che sono certamente, e talora gioiosamente o dolorosamente, reali, ma non fattuali: io posso provare un sentimento anche travolgente, che può provocare conseguenze concrete e reali, ma che, in se stesso, non è registrabile come un "fatto". Pensi, tanto per portare un esempio, all'innamoramento: certo, ne posso misurare le conseguenze, ma in sé l'evento resta inconoscibile.
Le religioni, in fondo, poggiano su due motivazioni fortissime: alleviare le sofferenze psicologiche, dare una speranza che non tutto finisca con la morte [...].Non lo sottovaluti. Questi bisogni esistono, la sofferenza è reale, la speranza necessaria. Sono andato a Lourdes una sola volta. Dopo aver visto decine di migliaia di persone in quelle condizioni, mi sono rafforzato nella convinzione che rispettare il dolore è un dovere morale primario.
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