2 Parole = 1 Mostro: PROGENIE DEI MORTI (Primitivo+Cornuto) - Parte I
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[TD="class: tr-caption, align: center"]Illustrazione e concetto di Alper Özgün Yesil per il Quotidiano di Ventura[/TD]
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DESCRIZIONE
I Figli dei Morti, più spesso chiamati Progenie, sono quantomeno ripugnanti a vedersi. Sembrano umani deformi con corna o ossa esposte che spuntano visibilmente per lo più dalle braccia o dalle gambe. Tanto i corni quanto le ossa esposte sembrano essere affilate o appuntite deliberatamente e la pelle che contorna queste escrescenze è di un malsano color grigio scuro. Molti membri della progenie sono accompagnati da un rivoltante odore di carogna in decomposizione. Tutte queste caratteristiche hanno molto contribuito a alimentare storie e dicerie secondo cui i figli dei morti sono creature demoniache o non-morti.
La realtà però è molto più triste. Il nemico principale della progenie dei morti è una malattia ereditaria che sta lentamente, e molto dolorosamente, sterminando il loro popolo. Essi la chiamano la Maledizione delle Ossa dei Morti.
Fin dai primi anni di vita infatti le loro ossa cominciano a crescere in modo innaturale e spesso casuale perforando la pelle e esponendo o allungando il tessuto muscolare. Poi dopo un po' la parte esposta delle ossa inizia a marcire in superficie sprigionando un terribile odore di decomposizione, motivo per cui la maggior parte dei membri della progenie affila costantemente le proprie ossa, per pulirle dalla parte marcia. L'ipertrofia ossea dovuta alla malattia provoca uno stato di dolore così costante nei figli dei morti che essi alla lunga vi si abituano diventando quasi del tutto insensibili ad esso.
In ogni caso la crescita casuale delle ossa riduce via via le loro capacità motorie e trasforma le loro mani in artigli impossibili da articolare per manipolare oggetti. Questo li rende completamente inabili ad un età prematura, tanto che non vi sono anziani nel loro popolo in quanto la maggior parte dei membri della progenie perisce prima di arrivare a trent'anni.
COMBATTIMENTO
A dispetto della loro deformità i figli dei morti non sono avversari da sottovalutare perché sono quasi del tutto insensibili al dolore e le loro ossa sono particolarmente spesse e difficili da fratturare, cosa che rende le armi da botta meno efficaci contro di loro.
La maggior parte della progenie usa armi immanicate dotate di lame d'osso particolarmente affilate o seghettate. Oltre a queste sfruttano anche le loro stesse estremità appuntite o cornee come armi secondarie.
SPECIALI
Protezione: ignora 12 danni da armi che siano esclusivamente da botta
Fetore di carogna: chiunque si avvicini a meno di 10 passi da un membro della progenie deve effettuare una prova su REsistenza di difficoltà 16. In caso di fallimento sarà nauseato fintanto che non si allontana per almeno 10 minuti, subendo un malus di -3 a tutti i CAR. I membri della progenie hanno una percentuale di avere questa capacità pari al 3% per anno d'età.
Armi della progenie: i membri della progenie hanno armi realizzate utilizzando le ossa dei loro avi. Più esse risalgono ad un antenato lontano del tempo maggiore è la loro efficacia, secondo la tabella seguente.
BACKGROUND
In un tempo remoto, di cui solo gli aedi più eruditi e gli sciamani più anziani conservano memoria, la progenie dei morti era un pugno di feroci tribù inclini alla guerra largamente temute nelle Terre Calde. Essi praticavano una sorta di cannibalismo rituale: mangiavano i loro stessi defunti, in modo particolare quelli ritenuti più forti o più saggi, per conservare quanto più del loro spirito con sé. Allo stesso modo banchettavano anche coi cadaveri dei nemici sconfitti in battaglia per sommare alla loro forza quella di coloro che avevano sconfitto.
Dopo il banchetto funebre i figli dei morti erano soliti prendere una scheggia d'osso e dopo averla lavorata rozzamente la conservavano come talismano usandola come piercing o indossandola come collana o braccialetto a futura memoria dell'evento. Questa pratica contribuì a dare loro la fama di cannibali presso le tribù vicine, anche se le voci secondo cui essi catturavano i nemici o membri delle altre tribù a scopo culinario erano del tutto infondate. La progenie non esercitava il cannibalismo sui vivi né si procurava individui delle altre tribù a questo scopo, il loro era solo un macabro rituale funebre governato da regole rigide e precise.
A quel tempo la progenie dei morti era nota come Waimara, rispettata e temuta. Ma era prima della venuta di Ogan. Ogan il Grande, ma anche Ogan il Maledetto.
Successe una sera d'estate appena prima del tramonto, mentre i guerrieri più abili di una delle tribù dei Waimara stavano presenziando, ed erano in procinto di partecipare, ad un banchetto funebre di uno stimato e valoroso combattente della tribù che si stava tenendo sulla riva di un fiume. All'improvviso dal profondo del fiume venne fuori un uomo possente e senza indugio chiese per sé il cuore del defunto. I guerrieri presenti si opposero ma egli era così forte e destro che nessuno tra i presenti riuscì a batterlo. Fu cosi che Ogan, questo era il nome dello straniero, si guadagnò il cuore del guerriero e il comando della prima tribù dei Waimara. Egli non solo era un combattente eccezionale ma si dimostrò anche un abile leader e ben presto riunì tutte le tribù dei Waimara sotto il suo comando e iniziò a portar guerra alle altre tribù vicine. Vinse molte battaglie e allargò grandemente il territorio controllato dai Waimara. Ma un giorno dopo aver vinto l'ennesimo scontro il cui teatro era stato un villaggio di capanne di fango eretto sulle rovine di pietra di un insediamento molto più antico, Ogan trovò una grande statua di pietra raffigurante un umanoide deforme con palchi di corna che gli spuntavano dalla testa e dalle spalle. Il capotribù non era interessato alla statua in sé però, ma alla spada che essa teneva nella mano destra: era una lama stupenda fatta di un lucido metallo grigio. Per la statua era una normale spada, ma per un uomo sarebbe stata di certo un'arma a due mani. Senza pensarci su Ogan spezzò il braccio della statua con la mazza da guerra che impugnava e ne infranse le dita di pietra che ancora stringevano la lama e la prese per sé.
Un sacerdote, catturato insieme agli altri abitanti del villaggio che erano stati sconfitti in battaglia, rimbrottò Ogan per il suo gesto di blasfemia nei confronti del Signore delle Ossa, tale era il nome della divinità che la statua raffigurava. Ma il capotribù rise delle sue parole e con un gesto fulmineo gli spiccò la testa dal collo. Poi con spocchia abbatté la lama anche sulla statua decapitando anch'essa. Il guerriero restò tanto abbagliato dalla bellezza e dal filo eccezionalmente tagliente di quel nuovo strumento di morte che nemmeno si accorse che in realtà la statua non era di pietra, ma realizzata da un unico osso di chissà quale ciclopico animale. Fino a quando dall'erba dove adesso giaceva la testa decollata del Signore delle Ossa parlò: "Nessun mortale può osare offendere il Signore delle Ossa ed aspettarsi di vedere sorgere ancora il sole molte volte!" Lo sguardo della testa si posò sui piercing d'osso di Ogan. "Le ossa con cui tu e la tua schiatta vi siete gingillati finora Io le trasformerò nel vostro futuro fardello!"
Dopo averle udito pronunciare quella terribile maledizione il capotribù schiantò la testa in mille pezzi, vincolò al silenzio i pochi fidati che vi avevano assistito e ordinò che tutti gli abitanti del villaggio, visto che adoravano una cosa così empia, fossero giustiziati.
Con la sua nuova spada Ogan divenne ancor più inarrestabile, assoggettando al dominio dei Waimara molte altre tribù. Ma poi il valoroso condottiero cominciò ad essere afflitto da una allergia sempre più insopportabile alla luce del sole: ne veniva accecato e questa gli faceva lacrimare gli occhi inarrestabilmente, tanto che si fece costruire un sontuoso palazzo sotterraneo da cui intendeva continuare a controllare l'impero che si era guadagnato. Ma col passare degli anni la maledizione cominciò a manifestarsi nella tribù di Ogan: i guerrieri che lo avevano accompagnato avanzando d'età svilupparono terribili deformità e i neonati della tribù venivano alla luce malformati e talvolta con ossa già esposte, che non infrequentemente provocavano alle madri inarrestabili emorragie interne durante il parto.
L'evidenza dei fatti spezzò il vincolo del silenzio e non appena la storia della maledizione del Signore delle Ossa divenne risaputa la leadership di Ogan fu irrimediabilmente compromessa e i Waimara gli si rivoltarono contro rovesciandolo ed egli si rifugiò nel suo palazzo sotterraneo insieme ad una manciata di irriducibili fedelissimi.
I guerrieri della tribù cercarono inutilmente di penetrare nel palazzo sperando che una volta recuperata la spada del Signore delle Ossa fosse possibile tramite qualche drastico sacrificio far si che questi li sollevasse dalla maledizione. Purtroppo l'unico accesso era stato proprio progettato per permettere a pochi di difendersi contro molti e tutti i tentativi furono infruttuosi. Si ridussero quindi ad assediarlo per prendere gli occupanti per fame. L'assedio circa una stagione, fino al giorno in cui, in modo inaspettato, Edobo, uno dei fedelissimi di Ogan, spalancò le porte del palazzo chiedendo a gran voce di essere risparmiato. Era magro come uno scheletro e mezzo pazzo. Raccontò che circa tre giorni prima Ogan era morto ma che nessuno, nemmeno tra i suoi più fidati seguaci aveva voluto indire un banchetto funebre per lui o toccarne le carni a dispetto della fame che ormai da tempo li torturava. Dopo una lunga discussione tra loro avevano deciso di seppellirne il cadavere integro in una parte del palazzo che non era ancora stata completata e quindi si erano messi alla ricerca della spada per riconsegnarla alla tribù. Non erano stati capaci di trovarla e peggio ancora qualcosa aveva cominciato a infestare le sale sotterranee del palazzo, e a divorarne gli occupanti. Edobo aveva trovato i resti di due suoi compagni e sentendosi osservato da chissà quale oscura mostruosità aveva deciso di aprire le porte e fuggire all'esterno.
La tribù inviò nel palazzo vari gruppi di guerrieri incaricati di recuperare la spada ed i resti del loro precedente capotribù in modo da poterli esorcizzare e bruciare. Ma nessuno di quelli che oltrepassarono le porte del palazzo di Ogan ne uscì più né con la spada, né coi resti del Maledetto, né senza.
Anni dopo uno dei pochi anziani della tribù che la Maledizione delle Ossa dei Morti non aveva ancora ucciso ebbe una visione e profetizzo: "Nel giorno in cui il sole tramonterà nel sangue dal fiume uscirà un uomo cornuto. Egli è colui che può tornare dal palazzo infestato e spezzare la maledizione."
Fino ad oggi però la profezia non si è ancora avverata, e la vita per la progenie dei morti diventa ogni generazione più dura. Essi sono stati scacciati dalle terre che avevano conquistato e nessuna tribù è più loro sottomessa. Per la maggior parte di esse i figli dei morti sono creature malvagie e maledette da uccidere o bruciare non appena ciò è possibile.
La maggior parte della progenie dei morti vive ora grazie alle razzie fatte a danno di piccoli insediamenti o carovane modeste e solo pochi di essi riescono ancora a sopravvivere praticando una pastorizia essenziale o grazie ai frutti della foresta. Dei tanti che avevano conquistato con le armi solo pochissimi villaggi remoti pagano ormai loro ancora un tributo, quasi ridotto a un elemosina, affinché essi se ne tengano alla larga.
Nella seconda parte troverete gli spunti per le avventure e vari esempi di Progenie dei Morti già caratterizzati per livello e pronti per essere utilizzati.
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