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Incroci


Strikeiron

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La macchina sfrecciava veloce lungo le strade interminabili. Il percorso dritto e deserto, il lungo accompagnamento di pini marittimi sul ciglio di un canale: al di là l'acqua della laguna.

Troppo veloce.

Il riflesso sull'acqua scomparve. E con esso il rumore lento e cadenzato del motore. Aprì la portiera e si guardò intorno. Non aveva voglia di guidare ancora ed aveva bisogno di camminare dopo un pranzo un po' troppo pesante. Si incamminò deciso lungo il percorso che correva parallelo alla spiaggia. Sempre che si potesse chiamare spiaggia quell'accozzaglia di conchiglie spezzate, punteggiate qua e là da bottiglie galleggianti. Non tante, per carità, ma abbastanza da segnare la presenza della natura nell'universo dell'uomo. Come se qualcosa di non artificiale avesse potuto ancora sopravvivere tra il camino di una ciminiera laggiù, sul fondo di una nave bianca da crociera che scintillava nell'attesa della sua costruzione. Dall'altra parte una costruzione di cemento, un enorme astronave di grigiume piazzata in mezzo al nulla ma incombente come la copertina di un vecchio album dei Pink Floyd. Camminava in questo panorama ed in questo silenzio, pensando un po' a tutto. Chiedendosi cosa ci facesse un vecchio fermo nell'acqua bassa della prima spiaggia con una rete circolare. Il vecchio la calava di tanto in tanto gettandola all'improvviso in acqua e ritirandola lentamente. Ma cosa stava pescando in quel paesaggio industriale? Le bottiglie forse?

I passi, lenti e misurati, passi di una persona che pregusta l'ozio della pausa prima del lavoro lo ricondussero al filare di pini marittimi.

Solo chi non sa quale sia la propria identità è capace di annoiarsi in un quarto d'ora di vento teso e sole di settembre. Questo pensiero lo accompagnò verso la macchina, assieme alla constatazione che a volte occorre fare anche questo. La vita non è mai un romanzo come la si vorrebbe descrivere, ma sono le tante piccole cose che non notiamo che la rendono tale.

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