Classi - Bardo: Arte e letteratura
Inizio la serie di articoli sul bardo con un articolo che tratta di un argomento assai atipico in un manuale di gioco: l'arte e la letteratura. La base di questa scelta è stata la volontà di rappresentare le Toplakar Nai come un mondo vivo, pulsante, che per sua natura non può risolversi solo negli strumenti di gioco di master e giocatori.
Nel dettaglio, in questo articolo parlerò del rapporto in generale tra arte e religione (quindi tra arte e mondo) e delle correnti letterarie principali (d'altronde il bardo nelle canzoni e nelle declamazioni si rifà a scuole e modelli letterari). Nel prossimo articolo parlerò delle correnti minori, ma non per questo meno interessanti, della musica e illustrerò le biografie dei poeti più importanti, ovvero dei bardi più importanti; partendo da queste poi mi ricollegherò al discorso sulla classe vera e propria.
Arte e Nailismo
Per i riferimenti a storia e religione, consultate questo articolo.
La religione Nailiana tiene le arti e la bellezza in grande considerazione. La peculiarità del nailismo è che il Cammino Dorato stesso intende l’arte come mimesi aristotelica, ovvero l’arte deve essere rappresentazione perfetta della natura. Questa concezione pone un problema: se si deve rappresentare solo la verità, cosa è il vero? La prima presa di posizione fu il divieto di rappresentazione pittorica o scultorea di un oggetto, o persona o animale, realmente esistente, giacché si starebbe compiendo una menzogna rappresentando come vero una cosa falsa: la verità si trova non nella realtà, ma nell’Iberim (per esempio, un passo del Cammino Dorato dice: “Niente è rivelato tranne Nai e il Tempo”; il tempo poi vien fatto risalire a Nai, quindi l’unica cosa che esiste è Nai; per iniziare a prendere dimestichezza con alcuni nomi importanti, il poeta al-Mawlid scriverà invece: “Niente è rivelato tranne il Tempo”). Nailah stesso intervenne nella vicenda, spiegando che rappresentare Nai in un’icona è stupido, visto che “Nai è qui, Nai è ora, Nai è reale”, è in ugual parte in ogni cosa. Al contrario ammette senza alcun problema le rappresentazioni di qualunque altra cosa, sé stesso compreso, purché siano fatte in linea col pensiero artistico. Nailah continuò, riconoscendo la ragione degli esteti nel dire che essendo la verità altrove non ci si dovrebbe soffermare sul falso, ma in più riconosce anche che l’uomo è immerso e vive nel Mondo dell’Azione, quindi non deve rinnegare la sua natura. Le arti figurative devono avere comunque la verità come soggetto, ma deve essere espressa attraverso un oggetto materiale, quindi il pittore deve elaborare una fusione di concetto e di forma, deve abbandonare il principio di imitazione della natura. In altri termini, non deve essere limitato a una sterile imitazione della realtà ma deve cercare di percepirne gli aspetti occultati dall’azione distorcente della Madda, cioè quelli racchiusi nell’Iberim.
Tutte le apparenze sensibili, come prospettiva, chiaroscuro e modellazione dovettero essere lasciate o cambiate. Questa prospettiva è stata una sfida per gli artisti nailiani, che dovevano esplorare nuove vie al fine di creare, nell'ambito delle forme permesse, un universo originale di forme e colori. Molte delle soluzioni trovate tendono alla trasfigurazione di un oggetto reale in una forma astratta, secondo procedimenti comuni alle avanguardie moderne.
Dopo la Guerra di Vathek, ma in generale dalla scoperta dei pericoli fisici della magia elementale, nell’arte in generale è entrata la volontà di esprimere anche la pazzia e la malattia mentale, che, fondendosi con le sofferenze generate dalla guerra, specie nella Bandiera Osman e Hajjah, ha dato origine ad una corrente letteraria dai forti tratti espressionistici.
Introduzione alla letteratura moderna
In questo articolo ignoro la letteratura dell’Imamato e del Primo Regno di Nai, dicendo solo che l’opera più importante è senza dubbio il Cammino Dorato, alcune esegesi ed altri testi più o meno direttamente correlati alla figura di Nailah e degli Imam, mentre la letteratura profana scarseggia, o quantomeno è di limitata importanza. La letteratura della Frammentazione riscopre la mitologia e la storia locale, prima cancellata da secoli di Imamato, e ritorna alle origini, ai cantori del deserto, ma rimane quasi sempre in un rapporto di imitazione e subordinazione rispetto alle forme precedenti, sicché non diventa mai qualcosa di artisticamente rilevante. Con la riunificazione del Regno di Nai le Toplakar Nai hanno vissuto una nuova fioritura artistica, a distanza di secoli da quella avvenuta sotto Nailah. Nel corso di questi centocinquant’anni si sono susseguite varie tendenze letterarie; per semplicità, considero l’evoluzione artistica degli ultimi cinquant’anni, ovvero di quel periodo che va dagli ultimi anni del regno di Vathek a oggi.
All'interno di questo periodo, compreso tra il califfato di Vathek (64 DR [Dalla Rifondazione]), la Guerra di Vathek o di Successione (95 DR-99 DR) e il periodo contemporaneo (120 DR), vanno distinte due generazioni: quella degli intellettuali che aveva le guerre alle spalle e che quindi vivevano in un periodo di relativa tranquillità nel corso dell’imperio di Vathek (i più importanti sono lo sperimentatore Elbise Langirt, l'istrionico Sahl al-Jabril il Grande, il meditativo Shimon Ben Zakkai, il cervellotivo Ortaya Gol Xurma), e una seconda generazione formatasi nel pieno della Guerra di Successione, intenta a ricercare il senso della civiltà nailiana: di essa il letterato maggiore fu al-Mawlid, il cantore delle stelle e della solitudine. Alla seconda generazione appartiene anche Elbise Langirt, che dopo essere stato il capostipite della prima generazione diventò il nume tutelare della seconda, il peri Jay Ravidas e anche il gruppo dei “poeti pazzi”, che in realtà rifuggono ogni catalogazione e sono inseriti nella generazione più recente solo per convenzione; sono comunque praticamente sconosciuti ai più.
Le tendenze letterarie che si sono susseguite e che persistono ancora oggi sono varie e si dividono in cinque gruppi: letteratura dell’Adab, idealismo shi’r, discepoli della pazzia, letteratura religiosa e nostalgismo, a cui si aggiunge la letteratura maledetta dei Poeti Pazzi.
Letteratura dell’Adab
L’unificazione delle Toplakar Nai sotto l’egida elementalista del Nuovo Regno di Nai ha prodotto una diffusa stabilità economica e sociale. La grande espansione territoriale dell’impero richiedeva una forte della burocrazia, quindi era necessaria una classe dirigente più avanzata di quella che il califfo XXX trovò al momento del suo insediamento. La nuova situazione politica provocò un cambiamento anche nei valori umani: se in passato la muruwwa indirizzava gli uomini di ogni estrazione sociale, pian piano si afferma l’adab, che non vuole essere la sua negazione ma solo l’aggiornamento ai tempi moderni (per tutti i discorsi relativi alla muruwwa, l'articolo sul ranger è esaustivo). L’adab sostiene che la trascuratezza culturale viola gravemente il Kird (l’onore) della persona e del gruppo di appartenenza, quindi è compito del buon nailiano gestire anche l’aspetto culturale della vita sociale. L’adab indica e misura quindi quanto un uomo debba conoscere per essere colto, raffinato, educato e – soprattutto – onorevole. Per queste ragione il Califfo promosse la cultura come un vero mecenate e spinse i più grandi intellettuali del momento a formare il nucleo una di letteratura in prosa che sarebbe servita per educare la vecchia e la nuova classe dirigente. L'avidità di sapere e il desiderio di riscattarsi da una rozzezza di ritorno originata della Frammentazione, uniti all'atteggiamento positivo del nailismo verso il progresso tecnico e scientifico, formarono un’intera generazione di didatti e studiosi. Fino alla Rifondazione, Imamato compreso, la prosa aveva avuto ben poca presenza nella letteratura, che era costituita sostanzialmente da un corpus immenso di opere poetiche (in versi erano pure quasi tutte le esegesi e spiegazioni dei testi sacri), mentre ora che la trasmissione dell’istruzione e del sapere erano al centro della letteratura, giocoforza i testi dovevano diventare accessibili a un pubblico più vasto. La letteratura adab insomma non era rivolta più a poeti, ma a scienziati e uomini colti che occupavano posti di responsabilità e che dovevano essere dotati di una cultura generale di base per svolgere la propria attività e per partecipare attivamente alla vita sociale.
L’educazione intellettuale anche dei bambini e la volontà di rendere partecipe un pubblico più grande diedero spazio all’aneddotistica e alla storiografia. Il genere principe della letteratura adab comunque è il trattato, che può essere politico-moralistico, retorico, scientifico-magico o religioso; in pratica, può parlare di tutti gli argomenti (ma per la filosofia si preferiva il poema didascalico, mentre i temi religiosi erano appannaggio della letteratura mistica); un genere che si sviluppò particolarmente tra i Peri è quello delle genealogie. La letteratura adab è insomma una letteratura dell’utile.
Gli scrittori adab raramente sono letterati; sono perlopiù scienziati o intellettuali prestati alla letteratura, quindi è difficile trovare nomi altisonanti o vertici poetici; lo stile è asciutto, chiaro, definito, con la massima aspirazione di essere immediatamente comprensibile senza rinunciare alla ricchezza contenutistica. Un'incursione importante nella letteratura dell'Adab è stata quella di Elbise Langirt, bardo veramente eclettico e importantissimo.
Idealismo shi’r
La letteratura adab riguardò solamente la prosa; la sua espressione poetica viene chiamata idealismo shi’r ed è profondamente legato alle idee artistiche nailiane. Tutta l’arte nailiana si sviluppa partendo dal presupposto che la sola mimesi di un oggetto è senza senso, essendo il Mondo dell’Azione una rappresentazione distorta dell’Iberim, dove risiede Nai e gli infiniti Feveres, quindi la rappresentazione artistica deve portare con sé anche un certo grado di astrazione verso il concetto alla base dell’oggetto, cioè deve fondere il mondo conoscibile con una parte di quello inconoscibile, una di terreno e una di astratto-mistico. In letteratura questa ricerca dell’idea ha un preciso esponente nella corrente artistica dell’idealismo shi’r [NdTraduttore: shi’r è una parola che indica la poetica, quindi possiamo anche chiamarlo idealismo poetico]. L’idealismo appartiene alla letteratura dell’adab perché il suo scopo è insegnare i concetti più veri e puri, e per far ciò prende le distanze dal realismo e dall’oggettività, poiché niente del Mondo dell’Azione merita di essere veramente esaltato.
Tutto il movimento shi’r è in bilico tra tensione irreale e volontà didattica: i poeti si rendevano fautori di una poesia complicata, concettosa, funambolica che celasse al suo interno le verità. In un certo senso, meglio erano nascoste, migliore era la capacità comunicativa dell’opera. L’obiettivo dei poeti è la scoperta di una seconda realtà, inscindibilmente amalgamata alla comune e empirica, ma pur così diversa che si può parlarne soltanto per via indiretta, dimostrarne l'esistenza solo per cenni, per combinazione di immagini tra loro molte diverse e nell’accostamento di cose tra loro molto distanti, ma tra le quali il poeta coglie con sottile intelligenza analogie nascoste e mai osservate prima (ma teoricamente sotto gli occhi di tutti); antitesi e contrasto drammatico diventano meccanismi strutturali dominanti, per meglio esprimere l’allontanamento dalla realtà, condizione necessaria per una reale comprensione della realtà (è questo l'apparente paradosso su cui si basa l'idealismo shi'r). A questa impenetrabilità concettuale si aggiunge anche la difficoltà linguistica: l’idealista shi’r rifiuta la normale comunicatività del linguaggio ma si apre a una scelta espressiva che si giustifica solo nella sottigliezza dell'esecuzione, nell'arguzia con cui sa inventare e rendere manifesta l'artificiosità dell'arte. Meno è facile comprendere una poesia shi’r, migliore è il lavoro.
I toni della poesia sono rarefatti e i versi procedono carichi di una comunicatività linguistica aperta a sottili invenzioni linguistiche, che contribuiscono alla difficile comprensione del testo. I soggetti delle liriche sono popoli, gente, avvenimenti lontani, o situazioni comuni viste con un occhio attento e arguto, quando proprio non vanno a costituire meditazioni sui massimi sistemi diventando quindi poesia filosofica.
L’iniziatore dell’idealismo è Elbise Langirt, nell’85 DR, con la sua prima, sfolgorante, opera "Libro della Corte del Califfo". L’opera si presenta come un’insieme di quadri della vita nella corte del Califfo Vathek, presentando personaggi, usi e costumi ma anche di rituali magici, che presso la corte erano comuni (come la descrizioni del grande rituale dell’evocazione della Strega di Fuoco, una maga morta secoli fa, che però è possibile rievocare per qualche minuto in una grande fiamma). Tutti questi soggetti in realtà sono solo lo spunto per divagazioni talvolta ermetiche, talvolta bizzarre, talvolta umoristiche, che vanno spesso a finire su argomenti filosofici o morali (come l’avarizia, impersonata dal visir, che nel componimento è rappresentato mentre cerca di inventarsi una tassa sui sogni); le varie persone sono solo dei correlativi dei concetti, quindi non è ancora pienamente idealista. Lo stile invece è pienamente shi’r, visto che è onirico e rarefatto, specie nelle descrizioni degli ambienti. Questo nuovo modo di fare poesia verrà ripreso più o meno da tutti gli ambienti letterari, fino a diventare l’icona letteraria del tardo califfato di Vathek (la massima floridità poetica del movimento infatti avverrà a ridosso della pazzia del Califfo), diffondendosi in maniera pressoché uniforme in tutte le Terre di Nai. Il movimento conobbe una flessione costante in seguito alla Guerra di Successione a causa di vari fattori. Innanzitutto il cambiamento dell’ordinamento politico, che passò dal blocco monolitico del Regno di Nai al modello federale dell’Impero di Nai, rese molto più eterogenea la società, che quindi cercava di esprimersi anche in diversi linguaggi letterari; la sanguinosa guerra e i pericoli della magia elementalista inoltre favorì la rinascita del realismo, dell’analisi sociale e del pessimismo (la poesia shi’r è fondamentalmente ottimista, malgrado alcune punte di inquietudine in molti lavori, "Il libro della Corte..." compreso), elementi che contrastavano con l’astrattezza dell’idealismo. Oltre ai fattori esterni il movimento implose anche per questioni intrinseche alla poetica: la gamma limitata di argomenti e la complessità dei vari livelli infatti portò presto i poeti a scrivere opere contorte, cervellotiche e dal linguaggio oscuro, senza che a monte ci fosse un reale scopo didattico; diventarono quindi zeppe di virtuosismi fini solo al divertimento del pubblico e a soddisfare l’ego del poeta. Inoltre ci furono questioni organizzative. I poeti tesero a raggrupparsi in circoli intorno alla figura di un leader carismatico e di un mecenate, solitamente i vari sultani; questa poesia dei gruppi dopo poco iniziò a mostrare i limiti: i circoli iniziarono ad estromettere dalla scena tutti gli intellettuali non allineati e a combattere i circoli avversari (solitamente anche per motivi politici; dopotutto erano diventati l’entourage poetico di questo o quel sovrano), appiattendo la diversità interna scacciando i letterati molesti o definiti contrari ai principi del gruppo (come accadde a Jabril e a Ben Zakkai). La seconda generazione di letterati quindi ebbe come uno degli obiettivi l’eliminazione di questo vecchio e controproducente modo di fare poesia (e lo stesso Elbise Langirt assunse questa posizione).
La forma preferita dal movimento shi’r è la qasida, una forma proveniente dalla tradizione continentale; si articola in due sezioni: un nucleo fondante posto alla fine del componimento, che originariamente era un panegirico di un leader o di auto-esaltazione, una satira contro i nemici o alcune massime moralie un lungo prologo, dove in origine il poeta descriveva l’accampamento o il luogo dove in passato aveva incontrato la donna della vita (parte detta nasib), rievocando i malinconici ricordi dell’accampamento non più abitato (ricordiamoci che molte tribù si spostavano abitualmente alla ricerca di acqua e di pascoli), che lo spingono a intraprendere un viaggio (parte detta rahil), in compagnia della sua fida cavalcatura, per ritrovare l’amata, fino ad arrivare all’arrivo metaforico del viaggio e del componimento, il nucleo di cui prima. Nella società moderna nasib e rahil hanno perso la connotazione nomade per diventare più metaforico; in queste due parti il poeta dà sfoggio della propria bravura, presentando e collegando gli argomenti più disparati, ma legati da un oscuro filo logico (ma sempre presente; sta al lettore trovarlo). Di argomento in argomento, si arriva, possibilmente in maniera il più fluida possibile, al nucleo fondante, che ha incamerato numerosi altri temi oltre a quelli della lode, dell’invettiva e della massima morale. Questa forma è stata la forma più esplorata e destrutturata delle Toplakar Nai. Un’altra forma importante è quella del poema didascalico, anch’esso assai sviluppato.
La Disciplina e i Seguaci della disciplina (o Disciplinati)
La Guerra di Successione è stata la guerra in cui per la prima volta i maghi elementalisti hanno fatto un’entrata massiccia. La guerra, oltre a devastare larghe parti delle Bandiere, ha avuto anche un sottoprodotto bizzarro: i maghi impazziti. L’elementalismo mette a disposizione un grande potere, ma espone il mago anche a grandi rischi sulla perdita della sanità mentale, che nel migliore dei casi conduce l’incantatore a instabilità emotiva, perdita di memoria e di controllo più o meno pesante, sadismo e pazzia. Questo ventaglio di effetti emotivi causati dalla magia sul suo utilizzatore ha attirato l’attenzione dei letterati, dei poeti in particolare, verso le malattie mentali. Le prime opere sono state il "Libro del Re e della Lucertola" e il "Libro della Disciplina", scritti dall'importantissimo quanto eclettico Elbise Langirt (in particolare quest'ultimo ha dato il nome a tutto il movimento).
Presto è nata una corrente letteraria che focalizzò le sue attenzioni sull’interiorità sofferta e malata, ponendola sia come soggetto che come collegamento per denunciare altri mali. Il comune denominatore della maggior parte delle liriche è la deformazione di alcuni aspetti della realtà per accentuarne i valori emozionali e comunicativi (a differenza dell’idealismo, che ostracizzava le emozioni). Lo stile è derivativo dalla shi’r, ma è più immediato ed emozionale, sebbene possa essere altrettanto criptico nel tentativo di far comprendere al meglio il sentimento offeso del soggetto. La Disciplina rifiuta l’idea di una letteratura tesa alla sola soddisfazione della ragione, come invece la degenerazione dello shi’r proponeva: la ragione è solo un mezzo per giungere all’interno, per captare le risonanze interiori. Un’altra profonda differenza divide i due movimenti. L’idealismo è connotato da un atteggiamento positivo nei confronti della vita. Era alla ricerca del bello ideale, e proponeva immagini di indubbia gradevolezza. I soggetti erano scelti con l’intento di illustrare i concetti puri, che secondo la teologia sono quelli che si percepiscono come gioia, bellezza. Totalmente opposto è l’atteggiamento dell’espressionismo. La sua matrice di fondo rimane sempre profondamente drammatica. Quando l’artista espressionista vuol guardare dentro di sé, o dentro gli altri, o dentro le cose, trova sempre toni foschi e cupi. Al suo interno trova l’angoscia, dentro gli altri trova la pazzia mascherata dall’ipocrisia.
L’espressionismo è un movimento che sta prendendo piede ma che non è ancora ad uno stadio avanzato. Le Toplakar Nai sono una regione fondamentalmente prospera, sicché in molti posti manca il malato necessario per formare e far apprezzare questo genere di poesia. Tuttavia è in costante crescita il numero dei poeti, dal momento che in questo movimento confluisce anche quello dei nostalgici del vecchio assetto nomade o rurale delle Terre di Nai: l’ingigantirsi e il proliferare delle città e dell’elementalismo, sia pur non accompagnato da inutili sofferenze e, da un punto di vista terrestre terreste, decisamente minimo, viene visto come un incubo tecnologico, come l’invasione dell’egoismo tra il Popolo di Nai, della distruzione della natura e della magia ad essa connessa. Questa visione viene portata avanti principalmente dai poeti nomadi o rurali. Il movimento letterario dei nostalgici, che di per sé costituisce una corrente a parte, ha trovato identità di intenti con l’espressionismo, così che entrambe le esperienze confluirono nella stessa scuola. Non è un caso che l'icona della Disciplina, al-Mawlid, abbia attraversato una fase di recupero e reinvenzione della poesia seminale dei cantori del deserto. Il gruppo dei poeti espressionisti ha un assetto ben diverso da quello degli idealisti: laddove questi si riuniscono in gruppi orgogliosamente separati e dall’intelligenza limitata, gli espressionisti si presentano come un coacervo di poeti individuali, di unità mobili e indipendenti, ma soprattutto unite nell’obiettivo di ricondurre la società, civile e letteraria a modelli più giusti e sostenibili (ricorrendo anche alla violenza e alla lotta armata in qualche caso). Esiste quindi un sottobosco di poeti “maledetti”, generalmente meno dotati dei poeti shi’r, con alcuni vertici assoluti.
Gli espressionisti rifiutano la cura formale degli idealisti, la complessa struttura delle loro qaside, l’imbrigliamento del sentimento poetico; la loro poesia vuole essere libera dei legacci per illustrare la pazzia che alberga nel mondo. Pertanto non esiste una forma univoca e preferita; qualcuno rimane ancorato agli schemi della qasida, altri seguono invece forme più ampie e meno stringenti come il diario di viaggio o la biografia (solitamente di paria qualunque, a contrastare con la tradizione epica). Qualcuno riprende la prosastica dell’adab, ma anziché comporre trattati sulle arti, ne scrivono sui disturbi mentali o sulle storture sociali.
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