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Inviata

Albe di Cieli Lontani
Cercherò brevemente di spiegare come dettagliare un sistema solare. Siccome a noi interessano i sistemi solari con uno o due pianeti abitabili dagli umani, mi focalizzerò su questo tipo di sistemi, anche se non è scritto da nessuna parte che debba per forza esistere vita di tipo terrestre.

Le stelle
Le stelle si muovono nel firmamento, ma nella maggior parte dei casi il loro movimento è per noi impercettibile, a causa della grande distanza. Eppure, vi sono stelle della nostra Galassia la cui velocità supera i 100 km/s; quelle vicine al Sole sembrano muoversi con velocità media di 20 km/s. Il movimento di una stella è studiato controllando la posizione dell’astro rispetto a stelle circostanti in lunghi intervalli.

Classe spettrale e luminosità
La diversa luminosità delle stelle e la caratteristica che ha suggerito di suddividere le stelle in classi sulla base del loro splendore: la classe spettrale. La luminosità di una stella è accuratamente misurata con fotometri fotoelettrici, simili a esposimetri fotografici, montati su telescopi. La luminosità delle stelle qui adottata è misurata in Sol, in altre parole, quante volte la stella è più (o meno) luminosa del sole.
La classe spettrale di una stella indica la temperatura della fotosfera, che per le stelle della sequenza principale è legata alla loro massa.
Le stelle K: arancioni, G: gialle, F: gialle bianche Sono le più adatte ad accogliere la vita perché bruciano per almeno qualche miliardo di anni.
Le stelle più luminose, come quelle delle classi O: blu, B: azzurre, A: bianche bruciano in generale meno di un miliardo di anni e in certi casi addirittura meno di dieci milioni di anni.
Le stelle K, G e F inoltre emettono sufficiente radiazione ultravioletta ad alta frequenza per catalizzare importanti reazioni nell’atmosfera, come la formazione dell’ozono, ma non troppo, perché questo distruggerebbe la vita.
Nel diagramma H-R le stelle non si distribuiscono a caso, ma in grandissima parte si raccolgono lungo una fascia, che attraversa diagonalmente il diagramma (allegare diagramma H-R), chiamata sequenza principale. In tale se quetzal le stelle sono disposte secondo un ordine regolare, da quelle blu, più calde e con massa maggiore (50 volte quella del Sole) fino a quelle rosse, più fredde e di massa minore (1/lo di quella del Sole). Lì Sole vi compare in posizione intermedia, come una stella gialla (tipo G). Al di fuori della sequenza principale, nella parte in alto a destra del diagramma, compaiono stelle giganti rosse: hanno la stessa temperatura superficiale, e quindi lo stesso colore di stelle della sequenza principale, ma rispetto a queste sono molto più luminose, per cui devono avere una superficie radiante, cioè che emette energia luminosa, molto più estesa. Alcune di queste stelle sono così grandi da essere chiamate supergiganti. Un altro gruppo di stelle esterno alla sequenza principale occupa la parte in basso e verso sinistra del diagramma: tali stelle hanno lo stesso colore di quelle della sequenza principale, ma sono molto meno luminose, per cui devono essere noto più piccole: vengono dette nane bianche (anche se non sono soltanto di questo colore).

Colori, temperature e spettri stellari
Con l’impiego di opportuni strumenti, gli spettroscopi, un qualunque raggio luminoso da origine a uno spettro, cioè a una striscia (visibile su uno schermo zero su una lastra fotografica) formata da bande con tutti i colori dell’iride (dal rosso, che corrisponde a luce con lunghezza d’onda maggiore, al blu, con lunghezza d’onda minore), oppure da una serie di righe luminose, la cui posizione e il cui turnerò dipende dalla natura chimica della sorgente luminosa. Gli spettri sono una specie d’impronte digitali dei vari elementi chimici e costituiscono un potente strumento d’indagine, poiché con uno spettroscopio e possibile ottenere lo spettro anche di corpi lontanissimi. Esaminando le posizioni e gli spessori delle righe negli spettri può determinare gli elementi o i composti chimici del corpo da cui proviene la luce, o delle masse gassose attraversate dalla luce stessa. In realtà la questione non sono così semplici, perché il «tipo spettrale» dipende dalla temperatura del corpo emittente e le stelle non hanno tutte la stessa temperatura, come rivelano in prima approssimazione i differenti colori con cui ci appaiono strettamente legati alle temperature su perfidiali delle singole stelle. Si ricordi che, all’aumentare della temperatura di un corpo, diminuisce la lunghezza d’onda delle radiazioni luminose che esso emette in prevalenza: si passa, cioè, dal rosso al blu. Nella Costellazione di Orione, visibile nei nostri cieli invernali e primaverili, l’enorme stella Betelgeuse appare rossa, mentre l’altra stella molto luminosa, Rigela, è bianco-azzurra. La prima emette energia soprattutto come luce rossa, cioè a lunghezze d’onda maggiori, per cui sappiamo che è relativamente fredda: circa 3000 kelvin (K); la seconda invece emette energia soprattutto Come radiazioni luminose di lunghezze d’onda minori, che appaiono bianco-azzurre al nostro occhio, ed è, quindi, molto calda: oltre 12 000 K. All’analisi spettroscopica, le diverse temperature delle stelle si traducono in pratica in differenti tipi spettrali: le stelle vengono perciò classificate in una serie di classi spettrali, ordinate in funzione di valori decrescenti della temperatura. La classe spettrale O, per esempio, comprende le stelle a più alta temperatura superficiale (30 000-60 000 K), di colore bianco-azzurro, mentre la classe M raccoglie le stelle più «fredde» (3 000 K), di colore rosso; il nostro Sole appartiene a una classe intermedia, con stelle di colore giallo e temperatura di 5000-6000 K. La luminosità delle stelle diminuisce al diminuire della loro temperatura, per cui è possibile risalire, dalla classe spettrale di una stella, alla sua magnitudine assoluta: è proprio questa la relazione alla base del metodo per determinare le distanze stellari descritto all’inizio. Le analisi spettrali, fate ormai su centinaia di migliaia di corpi celesti, hanno mostrato una notevole uniformità nella composizione chimica delle atmosfere stellari, cioè della parte estrema dell’ammasso di materia di cui è fonata una stella. Per la maggior parte tale materia e costituita di idrogeno (H: 80%) e di elio (He: 19%), mentre la parte rimanente (meno dell’1%) comprende tutti gli altri elementi chimici che conosciamo.

Zona Abitabile
L’acqua liquida può esistere sulla superficie dei pianeti orbitanti a una distanza che non induce rotazione sincrona. Meno un pianeta è massiccio più è vicino alla sua stella prima si "ferma" cioè entra in moto sincrono con essa e, non diversamente dalla Luna che rivolge sempre la stessa faccia alla Terra, il pianeta in moto sincrono rivolge sempre la stessa faccia al sole.
Le stelle K, G e F non sono né troppo calde, né troppo fredde, e bruciano sufficientemente a lungo perché la vita abbia possibilità di comparire. Questo tipo di stelle costituisce probabilmente dal 5 al 10% delle stelle della nostra galassia.
È controverso se le stelle più piccole e meno luminose, quelle di classe spettrale M.
M: rosse
Possano ospitare mondi ospitali alla vita di tipo terrestre.
Perché eventuali pianeti nella bizona, molto vicina alla stella, avrebbero le maree frenate quindi avrebbero un emisfero luminoso perennemente illuminato e rovente e uno oscuro perennemente buio e freddo.
La bizona (HZ in inglese) è la distanza dal sole alla quale i pianeti presenti possono mantenere acqua allo stato liquido sulla superficie.
Una zona abitabile «stabile» presenta due particolarità. Anzitutto, la sua localizzazione deve rimanere pressoché invariata. La luminosità delle stelle aumenta col passare del tempo una data zona abitabile si allontana dalla stella.
Inoltre, nessun corpo di massa importante come un gigante gassoso dev’essere presente nella zona abitabile o in prossimità di questa: la sua presenza potrebbe impedire la formazione di pianeti terrestri.
Tutte le stelle conoscono delle variazioni di luminosità, ma l’ampiezza di tali fluttuazioni è molto diversa da una stella all’altra. La maggior parte delle stelle sono relativamente stabili, ma un’espressiva minoranza tra esse è variabile e presenta spesso dei cali e degli intensi aumenti di luminosità. Di conseguenza, la quantità d’energia radiativa che i corpi orbitanti ricevono subisce delle brusche variazioni. Queste ultime sono dunque delle cattive candidate a ospitare pianeti in grado di permettere la vita nella misura in cui le forti variazioni di flusso energetico hanno un impatto negativo sulla sopravvivenza degli organismi. Per esempio, esseri viventi adattati a un dominio di temperatura particolare avrebbero probabilmente problemi a sopravvivere a importanti variazioni di temperatura. Inoltre, le variazioni di luminosità sono in genere accompagnate dall’emissione di dosi massicce di raggi gamma e di raggi X, radiazioni che potrebbero essere letali. L’atmosfera dei pianeti è in grado di attenuare tali effetti (un aumento del 100% della luminosità solare non implica necessariamente un aumento del 100% della temperatura della Terra), ma è ugualmente possibile che tali pianeti non siano in grado di trattenere la loro atmosfera perché le forti radiazioni incidenti a ripetizione potrebbero disperderla.

Metallica
Ogni sistema solare con le sue stelle e i suoi pianeti si forma da un’unica nebulosa primordiale.
La composizione della nebulosa determina gli oggetti astronomici che popoleranno il sistema.
Alcuni sistemi a bassa metallica avranno soltanto giganti gassosi, palle di ghiaccio e comete.
Altri sistemi a bassa metallica avranno mondi di carbonio e giganti gassosi verdi e azzurri simili a Urano e Nettuno.

Sistemi binari
Alcune stelle hanno una compagna vicina o distante.
È difficile ma non impossibile che i pianeti dei sistemi binari abbiano orbite abbastanza stabili e regolari da ospitare la vita.
Esistono anche sistemi trinari con due stelle vicine e una compagna distante (come Alpha Centauri) oppure quaternari formati da due coppie di compagne vicine, oppure ammassi stellari, poco stabili, con stelle a distanza ravvicinata.
E quante più stelle ci sono in un sistema tanto meno è probabile che i pianeti nella biozona mantengano un’orbita stabile.

Nebulose
Le nebulose sono formate da polveri e gas freddi (soprattutto idrogeno: oltre il 90%). Le nebulose di solito sono in stato di quiete perché le particelle non sono abbastanza massicce perché la forza di gravità possa fare effetto, quando qualche evento comincia a creare aggregati di materia sufficientemente massiccia comincia il collasso della nebulosa e la formazione di un sistema stellare.

Nascita di un sistema solare
Con il proseguire dell’addensamento e della contrazione, l’energia gravitazionale si trasforma in energia cinetica e di conseguenza aumenta la temperatura del corpo gassoso, che si trasforma in una protostella, da cui partono gran copia di radiazioni infrarosse. A causa della forza di gravità, la contrazione prosegue e il nucleo della protostella si riscalda; ma se la massa iniziale e scarsa (qualche centesimo della massa del Sole) la temperatura non arriva a far innescare le reazioni termonucleari: la contrazione si arresta e il corpo si raffredda, lasciando una fredda e buia nana bruna (una «stella mancata»).
Se invece la massa è sufficiente, continua a riscaldarsi, fino a raggiungere temperature di quindici milioni di K, sufficienti a far innescare il processo termonucleare di trasformazione dell’idrogeno in elio. Il calore liberato da tale reazione fa aumentare la pressione dei gas verso l’esterno, fino a compensare la forza di gravità: si giungono così a una fase di stabilità, durante il quale la stella, ormai adulta, si trova sulla sequenza principale del diagramma H-R, che rappresenta, quindi, la fase dell’evoluzione di una stella nel corso della quale la fonte di energia è la «combustione nucleare» dell’idrogeno. La sua posizione e la sua permanenza nella sequenza principale dipendono dalla massa iniziale della nebulosa da cui sì e originata: stelle nate con grande massa diventano più calde, blu, e consumano il loro idrogeno più rapidamente (nel giro di milioni di anni); stelle con massa piccola rimangono meno calde, rosse, e sono più longeve (miliardi di anni). Le stelle gialle rimangono nella sequenza circa dieci miliardi di anni: il Sole, che ha già cinque mi leardi di anni, e una stella «di mezza età».

Gigante Rossa
Alla fine il combustibile nucleare si esaurisce e la stella, sotto la pressione del suo enorme campo gravitazionale non più contrastato, deve lasciare la fase di gigante rossa per avviarsi alla fine.

Nebulosa Planetaria
Alla trasformazione in una gigante rossa, seguita dalla formazione di una nebulosa planetaria e, se la massa e alcune volte quella del Sole l’oggetto si trasformeranno in una nana bianca.
Stelle con massa iniziale poca differente a quel riel Sole devono collassare, gradualmente, fino a divenire corpi delle dimensioni della Terra, per cui la loro densità deve arrivare a milioni di volte quella dell’acqua e la materia si presenta in uno «stato degenerato», con i nuclei degli atomi immersi in un «mare» continuo di elettroni. Sarebbe questa l’origine delle nane bianche, che, riscaldate dal processo di contrazione, ma prive di una fonte di energia nucleare, sono destinate a raffreddarsi lentamente.

Nane Bianche
Dopo la fase di gigante rossa l’evoluzione stellare segue vie diverse secondo la massa iniziale della stella. Le stelle con massa iniziale pari a quella del Sole o alcune volte maggiore (tra 0,8 e 8 volte quella del Sole) diventano nane bianche, ma prima attraversano una fase particolare. Arrivate allo stadio di giganti rossi, finiscono per espellere i loro strati più esterni che, trascinati via da un imponente vento stellare, danno origine a nubi sferiche di gas in espansione. Tali involucri gassosi, che contengono parte degli elementi che si sono formati nel nucleo della stella centrale (idrogeno, elio, carbonio, ossigeno, azoto ecc.), sono chiamate nebulose planetarie (poiché ai primi osservatori, nel secolo scorso, apparivano come dischetti luminescenti, simili ai pianeti). Con la perdita dell’involucro esterno, la gigante rossa si trasforma in un nucleo rovente, che si contrae e si riscalda ulteriormente, a spese dell’idrogeno residuo. Dopo alcune migliaia di anni, la fusione nucleare si esaurisce e la stella inizia a raffreddarsi; al fino, la nebulosa scompare e la stella centrale, compatta e nuda, diventa una nana bianca.

Stella di neutroni
Quando la pressione degli elettroni degeneri non è più in grado di controbilanciare il collasso gravitazionale si avvia il processo che porta la stella morente a evolvere in una stella di neutroni.
Perciò quando la massa rimanente della stella è superiore a 1,44 masse solari, non si stabilizza nello stadio di nana bianca ma procede oltre, fino ad arrivare appunto allo stadio di stella di neutroni.

Buco Nero
Se la massa originaria della stella e qualche decina di volte quella del Sale, dopo la fase di supernova il collasso gravitazionale non trovano più forze sufficienti a contrastare lo: la contrazione prosegue, la densità continua ad aumentare e si forma un corpo sempre più piccolo, circondato da un campo gravitazionale immenso. Una porzione di spazio, non più grande di una decina di Chilometri, si trasforma in un vortice oscuro in grado di attirare entro di sé e di far scomparire qualunque corpo o particella entra nel suo raggio dazione: neanche le radiazioni, compresa la luce, potrebbero uscirne, per cui e molto appropriato il nome di buco nero con cui viene indicato.

Massa
L’ipotesi principale fatta sui pianeti abitabili è che essi siano di masse prossime a quelle terrestri. Tali pianeti, la cui massa sarà dello stesso ordine di grandezza di quella della Terra, sono principalmente composti da silicati e non hanno conservato strati gassosi esterni di idrogeno ed elio come i pianeti gassosi.
I pianeti con una massa scarsa sarebbero dei cattivi candidati a ospitare la vita per due ragioni. Anzitutto, la loro gravità risulterebbe più bassa e la loro atmosfera meno densa. Le molecole che costituiscono la vita hanno una probabilità molto più elevata di raggiungere la velocità di fuga e di essere espulsi nello spazio per la propulsione del vento solare o per una collisione. I pianeti la cui atmosfera non è spessa non avranno sufficiente materia per la biochimica iniziale, non sono abbastanza isolati termicamente e una cattiva conducibilità termica attraverso la loro superficie e meno protezione contro le radiazioni ad alta frequenza e i meteoriti. Inoltre, i pianeti più piccoli hanno un diametro inferiore e dunque maggiore rapporto superficie-volume dei pianeti di maggiori dimensioni. Tali corpi tendono a perdere energia molto più rapidamente dopo la loro formazione e hanno dunque scarsa attività geologica. Non presentano vulcani, terremoti né attività tettonica che fornisca alla superficie elementi favorevoli alla vita e all’atmosfera molecole in grado di regolare la temperatura (come il biossido di carbonio).

Stabilità orbitale
Come per altri criteri, la stabilità orbitale e di rotazione è essenziale affinché il corpo celeste sia abitabile. Maggiore è l’eccentricità orbitale, più grande è la fluttuazione della temperatura sulla superficie del pianeta.

TIPI DI PIANETA
Super Terra
Si definisce Super Terra un pianeta extrasolare roccioso con massa compresa tra le 1.9 e le 10 masse terrestri. Il termine utilizzato si riferisce esclusivamente alle dimensioni del pianeta e non comunica altre informazioni. A causa della maggiore massa rispetto a quella terrestre, le Super Terre presentano un alto valore di gravità superficiale. Studi teorici hanno ipotizzato il legame tra le dimensioni dei pianeti terrestri (nelle loro varianti) e la loro composizione chimica, il che sembrerebbe applicarsi correttamente per la Terra e per un presunto pianeta oceano come Gliele 876 d.

Pianeta Oceanico
Con questo termine s’indica la classe di pianeti caratterizzati dalla superficie completamente ricoperta da un profondo oceano d’acqua.
Durante la formazione di un sistema planetario la distanza cui si forma un pianeta è uno dei fattori che ne determinano la composizione chimica. In particolare, i pianeti che si forma oltre il ‘limite della neve’, tendono a concentrare in essi sostanze volatili come acqua, ammoniaca e metano, fino a quantità pari al 50% del loro peso.
Simulazioni numeriche compiute su sistemi planetari in formazione dimostrano che questi pianeti, o ipotetiche lune ghiacciate, possono migrare all’interno del sistema avvicinandosi o allontanandosi dalla stella madre. Esiste dunque la possibilità che un pianeta oltrepassa il limite della neve e consenta al ghiaccio di fondere in acqua e il mantenersi di quest’ultima allo stato liquido; vista la quantità d’acqua posseduta da questi corpi, essa si trasformerebbe in un oceano globale profondo anche centinaia di chilometri.
Ma questo oceano dove poggerebbe? Le immense pressioni che si verrebbero a formare sul fondo di questo pianeta, favorirebbero la formazione di un mantello ghiacciato, cristallizzato in forme esotiche non presenti sulla Terra.
Potrebbe capitare anche che tale pianeta si trovi troppo vicino alla stella e che l’ebollizione dell’acqua porti all’esistenza una superficie non ben definita.
Mondi di Carbonio
Con pianeta di carbonio (o pianeta di diamanti o pianeta di carburi) si indica il prototipo teorico di una tipologia di pianeti terrestri.
L’astrofisico Kouchner ha ipotizzato che in un disco proto planetario ricco di carbonio o povero d’ossigeno, gli elementi potrebbero organizzarsi in carburi e composti del carbonio, piuttosto che in silicati. Nella parte interna di un tale sistema planetario si formerebbe pianeti aventi un nucleo ferroso circondato da un mantello interno di carburi ed esterno di grafite, sovrastato da una sottile crosta. In alcuni casi si potrebbe avere un’atmosfera ricca di composti del carbonio.
Teoricamente un pianeta di carbonio dovrebbe essere meno denso di un ferrosilicio, e avere una superficie scura o rossastra a causa degli idrocarburi.
Secondo il modello di Kouchner, un pianeta di carbonio con temperature come quelle della Terra avrebbero un’atmosfera ricca di monossido di carbonio (CO) e povera d’ossigeno (O2, O3) e dei composti ricchi d’ossigeno come CO2. Un tale pianeta con temperature minori di quelle terrestri avrebbe un’atmosfera ricca di metano (CH4).
Nel Sistema Solare non esistono pianeti di carbonio, ma le condriti carbonacee hanno una composizione chimica assimilabile a quella di un tale pianeta.

Pianeti di Diamante
Se il pianeta è almeno quindici volte più massiccio della Terra, gli strati sotto la crosta rocciosa potrebbero essere ricchi di diamanti. Come illustrato al meeting dell’American Geophysical Union, secondo questi modelli nei pianeti rocciosi quindici volte più massicci del nostro le condizioni di temperatura e pressione presenti nel mantello sarebbero le più favorevoli alla trasformazione del carbone in diamante, sino a raggiungere un totale del 50% dell’intero pianeta. In definitiva saremmo di fronte a un pianeta fatto per metà di roccia e per metà di pietra preziosa. Peccato che questo comporti nello stesso tempo condizioni tutt’altro che ospitali: un mantello di diamanti produce un rapido raffreddamento dell’interno e impedirebbe la formazione di un campo magnetico e di un’atmosfera, due “scudi” fondamentali per la nostra salute.

Pianeti Metallici
Previsto solo dai modelli che considerano tutte le eventuali tipologie di pianeti extrasolari riscontrabili, non ne è stato ancora osservato uno.
Un oggetto che apparterrebbe a questa classe sarebbe il nostro Mercurio.
Un pianeta di ferro sarebbe caratterizzato da un massiccio nucleo ricco di ferro e un sottile mantello (o niente mantello). Pianeti di questo genere potrebbero essere i resti di pianeti di silicati e metalli che hanno subito la perdita degli strati superficiali a causa d’intensi e catastrofici bombardamenti.
Questi pianeti sono più piccoli e densi dei pianeti di pari masse. Non avrebbero tettonica delle placche o un forte campo magnetico poiché si raffredderebbe subito dopo la loro formazione.

TRATTENERE ACQUA ALLO STATO LIQUIDO

Un pianeta deve rispondere a questi requisiti.
Gravità: deve avere una gravità di almeno 0,76 G, al di sotto di questa gravità il vapore acqueo non perdura nell’arco di miliardi di anni.
Temperatura: il pianeta deve trovarsi all’interno della bizona.
Campo magnetico: il vento solare tende a soffiare via le atmosfere dei pianeti in direzione opposta. Un pianeta deve possedere un campo magnetico capace di contrastare il vento solare, oppure, se è il satellite di un altro pianeta con un’estesa magnetosfera, può sfruttare quella come scudo.

MASSA MINORE E MASSA INFERIORORE
I pianeti con massa inferiore tendono a raffreddarsi prima e quindi: emettono meno calore interno, hanno meno attività vulcanica, hanno meno attività sismica, hanno un campo magnetico meno intenso.
I pianeti con massa maggiore tendono a: mantenere a lungo un alto calore interno, ad avere più attività tettonica, vulcanica e sismica, ad avere un campo magnetico più intenso.
Eccezioni
La Terra e Venere hanno massa e composizione analoghe ma Venere è tettonicamente e magneticamente morta mentre la Terra è ancora attiva. Questo perché le forze mareali della Luna contribuiscono a riscaldare internamente la Terra.
Un pianeta più denso con un nucleo più ricco di elementi fissili emetterebbe un maggiore calore interno rispetto a uno meno denso e più povero di elementi fissili.
Un pianeta più giovane è più caldo e più attivo. Persino Marte, che non ha mai avuto abbastanza massa da trattenere stabilmente il vapore acqueo, per un certo periodo ha ospitato un’idrosfera.
Acqua e Aria
L’acqua può esistere allo stato liquido dai 200 millibar in poi. A 200 millibar si formano pozzanghere o a limite stagni che tendono a evaporare. A pressioni superiori l’acqua è schiacciata dalla colonna di gas.
Alle basse pressioni l’acqua richiede temperature minori per evaporare.
Alle alte pressioni l’acqua necessità di temperature maggiori per evaporare.
Alle alte pressioni il suono si trasmette più rapidamente.
Alle alte pressioni il laser perdono coerenza più facilmente essendo schermati dall’aria.
Alle basse pressioni la viscosità della miscela atmosferica sfavorisce il permanere della nebbia.
Alle alte pressioni è più facile che si formi nebbia.
Alle basse pressioni l’escursione termica è maggiore.
Alle alte pressioni l’escursione termica è minore.
A parità di temperatura e volume atmosferico le alte pressioni tendono a favorire le piogge.
In altre condizioni a sfavorirle: perché l’acqua tenderebbe a evaporare prima di raggiungere il suolo.
Per avere acqua allo stato liquido, ma anche per tutte le altre sostanze, non esiste un valore univoco di pressione e temperatura per una determinata fase, ma questi valori sono mappati in un diagramma detto appunto delle fasi (solida, liquida e gassosa).
Nel diagramma di fase dell’acqua, il punto triplo, nel quale le tre fasi coesistono, corrisponde al valore di pressione di sei millibar e alla temperatura di 0,01 °C. Oltre a quello triplo occorre considerare anche il punto critico, che per l’acqua vale 374 °C e 218 atm, oltre il quale non vi è più equilibrio tra il liquido e il vapore.
La gravità non è un indicatore affidabile per valutare la pressione atmosferica. Si pensi a Venere, che ha una gravità di 0,9 G, ma una pressione atmosferica di ben novantatré volte superiore rispetto alla Terra. E si pensi a Marte, che per una fase della sua esistenza ha ospitato un oceano d’acqua allo stato liquido, ma un pianeta nella bizona per mantenere acqua allo stato liquido per miliardi di anni deve avere non meno di 0,76 G, come regola di massima.

Ossigeno
Nelle atmosfere con ossigeno inferiore al 10% non possono scatenarsi incendi.
Nelle atmosfere ad alto tenore d’ossigeno gli incendi sono più comuni, l’atmosfera è velenosa perché acida, i manufatti (e in specie quelli metallici) tendono a corrodersi.

Effetto Serra
Parliamo di pianeti nella bizona con atmosfere più dense di quelle terrestri (1000 millibar).
Se il pianeta è vicino al limite interno della bizona l’effetto serra riscalda: cioè l’atmosfera densa imprigiona il calore solare e lo ridistribuisce sulla superficie del pianeta.
Esempio: Venere.
Se il pianeta è vicino al limite esterno della bizona l’effetto serra raffredda: cioè l’atmosfera respinge i raggi solari e la superficie del pianeta è più fredda.
Esempio: Titano che ha una temperatura media più fredda delle altre lune di Saturno non dota di atmosfera.

Effetti dell’inclinazione assiale
Rispetto alla Terra, che ha un’inclinazione assiale di ventidue gradi più l’inclinazione assiale è accentuata, più i cambiamenti stagionali sono estremi meno l’inclinazione assiale è accentuata, più i cambiamenti stagionali sono tenui.
A zero gradi l’asse di rotazione è perpendicolare all’asse dell’eclitta e gli effetti stagionali sono quasi nulli (ma le stagioni potrebbero essere influenzate da eccentricità orbitale o dalla presenza di altri oggetti nel sistema: nane brune, compagne della stella eccetera).
In un pianeta privo di ciclo stagionale l’acqua continua ad ammassarsi alle alte quote e non disgela mai: c’è meno fiumi, il clima diventa più arido, alle alte latitudini diventa molto più freddo. E le uniche fasce abitabili sarebbero quelle vicine alle coste di mari o oceani grazie alle precipitazioni.

Lune di Giganti Gassosi
Una grossa luna (come Pandora di Avatar) rivolge sempre lo stesso emisfero al pianeta di cui è satellite.
Entrambi gli emisferi sono illuminati dal sole per un periodo pari alla metà del periodo orbitale.
Il pianeta attorno a cui la luna orbita è visibile solo dall’emisfero rivolto verso cui è rivolto il satellite, il pianeta appare immobile nel cielo. Appare pieno e perennemente allo Zenith nel centro dell’emisfero, appare in diverse "fasi" calanti e crescenti allentandosi da quel punto.
Nell’emisfero rivolto verso il pianeta ogni mezzogiorno c’è un’eclissi perché il pianeta viene a trovarsi tra il sole e la luna, le ore prossime al mezzogiorno sono le più buie, al contrario le ore prossime alla mezzanotte sono le più luminose perché il gigante gassoso (o i mini Nettuno o la super terra) avendo un forte albedo ed essendo enorme può essere luminoso fino a 40 volte la Luna terrestre.

Nell’emisfero "oscuro" della luna, oscuro perché sconosciuto, non perché non illuminato dal sole, il ciclo d’illuminazione è simile a quello terrestre senza le succitate anomalie.

Orbita inclinata Nel corsa dell’anno lo zen cambia e il sole sembra fare su e giù nella volta celeste.

Orbita eccentrica: Il sole sembra diventare più grande e caldo quando il pianeta è più vicino e più piccolo e freddo quando il pianeta è più lontano.

Effetti del periodo di rivoluzione
L’anno e il ciclo stagionale sono tanto più lungo quanto più è lungo il periodo di rivoluzione.

Effetti del periodo di rotazione
Il giorno è tanto più breve quanto è più breve il periodo di rotazione, inoltre più è breve il periodo di rotazione più le raffiche di vento sono forti più a lungo durano cicloni e uragani.

Rotazione Retrograda: il Sole sorge a Ovest e tramonta a Est.
Rivoluzione Retrograda: il Sole che sorge a Est e tramonta a Ovest.
Rotazione e rivoluzione retrograda: il Sole sorgerebbe a Ovest e tramonterebbe a Est.

Rotazione: i pianeti conservano i moti di rotazione e rivoluzione che avevano la nebulosa da cui si sono formati quando si è messa in movimento. Nel caso di Sol il moto era antiorario. Quindi i pianeti e relativi satelliti ruotano attorno al sole e sul loro asse in senso antiorario. Il moto di rivoluzione retrogrado di un satellite è indizio sicuro di cattura. Un pianeta con rivoluzione retrograda probabilmente è un corpo catturato.
Una stella nasce da un ammasso di polveri, le polveri rimangono inerti finché un evento non riesce a metterle in movimento. Quando questo accade, la nebulosa comincia a ruotare, al centro del disco di polveri si crea un globulo che accrescendosi diventa più caldo, arrivato alla massa critica, s’innesca una reazione termonucleare che trasformerà l’ammasso di polveri in una protostella, questa fase continua finché la stella continuando ad accumulare massa dal disco di polveri in cui è circondata non raggiunge una massa sufficiente per permettetergli di sopraffare la gravità e diventare così una stella completa.
Nota a volte si formano più oggetti che creeranno ad altrettante stelle.

Satelliti naturali
Il limite teorico per mantenere un satellite è che questi devono trovarsi entro la sfera di Hill, proporzionale al raggio orbitale del pianeta e alla radice cubica della sua massa in rapporto al Sole.
Vedi il link per una tabella per i vari pianeti del sistema solare.
Perché ci siano orbite stabili pare che debbano essere entro la metà o un terzo del Raggio di Hill.
Per esempio Venere e Mercurio potrebbero avere dei piccole lune ma dovrebbero orbitare vicino al pianeta poiché i pianeti citati dovrebbero supplire alla loro piccola massa (rispetto al Sole) con una molta vicinanza dell’orbita del loro eventuale satellite, in questo modo la vicinanza stretta al pianeta vincerebbe (come forza di gravità) alla maggiore massa del Sole. La velocità di rotazione e traslazione non modifica affatto il valore della gravità del pianeta e quindi non portano nessun fattore nel tenere più facilmente un satellite.

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Inviato

Albe di Cieli Lontani

Cercherò di d’illustrare brevemente come dettagliare un sistema solare per scrivere piccole fiction. Siccome a voi scrittori in erba interessano i sistemi solari con uno o due pianeti abitabili dagli umani, mi focalizzerò su questo tipo di sistemi, anche se non è scritto da nessuna parte che debba per forza esistere vita di tipo terrestre.

Le stelle

Le stelle si muovono nel firmamento, ma nella maggior parte dei casi il loro movimento è per noi impercettibile, a causa della grande distanza. Eppure, vi sono stelle della nostra galassia la cui velocità supera i 100 km/s; quelle vicine al Sole sembrano muoversi con velocità media di 20 km/s. Il movimento di una stella è studiato controllando la posizione dell’astro rispetto a stelle circostanti in lunghi intervalli.

Classe spettrale e luminosità

La diversa luminosità delle stelle è la caratteristica che ha suggerito di suddividere le stelle in classi sulla base del loro splendore: la classe spettrale. La luminosità di una stella è accuratamente misurata con fotometri fotoelettrici, simili a esposimetri fotografici, montati su telescopi. La luminosità delle stelle qui adottata è misurata in Luminosità Solare, in altre parole, quante volte la stella è più (o meno) luminosa del Sole.

La classe spettrale di una stella indica la temperatura della fotosfera, che per le stelle della sequenza principale è legata alla loro massa.

Le stelle K: arancioni, G: gialle, F: gialle-bianche sono le più adatte ad accogliere la vita perché bruciano per almeno qualche miliardo di anni.

Le stelle più luminose, come quelle delle classi O: blu, B: azzurre, A: bianche, bruciano in generale per meno di un miliardo di anni e in certi casi addirittura per meno di dieci milioni di anni.

Le stelle K, G e F inoltre emettono sufficiente radiazione ultravioletta per catalizzare importanti reazioni nell’atmosfera, come la formazione dell’ozono, che non deve superare una certa quantità, perché questo distruggerebbe la vita (che conosciamo).

Nel diagramma Herzsprung-Russel le stelle non si distribuiscono a caso, ma in grandissima parte si raccolgono lungo una fascia, che attraversa diagonalmente il diagramma, chiamata sequenza principale. In tale se quelle stelle sono disposte secondo un ordine regolare, da quelle blu, più calde e con massa maggiore fino a quelle rosse, più fredde e di massa minore. Il Sole vi compare in posizione intermedia, come una stella gialla (tipo G). Al di fuori della sequenza principale, nella parte in alto a destra del diagramma, compaiono stelle giganti rosse: hanno la stessa temperatura superficiale, e quindi lo stesso colore di stelle della sequenza principale, ma rispetto a queste sono molto più luminose, per cui devono avere una superficie radiante, cioè che emette energia luminosa, molto più estesa. Alcune di queste stelle sono così grandi da essere chiamate supergiganti. Un altro gruppo di stelle esterno alla sequenza principale occupa la parte in basso e verso sinistra del diagramma: tali stelle hanno lo stesso colore di quelle della sequenza principale, ma sono molto meno luminose, per cui devono essere molto più piccole: vengono dette nane bianche anche se non sono soltanto di questo colore.

Colori, temperature e spettri stellari

Con l’impiego di opportuni strumenti, gli spettroscopi, un qualunque raggio luminoso dà origine a uno spettro, cioè a una striscia formata da bande con tutti i colori dell’iride: dal rosso, che corrisponde a luce con lunghezza d’onda maggiore, al blu, con lunghezza d’onda minore. Gli spettri sono una specie d’impronte digitali dei vari elementi chimici e costituiscono un potente strumento d’indagine, poiché con uno spettrografo è possibile ottenere lo spettro anche di corpi lontanissimi. Esaminando le posizioni e gli spessori delle righe negli spettri è possibile determinare gli elementi o i composti chimici del corpo da cui proviene la luce, o delle masse gassose attraversate dalla luce stessa. In realtà la questione non è così semplice, perché il «tipo spettrale» dipende dalla temperatura del corpo emittente e le stelle non hanno tutte la stessa temperatura, come rivelano in prima approssimazione i differenti colori con cui ci appaiono, strettamente legati alle temperature superficiali delle singole stelle. Si ricordi che all’aumentare della temperatura di un corpo, diminuisce la lunghezza d’onda delle radiazioni luminose che esso emette in prevalenza: si passa, cioè, dal rosso al blu. Nella Costellazione di Orione, visibile nei nostri cieli invernali e primaverili, l’enorme stella Betelgeuse appare rossa, mentre l’altra stella molto luminosa, Rigel, è bianco-azzurra. La prima emette energia soprattutto sotto forma di luce rossa, cioè a lunghezze d’onda maggiori, per cui sappiamo che è relativamente fredda: circa 3000 kelvin (K); la seconda invece emette energia soprattutto come radiazioni luminose di lunghezze d’onda minori, che appaiono bianco-azzurre al nostro occhio, ed è, quindi, molto calda: oltre 12.000 K. All’analisi spettroscopica, le diverse temperature delle stelle si traducono in pratica in differenti tipi spettrali: le stelle vengono perciò suddivise in una serie di classi spettrali ordinate in funzione di valori decrescenti della temperatura. La classe spettrale O, per esempio, comprende le stelle a più alta temperatura superficiale (30.000-60.000 K), di colore bianco-azzurro, mentre la classe M raccoglie le stelle più «fredde» (3000 K), di colore rosso; il nostro Sole appartiene a una classe intermedia, con stelle di colore giallo e temperatura di 5000-6000 K. La luminosità delle stelle si riduce al diminuire della loro temperatura, per cui è possibile risalire dalla classe spettrale di una stella alla sua magnitudine assoluta: è proprio questa la relazione alla base del metodo per determinare le distanze stellari descritto all’inizio. Le analisi spettrali, eseguite ormai su centinaia di migliaia di corpi celesti, hanno mostrato una notevole uniformità nella composizione chimica delle atmosfere stellari, cioè della parte estrema dell’ammasso di materia di cui è costituita una stella. Per la maggior parte tale materia e costituita di idrogeno (H: 80%) e di elio (He: 19%), mentre la parte rimanente (meno dell’1%) comprende tutti gli altri elementi chimici che conosciamo.

Zona Abitabile

L’acqua liquida può esistere sulla superficie dei pianeti orbitanti a una distanza che non induce rotazione sincrona. Meno un pianeta è massiccio più è vicino alla sua stella prima si «ferma», cioè entra in moto sincrono con essa e, non diversamente dalla Luna che rivolge sempre la stessa faccia alla Terra e rivolge sempre la stessa faccia al sole.

Le stelle K, G e F non sono né troppo calde, né troppo fredde, e bruciano sufficientemente a lungo perché la vita abbia possibilità di comparire. Questo tipo di stelle costituisce probabilmente dal 5 al 10% delle stelle della nostra galassia (la Via Lattea).

È controverso se le stelle più piccole e meno luminose, quelle di classe spettrale M (rosse), possano ospitare mondi adatti alla vita di tipo terrestre.

Perché eventuali pianeti nella biozona, molto vicina alla stella, avrebbero le maree frenate quindi ne risulterebbe un emisfero luminoso perennemente illuminato e rovente e uno oscuro perennemente buio e freddo.

La biozona (HZ in inglese) è la distanza dal Sole alla quale i pianeti possono mantenere acqua allo stato liquido sulla superficie.

Una zona abitabile «stabile» presenta due particolarità. Anzitutto, la sua localizzazione deve rimanere pressoché invariata. La luminosità delle stelle aumenta col passare del tempo una data zona abitabile si allontana dalla stella.

Inoltre, nessun corpo di massa importante come un gigante gassoso dev’essere presente nella zona abitabile o in prossimità di questa: la sua presenza potrebbe impedire la formazione di pianeti terrestri.

Tutte le stelle conoscono delle variazioni di luminosità, ma l’ampiezza di tali fluttuazioni è molto diversa da una stella all’altra. La maggior parte delle stelle è relativamente stabile, ma tra esse un’espressiva minoranza è variabile e presenta spesso dei cali e degli intensi aumenti di luminosità. Di conseguenza, la quantità d’energia radiativa che i corpi orbitanti ricevono subisce delle brusche variazioni. Queste ultime sono dunque delle cattive candidate a ospitare pianeti in grado di permettere la vita nella misura in cui le forti variazioni di flusso energetico hanno un impatto negativo sulla sopravvivenza degli organismi. Per esempio, esseri viventi adattati a un dominio di temperatura particolare avrebbero probabilmente problemi a sopravvivere a importanti variazioni di temperatura. Inoltre, le variazioni di luminosità sono in genere accompagnate dall’emissione di dosi massicce di raggi gamma e di raggi X, radiazioni che potrebbero essere letali. L’atmosfera dei pianeti è in grado di attenuare tali effetti ma è ugualmente possibile che tali pianeti non siano in grado di trattenere la loro atmosfera perché le forti radiazioni incidenti a ripetizione potrebbero disperderla. Un aumento del 100% della luminosità solare non implica necessariamente un aumento del 100% della temperatura della Terra.

Metallicità

Ogni sistema solare con le sue stelle e i suoi pianeti si forma da un’unica nebulosa primordiale.

La composizione della nebulosa determina gli oggetti astronomici che popoleranno il sistema.

Alcuni sistemi a bassa metallicità avranno soltanto giganti gassosi, palle di ghiaccio e comete.

Altri sistemi a bassa metallicità avranno mondi di carbonio e giganti gassosi verdi e azzurri simili a Urano e Nettuno.

Sistemi binari

Alcune stelle hanno una compagna vicina o distante.

È difficile ma non impossibile che i pianeti dei sistemi binari abbiano orbite abbastanza stabili e regolari da ospitare la vita.

Esistono anche sistemi trinari con due stelle vicine e una compagna distante (come Alpha Centauri) oppure quaternari formati da due coppie di compagne vicine, oppure ammassi stellari, poco stabili, con stelle a distanza ravvicinata.

E quante più stelle ci sono in un sistema tanto meno è probabile che i pianeti nella biozona mantengano un’orbita stabile.

Nebulose

Le nebulose sono formate soprattutto da idrogeno (oltre il 90%), da polveri e gas freddi. Le nebulose di solito sono in stato di quiete perché le particelle non sono abbastanza massicce perché la forza di gravità possa fare effetto; quando qualche evento comincia a creare aggregati di materia sufficientemente massiccia comincia il collasso della nebulosa e la formazione di un sistema stellare.

Nascita di un sistema solare

Con il proseguire dell’addensamento e della contrazione, l’energia gravitazionale si trasforma in energia cinetica e di conseguenza aumenta la temperatura del corpo gassoso, che si trasforma in una protostella, da cui partono grandi quantità di radiazioni infrarosse. A causa della forza di gravità, la contrazione prosegue e il nucleo della protostella si riscalda; ma se la massa iniziale è scarsa, ad esempio qualche centesimo della massa solare, la temperatura non arriva a far innescare le reazioni termonucleari: la contrazione si arresta e il corpo si raffredda, lasciando una fredda e buia nana bruna (una «stella mancata»).

Se invece la massa è sufficiente, continua a riscaldarsi, fino a raggiungere temperature di quindici milioni di K, sufficienti a far innescare il processo termonucleare di trasformazione dell’idrogeno in elio. Il calore liberato da tale reazione fa aumentare la pressione dei gas verso l’esterno, fino a compensare la forza di gravità: si giunge così a una fase di stabilità, durante la quale la stella, ormai adulta, si trova sulla sequenza principale del diagramma H-R, che rappresenta, quindi, la fase dell’evoluzione di una stella nel corso della quale la fonte di energia è la «combustione nucleare» dell’idrogeno. La sua posizione e la sua permanenza nella sequenza principale dipendono dalla massa iniziale della nebulosa da cui sì e originata: stelle nate con grande massa diventano più calde, blu, e consumano il loro idrogeno più rapidamente (nel giro di milioni di anni); stelle con massa piccola rimangono meno calde, rosse, e sono più longeve (miliardi di anni). Le stelle gialle rimangono nella sequenza circa dieci miliardi di anni: il Sole, che ha già cinque miliardi di anni, è una stella «di mezza età».

Gigante Rossa

Alla fine il combustibile nucleare si esaurisce e la stella, sotto la pressione del suo enorme campo gravitazionale non più contrastato, deve lasciare la fase di gigante rossa per avviarsi alla fine.

Nebulosa Planetaria

Alla trasformazione in una gigante rossa, seguita dalla formazione di una nebulosa planetaria e, se la massa e alcune volte quella del Sole l’oggetto si trasformeranno in una nana bianca.

Stelle con massa iniziale poco differente a quella del Sole devono collassare gradualmente fino a divenire corpi delle dimensioni della Terra, per cui la loro densità deve arrivare a milioni di volte quella dell’acqua e la materia si presenta in uno «stato degenerato», con i nuclei degli atomi immersi in un «mare» continuo di elettroni. Sarebbe questa l’origine delle nane bianche, che, riscaldate dal processo di contrazione, ma prive di una fonte di energia nucleare, sono destinate a raffreddarsi lentamente.

Nane Bianche

Dopo la fase di gigante rossa l’evoluzione stellare segue vie diverse secondo la massa iniziale della stella. Le stelle con massa iniziale pari a quella del Sole o alcune volte maggiore (tra 0,8 e 8 volte quella del Sole) diventano nane bianche, ma prima attraversano una fase particolare. Arrivate allo stadio di giganti rosse, finiscono per espellere i loro strati più esterni che, trascinati via da un imponente vento stellare, danno origine a nubi sferiche di gas in espansione. Tali involucri gassosi, che contengono parte degli elementi che si sono formati nel nucleo della stella centrale, idrogeno, elio, carbonio, ossigeno, azoto ecc., sono chiamati nebulose planetarie poiché ai primi osservatori, nel secolo scorso, apparivano come dischetti luminescenti simili ai pianeti. Con la perdita dell’involucro esterno, la gigante rossa si trasforma in un nucleo rovente, che si contrae e si riscalda ulteriormente, a spese dell’idrogeno residuo. Dopo alcune migliaia di anni, la fusione nucleare si esaurisce e la stella inizia a raffreddarsi; alla fine, la nebulosa scompare e la stella centrale, compatta e nuda, diventa una nana bianca.

Stella di neutroni

Quando la pressione degli elettroni degenera non è più in grado di controbilanciare il collasso gravitazionale e si avvia il processo che porta la stella morente a evolvere in una stella di neutroni.

Perciò quando la massa rimanente della stella è superiore a 1,44 masse solari, non si stabilizza nello stadio di nana bianca ma procede oltre, fino ad arrivare appunto allo stadio di stella di neutroni.

Buco Nero

Se la massa originaria della stella è qualche decina di volte quella del Sole, dopo la fase di supernova il collasso gravitazionale non trova più forze sufficienti a contrastarlo: la contrazione prosegue, la densità continua ad aumentare e si forma un corpo sempre più piccolo, circondato da un campo gravitazionale immenso. Una porzione di spazio, non più grande di una decina di chilometri, si trasforma in un vortice oscuro in grado di attirare entro di sé e di far scomparire qualunque corpo o particella entri nel suo raggio d’azione: neanche le radiazioni, compresa la luce, potrebbero uscirne, per cui è molto appropriato il nome di buco nero con cui viene indicato.

Massa

L’ipotesi principale fatta sui pianeti abitabili è che essi siano di masse prossime a quella terrestre. Tali pianeti sono principalmente composti da silicati e non hanno conservato strati gassosi esterni di idrogeno ed elio come i pianeti gassosi.

I pianeti con una massa scarsa sarebbero dei cattivi candidati a ospitare la vita per due ragioni. Anzitutto, la loro gravità risulterebbe più bassa e la loro atmosfera meno densa. Le molecole che costituiscono la vita hanno una probabilità molto più elevata di raggiungere la velocità di fuga e di essere espulse nello spazio per la propulsione del vento solare o per una collisione. I pianeti la cui atmosfera non è spessa non avranno sufficiente materia per la biochimica iniziale, non saranno abbastanza isolati termicamente e saranno caratterizzati da una cattiva conducibilità termica attraverso la loro superficie e possiederanno meno protezione contro le radiazioni ad alta frequenza e i meteoriti. Inoltre, i pianeti più piccoli hanno un diametro inferiore e dunque un più grande rapporto superficie-volume dei pianeti di maggiori dimensioni. Tali corpi tendono a perdere energia molto più rapidamente dopo la loro formazione e hanno dunque scarsa attività geologica. Non presentano vulcani, terremoti né attività tettonica che fornisca alla superficie elementi favorevoli alla vita e all’atmosfera molecole in grado di regolare la temperatura, come ad esempio il biossido di carbonio.

Stabilità orbitale

Come per altri criteri, la stabilità orbitale e di rotazione è essenziale affinché il corpo celeste sia abitabile. Maggiore è l’eccentricità orbitale, più grande è la fluttuazione della temperatura sulla superficie del pianeta.

TIPI DI PIANETA

Super Terra

Si definisce Super Terra un pianeta extrasolare roccioso con massa compresa tra 1,9 e 10 masse terrestri. Il termine utilizzato si riferisce esclusivamente alle dimensioni del pianeta e non comunica altre informazioni. A causa della maggiore massa rispetto a quella terrestre, le Super Terre presentano un alto valore di gravità superficiale. Studi teorici hanno ipotizzato il legame tra le dimensioni dei pianeti terrestri (nelle loro varianti) e la loro composizione chimica, il che sembrerebbe applicarsi correttamente per la Terra e per un presunto pianeta oceano come Glise 876 d.

Pianeta Oceanico

Con questo termine s’indica la classe di pianeti caratterizzati dalla superficie completamente ricoperta da un profondo oceano d’acqua.

Durante la formazione di un sistema planetario la distanza cui si forma un pianeta è uno dei fattori che ne determinano la composizione chimica. In particolare, i pianeti che si formano oltre il «limite della neve» tendono a concentrare in essi sostanze volatili come acqua, ammoniaca e metano, fino a quantità pari al 50% del loro peso.

Simulazioni numeriche compiute su sistemi planetari in formazione dimostrano che questi pianeti, o ipotetiche lune ghiacciate, possono migrare all’interno del sistema avvicinandosi o allontanandosi dalla stella madre. Esiste dunque la possibilità che un pianeta oltrepassi il limite della neve e consenta al ghiaccio di fondere in acqua e il mantenersi di quest’ultima allo stato liquido; vista la quantità d’acqua posseduta da questi corpi, essa si trasformerebbe in un oceano globale profondo anche centinaia di chilometri.

Ma quest’oceano dove poggerebbe? Le immense pressioni che si verrebbero a formare sul fondo di questo pianeta favorirebbero la formazione di un mantello ghiacciato, cristallizzato in forme esotiche non presenti sulla Terra.

Potrebbe capitare anche che tale pianeta si trovi troppo vicino alla stella e che l’ebollizione dell’acqua porti alla formazione di una superficie non ben definita.

Mondi di Carbonio

Questi oggetti astronomici (pianeti, pianeti nane, lune, asteroidi eccetera) secondo l’ipotesi dell’ astrofisico Kouchner potrebbero formarsi da un disco protoplanetario ricco di carbonio o povero d’ossigeno gli elementi potrebbero organizzarsi in carburi e composti del carbonio, piuttosto che in silicati.

Con pianeta di carbonio o pianeta di diamanti o pianeta di carburi si indica il prototipo teorico di una tipologia di pianeti terrestri.

Nella parte interna di un tale sistema planetario si formerebbero pianeti aventi un nucleo ferroso circondato da un mantello interno di carburi ed uno esterno di grafite, sovrastato da una sottile crosta. In alcuni casi si potrebbe avere un’atmosfera ricca di composti del carbonio.

Teoricamente un pianeta di carbonio dovrebbe essere meno denso di un suo omologo ferrosiliceo e avere una superficie scura o rossastra a causa degli idrocarburi.

Secondo il modello di Kouchner, un pianeta di carbonio con temperature come quelle della Terra avrebbe un’atmosfera in cui abbonda il monossido di carbonio (CO), scarseggia d’ossigeno (O2, O3) e dei composti ricchi d’ossigeno come CO2. Un tale pianeta con temperature minori di quelle terrestri avrebbe un’atmosfera ricca di metano (CH4).

Nel Sistema Solare non esistono pianeti di carbonio, ma le condriti carbonacee hanno una composizione chimica assimilabile a quella di un tale pianeta.

Pianeti di Diamante

Se il pianeta è almeno quindici volte più massiccio della Terra, gli strati sotto la crosta rocciosa potrebbero essere ricchi di diamanti. Come illustrato al meeting dell’American Geophysical Union, secondo questi modelli in tali pianeti rocciosi le condizioni di temperatura e pressione presenti nel mantello sarebbero le più favorevoli alla trasformazione del carbone in diamante, sino a raggiungere un totale del 50% dell’intero pianeta. In definitiva saremmo di fronte a un pianeta fatto per metà di roccia e per metà di pietra preziosa. Peccato che questo comporti nello stesso tempo condizioni tutt’altro che ospitali: un mantello di diamanti produce un rapido raffreddamento dell’interno e impedirebbe la formazione di un campo magnetico e di un’atmosfera, due «scudi» fondamentali per la nostra salute.

Pianeti Metallici

Previsto solo dai modelli che considerano tutte le eventuali tipologie di pianeti extrasolari riscontrabili, non ne è stato ancora osservato uno.

Un astro che potrebbe appartenere a questa classe è il nostro Mercurio.

Un pianeta di ferro sarebbe caratterizzato da un massiccio nucleo ricco di ferro e un sottile mantello (o nessun mantello). Pianeti di questo genere potrebbero essere i resti di pianeti di silicati e metalli che hanno subito la perdita degli strati superficiali a causa d’intensi e catastrofici bombardamenti.

Questi pianeti sono più piccoli e densi dei pianeti di pari massa. Non avrebbero tettonica delle placche o un forte campo magnetico poiché si raffredderebbero subito dopo la loro formazione.

TRATTENERE ACQUA ALLO STATO LIQUIDO

Un pianeta deve rispondere a questi requisiti.

Gravità: deve avere una gravità di almeno 0,76 G, al di sotto di questa gravità il vapore acqueo non perdura per miliardi di anni.

Temperatura: il pianeta deve trovarsi all’interno della biozona.

Campo magnetico: il vento solare tende a soffiare via le atmosfere dei pianeti in direzione opposta. Un pianeta deve possedere un campo magnetico capace di contrastare il vento solare, oppure se è il satellite di un altro pianeta con un’estesa magnetosfera può sfruttare quella come scudo.

MASSA MINORE E MASSA E MASSA MAGGIORE

I pianeti con massa inferiore tendono a raffreddarsi prima e quindi: emettono meno calore interno, hanno meno attività vulcanica, hanno meno attività sismica, hanno un campo magnetico meno intenso.

I pianeti con massa maggiore tendono a: mantenere a lungo un alto calore interno, ad avere più attività tettonica, vulcanica e sismica, ad avere un campo magnetico più intenso.

Eccezioni

La Terra e Venere hanno massa e composizione analoghe ma Venere è tettonicamente e magneticamente morta mentre la Terra è ancora attiva. Questo perché le forze mareali della Luna contribuiscono a riscaldare internamente la Terra.

Un pianeta più denso con un nucleo più ricco di elementi fissili emetterebbe un maggiore calore interno rispetto a uno meno denso e più povero di elementi fissili.

Un pianeta più giovane è più caldo e più attivo. Persino Marte, che non ha mai avuto abbastanza massa da trattenere stabilmente il vapore acqueo, per un certo periodo ha ospitato un’idrosfera.

Acqua e Aria

L’acqua può esistere allo stato liquido dai 200 millibar in poi. A 200 millibar si formano pozzanghere o al limite stagni che tendono a evaporare. A pressioni superiori l’acqua è schiacciata dalla colonna di gas.

Alle basse pressioni l’acqua richiede temperature minori per evaporare.

Alle alte pressioni l’acqua necessita di temperature maggiori per evaporare.

Alle alte pressioni il suono si trasmette più rapidamente.

Alle alte pressioni i laser perdono coerenza più facilmente essendo schermati dall’aria.

Alle basse pressioni la viscosità della miscela atmosferica sfavorisce il permanere della nebbia.

Alle alte pressioni è più facile che si formi nebbia.

Alle basse pressioni l’escursione termica è maggiore.

Alle alte pressioni l’escursione termica è minore.

A parità di temperatura e volume atmosferico le alte pressioni tendono a favorire le piogge.

In altre condizioni a sfavorirle: perché l’acqua tenderebbe a evaporare prima di raggiungere il suolo.

Per avere acqua allo stato liquido, ma anche per tutte le altre sostanze, non esiste un valore univoco di pressione e temperatura per una determinata fase, ma questi valori sono mappati in un diagramma detto appunto delle fasi (solida, liquida e gassosa).

Nel diagramma di fase dell’acqua, il punto triplo, nel quale le tre fasi coesistono, corrisponde al valore di pressione di sei millibar e alla temperatura di 0,01 °C. Oltre a quello triplo occorre considerare anche il punto critico, che per l’acqua è 374 °C e 218 atm, oltre il quale non vi è più equilibrio tra il liquido e il vapore.

La gravità non è un indicatore affidabile per valutare la pressione atmosferica. Si pensi a Venere, che ha una gravità di 0,9 G, ma una pressione atmosferica di ben novantatré volte superiore rispetto alla Terra. E si pensi a Marte, che per una fase della sua esistenza ha ospitato un oceano d’acqua allo stato liquido, ma un pianeta nella biozona per mantenere acqua allo stato liquido per miliardi di anni deve avere non meno di 0,76 G, come regola di massima.

Ossigeno

Nelle atmosfere con ossigeno inferiore al 10% non possono scatenarsi incendi.

Nelle atmosfere ad alto tenore d’ossigeno gli incendi sono più comuni, l’atmosfera è velenosa perché acida, i manufatti (e in specie quelli metallici) tendono a corrodersi.

Effetto Serra

Parliamo di pianeti nella biozona con atmosfere più dense di quelle terrestri (1000 millibar).

Se il pianeta è vicino al limite interno della biozona l’effetto serra riscalda: cioè l’atmosfera densa imprigiona il calore solare e lo ridistribuisce sulla superficie del pianeta.

Esempio: Venere.

Se il pianeta è vicino al limite esterno della biozona l’effetto serra raffredda: cioè l’atmosfera respinge i raggi solari e la superficie del pianeta è più fredda.

Esempio: Titano, che ha una temperatura media più fredda delle altre lune di Saturno non dotate di atmosfera.

Effetti dell’inclinazione assiale

Rispetto alla Terra, che ha un’inclinazione assiale di ventidue gradi, più l’inclinazione assiale è accentuata, più i cambiamenti stagionali sono estremi; meno l’inclinazione assiale è accentuata, più i cambiamenti stagionali sono tenui.

A zero gradi l’asse di rotazione è perpendicolare all’asse dell’eclitta e gli effetti stagionali sono quasi nulli, ma le stagioni potrebbero essere influenzate da eccentricità orbitale o dalla presenza di altri oggetti nel sistema: nane brune, compagne della stella eccetera.

In un pianeta privo di ciclo stagionale l’acqua continua ad ammassarsi alle alte quote e non disgela mai: ci sono meno fiumi, il clima diventa più arido, alle alte latitudini diventa molto più freddo. Le uniche fasce abitabili sarebbero quelle vicine alle coste di mari o oceani grazie alle precipitazioni.

Lune di Giganti Gassosi

Una grossa luna (come Pandora del film Avatar) rivolge sempre lo stesso emisfero al pianeta di cui è satellite.

Entrambi gli emisferi sono illuminati dal sole per un periodo pari alla metà del periodo orbitale.

Il pianeta attorno a cui la luna orbita è visibile solo dall’emisfero rivolto verso cui è rivolto il satellite, il pianeta appare immobile nel cielo. le fasi si vedono da tutti i punti dai quali il pianeta é visibile. Benché il pianeta appaia immobile nel cielo anche dal centro dell'emisfero si possono oservare le fasi mentre dai bordi dell’emisfero il pianeta è possibile vederlo piano vedere pieno. É poco probabile che dalla superficie della sua luna il pianeta si veda immobile" a causa della librazione.

Nell’emisfero rivolto verso il pianeta, ogni mezzogiorno, c’è un’eclissi perché il pianeta viene a trovarsi tra il Sole e la Luna, perciò le ore prossime al mezzogiorno sono le più buie, al contrario le ore prossime alla mezzanotte sono le più luminose, perché il gigante gassoso (o il mini Nettuno o la Super Terra o la nana bruna) avendo un forte albedo ed essendo enorme può essere luminoso fino a 40 volte la Luna terrestre.

Nell’emisfero «oscuro» della luna (oscuro perché sconosciuto, non perché non illuminato dal sole) il ciclo d’illuminazione è simile a quello terrestre senza le succitate anomalie.

Orbita inclinata: nel corso dell’anno lo zenit cambia e il Sole sembra fare su e giù nella volta celeste.

Orbita eccentrica: il Sole sembra diventare più grande e caldo quando il pianeta è più vicino e più piccolo e freddo quando il pianeta è più lontano.

Effetti del periodo di rivoluzione

L’anno e il ciclo stagionale sono tanto più lunghi quanto più è lungo il periodo di rivoluzione.

Effetti del periodo di rotazione

Il giorno è tanto più breve quanto più è breve il periodo di rotazione, inoltre più è breve il periodo di rotazione più le raffiche di vento sono forti, più a lungo durano cicloni e uragani.

Rotazione Retrograda: il Sole sorge a Ovest e tramonta a Est.

Rivoluzione Retrograda: il Sole sorge a Est e tramonta a Ovest.

Rotazione e rivoluzione retrograde: il Sole sorge a Ovest e tramonta a Est.

Rotazione: i pianeti conservano i moti di rotazione e rivoluzione che aveva la nebulosa da cui si sono formati quando si è messa in movimento. Nel caso del Sole il moto era antiorario. Quindi, i pianeti e relativi satelliti ruotano attorno al Sole e sul loro asse in senso antiorario. Il moto di rivoluzione retrogrado di un satellite è indizio sicuro di cattura. Un pianeta con rivoluzione retrograda probabilmente è un corpo catturato.

Una stella nasce da un ammasso di polveri. Le polveri rimangono inerti finché un evento non riesce a metterle in movimento. Quando questo accade, la nebulosa comincia a ruotare, al centro del disco di polveri si crea un globulo che accrescendosi diventa più caldo, arrivato alla massa critica, s’innesca una reazione termonucleare che trasformerà l’ammasso di polveri in una protostella. La fase di protostella continua finché la stella, continuando ad accumulare massa dal disco di polveri da cui è circondata, non raggiunge una massa sufficiente a consentirle di sopraffare la gravità e diventare così una stella completa.

Nota: a volte si formano più oggetti che creeranno altrettante stelle.

Satelliti naturali

Il limite teorico per mantenere un satellite è che questo deve trovarsi entro la Sfera di Hill, proporzionale al raggio orbitale del pianeta e alla radice cubica della sua massa in rapporto al Sole.

Perché ci siano orbite stabili pare che i satelliti debbano essere entro la metà o un terzo del Raggio di Hill.

Venere e Mercurio potrebbero avere delle piccole lune, ma queste dovrebbero orbitare vicino ai pianeti che a loro volta dovrebbero supplire alla loro piccola massa (rispetto al Sole) con una maggiore vicinanza dell’orbita del loro eventuale satellite: in questo modo la vicinanza stretta al pianeta vincerebbe la forza di gravità sulla maggiore massa del Sole. La velocità di rotazione e traslazione non modifica affatto il valore della gravità del pianeta e quindi non porta nessun fattore nel tenere più facilmente un satellite.

Inviato

Dalla lettura di questo articolo di Wikipedia ho estrapolato alcuni calcoli:

  • Data M la massa della stella (con M compresa tra 0,5 e 2 masse solari), la luminosità L (in proporzione a quella del Sole) è pari a M alla 4°.
  • Data L, la distanza D (alla quale un pianeta riceve la stessa quantità di luce della Terra) è pari alla radice quadrata di L (e quindi al quadrato della massa della stella).
  • Dati M e D, il periodo di rivoluzione del pianeta è pari alla radice quadrata di D alla terza diviso M (prima si divide per M, poi si fà la radice quadrata).
  • Dati M e L, la durata della vita della stella in miliardi di anni, prima di entrare nella fase di gigante rossa e distruggere i pianeti più vicini, è pari a 10xM/L.

L'ultimo dato è particolarmente importante: poichè la vita sulla Terra è nata circa 1 miliardo di anni dopo la formazione del pianeta e 1,5 miliardi di anni dopo la fromazione del Sole, si può asserire che quasi certamente le stelle con massa maggiore del doppio della nostra stella non produrranno mai la vita.

Inviato

Un'altro paio di formule che mi ero scritto, utili nel caso uno volesse creare un sistema stellare doppio (due stelle che orbitano attorno ad un centro di gravità comune); indicati con M1 e M2 le masse delle due stelle (in masse solari), e con Mt=M1+M2, i valori di D (distanza delle stelle indicata in Unità Astronomiche, cioè la distanza media Terra-Sole, pari a circa 150 milioni di km) e T (tempo di rivoluzione delle due stelle l'una attorno all'altra, indicata in anni terrestri), si ottengono così:

D = radice quadrata di (D alla 3°, diviso Mt)

T = radice cubica di (T al quadrato, per Mt)

Poichè l'attrazione è proporzionale alla massa, un pianeta, per orbitare attorno ad una sola stella, deve avere una distanza da essa non superiore a:

D1 (distanza dalla stella 1) = D, per M1, diviso (M1 più M2)

D2 (distanza dalla stella 2) = D, per M2, diviso (M1 più M2)

Non possono esistere pianeti con una distanza superiore al più piccolo tra quei due valori, ma inferiore al più grande, perchè in tal caso il paineta avrebbe un'orbita a forma di 8, girando attorno ad una stella in senso orario e attorno all'altra in senso antiorario.

Un pianeta può avere una distanza superiore al più grande tra D1 e D2, e in tal caso orbiterà attorno al centro di gravità comune tra le due stelle.

Un caso particolare si ha quando la distanza del pianeta da entrambe le stelle è pari a D (la distanza tra le due stelle), in pratica i tre corpi si trovano ai vertici di un triangolo equilatero; il pianeta si trova quindi in uno dei due "Punti di Lagrange" stabili (L4 o L5) di entrambe le stelle, e si trova bloccato dalla gravità di entrambe in un'orbita di durata pari a T.

Un tale pianeta avrebbe un'alternanza giorno-notte molto particolare; per 1/6 della giornata sarebbe illuminato solo dal primo sole, per 1/3 da entrambi, per 1/6 solo dal secondo, e la notte durerebbe solo 1/3 della giornata.

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