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Inviata

***

Iperione di sanguigno manto vestito

Dell'efferato atto mai s'è pentito

Treman le acque del mare rabbioso

Con forza colpisce gli scogli, furioso

Nel cielo risuonan le grida di dei folli

Che rimbobano in echi paurosi per pendii, gole e colli

Urla il lampo e tonante si lancia

Nelle acque saline violento scalcia.

***

Beve nell'adorno teschio l'umano sangue

Guarda felice le spoglie dell'era che langue

Rende macabro banchetto invitante

Anche per l'incorruttibile piccolo infante

Geme lamenta e gode del divino destino

mentre decora col caldo succo l'uomo supino

E mentre ancor nell'estasi s'erge potente

Inizia a lanciare urla sin troppo cruente

***

Setis intrappolato nel mondo reale

Vede e sente il vento di bora astrale

Fermo s'una scogliera guarda il cielo

Di nembi bui porta ancora il triste velo.

Lampi e tuoni risuonan cupi maestosi in quella notte

Rischiaran le nuvole dalla violenta forza ormai rotte

Fulmini schiantano nelle acque inquiete

Sollevano scatenano e spandono forze segrete

Senza forma dalle rocce guarda la sua arte

Esiliato sul mondo reale

Evocato da persona mortale

Triste non comprende ciò che lo circonda

E uccide in preda a pulsione furibonda

Senza esser del tutto cosciente

Di come agisce sferzato dal Ponente

Un massacro il bagliore divino ha compiuto

Senza che la sacra cerca avesse adempiuto

Impara presto l'odiato mondo ad amare

E fitta pioggia scende per il peccato suo lavare

***

Ombroso è l'anfratto

Dall'artista ritratto

Alberi rachitici

S'estendono mitici

Fronde d'un verde perduto

Coprono la radura d'un dolore assoluto

Il cielo è nascosto da nuvolo nere

Ricorda a tutti le feroci fiere

Da esso discende un unico e folle

Raggio di luce ch'illumina il solo colle

Chitinose creature striscian nel fango

Per raggiunger ciò che rimpiango

Per arrivar al calore solare, promessa salvifica

Che i piccoli infimi animi "ora" vivifica.

Il pittore si ferma e intinge il pennello.

Cala delicata mano, tremante

Un ultimo segno traccia, morente.

***

Ridon di scherno sbeffeggian l'eterno

Stupido infermo

Vecchio dal capo marcito

Di vermi e larve farcito

Cadon brandelli di carne

Infestata da piccole tarme

Anchessa ride, maledetta creatura

E indomita l'opra sua perdura

***

E monta il vento ponente

Istiga la torturata mente.

Condensano nubi d'avorio

Create da un'animo prima irrisorio.

Un fulmine squarcia il reale

Comandato da creatura astrale

Che s'impone, s'alza

La costrizione scalza

Irato urla al cielo in un boato che scuote il creato.

Onde s'impennano ardenti evaporando nel moto,

Si lancian furiose verso epicentro ch'è vuoto.

E compare.

Torna, mortale, più forte, potente, irriverente,

Titano dei mari.

***

Un elogio alla speranza scomparsa

Che all'uomo sempre gentile è parsa

Nel momento del bisogno, crudele svanisce

Per tornare quando voglia di viver sparisce

Con forza costringe a lottare

Chiunque con essa voglia parlare.

Ad infiniti stagni verdeggianti

E a sconfinati cieli abbaglianti

Azzurri paesaggi dormienti

Prigioni per menti coscienti

E' destinato il viaggiatore demente che parla di profezie alla comune gente

***

Cerca se stesso nell'altro

Si comporta in modo assai scaltro

Corre rapido su calzari alati

I suoi occhi al mondo celati

Porta messaggi d'amore e morte

In rime misteriose a volte contorte

Più veloce delle luce e del vento

Messaggero mai soddisfatto o contento

***

In tempo ancestral costretto al silenzio

Sotto un sigillo di puro assenzio

Creatura senz'anima che danza nell'ombra oscura

Ora stupra vite e la morte all'uomo assicura

***

L'eterna promessa non verrà mai espressa

Il mostro notturno rimarrà all'ombra di saturno

Le lame d'acciaio affamate di morte più torneranno a segnar l'umana sorte

***

Rinchiuso in eoni sconosciuti

Tra reami e mondi "detti" perduti

Vaga la coscienza del viaggiatore

Per infinite stagioni, mesi, ore

***

Brilla di solar forza

Sotto unica singolar scorza

E ride ancora del buffo destino

Bevendoci sopra litri di vino

Come pazzo di luogo in luogo vaga cantando

Di blasfemi inni a dei morti la storia sta urlando

***

Nel gelido cubo intrappolato

Giace l'animo spento, addormentato.

I dimenticati inni ora sopiti

Cantavan nel crepuscolo d'amori infiniti

Parlavan di passioni, di guerra

Momenti così belli da scuoter la terra.

Ora è solo al buio, morto

Rinchiuso, in sè assorto.

***

Meravigliosa incredibil e inaspettata visione

Aspettava illuminata da dimenticata costellazione

Nella notte silenziosa e serena, fredda e infinita

La memoria, di lei ricordo lascia traccia scolpita

Ed Il fioco baglior sul suo viso disceso

Facea scintillar suoi occhi d'un sentimento incompreso

***

Abbaglianti le luci dell'ombra brillante

Cacofonia di una folle pazzia danzante

Tra corpi ammassati di un desiderio condannato

Proiettati in un presente che sembra malato

Nasce la felicità in un momento intenso

E perde in pochi secondi ogni suo minimo senso

La musica stordisce folla in cerca di vita

In un'ascesa fatale nella sua corsa infinita

***

Cieli spandon fiamme crepitanti

Furent' immersi in colori sgragianti

Adombran la spiaggia dorata

Da pioggia battente bagnata

Solo nella benedetta tempesta

Compie le sue empie, sacre gesta

Nell'amore di un amare infinito

Giace con un folle sogno scolpito

Saette e scintille di passione

Attraversano il regno d'iperione

E nubi e nembi, minacciosi e cupi

Incubi per gli amanti, feroci lupi

Nell'eterno e sublime atto

Il dio osserva esterefatto

***

Cade il giglio ghignante

Follia corre li rampante

Tra le implacabili nere gocce

Sono troppe le rivolte al cielo facce

E dalle opache violacee nubi

Le fiamme aspettano ch'egli le rubi

Prometeo, titano divorato dai falchi degli dei

Perchè tu salvasti l'umanità e condannato sei?

Popoli ora turbati, sofferenti, si combattono l'un l'altro

Sommersi da montagne di pece sopravvive sol il più scaltro

Con mille stratagemmi lui l'eden vinse

Oh odisseo che i fianchi di calipso cinse.

Libero dagli inumani limiti terreni

Pronto a dominare tutt'i popoli elleni

Alza guerriero lo scudo dipinto

E inno innalza in onor del vinto

***

Un'altra visione sull'occhio di endimione

Cresce e si spande

Lo sperone più grande dei mondi

Suoi, mille e mille campi fecondi

Sulle rocce stratificate

Città su città son edificate

Sin troppi i loro stili assurdi e irreali

Fuggono le concezioni e i modi banali

Sulla sommità della vile montagna

S'erge loco ove nacque mia compagna

D'argento e d'ebano intarsiata

Piramide domina la città domata.

E l'occhio vigile serpentino

Sorride a quel mondo così divino

Senza tristi affanni ne desideri

Ove la mentre crea i suoi imperi

***

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