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Inviata

Riporto qui sotto una bozza di un racconto lungo horror / steampunk nato da un sogno che ho avuto la scorsa notte.

Se avrò tempo ed ispirazione, lo continuerò, ma prima mi farebbe piacere sapere il vostro pare su quanto ho prodotto fino ad ora.

L'ambientazione è simile all'Europa tardo rinascimentale, con elementi steampunk e horror.

Ho messo sotto spoiler le varie parti così il post non diventa lunghissimo ed è, secondo me, più facile consultare le varie parti.

Prefazione

Spoiler:  

L’alba del giorno successivo alla battaglia non era molto diversa da quelle precedenti: non c’erano drammatici cambiamenti di clima, comete, eclissi o pioggia di fuoco a fare da sfondo alla sconfitta, ma non ne sarebbero serviti, poiché il morale degli abitanti della cittadina di X non avrebbe potuto comunque raggiungere un punto più basso.

Il cielo era grigio e lattiginoso come in una qualunque giornata d’inverno nel Nord e il nevischio cadeva, sottile e silenzioso, come aveva fatto negli ultimi 4 giorni.

La gente si stava assiepando intorno alla piazza e alla strada principale. Si trattava soprattutto di donne, vecchi e bambini, poiché gli uomini giovani erano quasi tutti caduti in battaglia, feriti o (e questa era solo una speranza) prigionieri.

Il silenzio era innaturale, spezzato solo dalle sporadiche grida di bambini, subito interrotte dalle madri con un mormorio sommesso.

Paura, disperazione e attesa erano quasi palpabili nell’aria e sembravano attirare la gente come una calamita verso il punto in cui presto sarebbe passato sfilando l’esercito invasore.

Gli invasori si erano fatti strada fino a quel remoto paesino del Nord devastando e conquistando come una macchina inarrestabile tutti i paesi fino a lì e l’usanza di sfilare in una parata di conquista si era trasmessa di sconfitto in sconfitto, cosicché ora la gente di X si aspettava già questa umiliante manifestazione di superiorità e potere; tuttavia, solo poche persone si erano rinchiuse nelle loro case in segno di protesta, gli altri avevano tutti preferito uscire a vedere, quasi senza una motivazione razionale (ad eccezione di qualche vecchietta che, non avendo più da perdere nemmeno la vita, si era preparata con abbondanti munizioni di uova marce e verdure andate a male).

Un suono ritmico e sordo penetrò gradualmente il silenzio, dapprima sotto forma di tonfi appena udibili, poi con più forza, fino a diventare perfettamente distinguibile e sempre più spaventoso: era il suono degli stivali dell’esercito vittorioso, in marcia verso il centro della città.

Insieme al suono, presto delle sagome iniziarono a stagliarsi sullo sfondo, nero su grigio, ingrandendosi e diventando sempre più dettagliate, fino a quando non divenne possibile distinguere ogni singolo soldato.

I Soldati Neri (così li chiamavano da quelle parti), erano imponenti e minacciosi, ma anche diversi da come la popolazione se li aspettava; seri e imperturbabili, non li stavano sbeffeggiando, non cantavano, non urlavano, né apostrofavano le giovani donne con proposte oscene, come se fossero oggetti vinti insieme alla terra.

Si limitavano a marciare, a testa alta, i colori chiari di volto e capelli in contrasto con le divise nere da parata; qualche volta un ufficiale, distinguibile dalle bordature dorate della divisa, gridava un ordine in una lingua estranea, che sembrava dura persino alla gente del Nord, ma il cui tono imperativo era chiaramente percettibile.

Via via che la parata procedeva e la testa del corteo spariva all’interno delle mura dell’ormai deserto fortino, gli abitanti di X si facevano sempre più silenziosi e spaventati, quasi che l’implacabile, quasi meccanico incedere dell’imponente esercito fosse più spaventoso delle razzie e della violenza che i più anziani avevano conosciuto in passato.

Nonostante la paura rasentasse il panico, la gente sembrava essere ipnotizzata dal rumore ritmico scandito dai passi dei soldati e rimaneva paralizzata ad osservare, anziché ripararsi nelle proprie case.

E fu allora che la coda della parata raggiunse la piazza, e il panico e la disperazione si disseminarono tra gli sconfitti.

In coda all’esercito, con lo stesso passo perfettamente cadenzato, marciavano i trofei: mezzi bellici semi distrutti e arrugginiti si muovevano senza pilota e cadaveri animati di figli, amanti, amici, procedevano come marionette.

Non avvenne immediatamente, perché le menti delle persone erano come congelate dall’orrore causato dalla visione paradossale di quei corpi morti che si muovevano come se fossero vivi, poi finalmente, il caos eruppe con violenza e dilagò tra la popolazione.

Prima parte

Spoiler:  

Melania si trovava in mezzo alla gente del suo paese, a guardare la parata con la stessa tristezza e la stessa paura dei suoi concittadini, per la prima volta sentendosi parte di una comunità che fino a quel momento l’aveva emarginata e maltrattata.

Non avrebbe saputo dare un nome alle sensazioni suscitate in lei dai volti imperturbabili dei soldati, dall’implacabilità di quei piedi che calpestavano con forza il suolo che stavano rivendicando, dal timore di non sapere ancora il numero delle vittime.

Di certo, però, seppe subito che erano orrore e paura a stringerle il cuore e toglierle il fiato quando il gruppo di sconfitti comparse dall’angolo della strada e si diresse verso la piazza.

Era presa tra l’istinto di scappare e quello di rimanere immobile, segno che la sua mente non era preparata ad affrontare una visione così assurda, mentre un interesse morboso la spingeva a cercare persone conosciute tra i volti dei morti che camminavano: ne riconobbe tanti.

Stava recuperando la calma e ringraziando mentalmente il fatto che i morti sembrassero guardare fisso dinnanzi a loro e non intendessero girarsi, quando un gruppo di persone accanto a lei iniziò a muoversi freneticamente e fu urtata e spinta a terra.

Cadde sul braccio sinistro, ma non ebbe quasi il tempo di sentire il dolore, figurarsi di valutare il danno, quando sentì un nuovo dolore, più lancinante, all’altro braccio: una donna anziana la stava afferrando e stringendo con forza; voltandosi verso l’aggressore , si rese conto con orrore che la donna aveva in mano un coltello da cucina e la follia negli occhi.

Melania alzò le braccia istintivamente per ripararsi dal colpo, quando udì un rumore assordante di scoppio, seguito subito dall’odore, molto vicino, di sangue e di polvere da sparo.

Sentì subito la presa sul suo polso allentarsi e qualcosa di pesante caderle addosso; solo allora ebbe il coraggio di guardare e si accorse con orrore che la donna era morta ed era caduta su di lei.

Un misto di sangue ed interiora le si stava riversando addosso e le provocò un conato di vomito.

Cercò di divincolarsi, ma le forze le stavano venendo meno e le girava la testa e mentre le si appannava la vista e i suoni intorno a lei si attutivano, ebbe il tempo di vedere la folla aprirsi per fare passare un Soldato Nero e di rendersi conto che stava perdendo i sensi.

Commenti, critiche e correzioni sono bene accette!


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