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[Wiggly] Manus Diabuli in Corruptione Auget


Wiggly

Messaggio consigliato

Inviata

[Musica di sottofondo -

]

Anno Domini 1270, 29 Settembre

Don... Don... Don...

La città è ancora sonnecchiante quando si sentono rintoccare le campane che annunciano le lodi mattutine. Il sole deve ancora emergere dalle mura e dai tetti, solo le punte delle torri sono dorate dal suo tiepido sguardo. L’aria fra i vicoli è frizzante, un vento sgarbato soffia per le vie della città schiaffeggiando i visi dei mercanti già indaffarati nel cominciare ad aprire bottega. Si sente soffuso il lento incedere in lontananza di qualche zoccolo, portato dalla brezza, rincorso d’appresso dallo sferragliare delle ruote di un carretto che litigano col selciato. Ormai è autunno anche in città, le giornate si sono accorciate e il clima tiepido di settembre sta lasciando dolorosamente il posto all’inclemente e spinoso autunno coi suoi piovaschi improvvisi e i maldestri rigori.

Don... Don... Don...

Suona alta la campana di S. Domenico, aiutata dalla piazza sottostante il campanile che sembra cogliere materna il suo suono per poi restituirlo alla città rinvigorito. Sullo spiazzo tre guardie stanno attraversando stancamente l’area, ormai provate dalle ore di veglia passate a lavorare. Sono diretti verso la via Emilia, dove troveranno la loro abituale osteria de “Il Frate Allegro” intenta ad aprire. Giusto il tempo di prendersi il bicchierino del riposo prima di coricarsi nel loro pagliericcio. Altri pochi passi trascinati e si infilano in una stradina nascosta fra le case sparendo alla vista.

Nella desolazione che rimane al loro uscire di scena, si alza quasi angelico l’eco delle voci dei monaci che nel mentre si sono raccolti nell’ecclesia per le loro orazioni. Un mulinello di foglie e polvere comincia a danzare nel mezzo della piazza come evocato dalle soavi melodie dei frati domenicani che intonano il Benedictus. Il vortice leggiadro piroetta nulle note latine del cantico per poi aprirsi in un impeto di gioia e svanire nell’aere, come spaventato dal seppur timido aprirsi di qualche inferiata dei palazzi prospicienti.

Non molto distante da S. Domenico, a pochi passi dall’Università, si apre alla città anche la bottega dell’erborista, facendo cadere i suoi pesanti battenti di legno per mettere in mostra le due ordinate vetrine ricche di fiori, alambicchi ed erbe strane. Il sonoro rumore delle catene che scorrono nell’argano, unito al cozzare scricchiolante del legno ormai provato dal tempo contro i muretti in marmo della facciata bassa, creano una sinfonia stonata che riecheggia per un gran tratto del portico di via Farini, sotto il quale si trova l’esercizio. Sull’uscio, sotto la scritta “Mederi Herbarius” in caratteri medioevali, spunta assonnato un uomo magro mentre finisce di indossare un lindo camice con il ricamo di un grosso fiore esotico dal colore porpora, mentre alle sue spalle si intravede una donna concentrata a riporre dei contenitori di vetro ordinatamente su un vasto scaffale antico. L’uomo si guarda intorno e poi mollemente va a fissare con un cordino le inferiate appena ribaltate a dei ganci piantati le marmo del portico a ridosso del muro poi rientra, richiudendo la porta dietro di sé in faccia al vento freddo che provava a seguirlo.

Anche su via S. Vitale, a due passi dalla Garisenda, il buongiorno sta salutando i laboriosi domestici di palazzo Manfatti. Una imponente domus che occupa gran parte dello spazio tra S. Vitale e via Zamboni, direttamente rivolta alle torri maggiori di Bologna. Al suo interno un brulicare di anime affaccendate nei lavori domestici, in cucina, a strigliare e nutrire i cavalli e gli animali da cortile, a lucidare vetrate e spolverare arredi segnala il vicino risveglio del loro padrone e il prossimo inizio di un agitato martedì di affari. Dalla porta della servitù, che dà su una piccola insenatura discreta, perpendicolare alla via del santo, si vede uscire, ben avvolta in una cappa troppo usata, una domestica con un paniere stretto in una mano mentre nell’altra è sequestrata dalle dita paffute di un bambino. Attraversano la strada deserta velocemente per sfuggire all’aria pungente che si incanala fischiante nello spazio lasciato libero dalle case. Si incamminano a passo spedito verso la zona del mercato zigzagando con reverenza fra le basi delle svettanti torri, le quali sembrano sorvegliarne il cammino dall’alto della loro imponenza. Poco dopo che le due figure sono sparite alla vista, mentre il brusio cittadino prende sempre più vigore al comparire sulle vie di carretti, contornati da grida di saluto o imprecazioni per l’inizio di una nuova giornata di lavoro, dal portone principale appena aperto della ricca casa spunta una massiccia figura, anch’essa avvolta in un pesante mantello. Sotto di esso si possono vedere delle forti spalle muscolose e un vestito spartano ma di ottima fattura. In cintura, al fianco della bisaccia come ad avvertire un eventuale malvivente delle possibili conseguenze di un’idea sbagliata, un robusto coltello riposa tranquillo in un fodero adornato di incisioni e borchiati d’argento. L’uomo si guarda per un attimo intorno attento, poi si incammina con passo sicuro verso piazza Maggiore, mentre depone gentilmente alcune lettere sigillate sotto al giustacuore, probabilmente importanti missive del suo signore.


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Inviato

[Musica di sottofondo -

]

Il sole ormai si è alzato e con la sua radiosità rimprovera il vento prepotente che si va a rintanare ferito nei vicoli più stretti e angusti della città. L’aria si scalda rallegrando gli animi dei Bolognesi ormai tutti intenti nei loro affari quotidiani, il mercato nelle strade vicino alla piazza brulica di voci e passi. Ceste di prodotti e sacchi di ogni forma e tessuto passano di mano in mano accompagnati dal luccichio argenteo delle monete. Un baccano divertente e continuo di contrattazioni, convenevoli, pettegolezzi, risate e imprecazioni satura l’aria di quelle vie facendola ribollire come un pentolone posto sul fuoco. Fra le strade dietro il comune, a metà di via D’Azeglio, comincia a rintoccare ritmico il martello del fabbro e dei suoi apprendisti sulle massicce incudini, mentre un fumo scuso e saettante segnala che la fucina si è ormai scaldata al punto giusto. Il cadenzato ritmare dei martelli rindonda metallico per le strade tutto intorno, come a ticchettare preciso lo scorrere del tempo e il lavoro delle botteghe a portata d’udito.

Quando le campane della città chiamano i credenti all’ora prima, un’altra bottega, rimasta chiusa fino a quel momento, decide di aprire le sue porte al giorno e di iniziare la giornata. L’artigiano, un fabbro stranamente ben vestito, ha appena finito di scaldare le sue poche braci e di dare da mangiare al possente cavallo da tiro sistemato amorevolmente al calduccio dietro la fucina. Solitario, si sta apprestando a iniziare la giornata lavorativa col sorriso sulle labbra, mentre saluta amichevolmente con un cenno una donna che nel mentre stava passando davanti all’uscio, lungo via Galliera.

Il giorno è ormai pieno e tutta la città è sveglia e dedicata ai suoi affari e ai suoi doveri, che continueranno senza posa per tutte le ore di luce. Quando poi, al termine del suo giro, il sole deciderà di coricarsi sotto la piatta linea dell’orizzonte, allora risuoneranno per l’ennesima volta le rassicuranti campane dei vespri, e con loro si quieteranno i brusii, si chiuderanno le inferiate, si smorzeranno i fuochi e i mulini. La vita che tanto ha riempito la città nelle precedenti ore piano scemerà, lasciando il posto a stanche figure dirette alle loro tavole imbandite della cena, pronte a riposarsi durante la fredda notte per poter poi essere in forma l’indomani e riprendere la quotidiana routine settimanale di lavoro e fatica.

Inviato

[Musica di Sottofondo - http://www.youtube.com/watch?v=qWyzbIn-UOA ]

Anno Domini 1270, Notte del 29 Settembre

Ora che la sola pallida luna, anche nella sua pienezza, non riesce più a minacciare il freddo vento proveniente dalle colline a sud della città, il freddo si è insinuato fra le strade a farla da padrone. Un’aria gelata soffia vincitrice sul borgo scacciando chiunque voglia osare mettere piede fuori di casa. Un rumore di passi si sente nel silenzio, portati dal vento. Da una strada spuntano quattro figure ben strette nei loro mantelli, con la fianco la spada che a fatica viene tenuta celata sotto la copertura, alcuni anelli di una maglia metallica riluccicano timidi dal colletto rispondendo al bacio del bianco astro notturno. Null’altro si muove. Le figure imbacuccate e strette fra loro per fare muro contro l’aria prepotente, continuano la loro ronda serpeggiando ora fra le strade dietro la Curia, ora lungo il tratto della via Emilia che dà sulla grande piazza, diretti verso il mercato e il suo dedalo di stradelli. Tutte le botteghe sono addormentate dietro ai pesanti battenti in legno, riparate dal freddo esterno. Nessun segno di vita in giro, eccezion fatta per le quattro anime e per un gatto intento a consumarsi la sua preda, un grosso topo sorpreso dal felino mentre tentava di entrare nella bottega del fornaio in cerca di cibo. I soldati, giunti su via Farini, piegano a destra verso la piazza per raggiungere il comune e ricominciare il loro giro. Si fermano un attimo ad osservare un vecchio mendicante accucciato sotto il portico probabilmente perso nel suo sonno ubriaco, sono per un attimo tentati di svegliarlo per farlo spostare ma poi una ventata gelida li fa desistere dall’idea e continuano per la loro strada, questi sembra ringraziarli nel sonno con un colpo di tosse.

Anno Domini 1270, 30 Settembre

Passano le ore, ormai stanca del suo brillare anche la luna si adagia sulle colline e prende commiato dalla notte limpida. Di rimando, il bagliore dell’alba sbadiglia a est, annunciando lo spuntare lento del sole per salutare l’inizio di un nuovo giorno. Lungo via Saragozza uno svogliato somaro traina un carretto chiuso, alla guida un uomo di mezz’età dall’aria ancora assonnata, grande come un armadio e dallo sguardo burbero, sporco da capo a piedi di farina tanto da sembrare uno spettro in cerca di vendetta nella tenue luce del mattino non ancora giunto. A intervalli regolari sprona con un inefficace frustino il recidivo animale, che per risposta al suono secco accelera per pochi passi prima di ritornare all’andatura stanca che gli sembra essere più congeniale. Il mesto veicolo procede comunque senza sosta lungo la via lasciando una scia bianca di farina al sobbalzare del mezzo sul selciato. D’un tratto piega a sinistra imboccando via Nosadella e arriva a sbucare all’inizio di piazza Malpighi. Qui gira a destra per via Barberie e continua lento su via Farini, diretto al mercato per approvvigionare il fornaio della materia per lavorare, prima che questi se ne vada a letto a riposare dopo una notte di lavoro. Il carretto è giunto a metà di via Farini quando il somaro alla testa abbassa le orecchie agitato e si pianta sulla via senza preavviso, con gli occhi sgranati e terrorizzati. L’uomo sobbalza a quell’inusuale comportamento e sprona l’animale col frustino e a parole. Vedendo che la bestia proprio non ne vuole sapere e non capendo l’origine di quell’atteggiamento, l’uomo scende dalla posta per controllare la soma e la via davanti a loro. Nulla sembra esserci di strano. Il mugnaio, un colosso vicino all’esile somarello, rimane pensoso per un attimo provando a tirare l’animale a mano ma senza ottenere ragione. Stupito dalla novità si guarda intorno in cerca di qualcosa ma nulla gli sembra diverso dal solito. Sta per apostrofare con sacrileghe parole il povero animale dispettoso quando l’aria muta del mattino è squarciata dal grido raccapricciante di una donna, proveniente dal colonnato dell’Archiginnasio, lungo piazza Galvani. L’eco dell’urlo è così improvviso e cacofonico con la pace del momento che sembra diffondere per l’intera città e fare tremare i muri degli edifici, portandosi dietro un gelo più lancinante del freddo mattutino e gelando all’istante le ossa e il cuore dell’uomo e dell’animale. Lasciando il carretto lì dov’è, l’omaccione si getta sotto il portico verso il grido appena udito per poi rimanere pietrificato percorsi pochi archi. La scena che gli si apre davanti agli occhi raggela ogni stilla di sangue presente nel suo corpo e un fremito di terrore mai provato esplode dalla sua anima come un petardo diffondendosi ad ogni muscolo in un fremito incondizionato di paura. Ormai sopraffatto e incapace di pensare sente in automatico il suo braccio destro compiere tremante il gesto rassicurante del segno della croce.

Una donna, probabilmente l’autrice dell’urlo, è distesa svenuta sul marmo del portico, al suo fianco un paniere colmo di uova di cui una buona metà ormai in frantumi per la caduta a imbrattarle il vestito. Davanti a lei, sulla pesante e larga colonna che compone il portico universitario, una nuda figura che di umano ha ormai solo le proporzioni e le forme, sta appesa al marmo della costruzione grazie a pesanti chiodi di ferro squadrati conficcati nelle carni e nelle ossa dei piedi e delle mani. Quello che doveva essere un uomo è ora un ammasso di carne e sangue crocifissi al contrario su una colonna del pregiato porticato. Il ventre completamente squarciato con tutti i visceri e gli umori sparsi sul levigato pavimento beige e rosa, in un contrasto rivoltante fra umanità e bestialità. Il volto è irriconoscibile e completamente cremisi, coi capelli lunghi e pendenti agglomerati in una massa informe di grumi e materia organica. L’inumanità della scena è tale da sconquassare l’anima robusta del mugnaio, il quale deve usare tutta la sua forza per non cedere sulle gambe ormai ridotte a gelatina inconsistente. Nell’aria si avverte acuto l’odore del sangue e delle interiora e sembra di stare in un macello in piena attività piuttosto che sotto un portico cittadino, forse è stato quell’odore a spaventare prima il somaro. Lo stomaco dell’uomo si contorce inaspettato a quel miasma e lo costringe suo malgrado a rimettere lì vicino quel poco di colazione fatta la mezz’ora precedente. Appena riavutosi dal conato recita dentro di se una preghiera all’onnipotente nel notare simboli strani tracciati col sangue sulle parti della colonna sovrastanti la macabra composizione. Non riesce a distogliere lo sguardo da quel quadro inumano tanta è la brutalità della scena, solo dopo un tempo eterno di svariati minuti infine riesce a riprendere il controllo di sé. Tenendosi più distante possibile dalla colonna prende in braccio senza troppa fatica la donna ancora al suolo per portarla lontano da quell’incubo tridimensionale. Nel rialzarsi dal suo gesto vede sopraggiungere di corsa quattro soldati provenienti dalla piazza. Questi gli si fanno incontro probabilmente richiamati dal grido, ma rimangono anch’essi pietrificati davanti allo spettacolo che li aspetta... passano altri minuti in cui gli uomini si scambiano sguardi di terrore, poi rivolti al mugnaio riescono a chiedere con voce tremante e per niente salda: “Cosa è successo qui, in nome di Dio?”. L’uomo con la tristezza e la paura che ormai hanno soppiantato il terrore nei suoi occhi grigi, riesce solo a dire: “Qui Dio non c’entra proprio niente.”. E si dirige verso il carretto ancora fermo nel mezzo della strada per posare la donna sempre incosciente.

L’alba si schiude nella luminosità del sole mentre come ogni giorno la città si è animata, ma non è la stessa aria di lavori e affari che circola per le strade. Si sta diffondendo la notizia dell’accaduto e per quanto il corpo dell’uomo sia stato prontamente rimosso dal becchino chiamato immediatamente, i segni dell’accaduto ancora feriscono l’elegante marmo del porticato, ad eco quasi indelebile dell’orrore. La voce del ritrovamento si è sparsa su tutto il mercato e sui visi della gente si può leggere l’aura di timore e sconcerto che come un virus sta infettando la città. Nei discorsi si odono spesso le parole Satana e Demonio e col passare delle ore il passaparola non fa altro che aumentare la già presente paura del soprannaturale. La milizia cittadina e alcune delle più alte cariche del Comune e della Curia hanno fatto il loro sopralluogo sul posto e raccolto le confessioni dei testimoni. Sicuramente questa che è iniziata non sarà una giornata come tutte le altre e in molti temono che la serenità cittadina sia stata irrimediabilmente corrotta.

Inviato

[Laerex]

Stai finendo il tuo ultimo giro di ronda coi tuoi tre compagni dietro S. Petronio e la tua bocca già assapora il canonico boccale di birra al “Frate Allegro” in grado di toglierti il gelo della nottata, quando sentite un grido provenire da sud. Cominciate a correre e sbucati sulla piazza notate subito Amilcare Svassi, il mugnaio, bianco e fermo sotto al portico dell’Archiginnasio. Vi affrettate e state per prenderlo a male parole per il frastuono quando notate il suo viso provato e atterrito, ha in braccio una donna svenuta. Preoccupazione e sospetto vi si stanno insinuando nella mente quando vi girate nella direzione che sta fissando il mugnaio per poi rimanere pietrificati dallo spettacolo che vi si para davanti. Passano alcuni minuti in cui vi scambiate sguardi di terrore, poi rivolti al mugnaio, riuscite a chiedere con voce tremante e per niente salda: “Cosa è successo qui, in nome di Dio?”. L’uomo, con la tristezza e la paura che ormai hanno soppiantato il terrore nei suoi occhi grigi, riesce solo a dire: “Qui Dio non c’entra proprio niente.”. E si dirige verso il carretto ancora fermo nel mezzo della strada per posare la donna sempre incosciente...

[Onirica]

Dopo le lodi ti stai dirigendo tranquillo verso S. Giovanni in Monte come tuo solito, quando arrivato in via Castiglione senti il chiasso concitato di un gruppo di uomini, intenti a discutere animatamente tra loro sotto il portico della via. Porgi orecchio, incuriosito dal tono spaventato degli individui e cogli shoccato il loro discorso, parlano dell’omicidio di un uomo in piazza Galvani, operato dal Demonio in persona durante la notte per strappargli l’anima dal petto e maledire così la città!!...

[Luthien]

Vieni chiamata da tuo marito sulla porta della bottega mentre stai sistemando i consueti vasi di spezie sullo scaffale. Ti affacci e vedi un turbinio di gente, guardie e dotti che riconosci essere della facoltà di medicina accalcarsi nell’angolo del portico. Mentre state guardando una donna in lacrime proveniente da quella direzione si rivolge a voi con parole terrorizzate mentre stringe forte al petto un rosario: “Avete udito!? Un uomo è stato crocifisso al contrario sotto il portico dell’Archiginnasio! Satana in persona è venuto sulla terra per prendere le nostre anime una ad una!! Che Dio ci protegga!!” e facendosi ripetutamente il segno della croce sul petto in modo frenetico corre via piangendo lungo il portico...

[Raemar e Feuris]

Vieni svegliato dai servitori prima del solito e alla tua nota di disappunto ti rispondono che tuo fratello ha cose urgenti da comunicarti. Ti vesti incuriosito ed esci dalla stanza diretto in sala, qui trovi Caterina intenta a sistemare la tavola per la colazione e tuo fratello evidentemente spaventato. Appena ti vede l’uomo dalle enormi spalle smette di gingillare nervosamente con il pugnale dal fodero borchiato appeso in cintura che gli regalasti tempo fa e ti si fa incontro: “Scusa la sveglia, ma in città è successo un fattaccio grave. Hanno trovato il corpo di un uomo crocifisso al contrario su una colonna dell’Archiginnasio. Tutti hanno la loro versione, sia il Podestà che il Cardinale, non ti dico le voci che girano per strada... ma un po’ tutti temono che ci sia lo zampino del Maligno!”... un piatto scivolato dalle mani della serva che cozza sul pavimento frantumandosi spezza il discorso su quell’ultima parola...

[Kyran]

Apri bottega come ogni mattina al suonare dell’ora terza, sei pronto a ricambiare un cenno di saluto e un sorriso con chiunque stia passando davanti alla tua bottega ma aperti i battenti le facce che ti trovi di fronte sono completamente inaspettate. Diverse persone hanno fatto capannello per confabulare spaventate e alcune donne passano veloci senza neppure alzare lo sguardo dai loro piedi, terrorizzate. Aspetti qualche istante in cui pensi a cosa può essere successo, quando il calzolaio tuo dirimpettaio ti si avvicina e ti dice che è notizia certa che un uomo crocifisso al contrario, privato degli organi e dell’anima, e con strani simboli malefici sul corpo sia stato trovato sotto al portico dell’Archiginnasio dal mugnaio Svassi proprio questa mattina. Il Podestà e il Cardinale in persona hanno visionato la scena ed erano sconvolti. “Tutti in città dicono che il Demonio sia ormai tra noi!” conclude segnandosi prima di rintuzzare rapido nel suo negozio dall’altro lato della via...

Inviato

Infreddolito e stanco, con le palpebre pesanti a causa del sonno, cammino lungo le strade spazzate dal vento secco e gelido. Il logoro mantello tenta inutilmente di contrastare il freddo che trova comunque strada tra i fori e attraverso il tessuto lercio e consunto. La spada sbatte ritmicamente contro la gamba assecondando ogni passo reso sempre più faticoso dalla pesante cotta di maglia.

"Ancora poco, resisti ancora un po'! Tra poco vai da Biagio ti fai un bel bicchierino, 2 chiacchiere tra amici e poi dritto a nanna"

Con la testa persa nei miei pensieri continuo a camminare contando i passi che mi separano dalla fine della ronda. Pregusto il sapore del vino sperando che possa lenire il freddo che si stava insinuando in ogni osso rendendo sempre più faticoso il cammino e più pesante il passo. Inizio a pensare a come salutare i miei 3 compagni di ronda per poi convincermi che il solito "Ciao a domani" è più che sufficiente vista la serata, ogni volta che apro bocca il vento irrompe nella gola togliendomi il fiato e rendendo affannosa la respirazione, meglio evitare frasi troppo lunghe.

All'improvviso un urlo si sovrappone al sibilo del vento spezzando la quiete. Corriamo verso sud con delle energie prese in prestito chissà dove. Arriviamo al portico dell’Archiginnasio e lo spettacolo che ci troviamo è raccapricciante. Sento lo stomaco che si fa strada verso la gola cercando di scappare incitato dal battito frenetico del cuore spaventato. Le gambe iniziano a tremare, a dire il vero anche prima tremavano per il freddo e la fatica ma adesso è tutta un'altra cosa, stanno cercando di scappare in due direzioni opposte. Respiro affannosamente cercando qualcosa da dire, qualsiasi cosa purchè spezzasse quel silenzio opprimente. “Cosa è successo qui, in nome di Dio?”. Non so da dove sono uscite quelle parole e per quale ragione sono state pronunciate ma le ringrazio una ad una per aver interrotto brevemente il silenzio agghiacciante e per avermi permesso di distogliere lo sguardo dall'ammasso di carne e blasfemia che mi trovavo davanti. La risposta di Amilcare giunge agli orecchi ma il cervello troppo preso dai suoi pensieri e ragionamenti non la coglie. Il mugnaio si avvicina al suo carretto per depositare la donna e istintivamente le mie gambe mi portano vicino alle sue spalle possenti come se volessero nascondersi dietro al corpo muscoloso e possente dell'uomo. Una mano si alza e si poggia delicatamente sulla spalla farinosa di Amilcare "qua ci pensiamo noi tu vai pure a casa" sussurro sperando che le stesse parole vengano dette anche a me. Mentre il carretto si allontana e i miei compagni alternano conati di vomito a preghiere accompagnate dal segno della croce un pensiero incombe mettendo in secondo piano tutto, Amilcare, la donna, l'orrendo spettacolo, il freddo, il silenzio... "***** ***** ***** con tutto questo casino farò tardissimo, ***** ***** ***** niente vino, ***** ***** ***** chissà quando arrivo a casa, ***** ***** ***** questo schifo doveva comparire proprio nel mio turno, *****"

Mentre la paura di rimanere intrappolato in questa faccenda di fa sempre più pressante le parole del mio compagno spezzano nuovamente il silenzio. Incredulo mi volto verso Paolo sperando di aver capito male e che non abbia veramente invitato Amilcare a rimanere per scoprire le versioni dell'accaduto del mugnaio e della donna. noto la faccia seria del compagno e subito capisco che non stava scherzando "***** Passerò qua tutta questa ******a notte, voglio tornare a casa *****"

Inviato

Resto vagamente infastidito per il fatto di essere stato svegliato prima del solito. Un sentimento che mi accompagna mentre vengo aiutato a vestirmi. "Qualcosa di veloce, per cortesia."

Scendo le scale appena presentabile, passando dal corridoio della servitù per non dover attraversare l'atrio della casa. Se Sallustio mi manda a chiamare a quest'ora, avrà probabilmente notizie dai nostri uomini. Mi auguro quantomeno che siano buone notizie.

Entro in sala da una porta laterale, scansando uno dei camerieri che sta portando in precario equilibrio su un vassoio d'argento una brocca colma di latte e una con vino rosso della Romagna. Un vago cenno d'assenso a Caterina, che mi dà il buongiorno come ogni mattina, quindi l'attenzione va alla presenza di mio fratello. ...lo zampino del Maligno...

Lascio che le sue parole terminino, portando con loro un poco dell'ansia di Sallustio, quindi mi siedo al solito posto a capotavola. Con calma, prendo una fetta di pane bianco e inizio a spalmarvi sopra il burro che trovo in una ciotola alla mia destra. Interrompo la mia operazione per fare un cenno al cameriere e farmi versare del vino nella coppa che mi sta di fronte. Questi gesti abituali mi aiutano a mantenere la calma e a ragionare.

Conoscevamo quest'uomo? Era uno dei nostri? Qualcuno che lavorava con noi? O forse ci doveva dei soldi? Controllo sin da subito la reazione di Sallustio alle mie richieste di informazioni, distratto solo dal rumore del vino che viene versato nella coppa. Hai parlato del Podestà e del Cardinale, nuovamente rivolgendomi a mio fratello, cosa dicono di quanto è successo?

Inviato

Non posso fare a meno di udire la conversazione tra il mio padrone e suo fratello.

Mentre ero dal fornaio due donne stavano bisbigliando della medesima cosa: Dunque non è una delle solite fantasie da comari, pensavo che ci fosse stata una rissa da taverna terminata male e che l'avvenuto fosse stato ingigantito dal passaggio di lingua in lingua... Appena potrò uscire per le commissioni cercherò qualche notizia. Se c'è un pericolo in giro per la città dovrò prestare più attenzione a Francesco.

@Wig:

Spoiler:  

Come detto voglio cercare informazioni in giro per la città, nei negozi in cui vado abitualmente.

Inoltre, vorrei poter origliare la conversazione tra il mio padrone e suo fratello, in modo prudente, chiaramente, non è questione di vita o di morte per me.

Inviato

[Laerex]

Presto arriva un ufficiale dell’esercito, andato a chiamare da una delle guardie che era corsa subito via veloce in direzione del palazzo comunale. Con lui c’è anche un notaio e quello che sembra essere un dottore, anche se gli abiti quasi da camera non ne risaltano la professione. Intanto avete lavorato per delimitare la zona e impedire alla gente sempre più concentrata sulla piazza di avvicinarsi al portico. La reazione di tutti è uguale alla vista del macabro spettacolo, un misto di terrore e disgusto accompagnati da mistica preoccupazione e preghiere a denti stretti. L’ufficiale si rivolge in primis a voi guardie: “Cos’è accaduto qui?? Raccontatemi ogni dettaglio!!” ma rimane deluso dal vostro stringato resoconto nel quale testimoniate di non aver visto nulla di significativo al vostro arrivo. Poi si rivolge a Svassi, accucciato contro il suo carretto, spostato dalla strada, con sopra la donna seduta e piangente, ormai destata dal suo stato di incoscienza. “Voi, che parte avete in tutto questo?” – ammonisce inquisitorio l’armigero. Con la voce ormai ridotta ad un filo per la stanchezza il mugnaio risponde: “Stavo portando la farina al forno Ghini, come ogni mercoledì, prima che i suoi garzoni vadano a riposare dopo la notte di lavoro. Il ciuco si è piantato terrorizzato e prima che mi accorgessi del perché ho udito un grido di donna. Sono corso e ho trovato lei svenuta fra una cesta di uova rotte e sulla colonna quello scempio assurdo. Poi sono arrivati i suoi uomini, altro non so.”. “E lei signora, cos’ha da dire?” incalza l’ufficiale rivolto alla donna. Questa, visibilmente tremante, riesce a sboffonchiare solo poche parole fra i singhiozzi:” Stavo andando al mercato come tutte le mattine a vendere le mie uova, ma quando sono passata sotto il portico come mia abitudine ho visto la scena e... e...” un fiume di pianto trabocca dai suoi occhi mozzando il fiato in gola mentre svariati brividi sconquassano il suo corpo paffuto al ricordo dell’accaduto. Dopo qualche minuto in cui il capitano squadra i due interrogati riflettendo sulle loro parole, l’uomo si rivolge a loro con voce più calma e quasi consolatrice: “Va bene, ora andatevene a casa o per i vostri affari, ma lasciate i vostri nomi e il vostro indirizzo al signor notaio nel caso ci sia bisogno di riascoltare la vostra testimonianza.”.

A quelle parole i due sembrano rianimarsi e una volta colloquiato col notabile si separano tornando una alla sua dimore e l’altro alla sua consegna. Nel mentre sono sopraggiunti altri due contingenti di guardie che meglio riescono ad allontanare i curiosi, ormai numerosi nel giorno già iniziato, trepidanti nella loro ignoranza di vedere l’accaduto. All’arrivo dei rinforzi il Capitano si rivolge ai suoi tre armigeri ormai allo stremo delle forze e con compassione dice loro:”Andate pure a riposarvi, nel’ora nona avrò bisogno di voi al posto di guardia per riparlare della questione. Ottimo lavoro soldati.” e li congeda con un rapido saluto marziale.

[Raemar e Feuris]

Sallustio si siede serio su una sedia del grande tavolo e afferra un pezzo di pane ancora caldo, poi avverte la nausea che ancora gli avvinghia lo stomaco per lo spettacolo visto solo mezz’ora prima e la riappoggia disgustato nel cestino. “Non sono riusciti a riconoscere il morto ancora e non so se mai ci riusciranno. Io sono arrivato mentre lo stavano liberando dai chiodi e tirando giù, era una massa informe di carne e budella, tutto nudo e aperto come un maiale...” – si ferma un attimo guardando Caterina immobile e le rivolge uno sguardo pentito per la scena appena riportata, ma poi continua – “nemmeno io ho riconosciuto il suo volto o quel che ne rimaneva sotto il sangue rappreso, ma dei nostri non sembra mancare nessuno. Per quanto riguarda il Podestà e il Cardinale, sono arrivati quasi ancora in pantofole, hanno dato disposizioni di ripulire tutto alla svelta e hanno confabulato a bassa voce tra loro per una decina di minuti coi volti seri e scossi. Sono riuscito giusto a carpire qualche parole ma nulla di specifico. L’unica cosa che ho afferrato è che il chiesaiolo... scusa, il Cardinale ha parlato di inquisizione e a quelle parole il Podestà si è spaventato di più che nel vedere l’uomo crocifisso, poi ha sboffonchiato qualche parola come per giustificarsi o dissuadere l’ecclesiatico e alla fine si sono lasciati per tornare alle loro carrozze. Ho sentito però che si incontreranno in Comune oggi pomeriggio per ridiscuterne con più calma e alla luce delle indagini già svolte in mattinata dai giuristi e dai medici dell’università intervenuti nel mentre.”.

[Feuris]

Spoiler:  
Nessuno ti dice di allontanarti, quindi senti tutta la conversazione... ;-)
Inviato

Due contingenti di guardie arrivano a passo svelto facendosi largo tra la folla di curiosi sgomitando e gridando ordini a destra e a sinistra. Li osservo formare un cordone di sicurezza che tenga a distanza la gente e schiodare l'ammasso informe dalla colonna. Lo spettacolo è a dir poco agghiacciante e distolgo lo sguardo ma ormai le immagini sono ben impresse nella mia mente e difficilmente se ne andranno. Accolgo il congedo con sollievo e faticosamente muovo il braccio in un saluto goffo e impacciato. Senza dire una parola scappo verso casa strascicando con fatica le gambe. Il vento mi sferza continuamente sussurrando e spazzando la strada. Nonostante la fatica e il freddo il passo è svelto e deciso, la voglia di tornare a casa al caldo, e al sicuro, infonde energie inaspettate e rende più sopportabile il freddo alle ossa. Arrivo a casa con il fiatone e subito cerco un po' di vino per scaldare il corpo e distogliere la mente dagli accadimenti della serata ma con scarso successo. Prima di coricarmi mi avvicino alla mia sorellina che dorme beata e serena accarezzandole il volto e dandole un leggero bacio sulla fronte come ogni sera, lei è convinta che così gli incubi non la tormenteranno e anche se mi sembra una sciocchezza è un rituale piacevole che mi rasserena. Mi tolgo il pesante giaco di maglia appoggiandolo accanto al mio giaciglio, insieme alla spada e al mantello, subito dopo mi lascio cadere sul giaciglio stremato sperando che il sonno arrivi presto. niente. Mi giro e mi rigiro tormentato dalle immagini raccapriccianti viste poche ore prima, con le gambe che iniziano a tremare inspiegabilmente e con le mani che stringono forte l'elsa della spada adagiata lì vicino come a cercare protezione. Dopo aver passato qualche ora insonne rigirandomi senza sosta e senza trovare pace raccolgo le mie cose e esco di casa con largo anticipo per avviarmi verso il posto di guardia per parlare con i superiori. Mi incammino lentamente fermandomi alla prima fontana per darmi una rinfrescata e nascondere i segni della notte insonne. Il passo si fa sempre più svelto sospinto dalla paura di fare tardi con il risultato che arrivo con largo anticipo e devo aspettare un po' prima dell'arrivo degli altri compagni d'armi. Entro per ultimo nella stanza dove il capitano ci attendeva e subito scatto sull'attenti sollevando rapidamente il braccio in un saluto marziale stranamente ben riuscito "A rapporto capitano"

Inviato

[Onirica]

Ancora allarmato dalle parole udite poco prima ti incammini pensieroso e con passo più rapido verso l’erboristeria. Ora quel noioso giro affibbiatoti da Severino per procurargli della rapunzia,, o “meraviglia d’Egitto” come la chiamano qui, ti sembra meno pesante, visto che la bottega è situata vicino al luogo che hai appena udito essere centro di una trama oscura. La curiosità di dare un’occhiata di persona per capire cosa sia successo brucia nella tua mente e ti sprona a tardare le tue mansioni di insegnare agli orfanelli di qualche minuto ancora. Arrivato a pochi passi dal negozio già vedi sull’angolo di portico che fa da confine alla piazza un nutrito nugolo di guardie e cittadini assiepati nel tentativo di occhieggiare. Noti anche però molte persone sconvolte in lacrime, appoggiate mollemente ai basamenti delle colonne calcaree del portico, sia uomini che donne, intenti a pregare e segnarsi con convulsa agitazione. Sull’uscio della bottega trovi marito e moglie immobili come statue, coi volti scossi, intenti a stringersi le mani l’un l’altra come per avere un appoggio. Angelica, la prima a rendersi conto di soprassalto della tua comparsa sulla soglia, si ridesta dai suoi pensieri e presto è pronta a sfoderarti uno dei suoi soliti sorrisi calorosi, anche se oggi velato da una tristezza sofferente. Si fa indietro sospingendo il marito ancora ipnotizzato e ti invita ad entrare con gentilezza andando a sistemarsi dietro al pesante bancone del negozio...

[Luthien]

Le parole della donna pulsano nella tua mente al ritmo accelerato del tuo cuore e mille paure incontrollate stritolano i tuoi muscoli facendoti tremare. Istintivamente ti aggrappi alla mano vicina di tuo marito, ma senti che il sangue l’ha abbandonata fuggendo spaventato verso le parti più protette del suo corpo. Rimanete immobili e impotenti per diversi minuti, o almeno vi sembrano tali, quando ad un tratto ti accorgi della figura snella di Frate Daniele fermo davanti alla vetrina. Cercando di ricacciare l’ansia da dove è venuta gli sorridi ma noti dal suo cenno di rimando che dietro al solito viso severo una punta di tensione e preoccupazione incrinano la naturale linea delle folte sopracciglia. Deve aver imparato anch’egli dell’accaduto... pensi tra te e te mentre ritorni rapida al sicuro e caldo abbraccio del tuo caro bancone, in attesa di poterlo servire e distrarre così i tuoi pensieri dalla sconcertante notizia...

Inviato

Mentre procedo con la mia colazione, versando un poco di miele su una seconda fetta di pane bianco, ascolto con attenzione le parole di Sallustio.

"Non sono riusciti a riconoscere il morto...massa informe di carne e budella"...Cosa c'è in tutto ciò? Quali problemi può portarmi questa storia?

Lascio concludere mio fratello, mentre sorseggio nuovamente il vino rosso di Romagna dalla coppa. Vai in Comune, e fai in modo che io sia presente all'incontro di oggi pomeriggio, o che quantomeno mi venga data udienza, sia con il Podestà che con il Cardinale. E fa in modo che l'udienza sia _dopo_ il loro incontro, se non potrò parteciparvi.

Quindi lancio uno sguardo verso la governante. Caterina, lascia che gli altri servi si occupino della colazione. Esci, subito, e fammi sapere cosa si dice nelle strade di quanto avvenuto. Mi interessa in particolare l'umore dei mercanti, dei bottegai e dei servi di bottega.

Quindi mi alzo, senza attendere una risposta, e mi dirigo verso la mia personale biblioteca.

@ Wig

Spoiler:  
Non cerco qualcosa di particolare nei miei libri, è ancora troppo presto per circoscrivere l'argomento. Se non ho altre impellenze in mattinata, sfoglio qualche libro sui rituali sacri e sacrileghi (prendo per assodato che qualcosa nella mia collezione personale c'è, ma dimmi tu se non è così), facendo particolare attenzione alle illustrazioni (se dovessi trovare raffigurazioni di uomini crocefissi a testa in giù e scuoiati, mi fermo a leggere quelle pagine).
Inviato

[Raemar]

Passi l’intera mattinata nella tua biblioteca, perso a cercare fra i preziosi volumi che la compongono. L’unica distrazione alla tua ricerca è l’interruzione di un servo che ti recapita un messaggio di Sallustio, nel quale ti comunica che la riunione a palazzo potestà è programmata per l’ora nona e che sei invitato a parteciparvi. Felice di questa nuova subito torni a dedicarti ai tuoi libri.

[sempre Raemar]

Spoiler:  
Finito coi volumi sugli scaffali, dopo esserti premurato che nessuno ti possa vedere, sposti furtivo uno dei candelabri appesi a parete, il quale fa scattare un meccanismo celato. Una nicchia grande mezzo metro per mezzo metro si rivela davanti a te nel muro, apri l’anta invisibile del nascondiglio e attento cominci a studiare i diversi tomi proibiti celati in quel’antro. Una serie di libri profani ed eretici per la Chiesa che con tanta fatica hai collezionato negli anni come pezzi di inestimabile valore data la loro rarità e pericolosità, se infatti qualcuno dovesse scoprirli potresti persino essere messo al rogo come eretico di questi tempi, ma vendendoli alle persone giuste diventeresti più ricco del Podestà in persona. Dopo diversi minuti che passi sfogliando con premura quasi paterna tutti i volumi in modo metodico, ti rendi conto che in essi non è contenuto nulla che parli di un rituale simile o di tradizioni che facciano capo a morti di quel tipo. Scopri svariate usanze e credenze sul Maligno e raccapriccianti riti quasi pagani, ma nulla che possa essere direttamente collegato al fatto accaduto. Stai per riporre anche l’ultimo manoscritto quando una pagina aperta a caso ti fa partire un brivido lungo la schiena. Sulla pagina ingiallita e leggermente stropicciata noti l’immagine di un uomo crocifisso al contrario e con le interiora pendenti fuori dal corpo. Leggi agitato le diciture intorno al disegno e capisci che si tratta di un antico rito per risvegliare o adorare creature maligne se non il Satana stesso. Le poche righe che riesci a tradurre da un latino molto volgare, fra innumerevoli macchie di inchiostro e di chissà cos’altro, parlano di credenze su poteri oscuri che verrebbero ceduti al carnefice di tali riti alla fine del ciclo lunare e dopo una infinita serie di altri crimini efferati. Stai per lasciar cadere il tomo colto da un profondo senso di disagio quando dei passi sulle scale ti fanno scattare. Riponi il volume chiudendo rapido lo stipo segreto e dissimuli il tutto aprendo un altro volume preso dal primo scaffale a portata... era solo uno dei tuoi servi che attraversava il corridoio. Calmi il tuo cuore e guardi la finestre, il sole tradisce l'approssimarsi dell'ora nona, devi sbrigarti se non vuoi fare tardi al tuo incontro...

Arrivata l’ora nona, ancora con la testa intenta ad arrovellarsi mille pensieri, ti fai vestire rapidamente dai tuoi servi con il solito abito sobrio ma di pregiati tessuti e ti incammini celere verso il comune. Qui sali in silenzio i larghi gradoni fatti per essere percorsi anche dai cavalli e ti fai annunciare dal primo funzionario al Podestà. Passano solo pochi minuti di attesa quando vieni invitato nella sala delle udienze dove sei atteso. Nella stanza noti subito il Podestà affiancato da Sua Eccellenza Asinelli, dietro di lui altre figure ecclesiastiche, due sono vescovi che hai già visto, mentre un’altra, dalla corporatura asciutta e dallo sguardo severo, non la conosci. Poco spostate ci sono quattro guardie cittadine sull’attenti e dall’altro lato sei professori dell’università nelle loro toghe linde, probabilmente medici, notai e giuristi, intenti a discutere saccentemente sul nulla. In un angolo, con la mano appoggiata ad un mobile, lo sguardo attento a tutto ciò che succede, riconosci il Conte Malvezzi. Appena incrociate gli sguardi un breve e striminzito cenno di saluto col capo ti fa capire che non verrà a simulare la solita parvenza di socialità... e di questo sei felice!

[Laerex e Raemar]

Dopo lunghi attimi in cui la tua sollecitudine sembra non essere nemmeno presa in considerazione, ti stai chiedendo perché sia allora stata richiesta la tua presenza se nessuno presta attenzione al vostro gruppo armato. Ad un tratto si apre la porta e vedi entrare un ricco mercante dagli abiti sobri e raffinati. L’uomo, che conosci solo di vista ma di cui non sai il nome, si dirige verso il Podestà e il Cardinale, mentre lo stesso Pacelli, avendone notato l‘entrata, chiude rapidamente i discorsi. Delle serie strette di mano tra i tre e qualche rispettoso inchino formale, poi lo stesso Podestà si rivolge con voce seria a tutti: “Bene, ora siamo al completo, sediamoci intorno al tavolo tutti quanti e vediamo di capire quale tremenda catastrofe si è abbattuta sulla mia città.” – nel mentre tutti i presenti trovano posto intorno al lungo e prezioso tavolo intarsiato che occupa la stanza. Appena i convenuti hanno trovato la loro sistemazione, continua: “Direi di partire con la testimonianza di chi ha scoperto il fatto...” e indica una delle quattro guardie, che si alza in piedi e si presenta con il nome di Gianmarco Vetinari...

Inviato

Appena sento pronunciare il mio nome mi guardo attorno incredulo. Aspetto un attimo prima di alzarmi, cerco di riordinare un po' le idee e di farmi coraggio. E' la prima volta che mi trovo in una situazione simile e spero vivamente che non ricapiti mai più, ma soprattutto che qualcosa mi salvi. Chiudo gli occhi per un attimo e poi mi alzo mantenendo lo sguardo basso, osservando un punto non ben precisato davanti a me e stando bene attento a non incrociare lo sguardo di nessuno. mi schiarisco rumorosamente la voce e inizio a parlare "Beh che dire, ecco...insomma. Beh si" guardo i miei compagni cercando un po' di sostegno "Stavamo finendo il giro di ronda quando abbiamo sentito un urlo che proveniva dal portico dell’Archiginnasio e ci siamo precipitati a vedere. QUando siamo arrivati abbiamo trovato il mugnaio, Amilcare Svassi, con in braccio una donna svenuta. Inizialmente non abbiamo capito cosa era successo poi ci siamo voltati e abbiamo visto quello spettacolo orrendo e blasfemo. Un nostro compagno è andato a chiamare un ufficiale e nel frattempo abbiamo chiesto al mugnaio cosa aveva visto ma lui era accorso dopo aver sentito l'urlo della donna e non sapeva niente. Quando sono arrivati gli altri per fare cordone siamo stati congedati e ce ne siamo andati"

Riprendo fiato e mi guardo attorno sperando che le mie parole siano state utili e di potermi risiedere senza che l'attenzione sia tutta concentrata su di me. "Questo è tutto" aggiungo come per esortare i presenti a terminare quella personalissima tortura

Inviato

Cercando di distogliere i pensieri almeno per un momento, mi ricompongo e torno dietro il bancone per servire il frate. "Buongiorno frate Daniele, cosa vi porta qui stamane?" Mentre attendo la risposta guardo verso la porta per vedere se Lorenzo mi ha seguita all'interno della bottega e mi ritrovo ad incrociare lo sguardo improvvisamente scavato sul giovane volto di mio marito. Cerco di sorridergli per infondergli coraggio e in quel mentre mi giunge la risposta di un altrettanto sguardo preoccupato.

Inviato

Mi rivolgo all'erborista con uno sguardo carico di preoccupazione, lo stesso sentimento trapela dalle mie parole: "Buongiorno a voi Angelica, il mio dovere mi porta per chiedere i vostri servigi: Padre Severino necessita di un sacchetto di rapuzia. Non nascondo, però, che sono stato spinto dal vento di notizie che hanno svegliato Bologna questa mattina." Non volendo richiamare quell'orrore nella mente della donna, attendo che si distragga con la mia commissione per cercare di carpire maggiori informazioni dal marito. Al contempo con lo sguardo cerco all'esterno qualche fedele che possa riconoscermi.

Inviato

[Luthien]

Spoiler:  
La Rapunzia è un'erba che possiedi, non troppo comune ma neppure impossibile da trovare. Sai che ha proprietà antinfiammatorie, antispasmodiche, sedative e tossifughe. Severino la usa spesso anche se è abbastanza cara e un piccolo mazzetto costa 6 Bolognini Piccoli (BP)

[Onirica]

Il marito alle tue parole si gira verso di te ancora bianco in viso: “Avete scoperto cos’è successo esattamente? Qui a parte le parole terrorizzate di una donna che farneticava di un uomo crocifisso al contrario... una cosa abominevole e disumana” – e abbassa il tono della voce per non infastidire la moglie poco distante – “non abbiamo saputo ancora null’altro. Credo sia successo all’angolo con piazza Galvani...” e rimane in attesa di maggiori informazioni da parte del frate...

[Laerex e Raemar]

Gli sguardi di tutti continuano ad indugiare sul soldato sezionandone ogni atteggiamento per alcun minuti con evidente preoccupazione da parte del giovane. Con voce autoritaria il Podestà rompe il silenzio pesante, rivolto agli altri commilitoni: “E’ anche la vostra versione, lo confermate o avete qualcosa da aggiungere a quanto detto dal vostro compagno?” Dopo che tutti e tre rispondono muti con un deciso cenno del capo, Pacelli si appoggia meditabondo contro lo schienale dello scranno più riccamente lavorato rispetto agli altri, ovviamente posto a capo tavola, senza mai comunque distogliere gli occhi dai quattro. Un palese cenno di intesa tra lui e Asinelli sancisce la fine di quel supplizio per i soldati: “Va bene, mi avete convinto della vostra innocenza e sono sicuro anche che la donna e il mugnaio siano colpevoli solo di essersi svegliati prima degli altri questa mattina. Ho ascoltato le loro testimonianze in tarda mattinata e non possono essere coinvolti nell’accaduto.” – dice con tono serio il Podestà, poi continua: ”Tuttavia questo apre un preoccupante dilemma, chi è stato allora a compiere un siffatto delitto dai toni tanto sacrileghi nella mia città? Voi, miei cari sapienti di medicina, avete dedotto nulla dall’esame del corpo?” domanda spostando lo sguardo sul gruppo di dotti seduti alla sua destra. Tre degli accademici si alzano con aria dogmatica e uno di questi comincia la sua orazione: “Dall’accurato studio dei resti abbiamo scoperto che l’uomo ucciso, perché di uomo si trattava, era mal nutrito e viveva o era tenuto in condizioni di scarsa igiene, aveva molto sporco addosso sotto l’imbrattamento del suo sangue e nei suoi intestina masse mal digerite di sostanze povere di nutrimento, nonché scarso adipe sotto la pelle. I suoi denti erano per lo più marci e la barba si presentava bianchiccia come i capelli semi-canuti in sulla fronte. Questo rivela che era di età avanzata ma non ancora venerabile. In merito a ciò che è avvenuto, io e i miei colleghi siamo d’accordo nell’affermare che la vittima sia stata percossa e crocifissa ancora viva, poi le è stato aperto l’addome con un’arma affilata e sono stati estroflessi i visceri. La morte è sopraggiunta probabilmente per impedimento al respiro dato dal suo stesso sangue che colava nella sua bocca, unito alla massiccia perdita di vitae e fluidi data dalla lacerazione profonda. Stimiamo infine che l’uomo responsabile di ciò non abbia conoscenze di medicina o chirurgia visto il tipo di incisione effettuata, questo è tutto.” e si risiede con soddisfazione applaudito da partecipi cenni di approvazione dei suoi due colleghi. Inaspettatamente prende la parola Asinelli: “Dunque nessun indizio ancora sull’identità del povero defunto, che la sua anima possa riposare in pace...” – chiede rivolto alla tavola ma in tono retorico, poi prosegue dopo che nessuno interviene a smentirlo – “Questo fatto è molto più grave di quello che possa sembrare. I simboli scritti col sangue intorno al luogo del martirio sono stati riconosciuti dal qui presente collega inquisitore” – e indica la figura snella seduta accanto a lui – “sono rune pagane e glifi di evocazione delle più malvagie creature fra i servi del Demonio. Sono probabilmente parte fondamentale per uno o più rituali mirati alla venerazione del Maligno e alla sua opera di corruzione delle innocenti pecore di Nostro Signore.” Si ferma un attimo accaldato mentre sollevando gli occhi si segna il petto. Poi, abbassando la voce per aumentarne l’autorità e la veemenza delle parole che sta per dire riprende: “Bisogna assolutamente fermare questa cosa sul nascere e trovare il colpevole per impedire che l’intera città venga oppressa dal fiato nefando e purulento del Male. L’autore di tale abominio deve essere messo nelle mani dell’ira infuocata di Dio il più presto possibile!”. Dopo un minuto di angoscioso silenzio in cui gli sguardi dei presenti si inseguono tremanti, il Cardinale si ricompone nella sua indecifrabile espressione e conclude il suo discorso: “Per aiutarvi in quest’opera vi suggerirei di mostrare i resti del corpo anche al frate cerusico della chiesa di S. Domenico, mi dicono che Frate Severino sia un ottimo osservatore e un sapiente medico, potrebbe aiutare nelle indagini. Inoltre, sempre per contribuire alla ricerca del colpevole ho giusto qualche ora fa mandato una lettera urgente ad alcuni colleghi del mio caro amico Frate Ricardo qui presente, sollecitandoli a raggiungermi per poter unire le loro forze nella grande prova di Fede e Rettitudine che ci attende. Saranno in città al più tardi fra tre giorni e sono tra i più validi, efficaci e incorruttibili inquisitori che Sua Santità abbia fra le sue fila. Se veramente il Male ha posato la sua mano su Bologna, avrà sicuramente un’opposizione degna e in grado di ricacciarlo nelle sue profondità.”...

Inviato

Il lavoro pesante della giornata precedente e lo scarso riposo di questi ultimi giorni a causa di incessanti dolori alle mani fanno si che in un primo momento le parole del calzolaio mi suonino senza ragione, in un periodo in cui il maggior disturbo alla pace notturna sono i richiami dei gatti in amore. Per vari istanti, come al solito, vengo assorbito completamente dall'abitudine decennale, ormai quasi divenuta un rito, di preparare il banco e gli attrezzi per affrontare con sempre meno forze un'altra interminabile giornata di lavoro. Passano alcuni minuti, prima che il proseguire dello strano clima nella strada che ho di fronte mi persuada a uscire dalla mia bottega. Per qualche istante, infreddolito e piuttosto confuso dalle parole lacunose del calzolaio, fisso le espressioni di terrore delle persone che trafficano la via, prima di dirigermi a mia volta verso la bottega dirimpetto. Per la Grazia Divina, si può sapere cosa è accaduto? Come è possibile che sia accaduta una cosa simile? E le guardie...le guardie non hanno potuto nulla? Santo Cielo, spero che il povero Svassi non abbia assistito! Il tono vuole essere calmo, ma non riesco a celare la preoccupazione e la paura che il Maligno abbia dato prova di sè proprio a Bologna.

Inviato

[Kyran]

Il calzolaio, che nel mentre aveva ripreso a suolare una scarpa femminile, la appoggia sul bancone e si avvicina a te come se stesse per rivelarti un segreto proibito: “Mi ha detto una donna che abita dalle parti di Porta Saragozza che stamane, nel venire al mercato, mentre passava da piazza Galvani, ha visto la scena. Le guardie che staccavano il corpo martoriato e insanguinato di un uomo dalle colonne del portico dell’Archiginnasio. Sangue dappertutto e budella sciolte all’aria aperta. Sulla colonna poi, giura di aver visto dei simboli, antichi segni nella lingua del Demonio, scritti col sangue di quel poveretto che si muovevano come vivi sulle colonne di marmo. Un incantesimo malefico è stato lanciato sulla città, te lo dico io! Vedrai che adesso la nostra pace finirà e tutto andrà male finché non riusciranno a mettere al rogo l’adoratore del Diavolo che ha fatto tutto questo!” – si rigetta compiaciuto sul suo scranno riprendendo in mano il martelletto e i chiodi, poi aggiunge prima di tornare al suo lavoro – “Se fossimo intelligenti e avessimo due soldi, scapperemmo tutti a gambe levate da questa città. La donna, ancora sconvolta da quello che aveva visto, mi ha detto che l’uomo era stato crocifisso al contrario... capisci!? Crocifisso al contrario!” e col martello ti fa cenno di allontanarti e chiudere la discussione, come se il rivangare i fatti appena narrati attirasse Lucifero stesso nella sua bottega...

Inviato

"Mi rincresce ma ne so meno di voi, vengo da S. Domenico e le informazioni che ho sono quello volate di bocca in bocca. Ma intendo scoprirne di più e aiutare i presenti a non perdere la fede."

Attendo che il sacchetto di rapunzia sia pronto ed esco salutando gentilmente gli erboristi cercando di celare una sempre maggiore preoccupazione.

Una volta all'esterno, facendo leva su quanti mi conoscono, unisco i fedeli in una preghiera; nella speranza di infondere nei loro cuori un po' di coraggio e di fede. Guido i presenti in un Pater Noster, al termine benedico le persone che mi sono intorno apostrofando parole di conforto e di accuse verso chi si unisce a Satana; nel tentativo di inasprire ulteriormente il loro giudizio nei confronti del Maligno.

Terminata la procedura decido di riprendere le mansioni quotidiane e mi dirigo verso S. Domenico per riportare la rapunzia a Fratello Severino. Il passo è fermo ma la mente è altrove, è attanagliata dal pensiero che la buona gente di Bologna possa patire ulteriormente per le trame di Lucifero.

Inviato

Aspetto con ansia le parole del Podestà tamburellando nervosamente sul tavolo. Lancio qualche occhiata speranzosa ai miei compagni per poi riabbassare immediatamente lo sguardo, lo rialzo solo quando sento la voce di Pacelli. Accolgo le sue parole con un profondo sospiro di sollievo e mi siedo pesantemente sulla sedia iniziando subito a muovere la gamba destra per scaricare la tensione. Inizio a vagare con il pensiero tornando spesso e malvolentieri alle immagini truculente della notte appena passata. Ascolto con poco interesse quanto dicono gli altri presenti sperando di poter tornare a casa il prima possibile "su via! Avete parlato anche troppo, fatela finita che ho bisogno di andare a fare una girata con la mia sorellina"

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