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Inviata

Piccolo scritto, non so se ce ne saranno altri o meno, non dipende del tutto da me. In ogni caso sono aperto ad ogni genere e forma di critica, se ne avete voglia ditemi cose ne pensate.

“Mai stato in prigione, sono le stesse le sensazioni, camera mia con pareti più spesse”, continuava a risuonargli in testa. Nel frattempo la giornata aveva trascorso la sua metà e nonostante fosse un giorno di primavera il cielo era di un grigiore disarmante. Avrebbe dovuto cucinare, ma non ne aveva voglia, in realtà da un paio di giorni a questa parte è come se non avesse avuto voglia di far nulla. Avrebbe voluto che il tempo passasse più velocemente possibile come se appunto fosse in carcere, e così ogni volta che cercava di riflettere sul perché della sua apatia gli risuonava questa canzone nella testa. Ormai questa situazione lo aveva relegato come in un limbo in cui era diventato incapace di gioire e di soffrire, in cui, come in un infinita e lacerante lotta tra due titani tuttavia immortali, combattevano la speranza che il tempo passassein fretta e la convinzione che per quanto si possa sperare purtroppo il tempo sarebbe passato sempre alla stessa velocità. Prese il computer e iniziò a cercare per internet, qualcosa, non qualcosa di preciso, ma qualcosa che lo impegnasse, che lo distraesse da se stesso. In quel momento la cosa che non riusciva veramente a sopportare era il fatto di essere in compagnia di se stesso, ovviamente dopo alle urla dei bambini che giocavano nella scuola poco distante. Dopo aver fissato un po’ lo schermo decise di prendere in mano la sua vita, come diceva sempre una sua amica pugliese che ora come ora gli sembrava lontano chilometri e anni. Forse il suo intestino reclamava giustamente di essere saziato e così decise di cucinare. In realtà gli toccava anche lavare visto che aveva lasciato le stoviglie sporche dal giorno prima. Forse. Così preparò tutto, doveva solo aspettare che l’acqua bollisse per poter calare la pasta. Quei dieci minuti erano passati in maniera piuttosto distante e veloce e improvvisamente mentre realizzava di essersi liberato di se, alle sue spalle lo vide di nuovo, il suo spettro avvicinarsi e mettersi di nuovo accanto a lui. L’acqua bollì e così potè cucinare. Si sentì meglio. Decise di accendersi una sigaretta, la rullò e l’accese. Si mise il suo portatile sulle gambe aprì un documento di testo e inizò a scrivere. Titolo: L’emigrante…Presse invio e sulla seconda riga “ma si può, ormai nel XI secolo…” poi pensò, che il titolo dovrebbe essere la cosa finale, andò sulla prima riga e cancellò il titolo. Passò di nuovo alla seconda e scorrendo ciò che aveva scritto con gli occhi continuò “ma si può, ormai nel XI secolo con l’ipervelocizzazione dei…” e ritornò a pensare “come facciò a scrivere su qualcosa se questo qualcosa non ha nemmeno un titolo?”. Così decise di riscrivere il titolo e ritonò sulla seconda linea “ma si può, ormai nel XI secolo con l’ipervelocizzazione dei trasporti considerarsi un emigrante?” e di nuovo fu preso dal dubbio. Così ci rifletté per un po’ e poi scrisse “L’emigrante, SENZA TITOLO. Gli sembrava una pessima scappattoia ma si fece un sorriso pensandoci e decise di evitare di pensarci. Mille pensieri gli sovvennero, tra cui il fatto che non era capace di scrivere poiché la sua mente viaggiava su talmente tanti fronti in maniera contemporanea che mentre pensava di scrivere un breve resoconto dei suoi pensieri-esperienze gli venivano in mente altri mille problemi per cui nello stesso momento in cui pensava e cercava di scrivere il suo cervello li aveva già oltrepassati. Si chiedeva se fosse dunque lecito cercare di scrivere qualcosa di approfondito, sensato e critico dal momento in cui nel momento stesso in cui pigiava un tasto erano cambiati i presupposti per così dire “intelletuali” da cui partiva. Comprendeva che al giorno di oggi era possibile avere mille informazioni con pochi click, ma si perdeva la capacità di approfondirli. Dunque aveva anche lui perso quella capacità di approfondimento e critica che lo avevano sempre contraddistinto? Oppure era semplicemente una chimera che si era costruito intorno a se per darsi un tono e dal momento che vi ci era scontrato questa si era dissolta come l’ultima neve al sole di marzo. Guardò fuori la finestra e un pallido sole era spuntato. Ritornò al filo dei suoi pensieri. Gli sembrava che tutta questa velocità avesse distrutto la poetica. Come se a causa di questo dover fare bene e in fretta avesse annientato la capacità poetica dell’uomo. Come se l’uomo non fosse più capace di ammirare la maestosità di un albero scosso da vento e dal rumore delle sue foglie, culminante in un assordante e maestoso silenzio causato dal cessare della folata. Possibile che per cercare quella poetica gli uomini siano stati costretti a cercarla negli altri, in magari costruzioni mentali utopiche di altri simili a cui ispirarsi e a cui tendere. Senza rendersi conto di ispirarsi a speculazioni mentali al di fuori di ogni realtà se non quella degli impulsi elettrici del cervello.

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Inviato

Il Don è tornato!!

Evviva evviva!

Tornando al tuo scritto.

Come ti ho già detto in altra sede (msn) è molto aggrovigliato, sia formalmente che contenutisticamente, sembri voler toccare numerose tematiche, anche di un certo peso, facendole però cozzare e mescolare con tanti altri pensieri, dati dal tuo stato d'animo, dalla tua condizione particolare in questo frangente. La solitudine fa da padrona, così come la noia; noia che ti ha spinto a prendere in mano penna e carta (o dita e schermo bianco) e riversarci sopra tutto quelli che stavi provando.

Io dico che devi continuare a farlo.

  • 5 mesi dopo...
Inviato

Saturnino D'Amora

Dopo essersi svegliato verso le otto si prepara per uscire di casa ed intraprendere il viaggio che aveva deciso di fare. Prima di partire decide di andare al bar per salutare gli amici Torinesi. Così trascorre alcune ore insieme a questi bevendo qualcosa nel locale. Dopo ciò, li saluta calorosamente e torna a casa per preparare la valigia e pranzare prima di mettersi in cammino. Va dalla madre che durante il pranzo fa un ultimo tentativo di convincere il figlio a rimanere; ma invano. Così, dopo pranzo, chiama un agenzia per prenotare un appuntamento, in quanto il giovane Nino vorrebbe fittare una casa nella capitale. Fissa l'appuntamento per l'indomani. Dunque, dopo aver approntato tutto, parte. Durante una delle soste del viaggio chiama le pagine gialle per avere il numero di qualche hotel da prenotare. Fatto ciò chiama ed un certo hotel "Bristol", non lontano dal centro di Roma. Dopo di che riparte ed in serata arriva, posa la moto e sale in camera, dove si addormenta per recuperare le forze per il giorno seguente.

Alessandro de Laurenti

Si sveglia presto la mattina pronto per aprire il negozio, come fa di consueto. Dopo aver fatto colazione ed essersi lavato scende nel negozio sotto casa sua e apre l'attività. La mattina passa in maniera abbastanza noiosa poichè viene un solo avventore che chiede se per qualche fortuita ragione un libro da lui ordinato fosse arrivato prima del previsto,cosa tra l'altro che non si è verificata. Intorno alle 11 e mezza, arriva Andrea, fratello di Alessandro, che gli fa notare che è arrivata della posta. Così apre la cassetta della posta con le chiavi e prende ciò che arrivato. Oltre ad una bolletta ed alcune pubblicità ciò che interessa è una lettera di invito ad una conferenza di antiquari (o qualcosa del genere) presso "Villa Cassiope" a sud-est di Torino. Incuriosito ed eccitato Alessandro chiede al fratello di stilargli una lista dei libri più interessanti in negozio. Decide di informarsi sui libri più richiesti dal mercato, per cui dopo aver pranzato col fratello va all'università. Va diretto nell'aula informatica, ivi attende che prima di lui entri qualche studente per non dare troppo nell'occhio entrando da solo. Tuttavia viene notato dal tecnico, con il quale intrattiene una lunga conversazione sulle località balneari e in generale turistiche della puglia. Dopo aver trascorso una mezz'ora abbondante a chiacchierare con Nicola (il tecnico), questi gli da una mano per le sue ricerche. Il risultato è che i testi più al centro dell'attenzione al momento sono "La strega dell'irlanda" di Huges del XV secolo e la copia quanto più vicina all'originale della "Divina Commedia". Soddisfatto ringrazia calorosamente Nicola, anche per i suoi consigli su come fare per installare una linea internet presso la propria casa e si dirige verso la sua abitazione, facendo una deviazione presso la sip per prendere una lettera con la richiesta per l'allaccio internetp. A casa controlla di quale copia è in possesso della Divina Commedia e scopre di avere una stampa del XI secolo (stampa a caratteri mobili). Dopo questa lunga e tribolata giornata va a dormire.

Niccolò Gabrielli

Non avendo lezioni da sostenere si sveglia con una certa comodità e dopo aver fatto una lauta colazione ed essersi lavato grossolanamente si dirige con i mezzi pubblici in facoltà, avendo un appuntamento con il suo professore. Arrivato nell'androne cerca di driblare gli studenti che cercano di rivolgergli delle questioni, licenziandoli senza troppi giri di parole. Va verso lo studio di Gino Montecchi (il suo professore) che gli comunica che durante il pomeriggio non ci sarà e gli chiede se può occuparsi dei due tesisti che sarebbero venuti durante il ricevimento. Niccolò accetta e dopo che il docente lascia il suo studio lo occupa. Per ingannare il tempo inizia a sfogliare le sue carte, così tra una lettura ed un altra sente qualcuno che bussa. Prima uno e poi l'altro sbriga i due tesisti. Poco prima della fine dell'orario di ricevimento arriva tuttavia un signore, che chiede se lui è Niccolo Gabrielli. Allibito per questa imprevista situazione il giovane assistente annuisce e il signore prende posto. Dice di chiamarsi Antonio Cisale e ha un accento che tradisce le sue origini campane. Gli mostra dei manoscritti. Si tratta di una copia della "Divina Commedia" scritta a mano su una carta che è chiaramente datata oltre che di fattura non industriale. Alle domande su come costui si fosse procurato queste pagine, risponde in modo evasivo facendo comprendere al giovane che egli è interessato a quantizzare il valore di quelle pagine. A questo punto Niccolò cerca di prendere tempo dicendo che ne ha bisogno per verificare alcune cose. Antonio Cisale accetta e dopo una breve trattativa si mettono d'accordo per rivedersi alla fine del mese. Ancora sotto tensione cerca di concentrarsi e pensare a chi sottoporre le preziose pagine. Gli vengono in mente tre antiquari: Antonio Frosini a Firenze, Ghili antichità a Milano e Safara a Torino. Riflettendo sulle sue richieste riguardo qualità e tempi, tenendo conto che il professor Montecchi ha sempre parlato male dell'antiquario fiorentino, decide di dirigersi a Torino. Dopo questa catena di pensieri chiude lo studio e va in segreteria per contattare il professore, con il quale prende appuntamento per orario di cena. Dopo tanto tempo a cercare piste da seguire per le sue ricerche, finalmente si apre una nuova pista. La tensione fa passare le ore lentamente. Finalmente si fa orario di cena e così Gabrielli e Montecchi si incontrano in un locale a piazza della signoria per la cena. Durante la cena il giovane assistente spiega che non potrà essere presente alla succesiva data di esame e che a causa dei suoi studi deve partire immediatamente. Montecchi accondiscende alle sue richieste suggerendogli di acquistare un telefono portatile, per ogni evenienza. Niccolò continua dicendo che se qualcuno lo dovesse cercare a fine mese e nel caso in cui non fosse ancora tornato di dire che la sua assenza era causata da una ricerca improvisa che egli stesso gli aveva assegnato. Il professore, notando uno stato di tensione ne giovane, continua ad annuire e gli suggerisce di stare attento. Dopo aver finito di cenare i due si salutano e il professore rinnova ancora gli auguri al suo assistente, prima di allontanarsi. Così Niccolò passa in stazione, acquista il biglietto per Torino e torna a casa per riposare.

Cal de Stefano

Dopo una notte passata quasi insonne sia per il sogno fatto, sia perchè il giorno tanto atteso della discussione della sua tesi di master è arrivato, Cal de Stefano si alza dal suo giaciglio. Non ha fame ed quasi sconvolto, dunque molto prima di quanto avrebbe potuto fare si dirige in università. Incontra il suo professore con il quale scambia quattro chiacchiere. La tensione è altissima e il tempo sembra non voler passare. Finalmente arriva il momento, un colloquio di un quarto d'ora ed è tutto finito. Si sente più rilassato anche se il sogno della notte precendente continua ad assillarlo. Attende il momento della proclamazione. Viene promosso a pieni voti. Dopo un ultima chiacchierata con il suo professore inizia a sentire i morsi della fame. Va ad un bar e fa colazione; dopo di che si dirige a casa; ma i suoi pensieri continuano a perseguitarlo, non riesce a comprendere quel sogno. Decide così di bussare alla vicina di casa, che nonostante lo riconosce a stento lo saluta. Cal la invita a prendere il the e questa accetta. Il tempo sembra fermarsi nuovamente fino a quando giunta l'ora qualcuno bussa alla porta. Entra la vicina con in mano un portagioie (o qualcosa di simile) e mentre sorseggia la bevanda dice a Cal che questo glielo ha lasciato la madre; che si era raccomandata di darglielo quando sarebbe stato il momento. Sconvolto, il giovane, fa accomodare la donna fuori, la quale non oppone resistenza comprendendo a pieno la situazione. Dentro questo scatola trova degli effetti personali e una lettera, in cui sua madre si scusa per come si è comportata e scrive che la sua direzione è Roma. Se per caso qualcuno volesse cercarla bisogna rivolgersi a un certo Cosimo Montalbano situato a Roma via Montevarchi 16. Il giovane scende e decide di acquistare un biglietto per Napoli, forse deciso ad andare a parlare con il nonno. Dopo averlo acquistato torna a casa, prepara la valigia e va a dormire.

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