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Inviata

Questi sono i primi tre mini capitoli introduttivi del romanzo che sto scrivendo sulla falsa riga dei racconti del mio maestro spirituale, Terry Pratchett, se vi piace un pò di umorismo fantasy buona lettura ;-) .

CAP.1

Se esistevano parole per descrivere quest’uomo probabilmente le hanno cancellate o forse nascoste troppo bene perché io le trovassi, ma visto che avete deciso di leggere questo mio libro non vi deluderò. Allora, tutto iniziò in una fresca mattina estiva, le notti buie e tempestose sono troppo pesanti per una storia che si preannuncia già così di per sè pesante, quando tutto ebbe inizio, nella magione di Sir Abudobolis un bambino veniva alla luce in silenzio, si perché dovete sapere che il destino lo designò già diverso dalla tenera età. In effetti non vi era nulla da ridere ne da piangere, sia il dottore che la madre e il padre rimasero in silenzio ad osservare la piccola creatura che era sbucata fuori non si sa da quale strano incroncio. Subito Sir Abudobolis si voltò sconcertato verso la moglie, non tanto con lo sguardo severo per un probabile tradimento, ma schifato pensando a con quale essere lei avesse concepito quella cosa. Di rimando Lady Abudobolis osservò sospettosa il marito convincendosi che la sua teoria secondo la quale la sua metà fosse un mostro senza cuore era confermata. Tutto ciò avvenne nello stesso istante in cui il dottore rimase estereffatto nel vedere quella cosa alzarsi, dirigersi verso il vicino mobile e afferrare la bottiglia di brandy trangugiando con mostruose sorsate tutto il suo contenuto. Dopo essersi scolato la bottiglia si era voltato verso i suoi genitori chiedendo dove si trovasse la biblioteca di famiglia e dopo che loro, ancora più increduli, gliela avevavno mostrata, si era rinchiuso lì dentro e ne era uscito dopo vent’anni. Le teorie dei suoi, ormai anziani, era che si fosse nutrito con i ratti che gironzolavano tra gli immesni scaffali di libri che i loro avi avevavno lasciato loro. Il giorno in cui Neurik Abudobolis uscì dalla biblioteca si registrò il più alto tasso di auto-licenziamenti della servitù, che si rifiutava di considerarlo il loro padrone. Neurik non era brutto, in realtà era diverso, ma non diverso come molti possono credere, la sua descrizione l’ho omessa apposta perchè quando tentai di scriverla, mi ritrovai seduto sulla sedia della mia scrivania, bloccato per un’ora circa con un senso di nausea causata da un misto tra orrore e rassegnazione per quella povera creatura. Ma di ciò Neurik non si curò affatto, aveva preso la sua decisione in maniera seria e ponderata prima di presentarsi di fronte ai suoi genitori dicendo: “Umano di sesso femminile riconducibile a quella che la nostra stirpe definisce madre, umano di sesso maschile riconducibile a quella figura aliena e astratta che si potrebbe definire padre, desidero diventare un mago”. Prima che ricevesse una risposta Neurik dovette aspettare due interi giorni prima che i suoi genitori capissero che si stava rivolgendo a loro. La risposta di suo padre fu laconica e diretta “Sì!” e fu quello che disse anche sua madre, Neurik arricciò la fronte un pò perplesso prima di dire “Sì, cosa?”, la domanda mise in crisi i due Lord che si guardarono per un pò perplessi tra di loro, non volevano che quella cosa potesse riprendere a parlare in quel modo strano che tanto ci avevano messo a capire, Sir Abudobolis prese in pugno la situazione e fissando quelli che potevano essere gli occhi di suo figl...figl...della cosa! Affermò con fierezza “Puoi fare il mago, lo spazzino, il guerriero o il venditore di panini basta che esci da questa casa perchè sono vent’anni che...che...” effettivamente erano vent’anni che non aveva dato fastidio, che sbafava pasti o se ne usciva con richieste assurde, fu allora che Sir Abudobolis addolcì il suo sguardo e riprese con viso sornione “Caro... io e tua madre ci teniamo molto che tu diventi un mago, vai pure e porta il nostro nome con orgoglio”. Neurik osservò suo padre torvo prima di esordire “Bene, avrei potuto sperimentare quella emozione denominata dispiacere se avessi dovuto ridurvi in mille particelle sub-atomiche vaganti nell’iperuranio”. Lady e Sir Abudobolis provarono una sorta di brivido represso prima di sorridere a quello che presero come la prima manifestazione d’affetto del loro figliolo, dopotutto aveva detto che gli sarebbe dispiaciuto.

Cap.2

Molto lontano dalla magione degli Abudobolis sorgeva la piccola città di Rezent, non era una città particolarmente grande o maestosa o ricca, ma una città qualunque, nella bettola dei riccioli della due individui stavanoseduti ad un tavolo con due enormi boccali della cosa più vicina alla birra che il locandiere era riuscito a tirare fuori dalle sue cantine. Il più piccolo dei due era Albert il furbo, molta mente e pochi muscoli, praticamente inutile per una persona nata in una famiglia in cui la capacità tecnica primaria era lo zappare, mentre l’altro era conosciuto con il nome di Fracovich, una sorta di strano incrocio tra la mente di un ratto idiota e il fisico di un toro, alla torre dei maghi della città molti eruditi avevano studiato il suo caso giudicandolo, alla fine, uno dei misteri della vita. Albert e Fracovich erano cresciuti insieme, si erano sempre coperti le spalle a vicenda poichè mentre il primo era troppo debole per difendersi da solo, l’altro era troppo scemo per difendersi dalla persona più pericolosa della città, se stesso. Molti anni passati nella completa apatia di un piccolo centro aveva spinto più volte i due a progettare una fuga da Rezent ma ogni volta non avevano avuto il coraggio di abbandonare tutto e partire. Questo tutto, a conti fatti, non era nulla, ma come citava Geremia, il vacchio balordo della bettola, tutto equivaleva a restare in vita in un modno pieno di pericoli come quello in cui vivevano. Ma la noia, e non il destino o qualche bislacca divinità, era un motivo più che valido per due come Albert e Fracovich per svignarsela da quel buco puzzolente, quel giorno alla bettola i due stavano organizzando gli ultimi preparativi prima di partire. “Allora Fracovich, quanto hai tirato su dai tuoi risparmi ?”, l’omone osservo il sacchetto che tenva in mano e poi guardò il suo amico esordendo “Mmm di più di dita di mani e piedi insieme, io cercato di farmi prestare dita da mio fratello, ma lui detto che servivano a lui per quando nascono agnelli perchè ora mani sono occupate da pecore”, “cosa?”, “conta tu che hai testa”, “guarda che anche tu hai una testa”, “sì ma tua più cervello la mia più osso”. Albert fissò Fracovich con aria afflitta dopodiché prese a contare i suoi risparmi “bene, abbiamo in tutto due monete d’argento in taglio piccolo, però, siamo ricchi!, ora non ci resta che investire questi soldi”, “con carro?”, “cosa ci devi fare con un carro!?”, “investire”, “cosa?”, “i soldi”, Albert stava provando la sensazione che lo appagava di più al mondo, sentirsi un genio. “Non intendevo investire in quel senso!”, “io non detto da che senso di marcia devo arrivare!”, “NON INTENDEVO....lascia stare, le vettovaglie?, le hai comprate?”, “Eh!”, “cibo”, “sì, preso male”, “non vanno bene, ci volgiono delle razioni”, “Eh!”, “ho capito, lascia stare, procurati un’arma domani si parte”, “io ho mani”, “non bastano”, “perché? Fanno tanto male, tu sai”, “sì, ma ai bulli della città, non alle creature malvagie, devi trovarti un’ascia o una spada o un bastone”, “io ti sembra mostro potente?”, “no, ma perchè lo chiedi?”, “papà non usa più bastone su mia testa, dice che tanto non fa male a me”, “quando dico bastone intendo un’arma contundente pesante”, “Eh!”.

Cap.3

Nel mondo di Berezian esistono luoghi assai pericolosi, questi luoghi sono spesso abitati da tipi pericolosi, comandati da tipi molto pericolosi, ma la pericolosità è data dal fatto che di solito ci si poteva capitare per caso. Il luogo più pericoloso al mondo però era il castello dei mille spifferi. Come al solito chi commisiona questo genere di castelli di solito e tanto malvagio quanto scemo, e finisce sempre per uccidere l’architetto assunto prima che termini il suo lavoro. Inoltre, di solito i castelli dei malvagi, di norma megalomani, sono posti su altissime montagne, quindi con tutti quei buchi lasciati dall’architetto morto c’erano molti spifferi e se i servi, di solito stupidi ed ottusi orchi, tentavano di completare il lavoro, di solito lo facevano talmente male che peggiorare la situazione. Ma non è il caso del mondo di Berezian, difatti gli orchi sono tutti dei grandi ingegneri, ottusi certo, ma comunque ingegneri, abilissimi nel costruire imponenti fortezze. La fortezza dei mille spifferi era chiamata così a causa delle flatulenze odor di zolfo che madre terra allegramente emanava nei suoi sotteranei. A capo della fortezza c’è -Rudhi ti prendo le misure- un famoso orco con la passione per la fisica quantistica, molti sospettavano che questo malsano interesse ad averlo spinto ad ordire i più malefici piani contro le altre razze nel tentativo di imporre le proprie convinzioni con la forza. Rudhi aveva un sogno, aprire un centro di ricerca sui Quanti, insieme alla sua equipé, infatti gli orchi ingegneri si riuniscono in equipé e non più in tribù, ma aveva visto il suo sogno svanire dinnanzi alla ferma opposizione del supremo mago di corte Frigerio de Frico, che aveva elogiato le potenzialità della magia in opposizione alla mera tecnica che tanto appoggiavano gli orchi, “la magia” aveva detto “non ha bisogno innanzitutto di fonti di energia inquinanti, ed è rinnovabile, voi ottusi orchi avete un’idea di progresso finta ed antica, voi impiegate anni per costruire una città, noi maghi invece in una sola settimana, con i nostri poteri, riusciamo ad edificare metropoli densamente abitate, la magia è il futuro”. Rudhi era mareggiato per il modo in cui il re aveva appogiato i maghi e si era ripromesso di farla pagare a quei boriosi bastardi, aveva passato, da quel giorno, molto tempo a studiare le origini della magia per scoprire da quale fonte inesauribile e pulita i maghi attingessero il loro potere. Quella mattina nel castello dei mille spifferi si alzò un grido di vittoria che rieccheggiò nelle immense officine e nei laboratori di ricerca, “EUREKA!!”, la voce era quella di -Rudhi ti prendo le misure-.

  • 5 mesi dopo...

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Non malaccio, mi ha fatto sorridere :)

manca però il senso della misura. l'assurdo c'è, ma è troppo reiterato. il comico deriva dal farlo saltar fuori nelle situazioni più strane, più impensate, e sempre in modo impeccabilmente logico. anche i dettagli sono importanti, ti consiglio di non buttare via parti importanti del passato di Neurik (a proposito: ottima la scena del parto) sacrificandole all'impressione di logica aleatorietà che necessariamente aleggia su questi tipi di romanzi. Già il fatto che non pianga rende a sufficienza l'assurdo :)

in bocca al lupo!

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