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La nostra storia...


Kordian

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Capitolo 7

Until the end of the world

Lirian e Alathariel si gettarono verso Aixela, tentando di staccarla dall’elsa senza successo. La luce diventava sempre più intensa e negli occhi di tutti vi era il timore di un altro momento di follia da parte della giovane donna.

Ma negli occhi di lei era possibile solo leggere la paura e quell’incredulità legata all’origine della sua spada, una lama bella ma semplice, forgiata con tecniche raffinatissime, ma prive di magia. Eppure… eppure…

La terra prese a tremare, rombando come un tuono sotterraneo, mentre diventava sempre più difficile mantenere l’equilibrio. In breve si ritrovarono tutti a terra, cercando inutilmente di rialzarsi. Solo Aixela rimaneva ancorata all’elsa, incapace di separarsene. Poi il cielo si fece scuro, il vento prese a soffiare forte muggendo tra le fronde degli alberi e spazzando via la polvere delle rovine, alzandola in cielo in voluttuosi mulinelli.

L’aria diventò gelida e la stessa luce che sgorgava dal corpo di Aixela era fredda, priva di calore e di conforto. Poi anche Lirian e Alathariel si illuminarono, ma le loro urla erano strazianti e si confondevano con l’ululare minaccioso del vento che sembrava voler strappare via le anime dai corpi.

Poi un lampo di luce immenso costrinse tutti a coprirsi gli occhi, facendoli quasi svenire.

Quando li riaprirono, videro che non erano più soli.

Dietro l’altare, accanto al corpo brillante e quasi esanime di Aixela, si ergeva una figura femminile in una raffinata armatura nera. Non vi erano simboli su di essa, ma i disegni imprecisati che aveva davano un’aria sinistra a tutto. Si mosse di un passo verso l’altare in cui era conficcata la spada e la estrasse, togliendo da essa la mano di Aixela che cadde a terra, tenendosi incredula la mano, mentre gli occhi scrutavano questa nuova figura in nero, cercando un aiuto impossibile dai suoi compagni. Erano tutti a terra, qualcuno carponi, altri appoggiati sui gomiti, ma tutti impossibilitati a muoversi per via del terreno che tremava ancora e del vento che imperversava.

Finché tutto quanto cessò, pur se il cielo rimase scuro di nubi.

Lirian smise di contorcersi e guardò la nera figura che osservava la spada, rigirandosela tra le mani in un misto di ammirazione e soddisfazione. Il suo volto era bellissimo, con gli occhi scuri incorniciati da capelli corvini e lunghissimi, lisci come se fossero una cascata di seta pura. Le mani erano aggraziate, prive di imperfezioni e di segni di lotte. Anche la sua armatura era priva di ammaccature, pur se dava l’impressine di essere molto antica e di essere passata attraverso diverse battaglie. La sua era una bellezza pura e selvaggia, pur se lo sguardo sembrava irradiare malvagità e malinconia.

«Gran bella spada.» Disse tutto d’un tratto la figura in nero, posando l’arma accanto ad Aixela, che si ritrasse come se avesse anche solo paura di essere toccata «Hai paura?» Il suo sorriso era ironico «Sono gli altri che dovrebbero avere paura di te… non tu.» Allungò una mano per carezzarle il viso, ma lei si ritrasse ancora. Il volto della donna si indurì, poi si aprì di nuovo in un sorriso gentile che nascondeva un certo sarcasmo «Ti starai ancora chiedendo come mai la tua spada ha tutte queste capacità, vero? L’hai forgiata con le tue mani, senza nulla di particolare. Una lama semplice, pur se stupenda. Eppure… guarda un po’ quello che ha fatto ora… e che ha fatto in passato.»

Nella mente di tutti giunsero le immagini di una palla di fuoco che uccise dei predoni in una casa, di un vento sgorgato dal lama che spazzò via un pagliaio rivelando una botola. La donna in nero sorrise di nuovo. Poi volse lo sguardo verso Lirian e Alathariel, come se volesse penetrare la loro stessa anima con gli occhi.

La piccola elfa, ancora sconvolta dalla sofferenza appena provata, si gettò contro Aixela, abbracciandola e piangendo. Lei la accolse tra le sue braccia e guardò la donna in nero dritta negli occhi, cercando di reggere lo sguardo solo per scoprire di non poter farlo. «Cosa vuoi da noi? Chi sei?» Chiese con la voce rotta dalla paura.

«Potrei dire di essere… come l’ho chiamato? Ah… sì… l’Astuto… anche se avrei dovuto dire “l’Astuta”. Ma, sai, andavo un po’ di fretta e creare una profezia dal nulla non è una cosa facile… soprattutto se devi farla dire ad un kender.» I suoi occhi andarono verso Garfuss, immobile a terra anche lui. Poi si girò verso Sturmir e Perenor notando compiaciuta la loro sorpresa e si soffermò per un attimo su Ariaston che lesse la delusione nel suo sguardo. Infine tornò a guardare Aixela «Parlavamo della tua spada, vero? Be’, in effetti tu non hai fatto altro che forgiarla, senza darle nulla di magico… a parte il tuo sangue.»

Aixela sgranò gli occhi.

«Già, ti sei tagliata perdendo una grossa quantità del tuo bel liquido vitale rosso. E tutto questo liquido è finito nel metallo fuso che stavi utilizzando per la spada. Essa è quindi una parte di te, l’unica cosa che ti permette di utilizzare la magia che scorre potente in te.» Un attimo di pausa «Sei una catalizzatrice, piccola mia. Riesci a canalizzare la magia del mondo, ma non sai come. E la spada, oltre a queste due piccolissime creature,» Indicò Lirian e Alathariel «è l’unico modo che hai per utilizzarla.» Mosse qualche passo intorno all’altare «E una catalizzatrice era proprio ciò di cui avevo bisogno per liberarmi da questa prigionia. Ma da sola non bastava. Serviva qualcosa che convogliasse la sua energia fin dentro il sigillo che mi teneva prigioniera. E quel qualcosa è la tua spada.» Prese di nuovo la lama tra le mani, saggiandola «Ma… come farti arrivare da me? Come farti cessare la tua fuga eterna per venire qui? Semplice… quasi banale. Crei una profezia che faccia unire un gruppo alla ricerca di qualcosa. Poi gli mandi contro dei nemici che gli facciano credere di essere braccati e quindi importanti. E infine dissemini il tutto di indizi per far arrivare il gruppetto qui… e finalmente sbloccare il sigillo.» Puntò la spada verso il collo di Aixela «Non vi siete accorti che non vi era nessun mondo da salvare? Non vi siete accorti che non vi erano eserciti del “male” che marciavano minacciando ogni forma di vita? Cosa pensavate di salvare se non vi era nulla che minacciasse?» Ridacchiò compiaciuta e puntò la spada a terra, usandola come appoggio «Sono bastate poche parole altisonanti per portarvi qui. Certo, ammetto che quei demoni e quel lich stavano diventando troppo zelanti, visto che hanno cercato di uccidervi veramente, riuscendoci con uno di voi. Ma alla fine siete giunti qui… e mi avete liberata!» Sospirò «Ed ora… ora esiste veramente il male… ora il mondo è veramente in pericolo.» Allargò le braccia come a volerli ringraziare, ma il tono era volutamente ironico «E tutto questo, grazie a voi.»

Gettò la spada a terra e si girò, dando le spalle a tutti e incamminandosi verso l’uscita della città.

Aixela raccolse l’arma e si alzò in piedi. «Fermati!» Urlò.

La donne in nero si voltò lentamente, un sorriso divertito sul volto. «Cosa pensi di fare? Vuoi combattermi? Non ci sono riusciti gli dèi e vuoi farlo tu?» Il tono era sprezzante.

«No… io…» Mise la spada nel fodero e la guardò dritta negli occhi, reggendo stavolta lo sguardo. «Io… voglio venire conte… mia signora.» Si inchinò sotto lo sguardo stupito di tutti.

Un lampo di luce… poi fu tutto buio.

Al loro risveglio, tutti si guardarono intorno. Gli uccellini cantavano sugli alberi che si muovevano leggiadri seguendo la brezza mattutina. Il sole illuminava dolcemente l’erba fresca di rugiada.

E Aixela era sparita insieme alla donna.

Ora tocca a voi... l'invasione è cominciata.

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fico fico mi è piaciuto!!!ora è divertente, e tu hai anche tre personaggi da controllare se non sbaglio ;)

solo una cosa:

si girò verso Sturmir e Perenor notando compiaciuta la loro sorpresa e si soffermò per un attimo su Ariaston che lesse la delusione nel suo sguardo

nn ho capito se è Ariaston a leggere la delusione nello sguardo di lei o il contrario... :roll:

cmq arrivo anche io per proseguire... ;)

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La magia era scaturita da lui, in piccoli tentacoli inquisitori, a esplorare l'armatura completamente nera, a sondarne le profondità degli anfratti e cercare di coglierne i segreti.

Inconsciamente Aixela potenziava quei tentacoli, rendendoli robuste braccia che cercavano di oltrepassare le difese dell'anonima donna, ma nulla servì.

Quando la magia dell'elfo guerriero raggiunge l'armatura un muro invallicabile si erse di fronte a lui, spazzando via ogni intenzione di curiosare, mentre una leggera sensazione di panico si insinuava in lui.

Poi i tentacoli di magica energia si dissolsero, e la tranquillità si impadronì nuovamente dell'elfo, e solo un leggero barlume di quell'attimo di paura rimase nella sua memoria, svandendo dimenticato poco dopo.

Ariaston stava pensando di provare a rialzarsi, nonostante il terreno che tremava;ne sarebbe stato in grado, anche se a fatica, ma qualcosa lo convinse a rimanere a terra.

Non ci sarebbe stato scopo e probabilmente soluzione nel tentare di affrontare solo quella donna, e in condizioni cosi precarie. La donna sembrava non essere influenzata dalle vibrazioni del terreno e questa era una cosa strana.

Si convinse a non alzarsi quando la donna afferrò quella spada, che a tutti incuteva un terrore profondo; in questo caso era lei a incutere terrore a tutti, mentre giocava con un innocua spada nella mano.

La mattina Ariaston si alzò da terra prima degli altri, svegliandosi di soprassalto e impugnando prontamente la sua daga. Passò qualche istante all'erta, sondando la zona attorno a se e trovandola perfettamente normale, con gli insetti che vagavano inquieti tra l'erba, mentre la loro laboriosa giornata era iniziata da un pezzo.

Probabilmente si chiedevano che ci facessero tutti quegli stranieri distesi sulla loro erba, ma l'elfo preferì nn saperlo.

Si incamminò e iniziò a studiare il terreno.

Studiò l'altare, la fessura in cui era stata riposta la spada, la pietra su cui si erano posati i piedi della misteriosa donna, il luogo dove aveva piantato a terra la spada, per appoggiarvisi.

Poi attese il risveglio dei propri compagni, procurandosi solo qualche frutto da assaporare e qualcosa anche per i compagni.

Quando si svegliarono erano sorpresi e agitati anche loro; ci volle qualche minuto per calmarsi, poi iniziò una silensiosa e tesa colazione, al termine della quale Ariaston prese parola.

"Ho esaminato il terreno qui attorno, le tracce, le impronte, i segni; sono tutti molto reali, ma non percepisco più nessuna traccia della magia che ieri si è scatenata qua. Aixela nn c'è da nessuna parte, ed esculdo siano scappate a piedi, ne troverei le tracce.

Non chiedete perchè se nè andata, nessuno di noi lo sa e forse neanche lei, o forse tutti lo sappiamo. Comunque discuterne non cambierà lo stato delle cose.

Qua attorno sembra non esserci null'altro di importante, o di utile ma si può esplorare meglio se lo ritenete utile.

Della donna non so dirvi niente, tranne che dev'essere molto potente; non sono riuscito a scoprire nulla sul suo conto, in quei pochi istanti, e, a giudicare dallo sguardo, neanche Sturmir è riuscito a fare di più."

Il nano lo guardava con uno sguardo di intesa, mentre Garfuss saltellava qua e la, dall'altare alle colonne distrutte la attorno, in cerca forse di qualche strano oggetto perso..

"Non so come fare per ritrovare nessuna delle due, ma a giuducare dalle sue parole credo che tra poco la troveremo anche senza volerlo..siamo stati un po' sciocchi, ma forse doveva andare cosi.

Due quesiti mi restano in mente ora: voglio, anzi DEVO scoprire il legame tra i vostri tatuaggi" disse indicando la bambina e la ragazza," e quelli della guerriera.

E poi voglio anche sapere che dice quel libro ora; non so perchè, ma ho l'impressione che la donna non lo avesse calcolato tra le variaibli della profezia da lei inventata..."

Fece una pausa, colma di significati mentre tutti guardavano Perenor che, titubante osservava lo zaino in cui era il libro...

uhm..vediamo come si va avanti ora..ma mi chiedevo uan cosa:siamo rimasti solo io e joram a scrivere o qualcun'altro ci farà compagnia? giusto per sapere come andare avanti...

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Perenor sembrava improvvisamente aver ritrovato la sua energia. Prese lo zaino e afferrò il libro, ghermendolo come un'aquila che afferra un coniglio in fuga. Lo tenne davanti a sé, come se avesse paura ad aprirlo o come per rimandare di qualche istante il piacere di ritrovare qualcosa in esso.

Poi sospirò e lo aprì...

... e lo lanciò rabbiosamente contro una delle poche colonne ancora in piedi.

Alathariel lo guardò impaurita, poi corse a raccoglierlo. Lo aprì di nuovo e lesse ad alta voce: «Grazie dell'aiuto.» Poi cominciava la storia. Vi era descritto tutto il piano della donna in nero, di come si fosse presentata a loro come il buon Fizban, di come avesse fatto in modo che anche il libro stesso fosse un ulteriore incitamento a mettersi in viaggio.

Sturmir scosse la testa e capiì ancora prima che la piccola elfa finisse di leggere: anche il libro, come tutti loro, come la spada, come la profezia... anche il libro era stato uno strumento per portare tutti a liberarla per poter mettere in atto il suo piano: risvegliare gli antichi draghi, gli antichi eserciti e cominciare la conquista del mondo.

A conferma dei pensieri del nano, il libro si ridusse in cenere non appena l'elfetta finì di leggere l'ultima parola.

Lirian scoppiò a piangere e Perenor la strinse a sé, maledicendo in cuor suo Aixela per quel tradimento. Non c'era dubbio che lei se ne fosse andata per perseguire la gloria della conquista. Ma la cosa che gli faceva paura è che in fondo la capiva. Finalmente aveva smesso di fuggire e la sua diversità sarebbe stata accettata... pur se con la forza.

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Ariaston sorrise!

Un sorriso anche macabro, visto la cicatrice che gli solcava il volto, ma divertito. Sentiva che una sfida interessante, forse impari ma sicuramente interessante, si profilava all'orizzonte.

E se fosse stato bravo avrebbe trovato anche il modo di sfruttarla a proprio vantaggio, per il proprio scopo. Forse non era stata un idea del tutto balzana quella della ragazza, di unirsi alla donna.

Ma ormai era andata, e non c'era tempo da perdere.

"Bene gente. Direi che qui non c'è più niente da fare. La donna vuole svegliare i draghi? Ebbene li svegli, se saremo svelti troveranno una bella accoglienza". L'elfo stava parlando con voce calma, meditabonda ma decisa.

Alzò lo sguardo, dapprima basso, e guardò i suoi interlocutori:" torniamo alla riva, aspettiamo il ritorno di Paltron e riprendiamo la terra ferma.

Da quello che ho capito quella donna ci ha già provato una volta a conquistare il mondo, ed è stata fermata."

Sorrise, sereno e attivo.

"Beh, basta fermarla di nuovo!"

Raccolse il suo mantello, aggiustò la daga al fianco e senza farsi notare controllò anche la presenza del pugnale.

Poi si incamminò, senza aspettare nessuno, verso la foresta, il suo buio e i segreti che nascondeva.

Ma non prese il sentiro, si incamminò anzi nel folto degli alberi. Pochi passi, poi un agile balzo e i primi rami iniziarono a scorrere sotto ai suoi passi leggeri. Si sentiva finalmente vivo in mezzo alla natura; le foglie frusciavano attorno a lui, mentre con la magia sondava il territorio in cerca di informazioni utili.

Sentiva la vita della foresta, le piccole sensazioni ed emozioni degli animali incuranti del pericolo imminente, leggeri in una libertà forse solo immaginaria, forse solo propria di di chi la vuole e di chi la sente.

I suoi piedi nudi scorrevano leggeri, a sentire la linfa vitale delle piante, mentre le sue mani accarezzavano foglie e resina. Per qualche attimo, forse lungo, si perse in pensieri di luci, colori e poesia, incurante del tempo e di tutto come un vento che corre dove niente vede cosa succede.

Poi d'improvviso si fermò. Era arrivato ad uno spiazzo, nella foresta, e al centro v'era un albero, leggero ma robusto.

Scese dall'albero sul quale si trovava, e si avvicino con lentezza reverenziale a quell'albero che sapeva essere antico.

La corteccia macchiata di bianco e le foglie rossastre dipingevano il verde dell'erba fresca in un allegoria di colori della vita che aveva qualcosa di nuovo. L'elfo aveva già visto alberi del genere, raramente, ma ne aveva già visti.

Ma questo era particolare. Il suo istinto gli diceva che le radici arrivavano molto in profondità, dove nessun albero arrivava, a sondare misteri della terra e a proteggere questa foresta immaccolata.

Le foglie a terra non cadevano a casaccio, ma disegnavano un mosaico di vita; Ariaston poteva leggerne i significati, mentre vedeva scoiattoli mangiare, uccelli scivolare tra i venti in quell'intrico di foglie morte che con il loro sacrificio creavano vita.

Lo osservò ancora qualche istante.

Poi capì!

Quell'albero aveva la magia.

Non una magia normale, ma una magia primordiale semplice e spontanea nella sua naturalezza.

Sorrise, e poi con decisione si avvicinò, fino ad appoggiare la mano sulla corteccia, all'altezza di una macchia bianca circolare e limpida.

Lasciò uscire la magia dalla sua mano, a insinuarsi nelle crepe della corteccia, in quelle piccole fessure di conoscenza che l'albero rilasciava, a sondarne le profondità.

Come immaginava non riuscì a penetrare le difese della pianta, non riuscì a intaccarle, e ben poco di nuovo scoprì sul suo conto.

Ma non era quello che voleva. L'elfo aspettava una reazione dalla pianta, una risposta a quell'intrusione magica nel suo essere, a quel disperato tentativo di comprensione.

Passarono i minuti, mentre la magia cambiava continuamente tattica; dapprima forzando, come un ariete che sfonda un cancello, poi insinuando dubbi e perplessità; cambiò ancora, amando, adulando e colpendo in attacchi e carezze sempre più frenetici tesi a minare la sicurezza dell'albero e a provocarne una reazione.

Niente!

L'albero non reaggì. GLi ultimi tentativi scemarono lentamente, lasciando solo delusione nel cuore dell'elfo, e un improvvisa sensazione di abbandono lo invase.

Aveva creduto di aver trovato un amico in quell'albero, un possibile aiuto a quel problema che aveva deriso ma che sapeva essere grave.

I draghi non avevano rispetto per la natura, e se fosse stata la donna a guidarli avrebbero fatto terra bruciata ovunque, distruggendo tutto ciò che lui amava, e togliendoli anche quella possibilità che da tanto cercava..

Allontanò la mano dalla corteccia, lentamente, lanciando un breve segnale di addio che usci dalle dita come se trattenuto, a fatica, sciogliendosi lentamente nella corteccia.

E l'invasione cominciò!

Un invasione di immagini e sentimenti lo pervase, lasciandolo retto e teso al cospetto dell'albero, mentre la magia lo sconvolgeva, una magia incontrollata e spontanea che rischiava di sconquassarlo e fonderlo, bombardandolo di informazioni e conoscenze pensanti, inadeguate, ma che lui cercava.

Rimase li, impossibilitato a muoversi, menrte l'erba sotto di lui moriva e la magia lo purificava dai problemi.

Quando riaprì gli occhi, era inginocchiato a terra, sconvolto e sudato, mentre una foglia gli cadeva sulla fronte e si scioglieva in un abbraccio caldo e ristoratore.

Un sorriso lo accompagnò, mentre deciso saettava all'inseguimento dei membri del suo gruppo, risoluto a raggiungerli.

Era notte.

Ora conosceva, o almeno intuiva, e sapeva cosa fare.

Avrebbe ritrovato quella donna, e sopratutto Aixela, e lei avrebbe adempito al suo destino!

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Sentiva il suo corpo caldo che la abbracciava, mentre sotto di lei lenzuola di seta le lembivano la pelle come le onde di un morbido mare. La sentiva muoversi e sospirare come una gatta incapace di stare ferma. Teneva gli occhi chiusi per assaporare quel momento, impaurita che se li avesse aperti si sarebbe rivelato tutto un sogno.

Aixela aprì gli occhi.

Era tutto un sogno.

Si toccò i vestiti e notò di stare indossando una comoda camicia da notte, come quelle che indossava prima di iniziare la sua fuga, quando smise di cambiarsi per andare a dormire, tenendo la sua spada sempre accanto a sé. Spostò lo sguardo poco oltre il letto e notò tutto il suo vestiario posto in ordine su una sedia.

Si mise a sedere, notando con sollievo che vi era ancora la spada, poggiata proprio contro un rudimentale armadio. Per la prima volta dopo anni, sentiva la sua mente leggera e si concesse il lusso di stirarsi un pochettino, sbadigliando sonoramente e gettandosi di nuovo sul letto.

Non sapeva dove si trovasse. Capiva solo di stare in una locanda, a giudicare dall'incessante rumore di passi, voci, bicchieri e piatti. Gli accenti che sentiva le suonavano familiari, molto simili a quelli della zona dove lei era nata. Cominciò a pensare ai genitori e si scoprì a sorridere, pur se sentiva le lacrime bussare agli occhi. Suo padre era morto a causa sua, cercando di riportare in vita la madre. E lei per tutta la vita è dovuta fuggire per la sua diversità. Nella disgrazia ha trovato persone che l'hanno accettata e che si sono prese cura di lei, come la dolce Lirian. Si soprese a pensare a lei con quella sensazione di soffocamento del cuore, quella mancanza di qualcosa che aveva fatto parte della sua vita, seppur per un così breve e intenso tempo.

Ma ormai aveva deciso.

Quella donna le aveva dato qualcosa, una sensazione che l'aveva colpita con la forza di un fendente al cuore. Mentre la magia entrava dentro l'altare rafforzadola, qualche cosa si insinuò in lei. Immagini di un passato tormentato, scene violente, guerre, battaglie... ma soprattutto del dolore. E quel dolore era nascosto bene, coperto da diversi strati di durezza e impenetrabilità, più sicuri della sua bellissima corazza nera.

Si mise a sedere sul letto, massaggiandosi le gambe.

In quel momento la porta di aprì ed entrò una ragazza stupenda dai lunghissimi capelli neri e lisci. Indossava abiti semplici da avventuriera, con stivali di cuoio, pantaloni di pelle e camicia di stoffa reistente. Sopra indossava un mantello da viaggio con cappuccio. Il tutto era rigorosamente nero. Alla destra le pendeva un fodero con una spada dall'elsa elegantemente rifinita. Tutto il suo essere emanava nobiltà e fierezza. Tutto... tranne il suo sguardo.

Aixela vide l'ombra della malinconia dietro i suoi occhi, un'ombra mascherata da rabbia e tramutata in vendetta verso qualcuno di cui lei non aveva idea.

«Buongiorno.» Le disse la figura in nero, porendendole i vestiti dalla sedia e porgendoglieli. «Nella stanzetta accanto troverai dell'acqua calda per darti una lavata.» Le indicò la stanza, poi si girò verso la porta. «Ti aspetto nella sala per la colazione.» Le sorrise e imboccò l'uscita.

«Aspetta!» Disse Aixela, alzandosi dal letto con i suoi vestiti in mano.

Lei rientrò nella camera, lo sguardo irritato.

«Scusami... ma io... volevo sapere come ti chiami.» Arrossì in volto mentre lo diceva, ma era solo per la paura di una sua reazione e quindi di perderla.

La figura in nero rimase immobile in silenzio per lunghi attimi. Poi la sua irritazione venne spaccata in due da un sorriso. «Mi sembra giusto.» Disse. «Il mio nome è Ashling.» Si inchinò e si avviò, chiudendosi la porta alle spalle.

Aixela scese dopo una mezz'ora nella sala principale. Carezzava la spada con la mano, guardando intanto tutti i presenti alla ricerca di lei.

La trovò ad un tavolino vicino ad un angolo da quale era possibile vedere tutta a sala. Stava sorseggiando un bicchiere di latte con l'avidità di chi non assaggiava del cibo da anni e l'eleganza di chi sta partecipando ad una cena tra nobili.

Si sedette di fronte a lei, trovando la colazione già servita e pronta per essere mangiata. Prese del pane dolce di Sherlyn e della marmellata e cominciò a mangiare.

«Grazie.» Le disse tutto d'un tratto Ashling, la voce profonda e sentita che sembrava come rotta dall'emozione.

«E di cosa?» Le chiese Aixela, stupita.

Ma lei non rispose e si mise a guardare il mondo fuori da una finestra, facendo capire che la conversazione era finita lì.

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La corsa frenetica dell'elfo continuava, tra gli alberi, i cespugli e i rovi, sinuoso come una serpe e delicato come una farfalla, con poche foglie che crepitavano sotto i suoi piedi.

Scorse l'ombra di qualche animale notturno, a caccia, e non lo badò. Qualche stella illuminava la notte, condividendo quel ruolo con la luna quasi piena sopra la testa, e l'elfo poteva vedere chiaramente nel buio naturale. Si avvicinava alla strada, annusando magicamente l'aria in cerca di odori familiari, sondando ogni angolo di terreno per trovare traccie utili.

Oltrepassò come una furia una radura, con qualche pietra al centro, in cui era riunito un branco di lupi giovani. Arrivò dentro a essa correndo, già invisibile ai loro occhi grazie all'amuleto che lo rendeva un ombra leggera nella notte. Solo l'odore li insospettì, ma dopo qualche istante era già un ricordo lontano.

Piombò nel sentiero, ancora in corsa e dopo pochi metri si fermò, vigile. Attese qualche secondo che il cuore si calmasse, mentre osservava a terra.

Poche tracce leggere, di lato; anzi dappertutto. Probabilmente il kender saltellava giulivo dappertutto. Delle tracce più pesanti poco dietro, a occhio e croce del nano e di Perenor, e poi quelle della ragazza e della bimba in mezzo a loro.

Annusò, insinuò la magia nel terreno, ma non ottenne grandi informazioni. Era stanco e la magia non era più efficace come quando era con Aixela; capì comunque che dovevano essere passati di li poche ore prima, e probabilmente dovevano essere fermi poco più avanti, per il riposo notturno.

I passi sembravano lenti e pesanti, probabilmente lo sconforto li faceva procedere lentamente.

L'elfo scattò per la strada, con l'aria a fare da unica testimone dei suoi spostamenti, e l'amuleto ad oscurarlo fluidamente.

Appoggiò la mano sulla bocca di Perenor e con l'altro braccio bloccò il corpo, mentre questi si guardava attorno insospettito, turbato da qualcosa

"Shhh...tranquillo..sono io.." lo lasciò lentamente, e il chierico fu quasi sul punto di imprecare per lo spavento.

"Puoi andare a dormire..continuo io il turno di guardia. Domani mattina vi sveglierò, e vi racconterò quello che ho scoperto quest'oggi..la natura è più colta di quello che sembra..." disse con un sorriso appena accennato sulle labbra.

Si abbassò il cappuccio sulla testa e scomparve nella notte. Perenor ci mise qualche attimo a decifrare quello che era successo, poi sospirò e andò a distendersi sul proprio giaciglio, grato per la notte di sonno appena regalatagli.

"Sveglia..qualcosa si avvicina..di al Nano ti tenersi pronto e proteggere la bimba, io vado a vedere che cos'è..".

Perenor aprì gli occhi ancora un po' scombussolato, esitò un secondo e poi si alzò velocemente, alla ricerca del braccio di Sturmir, alla debole luce della luna.

Il nano si era già alzato e stava svegliano le due ragazze: "la mia magia mi avverte di molte cose, e oggi ha funzionato bene.." rispose il nerboruto mago notando lo stupore sul volto del giovane.

Si disposero uno accanto all'altro, con la bambina e il kender al centro, le mani di quest'ultimo a tenere quelle della bimba, più per precauzione imposta dal nano, che per dare conforto alla coraggiosa elfetta.

Ariaston comparve di fianco a loro poco dopo.

"Si sta avvicinando un gruppo di orchetti, a passo di marcia. Sembra che abbiano scoperto che la signora dei draghi se n'è andata da quest'isola, e si stanno muovendo per diventarne gli assoluti proprietari.

Però siamo fortunati, e non sono molti. Credo che una buona magia di Sturmir potrà sistemarli tutti, o almeno metterli in fuga; ma non possiamo permetterci questa seconda possibilità, perchè ne arriverebbero in un batter d'occhio molti altri.

Voi rimanete qui, io li seguo da dietro.

Scatena la tua magia più potente nano, e fa vedere di cosa sei capace!

Io penserò ai pochi fuggiaschi.

Mi raccomando Perenor: la bambina e la ragazza non devono rimanere ferite!"

Gli ordini di Ariaston vennero impartiti velocemente, e nessuno se ne lamentò: sapevano che ora, in caso di battaglia, lui era il più esperto. Era meglio ascoltarlo e procedere velocemente.

Sturmir si rimboccò le maniche e si mise al centro del sentiero ad aspettarli, appena nell'ombra di una grossa quercia.

Vuole il mio miglior incantesimo?ora vedrà cosa gli preparo, e rimarrà stupito..

Gli orchetti giunsero pochi minuti dopo, chiaccherando a bassa voce tra grugniti e spintoni.

Non notarono il nano fino a quando quest'ultimo nn si mise alla luce. Estrassero le spade e gli scudi, ma ormai la cantilena era iniziata.

I primi tre di loro si lanciarono alla carica, mentre gli altri urlavano.

Il nano continuò a salmodiare, lentamente e concentrato, incurante della carica alla quale era sottoposto, come se solo lui fosse in quel sentiero in quel momento.

Il tono di voce salì, sempre più profondo e invocativo, fino a quando il nano cominciò a brillare di luce.

All'improvviso fù silenzio!

Sturmir aprì gli occhi e vide gli orchetti a pochi metri da lui.

Sorrise e urlò la parola che concludeva l'incantesimo, e un lampo di luce esplose nella notte.

Quando tutti tornarono a vedere, notarono una figura di fronte al tozzo compagno di viaggio; era su due piedi, e bruciava di fiamma propria, leggero e vistoso nella notte.

Le sue mani fermarono la carica dei due orchetti, bruciandone il volto in un orrida maschera di morte, mentre il terzo si fermava spaventato.

Poi fu un turbine di fuoco a fare da padrone nella notte, mentre spade roventi cadevano a terra, abbandonate da mani prive di movenze e corpi straziati dal calore.

Il nano aveva ripreso a salmodiare mentre la sua creatura continuava il massacro, sconvolgendo corpi e menti. Gli ultimi due orchetti scagliarono le freccie rimastegli contro la creatura infuocata, che accusò il colpo e rimase ferma qualche istante.

Assaporarono per poco il gusto della salvezza, prima che la freccia magica lanciata dal nano si infilasse tra le scapole di uno dei due, corrodendo la pelle con il suo acido, e la gola dell'altro si aprisse nel buio come una seconda bocca, bagnando debolmente di sangue la lama dell'elfo.

Pochi istanti dopo la creatura rovente scomparve nella notte, come evaporata dal suo stesso calore, e il gruppo si riunì sorridente.

"Sei stato molto bravo, Sturmir. Tutto è andato per il meglio questa volta ma non so per quanto sarà cosi, ora che la Signora se nè andata. Sarà meglio spostarci più in la e riposare un altro po'. Domani dovremmo partire presto per lasciare la foresta e trovare un posto sicuro in attesa di Paltron..."

L'elfo aspettò che gli altri fossero pronti, e poi si incamminarono nella notte buia e silenziosa, alla ricerca di un riposo migliore...

boh..questo mi è venuto cosi..un po' di movimento dai ;)

e sopratutto:nn mi ricordo più come erano gli accordi per il ritorno con Paltron..

rinnovo l'appello a farsi vivi ai vari altri componenti della storia, per sapere se continuano..strike,manzo,njasheen (ke nn devo da un pezzo..)e daermon... ;)

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La mattina suguente, quando l'alba aveva appena fatto capolino nel mondo, partirono.

Tennero un andatura sostenuta tutto il giorno, con l'elfo in prima fila a controllare la presenza di tracce o di trappole lungo il loro cammino.

Fortunatamente la giornata proseguì senza intoppi, e riuscirono anche a cacciare un coniglio per un colpo di fortuna, mangiando discretamente bene.

Accesero un piccolo fuoco, per cuocerlo, e lo spensero appena pronto, nascondendo accuratamente il fumo.

Mangiarono in fretta, e partirono subito dopo mentre Garfuss ancora elogiava con le parole la bontà della selvaggina, e Sturmir finiva di rosicchiare le tenere ossa dell'animale.

In realtà la parte più difficile fu proprio tenere a bada il piccolo kender, che in poco tempo aveva già tirato fuori mille leggende su quella donna misteriosa, un tempo, a sua detta, fatal donna che aveva sconvolto il cuore di più Re, e che al contempo era anche cameriera nelle taverne peggiori in cui spacciava pergamene magiche a mercanti di pelli...

Giunsero alla spiaggia a sera tarda, sfiniti per la sostenuta marcia e per la tensione della giornata. Solo il kender sembrava immune a tutto ciò, appena appena frustrato dalla mancanza di cose da "ritrovare".

Fecero due conti e si accorsero che mancavano circa sei giorni all'arrivo della nave di Paltron e, forse, della salvezza.

Dovevano assolutamente trovare un posto dove stare nel frattempo, per dfendersi dalla minaccia delle creature dell'isola.

Ma quella sera ormai non poterono più farlo, mentre il buio avvolgeva i loro corpi e l'umidità intacava i loro morali.

Si appostarono vicino alla spiaggia, all'ombra di un albero dal tronco alto ma privo di rami, tropicale. Non era un gran rifugio ma per quella notte dovettero accontentarsi, e Ariaston si offrì di fare un turno molto lungo, avendo meno bisogno di dormire rispetto agli umani e ai nani.

Tutti accettarono, e Perenor si assunse l'onere del secondo e conclusivo turno di guardia..

La notte scorse tranquilla, appena appena turbata dal leggero russare del kender, ke si agitava inquieto anche nel sonno.

Alle prime luci si spostarono dal luogo in cui si erano accampati, e si spostarono verso una sporgenza rocciosa appena più su della spiaggia, tra gli alberi.

Era abbastanza nascosta, anche se tutti erano sicuri che gli orchetti la conoscessero a menadito. Ma era provvista di una piccola apertura, quasi una caverna in miniatura, in cui ci si poteva nascondere ed organizzare una difesa efficate all'occorrenza, visto il loro bisogno di rimanere da quelle parti nei giorni seguenti.

Si appostarono all'interno, e subito Perenor si mise all'opera per creare un perimetro di difesa magica, collocando magie-trappola ovunque.

Nessuno si sarebbe avvicinato a loro insaputa!

Lasciarono libero un passaggio, nella parte dove meno probabilmente sarebbero stati i nemici, in modo da avere una via di fuga accessibile al momento del bisogno, e anche perchè avevano necessità di uscire per cacciare e mangiare.

Quando tutto fù pronto Lirian si arrampicò in alto sulla roccia, osservando la foresta per farsi un idea di quello che succedeva attorno a loro.

Quello che vide la impressionò!

Centinaia di orchetti stavano progressivamente uscendo dalle loro basi sotterranee, che probabilmente costituivano un dedalo di grotte e gallerie sotto la superficie del terreno; ora potevano finalmente diventare i padroni incontrastati dell'isola, senza dover più temere l'arrivo delle terribili creature che l'avevano infestata fino al giorno precedente.

La scomparsa della signora del male aveva liberato quella terra dal male, per lasciare posto ad un altro male.

Gli orchetti stavano muovendosi dappertutto, abbattendo alberi per costruirsi accampamenti alla luce del sole, deturpando la pace apparente di quella foresta. La ragazza capì che in breve tempo sarebbero giunti anche da loro, e probabilmente la loro sarebbe stata una fuga precipitosa dall'isola, più che una rilassata partenza..

modificato..ho già in testa la partenza dall'isola, ma se qualcuno vuole farla prego, non siate timidi ;)

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Aveva percepito il tessuto della realtà deformarsi ed il Male irrompere. Non l'aveva previsto, ma l'aveva desiderato, se non altro. Ed ora sarebbe andato ad inchinarsi al Suo cospetto e Lei, riconosciuti i suoi meriti, lo avrebbe accolto come uno dei suoi servi più fedeli.

La ricompensa di morte sarebbe stata grande.

Vagava per quelle terre mortali, sfiorando appena quelle povere, miserevoli anime. Solo una cosa lo preoccupava, minacciandolo ed infastidendolo al contempo: doveva trovare quel maledetto kender, ma soprattutto doveva recuperare ciò che gli era stato sottratto.

Pregustava non il momento in cui lo avrebbe ritrovato, ma bensì COME se lo sarebbe fatto restituire.

Il lich sorrise, ma nel farlo non ottenne altro che digrignare i denti in una smorfia orribile sul suo volto scheletrico. La sua ira era grande e Lei gli avrebbe sicuramente dato mano libera in questo.

Da qualche parte in quel mondo già condannato il kender dormiva sonni tranquilli.

Per ora questo... cercherò di rifarmi vivo e scusate l'assenza

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Aixela si mise a cavallo. Non si sentiva sicura su quell'animale, essendo sempre andata a piedi, rifugiandosi nei boschi con il suo Trebor. Ricordava che era proprio in un bosco che lo aveva incontrato, cercando di cacciare della selvaggina e finendo per colpire lo stesso animale che lui aveva puntato da tempo. Con un certo senso di colpevolezza, ricorda di come abbia sfruttato l'attrazione di lui verso di lei per tenerlo con sé e non essere più sola, senza dirgli che i suoi gusti erano ben diversi.

Sorrise nel pensare a quella volta in quella taverna.

Stavano seduti al solito tavolino posto all'angolo della sala, vicino alla finestra, in modo da avere le spalle coperte, un'ampia visuale della stanza e una via di fuga facile. Una cameriera arrivò a chiedere le ordinazioni. Aixela la guardò intensamente: era bellissima! Forse la ragazza più bella che avesse visto fino ad allora. Ne era rimasta colpita, così tanto che si trovò a fissarla più di una volta, vedendola che ogni tanto si accorgeva dei suoi sguardi, sentendosi a disagio. Trebor non capiva e pensava che lei stesse guardando un uomo, finché lui stesso gli disse che quella cameriera era veramente bella, senza risparmiare dei commenti piccanti, pur se mai volgari, su di lei.

E ancora in quel momento ricordava l'espressione di lui quando anche lei fece gli stessi commenti, rivolta sempre alla cameriera, rivelando così la sua omosessualità. Da quel momento lui le era sempre stato vicino, un innamorato che sapeva di non poter essere contraccambiato, ma che accettava tutto questo pur di starle vicino e apprezzando il fatto che lei lo volesse accanto senza secondi fini. La stessa cosa che lei stessa apprezzava, vedendo come lui, pur essendo completamente perso per lei, le stava vicino senza secondi fini.

Una voce accanto a lei la distolse dai suoi pensieri. Era Ashling. Le chiedeva se andava tutto bene. Annuì.

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