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La nostra storia...


Kordian

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La pioggia cadeva incessante sulla strada.

Aixela riusciva a stento a vedere la sua compagna che cavalcava di fronte a lei. Non aveva ancora messo la sua bellissima armatura nera, usando ancora quei vestiti da avventuriera semplice. Il motivo le appariva semplice: un'armatura avrebbe destato sospetti, visto che gli unici che ne portavano una erano i Cavalieri di Jamalièl oppure gli eserciti durante una guerra. E lei non era in guerra e non faceva parte del cavalierato.

Carezzò la sua spada come sempre, consapevole che la avrebbe utilizzata la più presto, magari proprio contro quei cavalieri che si dicevano giusti e che l'avevano scartata solo per la sua diversità. Si immaginò con un sorriso maligno disegnato sul volto e rabbrividì. Non voleva portare la morte e la sofferenza, ma in quel momento quella donna che le cavalcava davanti le sembrava l'unica via di salvezza da una vita in fuga perenne.

In lontananza iniziarono a brillare le luci di una casa, probabilmente una taverna. Ashling fermò il suo cavallo e le indicò proprio quelle finestre illuminate. Si sarebbero fermate lì per passare la notte.

Legarono i cavalli nella stalla ed entrarono nella locanda venendo accolte da un intenso aroma di carne e di dolci. Appena fecero il primo passo dentro la sala, l'unico suono che si sentiva era quello dello sfrigolio di diverse bistecche. Tutti smisero di parlare alla vista delle due ragazze chiuse nei loro mantelli fradici. Aixela era sicura di sentire le gocce che cadevano dai suoi vestiti sul pavimento.

Ashling invece non si curò di nulla e si diresse verso un tavolino in un angolo semibuio da cui era possibile vedere tutto, invitando la sua compagna a seguirla. Gli sguardi le seguirono per tutto il tempo, fissandole mentre si levavano i mantelli da viaggio, poggiandoli su una sedia lì vicino. Qualche sorrisino malizioso interruppe il silenzio. Ashling reagì con occhiate fredde e minacciose verso gli uomini che avevano fatto tali velati apprezzamenti.

Dopo pochi eterni istanti la taverna ricominciò a brulicare di voci e risate tipiche di un locale del genere. Anche l'oste si mosse e venne a chiedere le ordinazioni, andandosene dopo aver appuntatto tutto quello che gli era stato dettato con precisione e fretta.

Aixela stava per iniziare a parlare quando notò l'espressione della sua compagna. Aveva lo sguardo furente, fisso verso un gruppo di uomini che ogni tanto lanciavano occhiate nella loro direzione, i sorrisi che non promettevano niente di buono e la gestualità che non lasciava molto spazio alla fantasia. Stava per fare un commento quando notò che in fondo agli occhi vi era un leggero barlume di paura, illuminato dal dolore di quello che doveva essere un ricordo. Forse era lo stesso ricordo che aveva percepito mentre la sua magia fluiva dentro la terra e la liberava.

«Cos'hai da guardare?» Le chiede improvvisamente Ashling, il tono freddo e secco, irritato.

«Nulla... nulla...» Aixela chinò il capo, lanciando però degli sguardi verso quel gruppetto di uomini.

«Mi fanno schifo!» Disse la sua compagna in nero seguendo lo sguardo della ragazza «sai cos'hanno apena fatto?»

«No.»

«Hanno appena ripulito una casa da tutto l'oro... e, come se non bastasse, hanno ucciso tutti i loro abitanti e violentato le donne.» Strinse il pugno.

«Cosa? E...»

«E sai cos'hanno intenzione di fare?» Il suo sguardo sembrava fiammeggiare mentre fissava gli occhi di Aixela «Hanno intenzione di fare la stessa cosa con noi, appena andremo a letto o appena ce ne andremo.» Si alzò di scatto in piedi «Ma non lo faranno... mai più!» Le ultime due parole le uscirono in un sussurro.

Aixela non capì più nulla. la vide sfoderare la spada e dirigersi verso quegli uomini che non si mossero neanche nel vederla arrivare. E lei ne decapitò subito uno con un colpo netto, infilzando poi il secondo prima che gli altri avessero il tempo di difendersi. La sua lama penetrò nel cuore del terzo e l'ultimo riuscì solo a parare un colpo per poi ritrovarsi con la gola tagliata, steso a terra con gli occhi ancora aperti.

Gli altri clienti scapparono o sfoderarono le spade, chiedendo vendetta e giustizia. Ma Ashling ormai era fuori controllo e inseguiva ogni cosa si muovesse, mietendo vite come un contadino fa con il grano. Ogni colpo era un urlo rabbioso. Aixela si mise al suo fianco per difenderla da tre guardie cittadine apparse sulla soglia nel sentire le urla e ne uccise due, solo per vederla poi affondare la spada nella terza con una certa soddisfazione.

Poi ci fu solo silenzio e lo sfrigolio della carne sul fuoco. Sentivano entrambe i loro respiri affannati. Intorno a loro vi era solo morte, solo sangue e corpi ormai senza vita.

Ashling si inginocchiò, poi allargò le braccia e urlò tutta la sua rabbia in un grido che nulla aveva di umano fino a restare senza fiato. poi chinò il capo.

Aixela si avvicinò piano e si accosciò accanto a lei, guardandole il volto.

Stava piangendo.

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  • 2 settimane dopo...

Io vorrei rivedere certi personaggi... forza Manzotin, Strike... e poi vorrei rivedere Njasheen e daermon (ma quanto ci metti per far sta tesi?? :twisted::roll::wink::P )... comunque io sto sempre alla supervisione!! Unire i vari racconti ora che postate in pochi è moooolto più facile!

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Era notte, pioveva, lei non aveva idea di dove si trovasse, ricordava di aver tradito chi l'aveva accettata, di aver per amore di un drow venduto i suoi compagni alla morte, ma la morte non se li era presi, ma la morte va sempre pagata,e il prezzo sarebbe stato lei, se quello strano elfo non le avesse detto - Preparati ti porto a casa mia - poi aveva proferito delle parole, l'ultima cosa che ricordava era come un tunnel di luce, la sua mano che scivolava via da quella dello strano elfo, e ora era li'.

Tutto quello che sapeva e' che di sicuro non era piu' il suo mondo, lei non ricordava come si chiamava il mondo da cui proveniva lo strano elfo che l'aveva aiutata e che lui chiamava casa, e che le importava del resto? Forse non era nemmeno quello dove si trovava ora! Chissa' se esistevano i drow anche li'? sperava proprio di si, perche' ucciderli era la cosa che le dava piu' soddisfazione, e non sarebbe ricaduta mai piu' nell'errore di amarne uno.

Mentre questi pensieri turbinavano nella mente di Iskra' , si rese conto che pioveva che era in una fitta boscaglia, che non aveva da mangiare e non c'erano case di ricchi signori dove andare a rubare qualche soldo per pagarsi un letto decente in una locanda....non c'erano nemmeno locande.

Quella notte l'avrebbe dovuta passare all'addiaccio, ma sarebbe di certo sopravvissuta, fiduciosa si arrampico' in cima a un albero abbastanza alto decisa a passarvi la notte.

Il suo ultimo pensiero ando' al suo anello che le permetteva di acquisire una qualunque sembianza a suo piacimento, e decise che forse era meglio nascondersi come sempre sotto le mentite spoglie di un'elfa dalla pelle color dell'alabastro, si avvolse stretta nel suo mantello, poi il sonno la strinse nel suo abbraccio, e non l'avrebbe lasciata fino alle luci di una nuova alba....

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Al mattino la pioggia era finita e i dolci raggi del sole fecevano capolino tra il fitto fogliame del bosco.

Iskra' si sentiva l'umidita' della pioggia della notte precedente arrivarle fin dentro le ossa, ma non poteva continuare a stare appollaiata su di un ramo, era ora di scendere e visto che ormai era in quel luogo di dare anche un'occhiata intorno.

Scesa dall'albero che l'aveva ospitata e le aveva offerto un riparo seppur minimo, rivolse a quella pianta uno sguardo come fosse un segno di gratitudine, le erano sempre piaciuti gli alberi fin dalla prima volta che arrivo' sulla superficie.

Poi inizio' a guardarsi attorno attentamente, che si trovasse in una foresta non v'erano dubbi, solo che non vi erano sentieri da seguire, e lei pratica di vicoli cittadini, fogne e quant'altro potesse servire a una ladra per muoversi inosservata nelle citta', non era cosi' pratica spersa nella boscaglia.

Una direzione valeva l'altra decise, in ogni caso non cercava nulla di preciso e anche seguire un sentiero, qualora lo avesse trovato,in un mondo che non era nemmeno il suo poteva rivelarsi assai rischioso.

Facendo il minimo rumore possibile inizio' a camminare in una direzione qualunque seguendo il soffio del vento, il suo incedere si interrompeva a tratti per restare in ascolto, ma il vento non portava nessun rumore particolare.

Finalmente, dopo un lasso di tempo imprecisato, dato che la boscaglia era molto fitta e non vedeva lo spostamento solare, le piante cominciarono a diradarsi e qua e la apparivano sprazzi di cielo terso.

Si fermo' ad ascoltare, oltre al mormorio delle foglie mosse dal vento, adesso sentiva un suono diverso ben distinto, sembravano onde che lente andavano a infrangersi sulla battigia.

Ricordava quel suono, lo aveva gia' udito molto tempo prima, e le era rimasto impresso nell'animo, nel sottosuolo non c'era suono alcuno che fosse cosi' melodioso ed in ogni caso non vi erano proprio suoni melodiosi, non per le sue orecchie.

Con passo leggero giunse al limitare della boscaglia, oltre le ultime frasche si vedeva una spiaggia e poi l'azzurro del mare.

La spiaggia non offriva riparo alcuno, era troppo pericoloso avventurarvisi, certo pero' non poteva restare nella foresta in eterno.

Decise dunque di continuare a camminare parallelamente alla spiaggia, da qualche parte sarebbe pur arrivata.

Ogni tanto la tentazione di uscire allo scoperto per poter osservare meglio tuttavia vinceva le sue remore e le sue paure, fu cosi' che noto' che piu' avanti vi era un costone di roccia.

I suo pensieri sul da farsi furono interrotti da dei rumori, non c'erano troppi ripari la intorno la cosa migliore era salire sul primo albero abbastanza robusto e osservare silenziosamente dall'alto.

Prima delle loro figure arrivo' il loro odore, orchetti!

Passarono oltre, rantolando qualcosa in quella loro lingua che lei non capiva e non assomigliava a nulla di quello che conosceva, non la notarono lassu' nascosta tra il folto fogliame.

Visto che non conosceva il luogo e la compagnia del vicinato era poco piacevole, decise che era il caso di essere molto prudenti, ad ogni modo voleva raggiungere il costone roccioso prima di sera, forse da lassu' avrebbe avuto una migliore visione di cio' che la circondava visto che dalla cime degli alberi si distinguevano solo alberi e mare.

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Io vorrei rivedere certi personaggi... forza Manzotin, Strike... e poi vorrei rivedere Njasheen e daermon (ma quanto ci metti per far sta tesi?? :twisted::roll::wink::P )... comunque io sto sempre alla supervisione!! Unire i vari racconti ora che postate in pochi è moooolto più facile!

Posto....non posto....posto... non posto... :?

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Erano abbarbicati su quell'isola da circa un'ora, quando dal suo posto di vedetta Lirian chiamò a bassa voce Ariaston.

"Degli orchetti si dirigono verso di noi, da quella parte..non sono molti, tre se non sbaglio, ma potrebbero vederci e allarmare gli altri. Nascondetevi!"

Detto questo la ragazza si accucciò appiattendosi contro la roccia, invisibile dal basso.

Ariaston si affrettò leggero e veloce verso gli altri e li avvisò rapidamente, mentre già si avvicinava all'uscita del loro rifugio.

"State nascosti, accucciatevi giù e non uscite per nessun motivo. Se ci saranno problemi lo capirete presto, e avrete tutto il tempo per prepararvi.."

Quando le ultime parole furono pronunciate l'elfo scomparte, tanto velocemente quanto erano state pronunziate le sua indicazioni.

Sturmir borbottò qualcosa riguardo alla fretta degli elfi e alla loro poca loquacità nei momenti importanti, poi si adagiù dietro ad un masso, serio in volto.

L'elfo sgusciò velocemente fuori dallo spuntone, con la daga che saltellava nella sua mano, finalmente pronta ad essere usata. Una strana frenesia lo pervadeva, ora che sentiva in cuor suo la possibilità di sfogare la propria rabbia per quella situazione su qualcuno di malvagio.

Arrivò alla base della roccia in pochi minuti, silenzioso come il tempo stesso, e si coprì la testa con il cappuccio.

Saettò rapido verso gli alberi, sentendo poco distante il vociare di alcuni orchetti, tre o forse quattro.

Si lanciò dietro ad un albero appena in tempo per vederli salire una dunetta di sabbia, e poi ridiscenderla lentamente.

Non sudava, e le mani bianche si muovevano frementi sulla lama della propria arma affilata.

Era un po' di tempo che non pensava a com'era, alle sue mani bianche, alla cicatrice sul volto, ai suoi luminosi occhi verdi, resi più chiari dalla mancanza di soparciglia.

Si rese improvvisamente conto di come i suoi compagni lo accettassero com'era, senza porre domande, e fù grato per questo.

Ma si chiese anche quanto sarebbe potuto durare...

Aspettò pochi secondi, il tempo di essere sicuro che gli orchetti non lo vedessero, e poi si mosse silenziosamente tra il fogliame. Raggiunge un punto vicino al sentiero, dove sarebbero passati i suoi nemici, e attese sotto ad un cespuglio, con la magia che scandagliava il terreno attorno a se.

Mentre stava ancora perquisendo la zona attorno a se li vide arrivare.

Erano si tre, ma uno era molto più grosso degli altri.

Si rese all'improvviso conto che non sarebbe stato cosi semplice come immagginava.

Ma ormai aveva deciso, e non sarebbe tornato indietro!

Rimase accucciato nel cespuglio, raccolto come una molla e altrettanto all'erta. Gli orchetti passarono davanti a lui, grugnendo e forse litigando.

Avevano le spade lunghe e contorte nei foderi, e gli archi corti a traccola; quello grosso aveva un lungo spadone nero appeso dietro la schiena, che probabilmente avrebbe adoperato a due mani vista l'assenza di un qualsiasi scudo.

L'elfo attese ancora qualche attimo, e poi si fiondò contro il gruppetto.

Emise pochissimi rumori, e mentre usciva i suoi tentacoli magici percepirono qualcosa di strano dietro di se; ma era troppo tardi preoccuparsene.

Il silenzio lo accompagnava, mentre avvicinava la propria daga al collo scoperto e alto dell'orco robusto, ma qualcosa mise quest'ultimo in allarme, e si voltò di scatto urlando.

Ariaston si sentì improvvisamente scoperto, al vedere il petto robusto dell'energumeno, e la prontezza di riflessi nel reagire.

Pochi istanti di perplessità e poi si fiondò contro l'orchetto alla sua sinistra, sgozzandolo mentre era ancora di spalle, ed evitando un poderoso pugno dell'ogre.

Mentre gli passava di fianco, e l'altro orchetto cominciava a capire qualcosa, estrasse la spada dell'orchetto morente dal fodero, e la scagliò verso l'altro alla sua destra.

Un colpo fortunato, non c'è che dire, trafisse l'essere alla gamba destra, facendo fuoriuscire una fontana di sangue scuro e denso dall'arteria.

Dopo qualche metro di corsa l'elfo si voltò pronto a combattere, e si ritrovò di fronte l'ogre, con la spada enorme in mano.

L'orchetto trafitto dalla spada aveva un corno alla cintola, e stava tentando di suonarlo, ma l'ogre con un occhiataccia gli trapassò lo stomaco e lo sollevò scagliandolo lontano.

"Tu sei Mio!" disse, in una parodia del linguaggio comune, con una voce rocca, profonda e malvagia.

La spada grondava sangue nerastro, e il petto poderoso si gonfiava al ritmico respiro dell'essere.

L'avversario si accucciò sulle gambe, con la spada nella mano destra.

L'elfo fece lo stesso, attento a reagire al momento giusto, e aspettò la mossa.

Ma fu troppo veloce!

In un battibaleno, con due falcate maestose, l'essere verde scuro fù su di lui, coprendolo con la sua mole e la sua ombra.

E non calò la spada come si aspettava, ma un pugno veloce e preciso dalla sinistra.

L'abilità dell'elfo derivava però da anni di combattimenti, e l'istinto lo portò prontamente verso il corpo dell'avversario, rendendo quasi vano il colpo.

Venne colpito di striscio alla schiena, e fu doloroso, ma non si perse d'animo.

Saettò veloce e leggero alla sinistra, proprio sotto al braccio che aveva portato il colpo, e recise qualche muscolo dell'enorme gamba che aveva di fronte, nella sua corsa.

Un leggero grugnito usci dalla bocca del bestione, e il braccio destro fece ruotare la spada in un arco ampio mentre anche il corpo piroettava su se stesso per raggiungere l'elfo.

Ariaston schivò abbassandosi, e recidendo qualche legamento scoperto della caviglia; ma una pedata lo raggiunse al costato e venne scagliato qualche metro più in la, affianco del corpo dell'orchetto dissanguato, boccheggiante senza fiato.

Raccolse d'istinto il piccolo scudo metallico dalla schina di questo, e parò il fendente che stava per trafiggerlo.

Riprese fiato mentre l'altro calava un altro colpo devastante al suo indirizzo, e poi rotolò di lato diviando nuovamente la spada che andò a conficcarsi nel terreno.

Lo scudo gli sfuggì dalla mano indolenzita dal colpo, ma non ebbe il tempo di pensarci.

Scattò violento verso il nemico, impegnato per qualche attimo ad estrarre la spada dal suolo, e colpi duramente la coscia nemica; continuò poi la sua corsa passando dietro al corpo del nemico e colpi anche l'altra coscia, piantando l'affilata daga in profondità.

Questa volta il grugnito fu di puro dolore, ma la spada si liberò da terra e l'avversario fu nuovamente pronto a combattere.

Un dolore lancinante pervadeva il corpo dell'elfo, al fianco, dove l'avversario aveva inferto il duro colpo, e la mano sinistra era lievemente intorpidita.

Ma ora l'ogre doveva essere più lento, con entrambe le gambe ferite, e se fosse riuscito a sfruttare questo handicap Ariaston avrebbe avuto più opportunità di batterlo.

Erano nuovamente uno di fronte all'altro, in attesa, ansimanti.

Ma l'elfo lentamente si riprendeva, mentre il sangue continuava a sgorgare dalle ferite del mostro.

Si lanciarono contemporaneamente l'uno contro l'altro, dritti.

Poi l'elfo all'ultimò momento si tuffò di lato, un salto lungo e slanciato, e l'ogre frenò di colpo.

Il corpo dell'orchetto trafitto dall'ogre era di fianco all'elfo, che si era già rialzato con la spada contorta in mano.

Ora le armi da utilizzare erano due, anche se una con la mano intorpidita.

L'ogre si avvicinò allora lento, concentrato, e il guerriero lo aspettò paziente, dritto.

La spada nera mosse all'improvviso verso il suo addome, ma fu evitata con tranquillià.

Un ennesimo affondo andò a vuoto, e l'elfo alzò il piede di scatto, facendo piovere sabbia nei neri occhi dell'ogre.

Con la mano libera si riparò, mentre con la destra muoveva la spada in grandi archi tutt'attorno a se.

Quando la vista tornò al bestione questi si guardò attorno, e si accorse di essere solo.

Controllò bene la situazione, poi senza guardarlo si avvicinò all'ochetto, cercando con la mano il corno e lasciando trucculente tracce di sangue sul terreno.

La mano tentennò qualche istante a vuoto sul corpo morto, poi gli occhi cercarono il corno, e si accorsero con rabbia che non c'era più.

L'ogre sferrò un calcio al cadavere, grugnendo qualcosa in una lingua incomprensibile, e poi si accucciò a terra dolorante.

Attese il silenzio e poi si incamminò lentamente verso il sentiero per tornare all'accampamento, con la spada in mano, sicuro che l'assalto dell'elfo non sarebbe mancato.

Percorse un centinaio di metri sul sentiero, a ritroso. Era quasi arrivato al sentiero principale che correva dentro alla foresta, unendosi a questo che la circondava invece.

Girò l'albero, guardandosi attorno e l'ombra degli alberi lo avvolse.

Troppo tardi si accorse dell'elfo alla sua destra, poco più indietro, perfettamente fuso con l'ombra, che saettava verso di lui con la spada in mano.

Provò a girarsi e reagire, ma un urlo di rabbia morì soffocato quando la lama si piantò sul fianco salendo verso i polmoni.

Barcollò in avanti sofferente, e l'elfo colpi a più riprese il petto con la daga, salendo verso la gola.

Un ultimo impeto di rabbia permise all'ogre di sferrare un pugno all'indietro colpendo l'elfo impreparato ad una spalla, mandandolo a schiantarsi contro un abete.

Poi si accasciò rumorosamente al suolo, spargendo sangue tutt'attorno.

Ariaston rimase stordito per una decina di secondi, contro quell'albero, con la spalla fiammante per il colpo ricevuto e la daga a terra.

Il mondo vorticava tutt'attorno e le gambe tremavano nell'inutile sforzo di mantenerlo in piedi.

Poi lentamente tornò il fiato e la lucidità, e si sedette a terra con la testa china per riprendere energie.

Quando senti il rumore leggero e si girò raccogliendo la daga, si ritrovò faccia a faccia con una magnifica elfa dalla pelle color dell'alabastro, che lo fissava sorpresa e incerta...

ok..scritta di getto, come mi veniva e inventado al momento..spero piaccia :oops:

io ho un idea per proseguire, ma se vuoi fare du Deed vai pure ;)

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Iskra' aveva osservato tutta la scena dall'alto del suo albero, e adesso che quell'elfo si era seduto proprio li' lei non poteva fare altro che osservarlo.

Curiosa lo era sempre stata, e poi osservare bene le cose e le persone faceva parte del suo mestiere, e quell'elfo dai capelli neri solleticava la sua curiosita', che pure sarebbe stata ben capace di trattenere, se in quel momento non fosse un pochetto scivolata facendo di conseguenza muovere il ramo, rumore che fece riscuotere lo traniero dai suoi pensieri e che si volto' verso l'alto mentre ancora lei lo fissava.

Un turbinio di pensieri le passava per la mente, dopo tutto quello che le era successo sentiva il bisogno di parlare con qualcuno, qualunque cosa fosse, purche' non volesse ucciderla s'intende, e quando il suo sguardo incontro' gli occhi verdi dell'elfo non vi lesse ostilita', ma solo sorpresa.

<Salve> disse Iskra', in elfico,aveva imparato che se se ne conosce la lingua e' sempre meglio rivolgersi ad ognuno in quella che gli e' propria <scusami se ti stavo osservando cosi' intensamente ma da quassu' non ho potuto fare altro che assistere allo scontro, se tu fossi cosi' gentile da rinfoderare la tua arma, io scenderei da qua su.>

L'elfo per un attimo continuo' a guardarla scettico, poi con un gesto della mano la invito' a scendere.

Si trovarono cosi' faccia a faccia, che strana sensazione, dopo tutti gli anni pasati da sola dopo i suoi disastrosi contatti con la sua razza in primo luogo e con le altre razze, per ben due volte erano sempre stati degli elfi a tenderle una mano quando ne aveva avuto bisogno.

<Credo di doverti un grazie, visto che se quei "cosi" mi avessero trovata sarei diventata molto probabilmente il loro pasto. Il mio nome e' Iskra'> aggiunse dopo una breve pausa. Poi ad un impercettibile movimento della spalla notò sul suo viso una fugace espressione di dolore.

<Il mio nome è Ariaston,> rispose l'elfo con una voce che risultava molto piacevole da ascoltare <eri dunque tu il loro oggetto di caccia?> disse indicando i cadaveri puzzolenti poco distanti da loro.

Iskra' noto' quanto la voce di quell'elfo fosse piacevole da ascoltare.

<No oh beh no non credo> si affretto' a rispondere <del resto non credo che sapessero proprio della mia esistenza, cioè..ecco..oh è una storia complicata da spiegare, piuttosto ti prego dimmi dove ci troviamo?>

La richiesta ad Ariaston parve assai strana, come assai strana era l'elfa che aveva difronte ad ogni modo rispose alla domanda, ma gli parve che quella risposta che era per altro naturalissima avesse provocato un qualche oscuro turbamento sulla giovane elfa.

Altre domande seguirono la prima, e ogni domanda preva all'elfo sempre piu' strana.

<Quindi mi stai dicendo che mi trovo su un'isola, e va bene potrei non conoscere quest'isola, ma poi mi dici che Waterdeep e il mare delle spade non esistono, che il Dorso del mondo non esiste..... tutto il mio mondo.....non esiste piu.> e queste ultime parole, proferite in un soffio, sembravano dette a se stessa come se fosse nuovamente sola, come se fossero, e lo erano, l'amara verità che l'attendeva.

Un'amara tristezza si dipinse allora sul volto di Iskra', dinuovo tutto cominciava da capo, dinuovo era un'esule in una terra straniera, dinuovo non aveva una casa, sebbene le fogne della sua città potessero essere un pò originali come casa, la sotto vi era il suo regno, la sotto, era solo se stessa senza alterazioni, e ora, tutto era svanito, costretta ancora una volta a mentire a essere qualcosa di diverso dal suo essere naturale.

Ariaston comprese che la situazione non era delle più felici, e che con ronde di orchetti a giro non era saggio restare troppo tempo fermi in quel punto, di tempo ne era passato fin troppo, forse era rischioso portarsi dietro la nuova venuta ma decise tuttavia di portarla con se.

<Non credo sia questo il posto giusto per parlare e da quanto ho capito tu non sai dove andare, che ne dici di venire con me?>

Gia' andare con lui dove? non sapeva nemmeno nulla di lui, anche se in cuor suo sentiva di potersi fidare,ma quanto lui avrebbe poi potuto in futuro farlo con lei? Le immagini del suo recente passato del suo tradimento bruciavano ancora nella sua mente, e pensare che ... no no non era quello il momento di pensare, l'unica cosa saggia da fare era fidarsi di quell'elfo e seguirlo, da sola in quella boscaglia vagando senza meta sicuramente sarebbe morta comunque, quindi valeva la pena tentare.

L'elfo si incamminò a passo deciso, lei gli camminava a lato, pensava che avrebbe dato fastidio a chiunque avre uno sconosciuto armato alle spalle. Mentre camminavano ebbe modo di osservarlo bene, era un tipo di elfo alquanto strano, soprattutto la sua attenzione fu attirata dalle mani, da quelle mani così bianche e da quei due disegni uno dei quali non riusciva a capire cosa rappresentasse di preciso.

Camminarono per un pò fino a giungere allo spuntone di roccia che lei aveva visto dalla spiaggia, da qui egli la condusse in un pertugio che si apriva nella roccia, inspiegabilmente lei sorrise e una luce le si accese negli occhi.

Sebbene Iskrà amasse la superficie del mondo, perlomeno del suo, sentirsi al riparo in grotte cunicoli e caverne era quasi un sentirsi a casa sua, quella "casa" che avrebbe disconosciuto per il resto della sua vita ma che lasciava in lei un segno indelebile che niente avrebbe cancellato, fosse altro che per il suo aspetto.

Una volta dentro alla grotta si accorse della presenza altra gente, tutti quegli incontri in una sola giornata cominciavano ad essere quasi troppi per lei, nonostante tutto sorrise amabilmente a tutti, e il suo primo pensiero fu che avrebbe dovuto dare a tutta quella gente delle spiegazioni, e dovevano essere convincienti, certo omettendo verità scomode, per il momento seppur a malincuore doveva ammettere che aveva bisogno degli altri, per la seconda volta in vita sua, aveva bisogno di aiuto.

così di getto non mi veniva niente di meglio di questo :(

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così di getto non mi veniva niente di meglio di questo :(

e va benissimo cosi :D

proprio quello che speravo accadesse ;)

ora sarebbe carino che qualcuno dei presenti sullo sperone tornasse a postare (Manzo, Daermon, Njasheen, Strike :evil::twisted: ) cosi da vedere come si comportano tutti ;)

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Il kender si svegliò di sovrassalto. Aveva avuto un terribile incubo (interessante visione) su di un mostro scheletrico (vecchio malaticcio) che gli correva incontro per strappargli il cuore dal petto e farglielo pulsare davanti ai suoi occhi (sperimentare una nuova forma di massaggio cardiaco).

Ogni tanto gli capitavano cose del genere, e si era sempre chiesto se fosse una cosa normale oppure no. Una volta un suo zio, Tasslehoff Burrfoot, lo aveva mandato da un mago-sciamano-idraulico che era famoso per risolvere problemi del genere. Si chiamava in un modo strano, c'entrava col Freddo, ma ora non ricordava bene. Comunque gli aveva spiegato, dopo averlo fatto sdraiare su di un lettino in VeraPelleDrow molto professionale, che ogni sogno aveva il suo perchè. Tipo quando aveva sognato di incontrare una papera che si era poi trasformata in una torta con crema al mandarancio e gli si era spiaccicata in faccia e lui era diventato per metà un albero di arancio per metà un tizio con il codino e gli occhi strani...

"Ma ti stai zitto? Vuoi farci piombare mezzo inferno addosso!?" fece Sturmir appioppando un neanche troppo amichevole scappellotto al Kender, che non si era accorto di star pensando ad alta voce. In realtà stava quasi urlando ai quattro venti. Beh, niente di strano.

"L'inferno?" chiese sospettoso Garfuss, massaggiandosi il collo con una mano: la cosa non gli quadrava. "Che inferno? No perchè mica sono tutti uguali: c'è l'inferno dei gironi, quello famoso, poi c'è il vecchio caro abisso, ah ogni tanto devo passare a trovare un paio di amici, poi c'è l'inferno uncinato, lì invece è meglio che non ci torno.."

"Fatelo stare zitto voi, oppure non rispondo piu' di me stesso." disse Sturmir al limite della sopportazione. Alathariel prese Garfuss da parte, cercando di distrarre Garfuss e non farlo incorrere nelle ire del nano, mentre Lirian sorrideva divertita. L'elfa e il kender cominciarono una delle loro lunghe chiacchierate, che oltre a rendere felice l'elfetta, sollevavano anche il gruppo dalle incessabili storie del piccoletto.

Da quando l'elfo li aveva avvisati di alcuni orchetti nelle vicinanze, Lirian e Sturmir erano pronti ad un eventuale assalto, mentre Alathariel e Garfuss si erano svegliati solo pochi minuti prima. Era incredibile come il Kender riuscisse ad essere sempre a suo agio: come se non vivesse nella realtà che tutti conoscevano, ma in un mondo tutto suo, frammentario e fantastico come le storie che raccontava. E la sua tranquillità spesso riusciva a trasmetterla agli altri, soprattutto alla piccola elfa, rendendo il viaggio sopportabile anche nei momenti più difficili.

Stava appunto raccontando di quella volta che aveva salvato quei tre Beholder indifesi da un gruppo di gente che li reputava la causa della loro astigmatia, quando Ariaston rientrò nel piccolo pertugio che usavano come temporaneo rifugio. Con lui, piuttosto sospettosa ma stranamente sicura, c'era un elfa. Alta e slanciata come tutte le elfe, aveva pero' un che di minaccioso che Garfuss non riusciva bene a spiegarsi in quella splendida donna. Non ci pensò tanto su comunque, e si alzo' per andare a salutare la nuova arrivata.

"Piacere, Garfuss Pottlepot! Si, hai capito bene, il famoso eroe delle tre lune. L'ultima volta che ho salvato il mondo ci sono rimasto quasi secco, allora stavamo tutti in una specie di frattaglia dimensionale o come si chiama, e c'era un gigante molto grosso, gigante appunto, rosso e incacchiato non si sa ancora bene perchè. Stavamo io e un altro mio amico, oppure erano due? Insomma, io tiro una coltellata a questo bestione fiammeggiante, tel'ho detto che era fiammeggiante? No, beh era fiammeggiante. Insomma, gli faccio un taglio e salvo il mondo, non ho capito ancora bene come, però è successo. Solo che poi mi ha schiacciato col suo piede gigantesco, ma io mi sono teleportato, ah questo non devo dirlo già. Ma tu sei un elfa, come Alath! Hei Alath, vieni a salutare! Che fai li' con la bocca spalancata! Ah questi elfi, possibile che appena vedono qualcosa di strano ci rimangono fissi, insomma, ok si la natura figli dei fiori lovenpis, ma non è che osservare crescere un albero sia tutto questo divertimento, come il re degli elfffffpfd fppffp fpff ffpf fpfpfpp!"

"Perdonalo" disse Ariastion alla nuova venuta, senza levare la mano dalla bocca del Kender "deve avere subito qualche tipo di shock che nessuno ha ancora ben capito."

Alathariel si avvicnò piano alla nuova venuta. Era un elfa, un elfa adulta... non vedeva una della sua specie da... non si ricordava più da quanto. E osservando quella forma slanciata, quei capelli fluenti, quella pelle chiara, realizzò per la prima volta cosa sarebbe stata lei nel momento in cui sarebbe diventata una donna. Un po' impacciata, decise di presentarsi all'altra elfa: "Hem... ciao, io sono Alathariel, tu come ti chiami?"

Per un attimo l'elfa non rispose, sospettosa, guardando gli strani tatuaggi leggermente luminosi sulle tempie della bamiba. Poi il suo sguardo si affievolì, e si inginocchiò davanti alla piccola: "Io sono Iskra'" disse semplicemente.

"Che strano nome! Io sono Alathariel, ciao!" fece la bambina. Sorrisero.

Dopo che Ariaston ebbe dato una sommaria descrizione del suo scontro con gli orchi di pattuglia e del suo incontro con la nuova arrivata, decisero di mettersi di nuovo in marcia: prima o poi qualcuno sarebbe sicuramente tornato sulle tracce della pattuglia scomparsa. Poi non ci avrebbero messo molto a scoprire il loro nascondiglio. Si prepararono tutti in fretta, mentre Perenor curava le ferite superficiali ad Ariaston. Era ormai metà mattinata ed il sole picchiava forte: un punto a loro favore. Infatti con tutta quella luce solo alcuni orchetti erano in grado di uscire dalle loro tane sotterranee. Avevano quindi molte ore per trovare un altro nascondiglio, dove passare i 5 giorni che rimanevano prima che arrivasse la nave che li avrebbe portati alla salvezza. Si misero in marcia come al solito, ovvero un gruppo compatto con il Kender e le ragazze al centro, ed Ariaston che li precedeva di parecchie centinaia di metri. Si tennero sempre vicini alla spiaggia, rimanendo comunque nascosti dagli alberi.

Verso mezzogiorno Ariaston ritornò dal gruppo, informandoli di un baraccamento su di una collinetta, dove alcuni orchi si erano insediati di fretta e con poche difese, probabilmente per accaparrarsi quella posizione di vantaggio e farne un loro piccolo e inespugnabile quartier generale. Data la conformazione rocciosa del rilievo, secondo Ariaston non ci dovevano essere tunnel sotterranei, e Sturmir confermò la sua tesi: da lontano sembrava un rilievo di una roccia marmorea veramente difficile da gestire anche per i migliori ingenieri nanici... figuriamoci per degli orchi continuamente in lotta ed estremamente confusionari.

"Nella mia vecchia città si sarebbe costruito un tempio o un edificio cittadino con quella spelndida quantità di roccia..." disse il nano esiliato, con sguardo truce e malinconico.

Nessuno proferì parola per un minuto.

"Se volete la mia opinione" disse Ariaston tetro "quel posto è l'unico in prossimità di questa spiaggia che ci permetterebbe di resistere per tutto il tempo che ci serve. Il problema è che... è già occupato."

"Beh, mi pare un ottimo posto dove difenderci per qualche giorno." Riprese il nano, spezzando la tensione. "Probabilmente gli orchi che lo conoscono già sanno che un gruppo vi si è insediato, quindi ci sono buone probabilità che si tengano a distanza. Direi di andarci a prendere quel posto di rilievo, cosi' mi sgranchisco anche un pò le mani. Quanti ce ne sono li dentro, Ariaston?"

L'elfo rimase un attimo perplesso dall'improvvisa irruenza del nano, poi rispose lentamente: "Er.. penso una quarantina. Sono molti, non credo che ce la potremmo fare, Sturmir.."

"Lascia fare a me" rispose sicuro il nano "tu preoccupati delle sentinelle, noi ci avviciniamo il piu' possibile. Dacci un segno quando pensi di aver sistemato tutte le sentinelle, e noi entriamo."

L'elfo a quel punto era proprio stupito, ma non potè non prendere in considerazione la sicurezza dell'esperto nano, e soprattutto non vedeva alternative. Quindi decise di fidarsi. Ci mise meno di un attimo per mimetizzarsi di nuovo con il folto della foresta.

"Bene andiamo" fece il nano, e si incamminò in fretta.

"Sturmir scusa, ma siamo sicuri che sia.." Perenor si interruppe appena vide gli occhi di ghiaccio del nano, che si spostarono su tutto il gruppo. "E' pericoloso, non dovete venire per forza. Garfuss, Alathariel, Iskra.."

Nessuno fece segno. Ormai avevano passato cosi' tante disavventure insieme, che non pensarono nemmeno di lasciare il nano da solo. Anche Iskra sembrava stranamente decisa.

Lo seguirono.

Erano ora al limitare della collinetta, e solo un paio di centinaia di metri li separavano dal rudimentali baraccamento degli orchi.

Passarono pochi istanti, quando da un albero Ariaston si fece vedere alzando un braccio.

"Statemi vicino, non allontanatevi mai da me, mi raccomando, è di vitale importanza per la sicurezza di tutti... Andiamo ora!"

In meno di un minuto coprirono la distanza che li separava dalla prima trincea, che superarono senza problemi, vedendo occasionalmente qualche corpo riverso: Ariaston aveva agito in perfetto silenzio.

Superato un piccolo spuntone di roccia, videro l'accampamento, a circa cento metri sotto di loro. Contarono 32 orchetti e qualche bestione piu' grosso. Erano tutti indaffarati a cotruirsi dei ripari per quel sole battente, e sembravano piuttosto affaticati.

"Perenor, se hai qualche preghiera che ci puo' tornare utile è questo il momento di utilizzarla. Voialtri.. restate qui dietro a questo spuntone, Garfuss, sei tu quello che deve difendere le ragazze qui, non deludermi eh!"

"Stanne sicuro! Farò fuori ogni orco che si presenta da queste parti!" disse il Kender tutto felice, incoccando una pietra nella fionda posta alla sommmità del suo bastone. Le ragazze dietro di lui sorrisero al nano che fece loro l'occhiolino.

"Bene, è il momento. Pronti..." Sturmir cominciò a recitare la formula di un incantesimo, e Perenor fece lo stesso. Improvvisamente il nano puntò il dito verso il centro del campo, dove erano presenti la maggior parte degli orchi: una tremenda esplosione che fece tremare il suolo si propagò in un attimo dal punto che lui aveva indicato, facendo piombare il campo nel panico, uccidendo una decina di orchetti sul colpo e ferendone molti altri.

"Alathariel, allontanati di piu' dietro lo sperone!" gridò Sturmir alle sue spalle. Era riuscito a controllare a stento l'incredibile energia che improvvisamente gli era cresciuta dentro, e anche se in quel momento era venuta a loro favore incrementando a dismisura la potenza della sua magia, non era sicuro di poterla controllare appieno un'altra volta, e non voleva rischiare un disastro. Si asciugò la fronte improvvisamente grondante di sudore e cominciò a recitare un altro incantesimo. Intanto Perenor aveva terminato il suo, e l'area dove si trovavano lui, il nano e gli altri, si colmò improvvisamente di una tranquillità ultraterrena, che rinfrancò in un attimo i loro spiriti. Tutti si sentirono piu' motivati e sicuri di loro stessi, e le paure che finora li avevano accompagnati si trasformarono in una ferrea convinzione delle proprie capacità.

"Ben fatto Perenor! Facciamogliela vedere!" gridò il nano al chierico, che sorridente cominciò a recitare un secondo incantesimo. Intanto il nano aveva finito il suo: un gruppetto di otto orchetti erano rimasti imprigionati in un ammasso di filamenti appiccicosi e aggroviglianti. Ne rimanevano una decina, che scoperti gli assalitori, li caricarono d'istinto. Alcuni avevano spade arrugginite, altri erano senza neanche armatura, e si avvicinavano correndo a mani nude. Uno di quelli piu' grossi era pesantemente armato.

"Preparatevi, arrivano!" Urlò il nano.

Gli assalitori erano ormai a pochi metri, quando Ariaston comparve improvvisamente dalle spalle del nano, ponendosi in prima linea e aspettando la carica , specialmente di quello grosso, che pareva essere il capo. Vedendo arrivare l'elfo, Perenor sorrise e rilasciò il suo incantesimo: un'incredibile cacofnia di rumori si sviluppo' da un punto imprecisato in mezzo agli assalitori, disorientandoli e stordendone alcuni. Ma ormai erano a pochi metri da loro, e lo scontro frontale era inevitabile. Ariaston schivò il colpo del primo orchetto e nel contempo gli piantò la daga nel fianco, raggiungendo il cuore e uccidendolo. Poi si dedicò al bestione che lo caricava urlante con un'immensa mazza ferrata in mano.

"Dai, fatemene sconfiggere almeno uno! Dai dai dai!!" Il kender era eccitatissimo. L'incantesimo del chierico aveva auemntato a dismisura la sua voglia di nuove avventure e nuove esperienze, e diminuito di pari passo il suo istinto di sopravvivenza.

"Hei calmati Garfuss!" gli fece Alathariel "scommetto che Sturmir e Ariaston non avranno problemi... sono grandi combattenti!"

"Si ma almeno uno..."

"Guarda che quensto non è un gioco!"

"Uno solo..!"

"Potresti anche morire!"

"Ma piccolo piccolo! Mi accontento!"

"Uff non cambierai mai" gli sorrise l'elfetta abbracciandolo (in gran parte per trattenerlo dal fuggire verso lo scontro)

Stava quasi per rilasciarlo, che improvvisamente da dietro dei cespugli insorsero due orchetti, che appena li videro corsero urlanti verso di loro. Garfuss non fece in tempo a girarsi che l'orchetto era già a un metro da lui, e calava l'ascia sulla sua testa. Il kender chiuse gli occhi aspettando il dolore lancinate che sarebbe arrivato da li' a un secondo... due... tre...quattro...ma quanto ci metteva?

Riaprì gli occhi, e vide a un centrimetro dal suo naso il filo dell'ascia. Era immobile. Poi si spostò di lato e osservò l'orchetto. Era immobile anche lui, con il volto pietrificato nel suo grido d'assalto silenzioso. Garfuss gli girò intorno, poi fece toc toc con il pugno sulla testa lurida, e quello cadde all'indietro come una statua di cera.

"Che strano" il kender si grattò la testa. Guardò l'elfetta, che se ne stava da una parte fischiettando qualcosa, nascondendo dietro la schiena il braccio che istintivamente aveva alzato davanti alla testa per proteggersi, e che aveva in qualche modo fermato -nel vero senso della parola- quell'improvvisa minaccia.

"Mah, vabbè!" fece Garfuss, alzando le spalle e dando un calcio all'orchetto, che rotolo' giù dal costone, ancora nella posizione di vibrare il colpo. Mai porsi troppe domande: ecco il segreto di una vita felice e duratura. E poi, puo' sempre capitare no?

"Hei ma cen'era pure un altro! Che fine ha fatto?" chiese girandosi verso le altre due ragazze. Vide che l'altro orchetto era a terra sanguinante, forse morto. In effetti, era proprio fatto a pezzi! Non riuscì a immaginarsi cosa fosse successo. Vide solo Lirian che fissava sbalordita Iskra'.

Yo! Spero vi piaccia. :wink:

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fico Manzo, good work!! :D :D :D

non ho capito cos'è successo alla fine, com'è morto il primo dei due orchetti che stava per colpire il kender (l'elfetta fischiettava?), ma va bene lo stesso..e bisognerà anche concludere lo scontro con il bestione grosso ;)

good good..oh ma quando ti metti a scrivere scrivi eh!! :D :D :D

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Era notte ormai. Il momento migliore per camminare senza essere visti e soprattutto notati. Scivolava fondendosi tra le ombre, senza neppure sfiorare terra, volava letteralmente spinto dall'odio e dalla premura.

Seguiva il lich su quelle terre deserte, che una volta deserte non erano state. Ma ora in realtà non erano neppure propriamente deserte, piuttosto brulicavano di cose che non avrebbero dovuto esserci.

Ma di qualsiasi cosa si trattasse non osava trattenerlo. Lui era più forte e di gran lunga più pericoloso. Ed ora stava andando ad eliminare quel maledetto lich. Quel mostro era come scomparso, diretto chissà dove, con una fretta che doveva aver qualcosa a che fare con il Male che si era improvvisamente riversato sulle terre dei viventi. Eppure era riuscito a non perdere le sue tracce per settimane.

Del kender e dei suoi maledetti amici nemmeno l'ombra; in un primo momento aveva sperato che il lich lo portasse da loro, aveva creduto c he fosse momentaneamente sinto dalla propria sete di vendetta. Ma non era così.

Dovunque fosse diretto (ed in questo momento stava dirigendosi dritto verso la costa) a questo punto non poteva che elaborare delle congetture. Forse doveva incontrarsi con qualcuno o qualcosa...

Silenzio.

Protese le proprie catene nel buio del sottobosco contorto e si rese conto di aver commesso un errore. Lì non c'era neppure il brulichio di qualsiasi essere maligno. Lì dove si trovava in quel preciso momento non vi era altro che un gelido silenzio. Nulla si muoveva.

Aveva commesso un grave errore: il lich si doveva essere accorto di essere seguito. Ritirò verso di sè le catene ed attese di essere attaccato, ma non avvenne nulla di tutto ciò.

Solo una voce alle sue spalle, molto vicina.

-Tu verrai con me. La Signora ha bisogno anche di te.-

Il Kyton annuì senza capire.

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com'è morto il primo dei due orchetti che stava per colpire il kender (l'elfetta fischiettava?),

[

Mah pensavo un blocca mostri o qualcosa di simile, come una stasi temporale...cmq ho editato il post, ora magari si capisce meglio.

Kyton, Signora della notte e Lich...guai in vista... evvaaaaaai! :D

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Aveva cercato di stordirli, ma aveva reso soltanto alcuni di loro incapaci di combattere. Ariaston gli volò accanto, interponendosi tra la carica degli orchetti e Sturmir, calando la sua arma sull'orchetto più vicino. Ma gli altri stavano ancora caricando su di loro.

Che faccio ora?

Perenor scrollò il capo e ricordò l'incantesimo. Prima che gli orchetti fossero loro addosso... ma erano già su di loro. Mormorò le parole, d'istinto, senza neppure sapere cosa sarebbe successo... era la prima volta che lo usava. Le lame d'aria scaturirono dal nulla in un terribile vortice, proprio sulla strada degli orchetti. Spruzzi di sangue nero macchiarono il terreno, mentre un orchetto ferito superava la barriera diretto proprio contro di lui.

Ariaston stava combattendo con un altro orchetto e Sturmir... al momento non riusciva a vederlo.

L'orchetto calò la sua arma prima che lui potesse lanciare un altro incantesimo per difendersi. E lo colpì, la lama tagliò la carne ed inzuppò la veste di sangue. Perenor strinse i denti e vacillò, ma non cadde. La ferita non era così grave forse. Con la mano sana estrasse all'improvviso la mazza pesante e la diresse sulla testa dell'orchetto, vibrando il colpo il più forte possibile...

Per un pelo non colpì anche Ariaston, che liberatosi del suo orchetto, si stava precipitando in suo aiuto; la mazza colpì con un sordo rumore metallico, sentì il rumore delle ossa che scricchiolavano e l'orchetto che stramazzava a terra. Con rabbia e con dolore Perenor risollevò l'arma.

-Tutto bene?- gli chiese Ariaston, preoccupato.

Perenor trattenne un gemito di dolore ed annuì, indicando con la mazza alle sue spalle: ne stavano arrivando altri...

Sturmir incominciò improvvisamente a salmodiare qualcosa...

Muahahaha SONO TORNATO!!! :twisted:

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La mano si strinse sull’elsa della spada, sfoderandola con riverente paura. I suoi occhi la guardarono per un attimo, cercando di carpire il suo segreto, la sua forza e la sua natura. Poi smisero di indugiare sul metallo rosseggiante per dirigersi verso la fenditura nel marmo bianco coperto da minuscoli detriti di quella che una volta era una statua. Un’occhiata alla lama ed ancora la conferma che sembrava poter entrare perfettamente in quella striscia nera. La sua mente le diceva che poteva entrarci qualsiasi spada normale, non necessariamente la sua. Ma il suo corpo la spingeva istintivamente a mettere proprio la sua arma in quello squarcio di tenebra.

E lei infilò la spada in esso.

Poi ci furono solo immagini e sensazioni, unite ad un dolore che sembrava straziarle ogni singolo muscolo, che sembrava volerle spingere il cervello contro le pareti del cranio per sfondarlo e farlo uscire, liberandolo da quella prigione. Ma il suo cervello non esplose, anzi raccoglieva immagini fugaci di una ragazza rifiutata dalla madre, di violenza, di un padre assente e triste, di bottiglie di alcol vuote lanciate contro il muro, di un lavoro umiliante, di tavolini da pulire, di clienti da uccidere, di... di... di vendetta! Poteva udire l’urlo del rancore salirle dal braccio fino ad esploderle nelle tempie. Eppure vi era un sottofondo a tutto questo, una minuscola particella melodica che sembrava stonare con l’odio che la stava pervadendo, l’unica cosa che le fece capire quello che doveva fare, che doveva resistere, che non doveva assolutamente svenire.

E non svenne.

Poi la vide, in piedi accanto a lei, una ragazza bellissima in un’armatura che sembrava assorbire la stessa luce del sole, dalla quale era convinta si potesse vedere il più nero dei cieli notturni. Un’occhiata verso di lei. Uno scambio di altre sensazioni. La visione di qualcosa che si affacciava da dietro l’odio di quegli occhi neri. E capì in quel momento che la sua armatura nera era nulla in confronto all’armatura che celava nell’animo. Vide uno specchio in quello sguardo. Vide la sua immagine quando si alzava la mattina e si andava a lavare in un lago, in un luogo che non era il suo, lontana dal mondo. Fuggiasca.

Aixela aprì gli occhi.

Ancora una volta quel sogno, quelle sensazioni. Diede al suo corpo il permesso di stirarsi un po’ per sgranchirsi, poi si mise seduta sul letto, appoggiando le mani dietro di lei. I suoi occhi cominciarono ad indagare la stanza e ad interrogare la mente per associare il tutto a qualche ricordo che le dicesse dove si trovava. Ma bastò un’occhiata alla sua spada posta su un mobile poco distante per capire. Era sporca di sangue, così come gli indumenti che la coprivano in parte.

Quindi si trovava nella locanda dove lei e la sua compagna avevano fatto quella strage. Il pensiero di quella battaglia le provocava un misto di repulsione ed eccitazione. Si era sentita libera di fare quello che voleva, di non dover rendere conto a nessuno delle sue azioni. Non doveva più fuggire e nascondersi per la sua diversità. Ora aveva un’alleata che le avrebbe cambiato la vita.

Scese dal letto e si preparò, lavandosi con l’acqua di un catino e indossando i vestiti ancora sporchi di sangue. Si ripromise di cercarne degli altri o di lavare questi, anche se per esperienza sapeva che il sangue era difficile da lavare dai vestiti quasi quanto era difficile toglierlo dalla mente.

Si allacciò la cinta con il fodero e vi infilò la spada, carezzandola con un misto di attrazione e repulsione. Non sapeva se voleva ancora usarla. Si guardò allo specchio, fissandosi negli occhi, cercando di capire chi fosse quella ragazza riflessa in esso, se era la stessa che una volta voleva entrare nei Cavalieri di Jamalièl per combattere per la giustizia ed aiutare gli indifesi, se era la stessa che...

«Muoviti! Dobbiamo andarcene!» Ashling entrò nella stanza, spalancando la porta di schianto, così forte che Aixela pensò che fosse uscita dai cardini.

«Come mai?» Le chiese, distogliendo a fatica lo sguardo dallo specchio e sistemandosi la spada.

La sola risposta fu uno sguardo che significava che aveva parlato anche troppo. Poi Ashling si incamminò lungo il corridoio a grandi passi, scendendo nella grande sala.

Fui solo in quel momento che Aixela si rese conto che vi era l’eco di altri passi e di cavalli al galoppo. Scese in fretta le scale e uscì dalla porta. Ashling era lì, ritta in piedi, la spada sguainata. Di fronte a lei vi erano una decina di uomini in armatura e tre cavalieri. La Guardia Cittadina. Avevano sentito del massacro che c’era stato da qualche viandante ed erano arrivati per controllare.

Quello con l’aria da ufficiale si staccò dal resto del gruppo e venne incontro a loro, fermandosi a pochi metri, dominando entrambe le ragazze dall’alto della sua cavalcatura. «Vi consiglio di arrendervi, signore. Ci hanno riferito quello che avete fatto e...»

Non fece in tempo e finire che Ashling si gettò come un fulmine su di lui, tagliandogli un braccio. Poi si allontanò di nuovo tornando nella posizione in cui era prima, lo sguardo trionfante che osservava il moncone spillare sangue come se fosse birra da una botte.

Gli altri soldati rimasero con gli occhi aperti per lo stupore e la sorpresa, anch’essi incantati da quel macabro spettacolo. Poi uno di loro si scosse e sfoderò la spada, seguito dagli altri, preparandosi a caricare le ragazze.

«Fulminali.» Disse con calma Ashling.

«Cosa?» Le rispose Aixela, pur se aveva paura di aver capito bene.

La ragazza dai capelli neri la guardò con un’occhiata di disapprovazione. «Sfodera la spada e colpiscili... oppure... dammi la mano.» E le tese una mano.

Aixela non sapeva che fare e tese la mano verso di lei. Appena la strinse sentì ancora una volta la magia che le pervadeva, uscendo dalla terra stessa e andando nel corpo della sua compagna. La sua testa era inebriata di tanto potere, di tanta energia. Le vennero in mente i predoni e la sua furia che la portò quasi ad uccidere la sua stessa Lirian... già, Lirian... lasciata sola su quell’isola, su quel luogo maledetto, quella trappola orchestrata per far rinascere il male. Lasciata sola. Sola.

La sua mano libera andò alla spada, stringendo l’elsa quasi come se volesse strozzarla. La sfoderò e le puntò contro i soldati. Delle saette uscirono dalla lama uccidendo all’istante due di essi. Poi lasciò la mano di Ashling e si gettò contro di loro, urlando rabbiosa tutta la sua impotenza accumulata negli anni. Abbassò la spada ed un braccio cadde in terra, seguito da un grido di dolore zittito immediatamente da un’altro lampo di metallo che fece rotolare la testa a terra, un’espressione di terrore dipinta in volto. Si girò in tempo per parare un colpo. Poi fu solo questione di infilare l’acciaio nella fessura dell’armatura tra collo e spalle. Guardò per un attimo il sangue zampillare dalla ferita, come se fosse una di quelle fontanelle dei villaggi. Si abbassò per evitare un fendente e rispose mozzando una gamba, affondando poi la lama nella fessura della visiera. Si girò di nuovo e si fermò quando trovò davanti a lei Ashling che la guardava affannata e con la sua spada sporca anch’essa di sangue.

«Perché l’hai fatto?» Le chiese la ragazza dai lunghi capelli neri.

«Non lo so.» Aixela scosse la testa «So che dovevo... che quando mi hai dato la mano... è stato come al tempio... e ho visto... non so...»

Ashling rinfoderò la spada e guardò la ragazza confusa negli occhi. Il suo sguardo rivelava gratitudine per una cosa che solo lei poteva capire. Poi la abbracciò ed insieme corsero via da lì, in sella ai cavalli, gli unici spettatori della battaglia.

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Si era resa vagamente conto che questo mondo era abitato piu' o meno dagli stessi esseri che calcavano il suolo del suo, quindi era facile che vi fosero anche qui elfi scuri e che non fossero certo visti come una manna dal cielo, usare qualcosa che la potesse ricollegare alla sua maledetta razza era pericoloso tuttavia c'era poco tempo per pensare quell'orchetto che era improvvisamente arrivato fino a loro quattro avrebbe sicuramente fatto del male a qualcuno e a giudicare dal gruppetto, nessuno era in grado di farci molto, e lei era sempre una ladra, affrontarlo apertamente in un faccia a faccia non era uno dei suoi "giochi" preferiti.

L'unica cosa che le venne in mente in quel momento seppur rischiosa, era quella di lanciare un globo d'oscurita' sull'orchetto.

Quando il globo d'oscurita' investi' il mostriciattolo, Iskra' spicco' un balzo verso l'alto e agilmente ricadde all'interno del globo presumibilemnte alle spalle dell'orchetto, sperando che non avesse cambiato posizione e che fosse rimasto un attimo frastornato dall'accaduto.

L'oscurita' magica non sarebbe durata molto, il vantaggio era che l'orchetto non avrebbe potuto vederla, ma lei che era abituata fin da tempi lontani a combattere i nemici con l'ausilio del suo udito piuttosto che della sua vista avrebbe avuto un vantaggio.

Sentiva distintamente il respiro puzzolente del mostriciattolo proprio difronte a se', estrasse velocemente la sua corta spada, nemmeno il bagliore verdognolo dell'arma fendeva il buio completo, ascolto' ancora un attimo, poi nella sua mente si formarono i contorni precisi dell'orchetto che le stava dando ancora le spalle, non aspetto' oltre e colpi'.

Un fendente menato con eccellente maestria si sarebbe detto dall'urlo di dolore e dal rantolo che ne segui', senti' l'orchetto cercare di muoversi di indovinare l'uscita di quella trappola mortale, poi imporvvisamente per una non si sa quale casualita' si volto' di scatto proprio mentre Iskra' gia' aveva mosso i primi passi per attaccarlo, non vedeva la lama che sicuramente le era rivolta contro, spostarsi dalla sua posizione poteva sbilanciarla troppo, fu una frazione di secondo, e senti' il dolore pervaderle il braccio sinistro, e il sangue scendere fino alle dita della mano,fu allora che meno' un altro colpo colpendolo di striscio, e un terzo che stavolta squarcio' il torace dell'orchetto che cadde a terra senza vita.

Con un altro dei suoi acrobatici saltelli usci dalla sfera oscura che dopo qualche attimo si dissolse.

Si rese conto dello sguardo pressapoco sbalordito di Lirian, con una rapida occhiata si rese conto invece che il kender e l'elfetta, apparte un'espressione di stupore nel vedere l'orchetto morto non sembravano altrettanto meravigliati.

Ripuli' con cura la sua arma dal sangue nero e maleodorante e la rinfodero'.

Poi si guardo' il braccio ferito, non era niente di grave, altre volte aveva rischiato la morte per cose ben piu' gravi che un graffio.

Adesso forse qualcuno le avrebbe posto altre domande, forse qualcosa di piu' impegnativo di un semplice <Tu chi sei> come era succeso fino ad allora.

Sorrise, qualcosa di palusibile da dire le sarebbe venuto in mente al momento opportuno, e in cuor suo penso' che in fondo incaponirsi, come aveva fatto lei, nell'imparare ad usare le orecchie al posto degli occhi in combattimento, non era stato lo sciocco capriccio di una piccola ladruncola, come nei bassifondi di Menzoberranzan, i suoi compagni di "lavoro" spesso le avevano ripetuto, e per questo anche l'avevano notevolmente derisa, ma lei sapeva che non sempre e' possibile scappare, quindi doveva anche sapersela cavare quando la situazione lo avrebbe richiesto.

Ed in questo caso se l'era cavata tutto sommato abbastanza bene, Menzoberranzan, ancora il nome della sua citta' le risuonava in testa, si trovo' a sorridere ancora, tutto sommato se davvero in quel teletrasporto qualcosa era andato storto e questo non era il mondo che conosceva, almeno un fattore positivo c'era, nessuno della sua famiglia le avrebbe piu' dato la caccia, di tanti problemi almeno uno si poteva considerare risolto, o almeno cosi' sperava.

Poi si rivolse al piccolo gruppetto di "amici" notando l'altro orchetto steso a terra.

<Ehi voi ... state tutti bene?>

L'elfetta e il kender sorrisero per tutta risposta.

Quando lo sguardo di iskra' incrocio' quello di Lirian vide dai suoi occhi che ancora non le era chiaro quanto era successo, non voleva dare troppe delucidazioni in merito, per questo le disse, rivolgendole un sorriso:

< Spero di non esserti apparsa troppo originale nei miei modi di combattere, ma lo faccio di rado, evitando lo scontro quando posso, ma quando devo...beh non esito a ricorrere ad ogni trucchetto che possa portare le sorti del gioco a mio favore.>

Poi si sedette a terra, ripuli' il sangue dalla ferita e appoggiando la schiena a una roccia chiuse gli occhi perdendosi nei suoi pensieri.

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