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La nostra storia...


Kordian

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Ariaston osservò l'orchetto legato.

"Beh, non so voi ma io non conosco la lingua degli orchi. Speriamo sappia un po' del nostro linguaggio. Vedete se riuscite a cavargli qualcosa di bocca, non si sa mai che torni utile. Io faccio un giro di ispezione, per vedere se ce ne sono altri."

Ariaston si alzò, insoddisfatto dalla colazione, e si allontanò a grandi passi verso la foresta. Gli altri lo guardarono andarsene, silenzioso e cupo in una mattina luminosa.

Si addentroò nella vegetazione, a suo agio, dialogando silenziosamente con gli insetti e le piccole creature grazie alla sua magia, placido esploratore di una terra abbandonata da Dio.

Fece un ampio giro attorno all'accampamento, esplorando anfratti e cercando tracce.

Non capiva cosa ci facesse un orchetto da solo in quella zona. Poteva essere un orchetto residente nell'accampamento, e che al momento del loro attacco era fuori in esplorazione; ma se cosi fosse stato non si sarebbe fatto cogliere tanto alla sprovvista dall'elfa.

Gli orchetti esploratori solitamente sapevano il fatto loro.

Oppure poteva essere un reietto dalle altre tribà dell'isola, ma era "ben vestito" per la loro razza, non un vagabondo abbandonato da tutti.

No, qualcosa non tornava.

Esplorò attentamente senza trovare altre presenze nel raggio di qualche chilometro attorno all'accampamento. Poi ad un certo punto, mentre controllava la zona che dava verso la spiaggia, trovò una serie di impronte.

Arrivavano proprio dal mare..le contò: una, due...sette!

Erano impronte di sette piedi orcheschi, leggere; quindi non era presente nessuno di quei bestioni.

Le seguì, verso il loro accampamento. Ad un certo punto si divisero in quattro gruppi.

In un gruppo andavano 3 creature.

In un altro ne andavano 2 e altri due orchetti si avventuravano da soli.

L'elfo decise di seguire le tracce del gruppo più grosso, e notò che giravano attorno all'accampamento. Proseguivano per qualche centinaio di metri, e poi si fermavano.

Poi ripartivano, in un ampio giro che tornava verso la foresta, di fretta, forse correndo.

Tornò sui propri passi, e ricontrollò anche gli altri gruppi.

Quello da due si comportava in maniera simile al primo, sull'altro versante della collinetta che ospitava il loro accampamento, mentre i due singoli si avventuravano un po' più vicino.

Li segui fino in fondo. Una traccia portava vicino all'accampamento, fino a dove avevano combattuto. Se fermava un po' ad esaminare il luogo dove c'erano stati i cadaveri degli orchetti, e poi tornava indietro.

L'altra proseguiva verso la collina, tra gli alberi e le piante, lentamente e attenta, e poi si ricongoiungeva con delle tracce molto leggere.

L'elfo intuì che dovevano trattarsi di quelle di Iskra, e infatti dopo c'erano i segni di una persona che camminava scomposta, trascinandosi qualcosa dietro.

L'elfo ora aveva una ben chiara situazione dell'accaduto, e si rese conto che non potevano stare proprio tranquilli.

Tornò rapidamente dai compagni, e li trovò di fronte al corpo dell'orchetto, intenti a provare a tirargli fuori qualche parola, mentre Garfuss poco più in la chiacchierava con Alathariel.

"Questo maledetto fa finta di non capire, ma adesso gli scateno io qualche cosa contro che la fa parlare, per la birra del Monte Eterno!!!"

Sturmir stava imprecando contro la piccola creatura, infuriato dalla testardaggine, mentre Perenor poco dietro rideva di lui con Iskra.

"Forse dovremmo lasciarlo una giornata in compagnia di Garfuss, e sicuramente parlerebbe pur di toglierselo di torno" affermò Lirian, provocando risate generali, anche ad Ariaston.

Quando lo videro chiesero com'era andata.

L'elfo afferrò una mela che Iskra aveva abbandonato su un ceppo, e inizio a tagliarla con la daga.

"Ho scoperto da dove arriva questo qui, ma non so dove siano andati gli altri sei che erano con lui. Comunque sanno di noi e presto arriveranno con i rinforzi.

La cosa da scoprire da lui è: quanto presto?

Non c'è da stare tranquilli..non ammazzatelo fin che non ha parlato!"

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La notte cadde come un velo a smorzare le voci e ad accendere i sussurri.

Aixela entrò nella stanza a lei assegnata sedendosi sul letto e saggiandone la morbidezza. Non era proprio quello che si poteva definire un giaciglio comodo, ma era più che sufficiente per dormire. Si tolse lo zaino dalle spalle e lo gettò in un angolo ascoltando con interesse il sordo rumore provocato contro il pavimento. Si slacciò la cintura, lanciandola accanto allo zaino dopo aver sfilato da essa il fodero. Estrasse la spada e la mise davanti ai suoi occhi, osservando il suo riflesso leggermente arrossato dal colore della lama. Si era sempre chiesta il perché di quel colore e ancora adesso non riusciva a capirlo, come non riusciva a capire la sua natura magica. Quell’arma era stata capace di risvegliare una dea rinchiusa da una magia che poteva essere spezzata solo da una magia proveniente dalla terra stessa, una magia che nessun mago poteva anche lontanamente concepire.

Eppure lei c’era riuscita, catalizzando l’energia della terra stessa in quel piedistallo. E tutto tramite la spada. Avrebbe voluto gettarla a terra, ma le sembrava come buttare via una parte di se stessa. Così si limitò ad osservarla. Nei riflessi le sembrava di vedere gli occhi di Lirian e Alathariel che la imploravano di tornare. Sapeva che ai loro occhi ormai lei era diventata la cattiva, l’avversaria, quella da sconfiggere e che aveva voltato loro le spalle proprio nel momento del bisogno, quando avevano bisogno di tornare.

Un luccichio riflesso sulla lama le rivelò una lacrima. Ringraziò il cielo che Ashling non era lì con lei o avrebbe deprecato questa sua debolezza, magari anche lasciandola sola… di nuovo. Per un attimo le sembrò davvero di essere stata lasciata di nuovo abbandonata a se stessa. La sensazione sembrava salire, affogandola come una marea in crescita, stringendole la gola, mentre lo stomaco si chiudeva per non chiedere null’altro se non un po’ di compagnia, un po’ di calore umano.

Strinse l’elsa della spada, come a volerle fare del male, a volerla strozzare, mentre appoggiava la testa contro quella lama rossastra. Sentiva le lacrime che le battevano sui pantaloni come gocce di pioggia. Non voleva piangere ma non poteva farci niente. Voleva solo stare con gli altri, di nuovo. Solo quello… solo un attimo.

Lirian stava ascoltando quello che Ariaston aveva da dire. Era preoccupata dal fatto che avrebbero dovuto affrontare altri archetti, ma da un certo punto di vista voleva quello scontro. Era un modo come un altro per sfogarsi. Non lo aveva mai fatto pesare a nessuno, ma capiva quello che provava la piccola Alathariel, quel senso di vuoto dovuto dalla partenza di una persona cara come era Aixela. Aveva trattenuto così spesso i sentimenti dentro di lei che ormai era diventata una cosa automatica come sbucciare una mela.

Si sedette a terra, guardando gli altri che ascoltavano Ariaston, pur se avevano gli occhi puntati su quell’orchetto e su quell’elfa scura. Non si era ancora abituata a quella nuova presenza, ma in un certo senso sentiva di averne bisogno. Era come se con la partenza di Aixela, Iskra’ fosse diventata una sua sostituta. Gli occhi assassini di quell’elfa le ricordavano i combattimenti passati fianco a fianco… e anche quella ferita al fianco. Si toccò la cicatrice e si scoprì a ricordare quell’episodio quasi con nostalgia, nonostante il dolore. Poi si alzò in piedi, sistemandosi i vestiti. Afferrò i bordi dei pantaloni e istintivamente si guardò i fianchi. Sgranò gli occhi, strofinandoseli poi con entrambe le mani. Non poteva essere vero! Non ce n’era motivo.

Una lieve luminescenza si propagava dai tatuaggi che aveva sui fianchi. Istintivamente guardò la piccola Alathariel e vide che anche i suoi segni sulle tempie si stavano illuminando. Negli occhi di tutti vi era una sorta di attesa mista a paura dal momento che l’ultima volta che vi era stata quella luminescenza era apparsa quella dea, portandosi via Aixela.

Ma questa volta era diverso. Lirian riconosceva questa sensazione: l’aveva già sentita diverse volte durante il viaggio con la compagnia. Sapeva che stava per succedere qualcosa, che qualcuno stava per arrivare, anche se aveva paura a scoprire chi fosse.

Ashling percorreva le strade della città con il passo colmo di sfida per chi le avesse potuto dire di rientrare nella locanda dopo l’ora del coprifuoco. Avrebbe quasi desiderato che qualche guardia la incrociasse o le dicesse qualcosa, ma, pur se minacciosa, appariva sempre come una ragazza e quei pochi soldati della milizia cittadina che la incontravano al massimo si scambiavano qualche occhiata e qualche commento malizioso. Non era un pericolo per la città e loro non avevano voglia di ricordare ad una ragazza che sarebbe dovuta rientrare. Pur se appariva loro strano vederla in giro ad un’ora così tarda in cui tutti erano ormai chiusi in casa o in qualche locanda a dormire, sapevano che non avrebbe incontrato nessuno disposto a farle del male, visto che nessuno osava mettere piede fuori dalle proprie abitazioni dopo il rintocco della campana. E poi sentivano di non doverla redarguire, di doverla lasciare stare. Evidentemente aveva i suoi fantasmi da combattere ed una bella boccata d’aria fresca forse era la soluzione giusta per vincerli.

Ed Ashling intanto combatteva contro il suo passato, contro quella madre che non l’aveva voluta riconoscere come figlia e che non aveva voluto darle i suoi poteri divini. L’aveva lasciata sola nel mondo, senza difese e senza nessuno che l’avesse potuta aiutare. E lei non poteva far altro che sopravvivere per le strade.

Strinse il pugno. La mente le proponeva ricordi che non voleva far risalire a galla, ricordi che tentava di affogare con la rabbia e con la vendetta... ma erano ricordi che avevano imparato fin troppo bene a nuotare.

Si appoggiò al muro di cinta del villaggio con la schiena, le braccia abbandonate lungo il corpo. Sapeva che avrebbe potuto in qualsiasi momento radere al suolo tutte le case con un solo pensiero, ma sarebbe stata una ben futile soddisfazione. Neanche distruggere il mondo le avrebbe dato il benché minimo sollievo. No, voleva solo far soffrire i suoi abitanti come lei aveva sofferto. Voleva vederli perire uno ad uno tra atroci agonie, implorando pietà come lei aveva fatto in passato senza essere ascoltata.

No, non avrebbe utilizzato i suoi poteri divini per fare tutto questo, ma avrebbe risvegliato i draghi e tante altre creature che sarebbero state ben felici di massacrare. E poi, quando gli dei stessi si sarebbero inginocchiati al suo cospetto, come stavano per fare tante ere prima, allora avrebbe lasciato stare il mondo e avrebbe ridato loro la pace.

Ma prima voleva la sofferenza.

«Capito, mamma?» Urlò al cielo «Ti pentirai di non avermi voluto come figlia! Te ne pentirai!»

Si staccò dal muro, incamminandosi verso la locanda, osservando con piacere qualche candela che si accendeva da dietro le finestre per capire che avesse urlato.

Finché sentì una cosa. Fu una sottile percezione, come quando quella drow era entrata nel loro mondo. Ma qui era leggermente diversa... e riguardava... No! Lo sapeva che sarebbe successo prima o poi!

Iskra’ si girò di scatto, la sua spada pronta a colpire. Ariaston sfoderò la sua daga istintivamente, mentre Perenor si metteva davanti al kender e alla piccola elfa, affiancato subito da Sturmir che fu ben felice di bloccare Garfuss.

Davanti a loro c’era una ragazza dai lunghi capelli biondi e spettinati, gli occhi di un viola intenso, illuminati dalla stessa luce che usciva dai fianchi di Lirian e dalle tempie di Alathariel... e dalle sue spalle.

«Aixela!» Urlò una voce.

Lei stava per rinfoderare la spada quando vide Iskra’. I loro sguardi si incrociarono per un attimo, poi si staccarono e si diedero una tregua, riponendo le loro armi. Aixela si guardò intorno stupita, capendo al tempo stesso dove si trovava e come ci era arrivata. Ma capiva anche come gli occhi di tutti altro non era che una traditrice. Per questo indietreggiò di un passo.

Lirian corse verso di lei, abbracciandola. I suoi occhi rivelavano ancora una certa diffidenza, ma la sua felicità nel saperla salva e lì con loro era autentica. Senza pensarci, le diede le spalle come per proteggerla. «Non fatele del male.» Disse.

Alathariel si sporse da dietro il corpo di Perenor e la guardò con gli occhi colmi di lacrime. Aixela la vide e sentì una mano stringerle il cuore. Abbassò il capo. «Hanno tutto il diritto di farmi del male.» La sua voce era un sussurro, eppure perfettamente udibile.

Iskra’ si girò verso gli altri come per ricevere conferma di chi fosse quella donna. Si aspettava orchi e orchetti, non una bella ragazza apparsa dal nulla.

«No, Aixela.» Cominciò Lirian girandosi di nuovo verso di lei e prendendola per i baveri della camicia, in un gesto di supplica «Non devono farti del male. Tu devi restare con noi! Devi aiutarci! Devi... devi... aiutarmi! Proteggermi!»

«Proteggervi? Io?» Aixela non capiva.

«Come può proteggerci se è stata la sua stessa magia ad evocare quella dea maligna?» Il tono di Perenor era accusatorio, eppure sentiva lui stesso di non credere in quello che diceva.

«Non è stata colpa sua! Lei non voleva... non sapeva!» Lirian si girò di nuovo verso il gruppo. «Non fatele del male, vi prego.»

«Non glielo faremo... non possiamo farglielo. Ma...»

«Saggia decisione, prete!» Una voce alle loro spalle... una voce familiare. Dal nulla apparve Ashling, i capelli neri che ondeggiavano al vento. Si portò accanto ad Aixela con la calma di chi sa di non poter essere sconfitta e neanche toccata. Poi si girò verso il resto del gruppo, lanciando un’occhiata interessata ad Iskra’. «Non potete toccarla, non finché ci sarò io.» Guardò Aixela e lesse nel suo sguardo dolore e rabbia «Sei tu che sei voluta venire con me, ragazzina, ricordatelo.» La voce era sprezzante e sarcastica e a Garfuss gli ricordò quella di un mago che era stato insieme a suo zio Tas «Tu mi hai liberata e tu mi hai seguita.» Tornò a guardare il gruppo, con gli occhi che indugiavano su Iskra’ «Quindi ora, signori, me la riporto via.»

Fu in quel momento che Alathariel corse via da dietro Perenor e si aggrappò alla gamba di Aixela, piangendo.

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Lirian che implorava di non fare del male alla ragazza arrivata dal nulla, la ragazza dai capelli neri anche lei saltata fuori da non si sa dove, la tensione palpabile nell'aria, Perenor che si era disposto a difesa del kender e della piccola Alathariel, ed infine quest'ultima che si era lanciata piangendo verso la ragazza che pareva chiamarsi Aixela.

Decisamente Iskra' non ci capiva più nulla, però aveva come la netta sensazione del pericolo che correvano, non sapeva quale fosse e non aveva tempo per pensare troppo, se la tizia dai capelli neri si portava via Aixela con qualche diamine di incantesimo molto probabilmente anche la piccola elfa ne sarebbe stata coinvolta, più o meno come era successo a lei prima di arrivare dove si trovava.

Questi pensieri passarono frettolosamente e in modo sconnesso nella mente di Iskra', e prima ancora che avesse finito di formularli, si era già scagliata in avanti per afferrare Alathariel.

Se c'era una cosa che non sopportava era che fossero i piccoli a pagare per le colpe degli adulti.

Si era gettata con le braccia tese in avanti, aveva per un attimo afferrato con forza qualcosa, ma aveva perso la presa, e il sordo rumore di un tonfo, e i ciottoli del terreno circostante che le si conficcavano nelle costole, le fecero capire che aveva fallito.

Rimase un attimo li ferma distesa a terra nella polvere.

Anche in un mondo che non era suo in ogni piccolo umano, elfo mezz'elfo o qualunque altra cosa fosse, lei immaginava sempre di vedere il fratello, quel fratello di cui non sapeva il nome, quel fratello che all'epoca non aveva potuto difendere.

Sapeva bene che Alathariel era solo un'elfetta, mentre suo fratello, essendo il suo gemello allo stato attuale delle cose avrebbe dovuto avere la sua stessa età, sarebbe stato un adulto ormai, e nulla le diceva che non avrebbe anche tentato di ucciderla, come solo i drow sono capaci di fare. Ma non poteva farci nulla, si sentiva colpevole di una colpa non sua.

Lentamente si tirò su in ginocchio, aprì gli occhi, dopo tanto tempo bagnati di lacrime, ma non vide quello che si aspettava di vedere.

Alathariel era ancora lì con loro! Mentre le due donne erano sparite nel nulla.

Forse l'urto aveva fatto perdere alla piccola la presa sulla gamba della ragazza poco prima che le due sconosciute sparissero, forse....beh non importava infondo, la cosa importante e' che la piccola fosse ancora li con loro.

Mosse un passo nella sua direzione, per assicurarsi che stesse bene, ed ancora un volta le cose non erano come pensava.

L'elfetta le puntò in faccia due occhi colmi di pianto, di rabbia.

<<Perché?>> le urlò, una voce carica forse non d'odio, già che e' un sentimento troppo grande e devastante, ma carica di rabbia, di rancore.

Iskra' rimase per un attimo interdetta, non capiva, cosa c'era adesso dov'e' che aveva sbagliato?

<<Perché...perché mi hai separata da......da Aixela!>> avvertiva un profondo dolore nella voce della piccola, come faceva adesso a spiegarle? Come glielo avrebbe detto lei, abituata a ragionare solo mediante la sua spada, ma incapace totalmente di esprimersi a parole?

In questo una volta tanto le fu di aiuto Garfuss, il quale dopo aver assistito alla scena si era avvicinato per sincerarsi delle condizioni della sua piccola amica.

<<Ehi ma lo sai che spiccando quel balzo sembravi una specie di pantera nera? Cioè non so, tu ne hai mai viste di pantere nere? NO? beh vedi a dire il vero nemmeno io ma mio zio mi ha raccontato che...>> anche Garfuss si zittì capendo che probabilmente qualcosa non andava, sapeva quanto la sua piccola amica fosse affezionata ad Aixela, capiva il significato di quelle parole astiose rivolte ad Iskra'.

<<Alathariel, tu adesso sei arrabbiata con me, lo capisco, non mi conosci neppure ed io ti ho separato da qualcuno a cui tu devi volere molto bene, ma se l'ho fatto.....e' stato solo perché avevo paura, era come se una forza malvagia ti volesse strappare via da noi, io...>> non terminò la frase, cos'altro le avrebbe potuto dire? Una lacrima le scivolò lentamente lungo la guancia, per infrangersi ai suoi piedi.

Rivolse uno sguardo triste al kender, quasi a chiedere che fosse lui ad occuparsi dell'elfetta, lei non era capace.

Si girò verso gli altri. Sentiva gli occhi ancora umidi, vi passò sopra la manica polverosa, e con l'abituale fermezza nella voce, macchiata da un tono malinconico disse <<Credo signori miei che io e voi a questo punto abbiamo qualcosa di cui discutere e che non possiamo rimandare oltre.>>

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L'elfo osservò la scena con distacco.

In qualche maniera si erano liberati della pericolosa presenza della donna nera, e senza rischiare troppo.

Qualcosa non gli tornava: Aixela era tornata da loro senza l'approvazione della donna misteriosa, e come l'aveva fatto era un mistero. Ma come l'aveva fatto una volta poteva rifarlo, quindi dovevano aspettarsi un altro simpatico incontro come questo.

Molto probbilmente c'entravano i tatuaggi della bimba e della ragazza umana, ma bisognava capire come.

Poteva tornare molto utile questa cosa!

Ora Iskra li osservava, pronta a svelare qualcosa che forse nessuno desiderava conoscere, o per lo meno non ora.

Però prima o poi doveva succedere, e se questo era il momento designato dal destino, che cosi fosse.

"Alathariel, che ne dici di ascoltarla?" Suggeri l'elfò. Sapeva che il tono amabile della sua voce poteva smussare la rabbia della bimba, e ne fece ampio uso.

Vide il volto della fanciulla distendersi, e le lacrime venire ricacciate dentro agli occhi.

L'elfo sorrise, osservando tutti.

"Sentite, è sera e siamo tutti abbastanza stanchi. Prepariamo qualcosa da mangiare, rilassiamoci un po' e poi faremo due chiacchiere, che credo torneranno utili. E chi vorrà sfogarsi potrà prendersela con l'orchetto.

Forse non ci servirà più.."

Lasciò la frase in sospeso, mentre infilava la daga nella cinta.

Dopo qualche attimo di pensieri generali Sturmir invitò tutti a sedersi, mentre pensava a cosa preparare da mangiare.

Forse nelle riserve orchesche c'era anche qualcosa di commestibile..

ho continuato un po', giusto per muovere le cose..ora chi vuole può proseguire..altrimenti se devo farlo io mi servirà un po' di tempo per riuscire a organizzare due cosette da raccontare.. ;)

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«Perché lo hai fatto?»

«Mi mancavano.» Aixela si sorprese della sincerità della sua risposta.

Ashling le girò un po' intorno, come una preda che studia la vittima, poi si fermò di nuovo davanti a lei. «Sei stanca di stare con me?»

«No... non lo so... no. Non è questo. Il fatto è che ho paura che possa venir fatto loro del male.» Guardò la sua compagna dritta negli occhi. «Sai che tenteranno di fermarci. E sai anche che non potranno farlo.»

«Lo so.»

Il mattino era fresco e frizzante. Le due ragazze cavalcavano dritte verso la nuova meta, anch'essa sconosciuta. Intorno a loro i boschi emanavano il solito profumo, mentre gli zoccoli dei cavalli alzavano un po' di polvere dal sentiero. Il cielo era completamente privo di nubi. Le montagne in lontananza sembravano voler colmare questa mancanza stagliando le loro cime innevate più in alto che potevano.

Il viaggio proseguiva nel silenzio totale. Soltanto i lenti passi dei cavalli sembravano dare il ritmo all'atmosfera. Il vento stesso non soffiava, quasi avesse rispetto per quel momento e per quelle due figure solitarie.

«Non stiamo andando nella stessa direzione di prima.» Esordì Aixela. La sua voce sembrò quasi un'esplosione.

«No, non stiamo andando nella stessa direzione.»

«E dove siamo dirette ora?»

«In un posto... particolare.» Ashling si morse il labbro, ma fu abile nel nasconderlo alla sua compagna. «So che hai sentito delle cose mentre mi evocavi inconsapevolmente. Voglio solo farti vedere cosa sono quelle cose.» Chinò il capo e strinse il pugno sulla briglia in un atteggiamento a metà tra il dolore e le rabbia.

Aixela la guardò con sorpresa. Non capiva cosa potessero essere quelle cose che aveva sentito dentro di sé quel giorno. E soprattutto non immaginava come potessero avere a che fare con un luogo.

«Non preoccuparti: capirai.» Poi, notando l'espressione accigliata della sua compagna, aggiunse: «Non ti sto leggendo nella mente: la tua espressione è molto più chiara di un tuo pensiero.» Si voltò verso di lei con gli occhi che malcelavano un desiderio represso di non restare sola. «Forse, dopo aver visto quello che ti devo far vedere, non tornerai più da loro.»

Aixela cercò di replicare, ma capì che, ancora una volta, la discussione era finita.

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Certo non era abituata alla tavola imbandita del banchetto di un re, una come lei, ma mangiare quello che mangiavano quei rivoltanti orchetti, il solo pensiero era nauseante.

Del resto si rendeva conto che a nessuno piaceva ne il posto ne il mangiare ne la situazione che si era creata.

Gia' perche' che situazione si era creata?

Come al solito era curiosa, voleva sapere, e poi in fin dei conti visto che era li, e visto che probabilmente c'erano dei pericoli oltre agli orchetti che giravano per le foreste intorno, era sensato voler sapere di cosa si trattasse.

Chissa' come mai pero' aveva l'impressione che una sua eventuale domanda...beh come al solito l'avrebbe condotta incontro a un mucchio di guai.

Ad ogni modo Sturmir riemerse dalla dispensa orchesca, annunciando che tra quella roba c'era qualcosa che risultava mangiabile.

Fu acceso un fuoco all'interno di una cavita' nella roccia, una piccola precauzione dato che vi erano degli altri orchetti in giro, come aveva detto Ariaston, era meglio cercare di dare meno nell'occhio possibile.

Il sapore di cio' che stava mangiando le era sconosciuto, del resto non aveva nemmeno visto che forma avesse l'oggetto della loro cena, non poteva dire certamente che fosse ottimo, ma del resto si aspettava qualcosa di tremendamente peggio, quindi poteva accettarlo.

Durante il pasto il silenzio era quasi irreale, era come se nessuno volesse parlare dell'accaduto, ma lei continuava a domandarsi chi fosse la ragazza dai capelli biondi? che legame c'era con la piccola elfa? perche' credeva di aver fatto una cosa giusta e ne riceveva solo rancore?

Senza distogliere gli occhi da cio' che stava mangiando, ma non lo vedeva neppure infondo, disse:

<Chi era la ragazza dai capelli biondi? e l'altra che e' arrivata dopo di lei?

Qui tutti arrivano e scompaiono all'improvviso a quanto pare, un po' come e' successo a me, solo che io non posso piu' scomparire> proferi' questa frase con tono sarcastico <ad ogni modo sembrava che le conosceste entrambe. Vorrei sapere in mezzo a che faccenda sono capitata.>

La voce che le rispose fu quella di Lirian.

<Noi, non sappiamo nulla di te. E' vero quando siamo giunti in prossimita' dell'accampamento degli orchi tu ci hai difeso, me Garfuss e la piccola Alathariel da quell'orchetto sbucato dal nulla, ma abbiamo perso un'amica da poco, e infondo non ti conosciamo, come possiamo fidarci di te?>

Il tono di voce di Lirian era dolce e gentile, per la prima volta, da quando aveva visto la luce del sole, se anche qualcuno le diceva che non sapeva come fare a fidarsi di lei, non sentiva in quella frase alcun pregiudizio, ne alcuna minaccia.

<Si capisco> disse sussurrando Iskra' <capisco che non e' facile per voi fidarvi di me, mentre se voglio sopravvivere in un mondo che non conosco, per me e' piu' facile fare il contrario.>

Fece una pausa,gli occhi di Alathariel la guardavano fissa, era ancora arrabbiata con lei.

Incrociando quello sguardo qualcosa dentro di lei si ruppe, come un contenitore di vetro che cade a terra e rompendosi versa tutto il suo contenuto, cosi' le parole le uscirono come un fiume in piena dalla bocca.

Torno' con il pensiero a quell'orribile maledetta notte, la notte in cui era nata, parlo' di suo fratello, dell'urlo angosciante, come se la natura tutto intorno si dilatasse fino a spezzarsi, del legame interrotto con il suo gemello, per mano di sua...madre. Dell'odio nei confronti della sua razza, del disprezzo che per anni aveva accompagnato anche lei, perche' nonostante tutto ne faceva parte, perche' seppur in minima parte anche lei era come loro, e la sensazione che provava nell'uccidere lo confermava.

<Piccola Alathariel, sei ancora un'elfetta, ma io in ogni elfo, vedo quel fratello che ho perso, che non ho potuto difendere, lo rivedo in te come sarebbe stato se avesse avuto la tua eta'. E quando ti ho vista oggi, e quella donna dai capelli neri diceva che avrebbe portato via la tua amica, e presumibilmente a quel punto anche te, io ho avuto paura, ho avuto paura per te.Non so se capirai, ma io dovevo dirtelo.>

Aveva quasi il pianto nella voce, per tutti gli dei del suo e di questo mondo, non avrebbe pianto, non davanti a tutta quella gente.

<Adesso signori miei credo che tocchi a voi parlare un po'.> il tono era tornato quello forte di sempre.

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