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L'intermediario di Boyce.


MikeT

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In un suo libro, Christopher Boyce (un autore di SF inglese morto nel '99) proponeva una figura che potesse fare da intermediario fra extraterresti e umani. Tale intermediario avrebbe dovuto avere fattezze secondo me alquanto peculiari: figura minuta e attraente, grandi occhi, pelliccia rossastra come quella di un cervide, tratti somatici "da cerbiatto" o

felini, voce piacevole e musicale e un bel sorriso.

Ho trovato questo testo in un estratto (del '79) su una teoria di design robotico e antropomorfismo, così ho scritto di getto qualcosa su questa figura.

Czara si tolse giacca e anfibi, appendendo la prima all’appendiabiti dell’ingresso e lasciando i calzari accanto la porta. Stava iniziando a piovere, e sentiva la pelliccia sul volto un po’ umida.

Camminando in punta di zoccoli sul pavimento in parquet si diresse verso la sua stanza da letto. Tolse i pantaloni e la camicia che indossava ogni volta per il suo lavoro, rimanendo solo con il suo completo intimo. Come per timore di essere osservata, si cambiò in fretta e furia, indossando una larga e comoda tuta da ginnastica, rimanendo seminascosta dietro un’anta dell’armadio. Ogni volta che si recava sul posto di lavoro sentiva gli sguardi viscidi di qualche collega maschio eccessivamente arrapato posarsi sul suo sedere, e questo bastava a renderla piuttosto paranoica.

D’altronde, non poteva farsi una colpa per avere quel corpo. Era stata progettata appositamente per avere quell’aspetto, di cui peraltro andava fiera. La faceva sentire unica. Se mai, l’unica colpa era nella mente e nei lombi dei suoi colleghi, così apertamente e bizzarramente curiosi di sperimentare qualcosa di sessuale, anche solo nelle proprie fantasie, con una creatura come lei.

Czara non lo comprendeva. Perché fantasticare su di lei, quando così tante femmine del genere umano possedevano corpi in grado di offrire ben più di quanto potesse il suo? Non avrebbe minimamente potuto pensare di reggere il confronto con una delle prosperose modelle da sessocalendario, con la sua corporatura minuta e fragile, eppure…

Czara si rassegnò, e andò a prepararsi un succo di frutta. Si sentiva disidratata, e aveva voglia di assumere delle vitamine. L’incontro con il despota vermin di Venere si era tenuto in una atmosfera per lei assolutamente insostenibile, e per la fretta di sbrigare le ultime pratiche prima di rincasare non aveva pensato di prendere un bicchiere d’acqua sul lavoro.

D’altronde, essere una intermediaria di Boyce non era facile. Non si trattava solo di tenere relazioni diplomatiche con entità non terrestri, ma anche di metterle completamente a loro agio durante le trattative e i dialoghi, a qualunque condizione (eccetto quelle lesive della sua intimità e incolumità). Poteva così capitarle, in quel periodo tanto frenetico, di passare da climi artici a quelli adatti per mantenere in vita un infreddolito vermin, abituato alla situazione atmosferica venusiana.

Con il suo bicchiere ancora in mano, mezzo pieno, e un fazzoletto nell’altra, Czara raggiunse la spartana videosala della casa. Sedette sulla poltroncina levitante, che ammortizzò gradualmente il suo peso con mollezza, come se fra essa e il pavimento vi fosse uno spesso strato di gelatina più che aria, e accese il monitor.

Intendeva passare una serata di tutto riposo, spendendo una quantità irrisoria di calorie limitandosi a pensare a se stessa. Aveva passato una giornata faticosa che aveva solo voglia di dimenticare, e non sentiva l’ispirazione necessaria per proseguire con il racconto che aveva inizato a scrivere.

In uno degli innumerevoli canali offerti dal servizio televisivo, Czara trovò un vecchio videodocumento sugli ungulati. Era sempre stata incuriosita dalla straordinaria somiglianza fra il suo aspetto e quello dei cervidi; si era spesso chiesta perché i suoi progettisti avessero scelto una somiglianza tanto strana con un animale, piuttosto che con un essere umano, e la risposta che aveva sempre ottenuto verteva sul fatto che le sue fattezze sarebbero risultate in quel modo estremamente piacevoli. Avrebbe voluto indagare maggiormente sul perché di questa caratteristica, curiosa com’era.

Il comunicatore domestico trillò, segnalando una chiamata in arrivo. Czara diede ordine mentale di accettarla.

<<Sì?>> disse, non appena percepì l’apertura delle comunicazioni.

<<Czara?>> fece la voce del suo principale.

Istintivamente, benché sapesse che l’uomo non avrebbe potuto vederla, si sedette in modo composto. <<Buonasera, signor Esteban,>> lo salutò, assumendo un tono professionale.

<<Puoi rilassarti, Czara, non sei in turno.>>

<<Sì, signore.>>

<<Ti ho chiamato per congratularmi con te per come hai saputo gestire oggi la comunicazione con il vermin.>>

Sotto la pelliccia rossiccia, Czara arrossì. <<La ringrazio di cuore, signore.>> Czara si rendeva conto dell’importanza del suo lavoro, ma era pur sempre in grado di rimanere piacevolmente imbarazzata per i complimenti che potevano venire proprio per la sua opera. In particolare, i rapporti diplomatici fra terrestri e vermin non erano dei più rosei, a causa di un increscioso incidente diplomatico avvenuto pochi mesi prima: i vermin potevano essere creature molto rancorose, e questo aveva pesantemente inficiato le relazioni fra i due pianeti.

<<Immagino che le condizioni a cui sei stata sottoposta fossero piuttosto disagevoli per te.>>

<<Lo ammetto, signore. Ma è il mio lavoro, dopotutto.>>

<<Mi fa piacere sentirtelo dire. Grazie a te, abbiamo ottenuto una settimana di tempo per porre rimedio al nostro errore e inviare un dono che loro possano apprezzare.>> I vermin avevano un metodo piuttosto atipico per ricevere scuse da chi sentivano in colpa: farsi regalare qualcosa. Le alte sfere della diplomazia mondiale stavano in quel momento ragionando su qualcosa che fosse gradito ai vermin. <<Per questo, ho deciso di concederti un periodo di vacanza.>>

<<In che senso, signore?>> Czara era perplessa: da quando aveva iniziato a lavorare, non si era mai concessa un solo giorno di svago, se non nei periodi di malessere fisico. Non era abituata.

<<Vacanze, Czara. Non-lavoro. Non hai mai preso un solo giorno di vacanza da quando lavori.>>

<<Ma sono l’unico intermediario di Boyce della città, signore…>>

<<Abbiamo schiere di bravi diplomatici al nostro servizio, Czara. Sei per noi un elemento fondamentale, e pertanto abbiamo il dovere di pensare al tuo benessere fisico e mentale.>>

<<Signore, la mia salute è ottimale…>>

<<Ma siamo sicuri che tu possa meritare a pieno titolo un periodo di assenza dal lavoro. Un po’ di svago. Liberare la mente dal lavoro. Non ti piacerebbe, Czara?>>

L’intermediario si morse il labbro inferiore. In effetti, la proposta non le dispiaceva. Le avrebbe permesso di riposarsi sul serio per un po’ di tempo. <<Qual è la scadenza del periodo?>>

<<Puoi disporre di quindici giorni di assenza,>> le annunciò il suo principale.

<<Quindici giorni? Signore, è…>>

<<E’ quanto basta perché tu possa poi tornare rinfrancata nel corpo e nello spirito.>>

Czara si arrese. A quanto pareva, la decisione del suo superiore era assolutamente irrevocabile. <<D’accordo, signore. Accetto.>>

<<Ottimo, Czara. Il tuo periodo avrà inizio ufficialmente da domani. Buon riposo, intermediario.>>

<<Grazie, signore.>>

Il suo principale chiuse la comunicazione, e Czara tornò a sedersi. Incrociò le gambe e spense la televisione. Vacanze. Riposo. Tranquillità e tempo per se. Forse sarebbe riuscita a ultimare il suo racconto, e magari anche trovare il tempo di fare qualche acquisto.

Il comunicatore trillò ancora, e Czara accettò nuovamente la chiamata.

<<Sì?>>

<<Czara? Sono Tom.>> Tom era uno dei colleghi con i quali aveva maggiormente legato. Poteva considerarlo un buon amico.

<<Ciao, Tom.>>

<<Sto leggendo la pratica che Esteban mi ha inoltrato. Finalmente hai un periodo di vacanza.>>

<<Per di sì. Tom, secondo te mi stanno tagliando fuori?>>

<<Cosa?>>

<<Non mi hanno mai offerto una va…>>

<<Czara, non essere paranoica, per favore. Sei praticamente indispensabile, perché dovrebbero usare questi mezzucci per cacciarti?>>

<<Non lo so…>> fece Czara in tono lamentoso. <<E’ che non sono abituata.>>

<<Lo so, Cza. Ma ti farà bene. Consideralo un premio per quel che hai fatto oggi. Sei stata bravissima con quel vermin.>>

Czara sorrise. Avrebbe voluto che Tom la vedesse, ma forse poteva intuire come si sentiva dal suo tono. <<Grazie, Tom.>>

<<Di nulla, Cza.>>

<<Tom, una cosa.>>

<<Dimmi.>>

<<Io ti piaccio?>>

Tom rimase in silenzio per qualche secondo. L’imbarazzo era assolutamente palpabile. <<Ma che domande sono? Come persona, sì, certo, sei una creatura così… simpatica, affabile…>>

<<Ma perché?>>

<<Cza, come ti viene un mente una domanda simile?>>

Czara sospirò. <<No, nulla, Tom. Una… cosa personale. Un giorno magari te la spiegherò. Lo sai che sono matta.>>

<<Ciao, Cza.>>

<<Ciao, Tom. Salutami Sandra.>>

Tom chiuse la comunicazione.

-MikeT

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Mike, i tuoi racconti sono sempre molto belli... soprattutto nel come tratteggi psicologicamente i personaggi.

Grazie. :redface:

Non so se ho capito invece la domanda nella telefonata. E' solitudine?

E' correlata al fatto che lei si chieda perché alcuni dei suoi colleghi le sbavino dietro nonostante non sia umana (per dirla in modo brusco ma rapido).

-MikeT

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