esahettr Inviato 19 Ottobre 2006 Segnala Inviato 19 Ottobre 2006 Ramuthra era troppo sorpreso per dire qualsiasi cosa. In quel momento, stavano davanti ai suoi occhi due strane figure. Le aveva già viste qualche minuto prima, nella stanza, ma tutta la sua mente era concentrata sull’Essere, così non le aveva notate. Ora invece le studiò a lungo. Uno di essi era un uomo. Era nel fiore dell'età e della forza fisica, quindi avrebbe dovuto avere una ventina d'anni. Sul volto, aveva un'aria determinata, da combattente. Ma era la femmina accanto a lui a incuiriosire Ramuthra. Aveva fattezze umane, era molto simile a una ragazza di un paio d’anni più giovane di lui. Le sueorecchie erano a punta. Forse un osservatore molto superficiale avrebbe potuto scambiarla per una donna umana, ma Ramuthra percepiva in lei qualcosa di diverso. Emanava una sorta di potere ancestrale. Mentre era intento a guardarla gli sembrò di avere davanti agli occhi un fiume in piena, una vecchia quercia possente. Sentiva che senza il suo aiuto e quello dell'uomo insieme a lei non sarebbero mai riusciti a salvare Aalborg. Si riscosse dal torpore e, facendosi coraggio, disse: -Venite, seguiamo il centauro. Non so cosa intenda fare, ma è la nostra unica speranza. Fu la femmina a rispondere. –Andiamo. A quelle parole il centauro, che da qualche minuto era rimasto in disparte a percuotere il pavimento con gli zoccoli, si incamminò a passo svelto per il corridoio. Ramuthra lo seguì insieme alle strane creature. Il centauro procedeva spedito, quasi trottando, attraverso stanze, corridoi e androni. Il ragazzo faceva fatica a non perderlo di vista a ogni svolta. Si accorse che anche l'uomo, nonostante fosse più prestante di lui, aveva il fiato grosso. La sua compagna, invece, sembrava completamente a suo agio. Benché fosse più bassa di lui, teneva con scioltezza il suo passo. Ramuthra pensò che, se avesse voluto, avrebbe potuto staccarlo di molto. Aveva un’andatura scivolante, era come se non avesse peso, come se le normali leggi della gravità su di lei non sortissero effetto. Poi furono nell’ultimo corridoio. Il centauro si girò verso di loro e urlò: -Veloci! Incominciò a cavalcare e superò con un salto la scalinata all’uscita. Ramuthra era costretto a correre a perdifiato per tenere il passo. Attraversavano le vie tortuose della città senza nemmeno vederle, correndo verso le fiamme. La creatura, sempre silenziosa, senza mostrare alcun segno di fatica, si mise a fluttuare a velocità folle. Già, perché ormai quella che prima era una sensazione ora appariva come una certezza. Non correva, fluttuava nell’aria, qualche millimetro sopra il suolo. Poi il centauro e la semiumna aumentarono ancora l’andatura. Ramuthra e l'altro uomo non erano assolutamente in grado di reggerla, nemmeno correndo al massimo delle loro possibilità. Lentamente incominciò a perdere terreno. Poi sfinito, cadde in ginocchio sulla strada lastricata, mentre il suo compagno si accasciava al suolo un centinio di metri davanti a lui. Prima che Ramuthra potesse rendersi conto di ciò che stava accadendo, la creatura era tornata indietro e se li era caricati entrambi in spalla. Riacquistato il pensiero, la prima sensazione del ragazzo fu quella di essersi coperto di ridicolo. Scorse il viso del suo compagno a pochi centimetri dal proprio, oscillante nella corsa, e sul suo volto non vide rispecchiarsi i propri sentimenti. Quell'uomo era abituato alla creatura. La vergogna lo assalì. Era assurdo soffermarsi su un’idea del genere, data la gravità della situazione, ma il pensiero di essere trasportato da una donna più bassa di lui di quasi due spanne non gli dava tregua. Intanto, aveva raggiunto il centauro. Lo affiancò, e si stabilizzò alla sua destra. Ormai non mancava molto al limite delle fiamme. Si incominciava a sentire il rumore delle case che bruciavano e cadevano. Mano a mano che procedevano, lo scricchiolio delle travi spezzate dal fuoco si fece sempre più forte, fino a diventare l’unico suono udibile. Infine il centauro, subito imitato dalla creatura, che li appoggiò a terra dolcemente, si fermò. Erano sul limitare di una piccola piazza. Le fiamme lambivano il monumento di porfido di un uomo su un piedistallo con uno scettro fra le mani, nel mezzo della piazza. Lo stavano consumando velocemente. Al di là del confine del fuoco, si scorgevano soltanto altre fiamme. Erano azzurrine, che nascevano color violaceo e morivano quasi bianche. Il centauro avanzò lentamente qualche passo verso le fiamme. Poi si girò verso di loro, la bizzarra figura che si stagliava nella luce innaturale delle fiamme. -E’ venuto il momento di salvare questa città. Non c’è tempo per spiegarvi nulla. Seguitemi e non abbiate paura. Questa è la chiave di tutto. Per la prima volta Ramuthra pensò di scorgere un barlume di dubbio negli occhi dell'uomo e della strana creatura, subito cancellato da una determinazione spietata. Poi un pensiero lo fulminò. Elfi. Ecco cos’era quella donna. Un'elfa. Ecco perchè non pativa la fatica e correva in quel modo strano. Per un momento Ramuthra fu di nuovo consapevole di tutto. Non c’era tempo, né per salvare la città, né per quello che sarebbe dovuto venire dopo. La clessidra degli avvenimenti era impazzita. Poi fu di nuovo il buio e non si rammentò più nulla di ciò che aveva pensato. Gli rimase solo una piccola bolla di consapevolezza, troppo minuta perché se ne potesse accorgere, e un senso d’impotenza. Poi il centauro corse incontro alle fiamme. Ci passò attraverso.
Strikeiron Inviato 22 Novembre 2006 Segnala Inviato 22 Novembre 2006 E le fiamme si spensero. Nell'attimo in cui gli zoccoli della centaura toccavano il margine esterno delle fiamme queste si affievolirono. La centaura si rivolse all'uomo che reggeva lo scettro in mezzo alla piazza: -Si nutrono delle nostre paure e della vostra magia! Smettete di crederci!- urlò. E man mano che avanzava verso le case distrutte dalle fiamme queste come per magia si ricostruivano e tornavano al loro posto. Illusione nient'altro che illusione. Cassiel camminava dietro Kyra con un'aria soddisfatta. Tutto sommato era andata bene. Guardò gli sguardi attoniti degli allievi dell'accademia di magia. Guardò lo stupore negli occhi delle persone che un attimo prima avevano creduto di morire e fu come se all'improvviso tutti quanti si fossero appena svegliati da un sogno. Certo era stato un sogno ben pericoloso. Se avessero creduto in quello che vedevano per loro sarebbe stata sicuramente la fine. Quando Kyra si era buttata per la prima volta nelle fiamme Cassiel aveva temuto per la sua vita. Ma successivamente aveva capito... passando una mano dentro le fiamme, verso il calore bruciante come l'inferno che esse rappresentavano, aveva pensato che tutta quella cosa altro non era che un'illusione. E le fiamme avevano provato a ghermirlo, si erano avventate contro di lui. Erano diventate di un freddo intenso. E Kyra lì vicino a lui l'aveva aiutato a capire di come si fossero ingannati. Il vecchio sul piedistallo crollò a terra esausto mentre i fumi dell'incendio si dissipavano come se non fosse mai accaduto nulla. Eppure in lontananza, osservando dalle mura l'esterno della città, permaneva un bagliore azzurro. Là da qualche parte le fiamme continuavano a bruciare e lo avrebbero fatto fintanto che nessuno avesse deciso di rinnegare la loro stessa esistenza. Gli uomini dentro la città erano salvi, ma a testimonianza di quanto era successo gli alberi della foresta attorno erano ormai dei monconi anneriti. La forza vitale delle piante era stata sufficiente a dare abbastanza fiato alle fiamme. Purtroppo le piante non potevano negare l'illusione della propria morte. Kyra osservava lo scempio che era stato compiuto con un'espressione disgustata: "Dobbiamo andare là in mezzo. Dobbiamo spegnere tutte le fiamme." Cassiel annuì: "Cero io sono con te." Xarioki stava salendo per le scale interne delle mura, non una sola macchia dell'incendio era rimasta a macchiare le pietre. Arrivò sulla sommità giusto in tempo per sentire la risposta di Cassiel. "Penso di poter venire anch'io. Non so se altri avranno il coraggio di seguirci ma io ed il mio famiglio verremo." "Bene, allora siamo d'accordo. Andiamo in tre." rispose Kyra. Quattro intervenne il famiglio di Xarioki, ma solo il mago fu capace di sentirlo.
Strikeiron Inviato 29 Novembre 2006 Segnala Inviato 29 Novembre 2006 In quattro erano partiti dalla città. Avevano camminato dapprima nel tratto sconvolto dalle fiamme della foresta e dopo si erano inoltrati nelle piste poco battute... sempre più in profondità. Là dove le fiamme non erano ancora arrivate. Kyra li guidava nel folto, ben conscia della direzione presa... sapeva che là in mezzo era originato tutto. Da qualche parte ardeva la fiamma che si era diffusa verso la città. O piuttosto da qualche parte là in mezzo aveva preso origine tutto e soltanto loro erano ancora in tempo per mettere fine a quell'abominio. Cassiel si fidava di lei. Fino ad ora aveva sempre avuto ragione in tutto quello che avevano fatto e gli aveva salvato innumerevoli volte la vita. Anche stavolta era sicuro che li avrebbe tirati fuori incolumi da quella strana situazione... nonostante tutto sembrasse essere contro di loro. Nessun mago li aveva seguiti a parte Xarioki. Erano tutti dei codardi... eppure in fondo in fondo, per tutto quello che avevano vissuto e provato non poteva dar loro tutti i torti. Le loro vite erano state sconvolte da un potere del quale nulla potevano capire. E poi quella strana presenza nella biblioteca. Le cose sembravano essere molto più complicate di quanto potessero sembrare. loro probabilmente conoscevano solo una minuscola fetta della verità. E ciò nonostante ora avanzavano dritti verso il pericolo. Xarioki seguiva, in fondo alla comitiva, accompagnato dal suo strano famiglio. Immerso per la maggior parte del percorso in un dialogo silenzioso con sè stesso. Qualcosa lo aveva spinto a cercare il pericolo latente nella foresta. Forse era il tentativo di cercare ancora sè stesso e la memoria che aveva smarrito, o forse perchè in questo modo poteva tenersi occupato e quella cosa era infinitamente meglio che cercare di riannodare i fili sparsi dentro il suo cervello. Il gatto seguiva, talvolta distaccandosi dal gruppetto, talvolta sopravanzandolo. Mai allontanandosi troppo. Ed i giorni passavano, senza che trovassero nulla... Forse potevano essere passate solo due notti, o forse ne erano passate molte di più. Ma alla fine nella foresta silenziosa si fermavano per dormire con la sensazione di girare a vuoto. Probabilmente avrebbero fatto meglio a fare come avevano fatto gli altri e rimanere nella città, cercando di dipanare il mistero piuttosto che buttarsi a capofitto in un pericolo ignoto. Ed ogni sera, quando si fermavano, Xarioki tirava fuori dal suo zaino il libro che portava con sè e cercava di capire qualcosa del suo passato... interpretando quegli strani segni. Per tre notti consecutive si addormentò frustrato, con il gatto che gli ronfava accanto mentre Cassiel e Kyra tenevano la guardia. Nulla accadde in quei giorni.
Strikeiron Inviato 29 Novembre 2006 Segnala Inviato 29 Novembre 2006 Il giorno dopo passò come gli altri.... L'ultima notte era stata terribile. Piena di incubi agoscianti ai quali Xarioki era tutt'ora incapace di dare un nome. Perché semplicemente non si ricordava nulla. Sapeva di aver catturato per alcuni istanti la verità della propria amnesia, ma ora, da vigile e cosciente, non riusciva più a recuperarla. Era come se una barriera invalicabile lo respingesse indietro ogni qual volta si avvicinasse alla verità. E c'era il solito modo per lui di tentare a mettere fine a tutto questo. Nel buio della notte, mentre Cassiel e Kyra dormivano, si mise in disparte in mezzo ai primi alberi al limitare della radura ed accese un piccolo lume. Questa notte avevano lasciato che fosse lui a montare la guardia... Tirò fuori il libro dalla borsa ed aprì una delle ultime pagine. Sapeva bene che arrivato ad un certo punto non sarebbe più stato in grado di proseguire perché le parole non avevano significato per lui. Eppure era stato lui stesso a scriverle. O chiunque fosse stato, prima che qualcuno o qualcosa lo avesse trasportato su quel mondo. Prima che lo avessero privato della memoria e della propria vita. Scorse lentamente la pagina, alla ricerca di un indizio, di un piccolo particolare che potesse essergli sfuggito le altre volte. Ma sapeva tutto quanto ormai a memoria: erano soltanto una serie di parole sconnesse e senza senso. Fino a quel punto… Dove le scritte erano in una lingua che non riusciva a capire. Una lingua non sua, sebbene familiare. Solo che ora poteva comprenderle. Da qualche parte, in qualche modo, si ricordò di avere appreso quella lingua. La lingua dei demoni. Scoprirlo lo lasciò senza fiato. Non era molto, ma qualcosa era cambiato, come se i sogni appena fatti lo avessero portato oltre un limite, oltre il confine della sua stessa amnesia. La scrittura era rapida e frettolosa, le parole scarne e tratteggiate sul foglio con fretta e con rabbia quasi. Alcune parole erano addirittura illeggibili. Con fatica iniziò a decifrarle. Alla fine l'ho dovuta uccidere… non so se ci riuscirò realmente... Ancora viva. Con me. È come se il suo cuore battesse dentro di me a volte. Non so cosa sia successo. Questo … fa sempre più male. E' il mio pegno d'amore per lei. Ma è anche qualcosa di più. Come se mi martellasse dentro… A questo punto la pagina finiva. Non c'erano più scritte. Non c'erano più indizi. Tranne uno. Ora lo poteva vedere per la prima volta. Era una firma in una grafia diversa dalla sua, soltanto una firma in fondo alla pagina: Zerin. Doveva essere Lei, senza dubbio. Lei. Quella donna… l'ansia e la preoccupazione montarono dentro di lui come una marea. Zerin. Era come se potesse affogare in quel nome… come se la memoria per tanto tempo dimenticata potesse riemergere in esso. Ma era incapace ancora di comprenderne tutto il significato. Quel nome però… Continuava a leggerlo e rileggerlo mentre il cuore gli martellava nel petto… ed i ricordi stavolta fluivano in un torrente di emozioni e di immagini. Dapprima incoerenti, slegati, ma via via sempre più chiari. Alla fine seppe cosa era realmente successo. Il ritorno della memoria ebbe per lui lo stesso effetto di un vigoroso pugno in faccia. Barcollò, incapace di accettare una simile cosa, dicendo a sé stesso che non poteva fare altro che lavorare di immaginazione. Ma non poteva immaginarsi ancora quei capelli rossi… quel viso.. quel corpo… ora la vedeva nettamente tra i suoi ricordi e sentiva ancora la sua voce fluente e melodiosa. Le sue parole. Sentiva il suo profumo, dolce ed attraente. La promessa delle sue labbra… Era sempre stato un mago. Uno dei migliori. Ma alla fine si era innamorato di un tipo molto particolare di demone: una succube. Era arrivato al punto di imparare la sua lingua per starle vicino ed amarla. Lei era stata catturata ed incatenata nei sotterranei della scuola di magia molto tempo prima che lui vi venisse ammesso come studente. Lì lei veniva studiata ed interrogata. Veniva usata. Era bella, splendida, fin dalla prima volta che l'aveva vista. Prigioniera ma ancora orgogliosa. L'aveva amata ed aveva sperato ingenuamente di esserne ricambiato. Aveva perso la testa per lei, ma non era mai stato amato. O non almeno come avrebbe creduto. Per lei aveva tradito. Ma alla fine i Maestri li avevano scoperti e lei lo aveva abbandonato, era scappata senza di lui. E così la sua punizione aveva dovuto essere quella di rintracciarla ed ucciderla personalmente. I Maestri l'avevano obbligato a farlo, per provare la sua fedeltà di rinnegato alla scuola. Soltanto che non era stato per nulla semplice. Gli occhi del suo tatuaggio presero immediatamente a bruciare e senza guardarli seppe che si stavano aprendo. Ma non si preoccupò di questo, risentì quella voce come se fosse appena accaduto. Alla fine lei lo aveva capito. Aveva capito che l'avrebbe uccisa. O lui o lei. Non mi ami? E' così mio amato che dimostri i tuoi sentimenti verso di me? Parole amare come il fiele, parole dolci come il suo viso, ma altrettanto traditrici. Aveva indugiato un solo istante prima di evocare l'incantesimo che l'avrebbe distrutta. Quando lei aveva sentito le prime parole aveva gettato la maschera della propria innocenza e si era gettata furibonda contro di lui. Aveva cercato di ucciderlo a sua volta! Soltanto che vederla così gli aveva fatto vacillare la voce. E per poco la magia non si era ritorta contro di lui. L'aveva amata! Come aveva potuto ingannarsi a quel punto? Perché lei non l'aveva amato allo stesso modo? Si era immerso nella magia… si era concentrato nel terminare le parole di evocazione, aspettandosi da un momento all'altro di venire scagliato via con forza da lei. Troppo tardi. Lei gli si era quasi avvinghiata addosso, labbra contro labbra. E proprio mentre la forza della magia si era liberata da lui per colpirla… Lei lo aveva baciato. Gli occhi del tatuaggio si erano aperti ora. E subito dopo era scomparsa nella luce, in un urlo terribile, inghiottita dalla terribile magia che lui stesso aveva evocato. Eppure qualcosa non era andato per il verso giusto. Come se un attimo prima lei avesse potuto risucchiare da lui un pezzo della propria anima, aprendovi una voragine nera in cui rifugiarsi. Ma così non era stato, non era possibile… semplicemente in quell'istante aveva realizzato con amarezza la perdita del proprio amore. In quello stesso istante l'aveva uccisa. Lei era morta, non esisteva più. C'era qualcosa di strano nell'aria e qualcosa di terribile ora nel suo tatuaggio. Come se gli occhi avessero acquisito la capacità di vedere. Provò qualcosa di inesprimibile ed il libro scivolò sul suo grembo. Inebetito si osservò le mani. Le unghie crescevano a vista d'occhio, allungandosi in spessi artigli affilati. Cosa gli stava succedendo? Osservò meglio le mani…gli artigli avevano già smesso di crescere, mentre le dita diventavano lunghe ed affusolate. Capì di essersi ingannato fino ad allora. Sotto i suoi vestiti, sul petto, gli occhi avevano preso realmente vita dopo tanto tempo. Li sentì frugare lì attorno e poi volgersi su di sé, sul suo stesso corpo, dotati di una coscienza e volontà propria. Ed improvvisamente tremò perché era come se per un attimo avessero potuto realmente vederlo. Per un attimo si era visto come se fosse fuori da sé stesso. Cosa erano in realtà? Il respiro gli venne meno, mentre annegava nella marea crescente dei ricordi, incurante delle proprie mani. Ora sentiva i muscoli stessi delle braccia tendersi e cambiare… Dopo averla uccisa era ritornato dai Maestri. Ma quelli avevano notato il tatuaggio che gli era comparso sul petto… allora era soltanto un'ombra scura sulla pelle. Non così ben delineato. Non gli avevano detto nulla, ma lo avevano portato in una stanza dove era stato rinchiuso per settimane. Gli avevano portato regolarmente da mangiare, ma non si erano mai avvicinati troppo a lui. Poi una notte si erano fatti di nuovo vivi. Solo che il tatuaggio era netto e ben demarcato a quel punto, scuro sulla pelle livida. Lo avevano immobilizzato al letto mentre un Maestro pronunciava parole arcane di incredibile potere nel toccare il tatuaggio. Nello stesso istante qualcosa era avvenuto dentro e fuori da lui… qualcosa di terribile. Cosa? Era scivolato nell'incoscienza. Non se lo ricordava. E quando si era svegliato non era più nella stessa stanza e neppure più nello stesso mondo. Era stato esiliato. Zerin? Perché? Tu lo sapresti se fossi ancora viva. Zerin? Me lo diresti se potessi?
Strikeiron Inviato 29 Novembre 2006 Segnala Inviato 29 Novembre 2006 Ripetè quel nome tra le labbra e si rese conto di quanto ancora la amasse, nonostante tutto quello che era successo tra loro. Portò lo sguardo alle mani artigliate ora e si rese conto che non erano soltanto le dita ad essere più snelle ed affusolate, ma anche le braccia ora.... Mentre le labbra tremavano, i capelli si allungavano velocemente sulle sue spalle cambiando colore. Non si accorse che cangiavano nell'oscurità della notte in riflessi ramati. Cadde riverso a terra, la testa che sembrava scoppiargli e rantolò trascinandosi lontano dal lume… lontano da quanto gli stava accadendo, tra l'oscurità degli alberi. Lontano da tutti. E nello stesso tempo sempre più lontano da sé…Non doveva lasciarlo accadere, ma era troppo forte. Più forte di lui. Ali membranose spuntarono sotto le scapole e crebbero, mentre tutte quante le ossa e la pelle cambiavano improvvisamente forma e dimensioni. Mentre qualcosa dentro di lui prendeva possesso del suo stesso corpo e lo divorava. Da dentro. Mentre le gambe si allungavano ed il corpo si plasmava in un'altra forma, più sinuosa, più flessibile ed aggraziata. Mentre la sua stessa identità si faceva incerta. Fammi vivere, Xarioki. Non resistere, non puoi. Non devi. Sii me stessa. Cercò di difendersi fino all'ultimo. Ma era troppo per lui. Non era mai stato altro che un fragile, debole mortale… e per tutto quel tempo l'aveva difesa e protetta, senza neppure saperlo. Lui non era stato altro che un travestimento, che ormai non serviva più. E la magia del sigillo che li aveva avvinti l'una dentro l'altro in quel preciso istante si disgregò. Lui perse consistenza, molle come creta, mentre lei da dentro lo indossava come un vestito ed allo stesso tempo lo straziava. Mentre il nuovo corpo si sviluppava pienamente, le ali membranose da pipistrello si dispiegarono ormai complete nella notte. I capelli ramati cessarono di crescere, ormai del tutto lunghi e fluenti sulle spalle. Ma non era finita. Chiuse gli occhi ed attese che quelli che erano tatuati sul petto si spostassero sulle sue stesse iridi. Quando li riaprì le pupille brillavano di un bagliore rossastro. Sorrise. Dopo tanto tempo vedeva! Lo buttò via come un bozzolo di una crisalide e bevve ansiosamente da lui. Un nuovo volto lo consumò completamente. Finchè non rimase nulla, come se non fosse mai esistito. Mentre diventava totalmente e completamente qualcos'altro, le forze e le carni di quel misero guscio umano divenivano le sue. La forza magica del sigillo si dissolse completamente. E lei riebbe la libertà e la vita, la vera vita. Il suo corpo! Rise sommessamente nell'oscurità, le membra tiepide mentre la verità si palesava finalmente nella sua stessa nuova carne. I simboli che l'avevano incatenata, ma al contempo protetta e nascosta, erano finalmente scomparsi. Perché Lei era un demone. Perché Lei era Zerin ed era tornata alla vita. E Xarioki era scomparso, per sempre. Là nella radura quegli sciocchi continuavano a dormire indisturbati. Ma lei era preparata anche a quello. Lo sciocco mago umano le aveva sempre obbedito senza saperlo. Dallo zaino estrasse con calma il libro degli incantesimi e ne scorse le pagine. Arrivata al punto giusto lo lesse e sussurrò le poche parole magiche nell'aria. Quanto bastava. Il suo corpo ritornò velocemente ad assumere le sembianze di Xarioki. I vestiti erano scompigliati, ma non laceri. Li rimise tranquillamente a posto. Si trattava soltanto di un'illusione, ma era un'ottima illusione che nessuno sarebbe mai stato in grado di svelare. Non avrebbero potuto percepire la differenza... Con calma rimise entrambi i libri nello zaino e ritornò dov'erano gli altri. Dormivano gli sciocchi, senza essersi accorti di nulla. Rimase un attimo sveglia, eccitata per quello che era appena riuscita a fare… non solo l'aveva posseduto ma ora l'aveva trasformato in lei stessa, aveva preso il suo corpo e la sua vita per sempre. Aveva cancellato la sua anima. Ed era viva. Libera. Annusò l'aria attorno, percependo qualcosa... Sentiva il male che serpeggiava in quei luoghi: se non fosse stato per quei poveri sciocchi che dormivano indisturbati accanto al fuoco ora sarebbe stato tutto diverso. Capì che quel potere immenso l'aveva cercata fin dall'inizio e l'aveva aiutata a ritrovarsi. Ne era riconoscente per questo ed avrebbe dovuto sdebitarsi. E quale miglior modo di sdebitarsi che… Sentì il corpo ribollire e fremere di piacere. Piacere per quello che era appena riuscita a fare, piacere per il male che aveva la possibilità di compiere. Ma soprattutto era inebriata da una strana sensazione, un immenso potere che sentiva crescere dentro di sé di minuto in minuto. Per troppo tempo era stata inerme e nascosta dentro quel misero umano piagnucoloso. Accanto a lei, nel sottobosco, un cespuglio avvampò di una pallida fiamma bluastra. Zerin si avvicinò ad essa senza paura, attratta dalla malvagità che irradiava dalla fiamma, attratta dal fatto che quella cosa stava disseccando e corrompendo e soprattutto la stava chiamando. Naturalmente infilò le mani in essa. Ma il fuoco non le fece alcun male. Lampeggiò attorno a Lei rivelando il suo vero aspetto dietro le false sembianze di Xarioki. La rese più forte. Pian piano si avviluppò nelle fiamme e prese a bruciare. Annegò e consumò in quella sensazione, rinascendo. Dopodichè si allontanò dal cespuglio e le fiamme addosso a lei si spensero all'improvviso. Voleva piangere quasi di gioia. Mentre si allontanava dalla radura, gli occhi brillanti per l'immenso potere che aveva condiviso, calcando con i piedi il terreno, l'erba avvizziva sotto i suoi stessi piedi. Ora era anche lei parte di quel fuoco. E non si sarebbe placata fino a quando non avesse consumato tutto lì intorno. Ma prima era il turno di quegli sciocchi: la centaura ed il suo amico. Per fare questo si ammantò con facilità dell'immagine che era stata del mago. Ridivenne Xarioki e le crepe che il fuoco aveva costruito in lei scomparvero come se non fossero mai esistite. Soltanto un'illusione per gli occhi mentre dirigeva i suoi passi verso la radura dove quegli sciocchi ancora dormivano. La magia diffondeva da lei con una potenza che la inebriava. Xarioki sorrise al pensiero del male che stava per compiere. Solo il gatto si svegliò. Chi sei? La tua nuova padrona, non impicciarmi… e con un piccolo pensiero sondò il famiglio. Rabbrividì nel piacere: anche lui era come lei. Anche lui poteva essere plagiato. Decise di consumarlo in un attimo, dandogli potere e male quanto mai avrebbe potuto immaginare. Taci ora. Sì padrona. Grazie. Zerin annuì soddisfatta e riprese completamente il suo vero aspetto, distendendo le nere ali membranose in mezzo alla radura, irradiando un sottile chiarore. La fiamma bluastra si riaccese sulla sua pelle ed avvampò, come in una torcia vivente. Gli sciocchi non si mossero, profondamente avvinti nel sonno magico. Nutritemi! Urlò Zerin, mentre la sua sagoma diveniva un inviluppo di fiamme. Ed esplose nella radura, bruciandoli vivi nel sonno e godendo delle loro urla di terrore e dolore. In un istante le loro forze vitali si spensero ed i loro poveri gusci di carne ricaddero a terra carbonizzati. Quello sarebbe stato solo l'inizio.
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