Derfel Cadarn 88 Inviata 3 Febbraio 2011 Segnala Inviata 3 Febbraio 2011 Salve. Volevo vedere se vi piacciono i personaggi che interpreto nella mia campagna historical/fantasy: Derfel Cadarn... Tra le pianure e le montagne finlandesi la civiltà vichinga si è sviluppata dopo secoli. Il piccolo villaggio di Kultag conta circa mille anime ed è il solo dopo circa cento chilometri di terra selvaggia. La gente qui vive di pastorizia e scarsa agricoltura. E’ una terra fredda questa, siamo vicini al Polo Nord e la neve ci saluta da non troppo lontano. Le case spuntano dal suolo come piccole creature di pietra e argilla e i fumi che si levano da esse sembrano aliti furiosi. La Finlandia è stata quasi sempre attraversata da lunghi e piatti periodi di pace; rare volte ha visto scoppiare guerre o nascere morbi al suo interno e le cose sono quasi sempre rimaste così, come tutti le ricordavano. Ma un giorno, dalla più vicina città confinante, Vasaa, giunse un vento che portava con se parole come “impero” e “grandezza”… “Roma”. Le voci circolavano, aumentavano, diventavano sempre più nitide fino a trasformarsi in notizie vere e proprie. Dai confini della penisola scandinava non si parlava d’ altro che del grande Impero Romano, di Roma, le legioni, la filosofia e la politica e la guerra. Il grande mondo fatto di lance, disciplina, saggezza, conoscenza e servizi pubblici stava inglobando ogni cosa; presto tutto il pianeta sarebbe diventato alla stessa maniera di Roma. Intanto a nord i sassoni prendevano terra a quell’ isola vicina chiamata Bretagna e la guerra divampava sanguinaria. Molti clan danesi e svedesi si erano uniti alla conquista reclamando il nobile sangue vichingo e giurando sugli dei di vincere i nemici. Ma i britanni non erano nemici, cercavano solo di difendere la loro patria. I guerrieri scandinavi cercavano la battaglia, il sangue, il fuoco dei sacri rovi e il clangore delle spade che si incrociano. Immolavano le loro vittime e compivano sacrifici a Odino e Loki sperando di compiacerli e di ricevere la loro forza. Stolti, blasfemi. Odino detiene Asgard e inviterà al suo sacro banchetto solo i più valorosi tra i guerrieri e non certo degli sciocchi ubriaconi. Essere un guerriero, essere un vichingo vuol dire prima di tutto essere nobile, credere nel valore, mostrare grandezza nel fisico e il giudizio, essere magnanimo con gli amici e spietato coi nemici e solo chi si sarà dimostrato superiore al semplice uomo, solo allora potrà sedere con Odino al Valhalla. Nessuno seppe ne quando ne perché ma un giorno un tale Vidichiddo reclamò i suoi domini. Si vociferava fosse stato un valoroso capitano danese ma che disertò e fece ritorno in patria durante le prime invasioni. Ora egli se ne andava in lungo e largo la costa a radunare truppe per una seconda ondata. La sua propaganda attirava fanatici e guerrieri senza senno che ben presto formarono una vera e propria legione barbarica. Le navi salparono in primavera, attraversarono il mare del nord e approdarono sulle coste britanniche. I villaggi furono bruciati, le persone trucidate sotto i violenti colpi d’ ascia dei sassoni. La Bretagna era sull’ orlo del crollo. Ma un’ altra questione interessava la Finlandia. Re Eric governava quelle lande e tutti i villaggi corrucciavano le fronti per le notizie d’ oltremare. L’ impero romano d’ oriente, partorito dello scioglimento delle terre romane, si trovava a fronteggiare i pericoli del nuovo mondo nel quale si era impiantato. L’ imperatore Constatino III si ritrovava a corto di soldati, il nobile sangue si stava disperdendo o mescolando a quello delle altre genti. Richieste di nuove truppe da annoverare nei ranghi furono spedite verso ogni angolo del mondo e ben presto Roma smise di essere ciò che era stato per più di un millennio. Tutti i villaggi finlandesi e norvegesi promisero di inviare truppe all’ imperatore, il quale pagava profumatamente con casse colme d’ oro e preziosi, anche se alla fine l’ oro era poco più che inutile a paesi che non conoscevano la legge se non quella dell’ onore. Nel villaggio Kultag, a nord – est della grande città Vasaa, si cominciò a pensare alla questione romana l’ inverno prima delle invasioni capitanate da Vidichiddo verso ovest. Il gran consiglio si trovava in disaccordo. Molti dei saggi pensavano che era una follia privare le proprie terre dei suoi combattenti e che questo, se si fosse verificato, avrebbe significato scorrerie di briganti e assassini, furti, stupri, incendi e omicidi. Tuttavia l’ oro romano era commerciato il tutto il mondo e sarebbe stato molto utile per la sopravvivenza della comunità. Dopo circa un mese di discussioni e polemiche alla fine si giunse a una conclusione: la Finlandia si sarebbe privata solo di alcuni dei suoi migliori guerrieri. Più tardi si seppe che la Norvegia rifiutò l’ offerta del re di Bisanzio. Così gli addestramenti e le esercitazioni cominciarono. I ragazzi forti e alcune guardie di Kultag furono chiamati alle armi. Le reclute passarono mesi sulle montagne finlandesi, tra le nevi del nord e la natura selvaggia. I loro corpi furono messi a dura prova e subirono tremendi dolori e dovettero compiere grandi sforzi. Qualcuno ci lasciò la pelle e venne dimenticato, gli altri continuarono ad allenarsi. Tra i volontari c’ era anche Derfel. Egli era un ragazzo di appena ventitre anni, biondo e robusto ed era uno dei tanti giovani desiderosi di fama e sangue che si unirono alle truppe. Suo padre e sua madre erano contadini, la loro casa era poco lontana dal villaggio, quasi mai presa in considerazione dal resto della comunità. Avevano vacche e porci e Derfel badava al bestiame con sua madre mentre suo padre andava a caccia nei boschi per procurarsi le pellicce da scambiare in cambio di acqua e granoturco. Avrebbe dovuto avere un fratellino ma la vita decretò aspra il suo verdetto e il pargolo morì non appena venne al mondo. Il lutto attraversò la famiglia di Derfel e quelli furono mesi difficili. IL vento del nord era rigido e imperterrito e alcune capre e galline morirono senza riparo. Derfel venne a sapere dal suo cugino paterno Orf dell’ arruolamento e decisero di unirsi agli altri. Durante i mesi di addestramento conobbero un tipo singolare, un certo Vlad; non sembrava essere scandinavo e infatti dopo fu egli stesso a confessare a Derfel e Orf di essere forestiero. La sua famiglia faceva parte di quei coloni che avevano migrato e si erano stabiliti in un nuovo continente lontano centinai a e centinaia di miglia a sud. Con l’ avvento dei romani molti secoli prima infatti si erano aperti nuovi orizzonti e il mondo civilizzato aveva cominciato a spostarsi e ad esplorare nuovi posti mai visti prima. La famiglia di Vlad viveva nei boschi della nuova terra e tagliava legna e costruiva nuovi villaggi e città insieme agli altri coloni. All’ età di vent’ anni tornò indietro con sua madre su una galea che per poco rischiava di venire risucchiata da un vortice marino e fece ritorno al villaggio. Il racconto stimolò Derfel che ora più che mai voleva diventare un valoroso guerriero per vedere il resto del mondo che non aveva neanche mai potuto immaginare esistere. I tre divennero amici e condivisero insieme fatiche e successo. Passarono circa nove mesi e dopo lunghe marce tra le montagne spigolose del nord e lezioni di spada coi maestri d’ arme svedesi, Derfel si sentiva sempre più forte e sempre più vicino alla vita. Quando tornava a casa distrutto e sanguinante, tra un bagno caldo e un abbondante cena a base di carne, formaggio e frutta, suo padre Jostaf gli raccontava di Odino, dei suoi molti nomi e delle imprese che glieli aveva fatto guadagnare. Istruì Derfel alla religione e gli raccontò di storie della sua gente, gli insegnò a credere negli dei e negli spiriti che ci guardano dall’ altro mondo, gli insegnò a temere il Ragnarock e a venerare Thor, il più forte dei figli del supremo Odino e a conservarne il rispetto. Gli narrò della fucina di Thor, del suo martello e delle sue molte armi indistruttibili. Gli insegnò l’ acciaio. Molte armi possono essere realizzate con questo unico materiale ma solo con gli strumenti da fabbro del dio Thor può essere costruita la più grande e potente spada tra tutte le altre, La Spada Di Rune. Pochi conoscevano quella storia. Si narrava che quando la terra era giovane e nuda, il primo tra gli uomini, un fabbro, rubò a Thor il suo segreto per fabbricare le migliore armi per tutti gli altri dei. Il fabbro fu scoperto e ucciso da una bestia scagliatagli contro dallo stesso Thor, ma prima della morte, l’ uomo modificò la ricetta e la nascose nel mondo ancora sconosciuto. Seguendo le indicazioni e procurandosi gli strumenti e i materiali giusti si sarebbe potuto costruire la spada perfetta, La Spada Di Rune. Coloro che conoscono questa storia la raccontano guardandosi bene intorno prima di parlare e affermano tuttavia convinti che con essa sia possibile sfidare gli dei stessi. Odino venne a conoscenza di questo segreto e si adirò. Scagliò sull’ uomo una maledizione. Sarebbe nato stupido e debole e avrebbe dovuto usare ciò che gli stava intorno per sopravvivere dipendendo dagli altri. Tuttavia sua moglie, la gigantessa Frigg, ebbe pietà dell’ uomo e sussurrò alla terra di risparmiare uno solo dei suoi figli. Un guerriero che avrebbe potuto radunare i componenti e costruire La Spada Di Rune. In questo modo avrebbe sfidato Thor e se lo avesse battuto si sarebbe guadagnato il suo posto al sacro banchetto del Valhalla alla destra di Odino, Il Signore Del Tutto. Derfel ascoltava ogni frammento di storia appassionato fin dentro al cuore e la notte sognava la mitica spada e lui combattere invincibile nei campi di Asgard. I giorni passavo lesti per lui e tra una luna e il vento gelido del destino la storia del mondo continuava. Ora i popoli del mare in Asia, un continente sconosciuto alla gente del nord, minacciava la città di Costantinopoli e l’ imperatore chiedeva quanto aveva pagato. Gli addestramenti finirono e guerrieri vennero battezzati a nuova vita. Derfel fu chiamato Cadarn che in sassone significa “Guerriero Del Calderone”. Nessuno seppe il perché di questo nome, ma ben presto tutti lo avrebbero sentito nominare fin alto nel cielo, anche dagli stessi dei. Tessara... Le dea Diana veglia sui boschi e tutte le sue creature. Cacciatrice e viaggiatrice, vaga per le lande del mondo in cerca di saggezza e risponde a Zeus, signore del cielo e l’ Universo intero. Vittima di delusioni e amori infranti, Diana vive nelle cose che crescono e abitano le foreste del mondo. La sua pelle è la corteccia degli alberi e il suo spirito è quello di una cerbiatta che corre col vento. Grandi seppure pochi santuari sono stati eretti in suo nome e il mito della fanciulla indomabile si è conservato nel tempo. Vicino al lago Nemi si trova proprio uno di questi santuari. La gente dei radi villaggi circostanti vociferava leggende sul lago e su una sua connessione mistica al volere degli dei e gli spiriti. Si narrava che enormi barche si marmo e oro siano state viste fluttuare sopra l’ acqua del lago e che grandi dei luminosi festeggiassero sopra di esse. Si diceva che Nettuno, dio del mare corteggiasse la dea Diana offrendole quegli spettacoli, invitando ai suoi banchetti tutti gli dei dell’ Olimpo. Ma questa era solo una storia. Una storia che tuttavia destava timore e rispetto verso il santuario nel cuore degli uomini. Il santuario era stato costruito su una collinetta proprio sul lago e, come un faro, sorvegliava la vastissima pozza d’ acqua. Il tempio si estendeva in altezza. Era un colonnato circolare che come una sorta di gabbia custodiva e proteggeva la statua della dea. Le mura circolari si avvolgevano in un armonioso abbraccio per culminare verso l’ alto, dove due ali si preparavano a prendere il volo verso la conca. All’ interno, dopo una piccola stanza rettangolare, vi era la statua di Diana nella sua eleganza e femminilità. Due corna d’ alce stavano sopra di lei e davanti, sul tavolo delle offerte bruciava l’ incenso profumato. Il pavimento in marmo e le pareti più verso l’ interno d’ alabastro salutavano il fedele e archi e frecce e lance stavano appesi ai due lati della dea. Piccoli e rurali villaggi erano sparpagliati qua e là sui Colli Albani, i quali racchiudevano e proteggevano quel luogo pieno di fascino e mistero. Alcune tra le più giovani abitanti di questi villaggi venivano istruite alla religione e consegnate alla dea. Vi erano cinque sacerdotesse che proteggevano il santuario e andavano reclutando servitrici nei paesi vicini. Tuttavia le iniziate dovevano superare dure prove e solo pochissime uscivano vittoriose; chi falliva veniva rispedito a casa. Tessara aveva all’ incirca 14 anni quando fu iniziata al culto di Diana. Suo padre era un agricoltore e sua madre amministrava i doveri di casa. Dopo una cerimonia tenutasi sul colle sotto il santuario, venne vestita della tunica rossa delle cacciatrici e da quel giorno avrebbe appreso la religione e le regole del mondo degli animali e le piante. Avrebbe imparato a rispettare la terra e le sue creature, a proteggerle e ad aver cura di loro. Passarono circa 8 anni e Tessara divenne una donna. Molte delle sue amiche persero la vita giù da qualche precipizio o sbranate dalle bestie. Una vera seguace di Diana sa farsi apprezzare dalle creature dei boschi e le montagne e non osa offenderle col ferro ma le addolcisce con le parole. Atallide, la più anziana delle somme sacerdotesse, vide nella ragazza un qualcosa che le altre non avevano. Tessara aveva due insoliti occhi verdi come le foglie e folti capelli rossi come la pelle di un tasso. Inoltre il suo atteggiamento mascolino la rendeva più forte delle altre e la faceva ben apparire agli occhi delle sue maestre. Molto altro tempo sarebbe dovuto trascorrere ma il fato decise diversamente. Un giorno, alle prime luci del mattino giunse al tempio un messaggero a cavallo. Sfamato e riposato, l’ uomo comunicò ad Atallide il volere dell’ imperatore. Manio Egerio Bebio approvò una legge romana d’ inglobazione che univa tutti i santuari e i templi di tutti gli dei e divinità dell’ Impero rendendoli pubblici e accessibili agli aristocratici e alla plebe. Questa notizia causò sgomento nelle somme sacerdotesse. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare cosa mai sarebbe potuto accadere di spiacevole e terribile a quel luogo magico e sacro: i nobili con i loro seguiti avrebbero sporcato e insultato la santità dei templi e la gente comune, di cui anche saccheggiatori e ladri affamati, avrebbe depredato e forse anche ucciso per rubare le offerte. Da molto tempo infatti i luoghi sacri erano protetti da confini e guardie dislocate dalla politica di Roma, la quale era ben accorta di prendersi cura delle sue ricchezze sia capitalistiche che artistiche e tradizionali. Inclusi i santuari. Ma dopo la legge del neodittatore le cose sarebbero precipitate e la rovina della memoria e del divino stava per compiersi. Atallide non si diede per vinta e indisse un’ assemblea con le altre sacerdotesse. Le cinque sapevano che era impossibile combattere il potere di Roma, per questo avrebbero dovuto fare appello alla politica. Ormai l’ Impero era sul crollo ma il potere dei senatori era ancorava vivo e faticava da andarsene. Per questo dovevano cercare di persuaderli a finché i luoghi sacri venissero fatti rispettati come era sempre stato. Tuttavia la capitale era in subbuglio, sembrava in guerra; i pretoriani erano scesi nelle piazze e in cerca di cospiratori e rivoluzionari e il Senato e il palazzo reale erano circondati di guardie. I politici e l’ imperatore Manio erano concentrati nell’ impedire l’ avanzata dei barbari da est e ovest. Barbari che si infiltravano anche dietro le linee nemiche e spiavano le mosse di Roma, barbari che diventavano cittadini romani e si prodigavano per mettere le loro sudice mani sull’ oro e il potere di ciò che avevano fatto gli altri. Ma queste erano questioni che non riguardavano il piccolo santuario di Diana. Le somme sacerdotesse volevano solo che la loro piccola osasi di serenità e religiosità rimanesse casta e pura e per questo giunsero alla conclusione che bisognava rivolgersi a qualcun altro. A est l’ Impero Romano D’ Oriente sembrava vivere bene nei suoi domini. Lì la cultura e il benessere resistevano e le voci del clemente Costantino III di Bisanzio strillavano forte. Tanto forte da essere udite anche qui, nelle montagne e le foreste vicino al lago Nemi. Una delle loro adepte si sarebbe dovuta recare a est in cerca di aiuto. Avrebbe dovuto risalire l’ Italia, superare le grandi montagne greche e attraversare le sconfinate lande asiatiche per raggiungere Bisanzio e arrivare a Costantino III per cercare di persuaderlo. Le somme sacerdotesse furono d’accordo nell’ affidare questo incarico a Tessara, la più valente delle discepole di Diana. La ragazza aveva appena compiuto 22 anni quando vennero da lei. Atallide le si avvicinò e le prese la mano. Le disse che la sopravvivenza di Diana e dei boschi era stata affiata a lei e che Diana e gli altri dei vegliavano sulla sua causa e l’ avrebbero accompagnata verso i pericoli di questo mondo scatenato. Tessara sentì la responsabilità schiacciarla ma non poteva deludere Atallide e la natura. Salutò la famiglia e si preparò a partire. Lasciò la sua terra in cerca della verità. Spero ci piacciano. Grazie per l' attenzione. Ciao.
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