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Inviata

Salve a tutti! Questo è l'inizio di un racconto che ho cominciato qualche tempo fa, qualsiasi commento è ben accetto... :-)

Le Catacombe di Keningrad

Nessuno quella sera fece caso all'uomo che entrò dalla porta settentrionale di Keningrad, era a cavallo di uno corpulento stallone nero, portava un pesante mantello e un cappuccio gli celava il volto.

La pioggia era fitta, una sottile nebbia saliva dal terreno e l'aria era fredda, per cui nessuno fece caso al misterioso cavaliere, stretto nel suo pesante mantello quasi avesse timore di essere riconosciuto. Non lo riconobbero quando entrò e passò accanto alle guardie al cancello, non lo notarono gli ubriachi di fronte alla taverna, che uscivano per prendere una boccata d'aria, si prendevano una mezza congestione e vomitavano all'angolo, non fecero caso a lui le cortigiane che passeggiavano per le strade, quasi pronte a rincasare, dopo una giornata di duro lavoro, e tanto meno lo fecero i gentiluomini che contrattavano con alcune di loro per una notte di piacere, non lo riconobbero nemmeno i ladri e i briganti che stavano appostati nei vicoli in cerca di una preda da rapinare e nemmeno le guardie che facevano la ronda.

Nessuno fece caso a lui nemmeno quando giunse alla piazza grande di Keningrad, quando la attraversò e si infilò nella stretta via che circondava la chiesa.

Giols, il vescovo, era piuttosto grassottello, ma i suoi lineamenti erano nobili, segno che, in gioventù, doveva essere stato un bel ragazzo, uno di quelli, insomma, che se l'aveva fatto, aveva faticato a rispettare il voto di castità impostogli quando ancora era un ragazzino.

A quel tempo il padre, che non poteva mantenere tutti i suoi figli, aveva scelto per lui la vita del sacerdote, poiché, sosteneva, era il più sveglio tra i suoi fratelli.

Oramai Giols aveva una cinquantina d'anni, era molto che non tornava a casa o faceva visita alla sua famiglia e, in effetti, dubitava che l'avrebbe mai fatto prima della fine dei suoi giorni.

Comodamente seduto su una vecchia poltrona di fianco al camino il vescovo si scaldava i piedi mentre il giovane diacono, Gilles, che lo assisteva e che da lui veniva istruito, sparecchiava la tavola della cena.

Gilles era un giovane molto ubbidiente e saldo nella fede nel Signore, desideroso di apprendere ascoltava e seguiva ciecamente ogni parola del vecchio Giols che, ormai, si stava assopendo sulla sua poltrona: fece un largo sbadiglio stiracchiandosi e sentì il sonno prendere possesso del suo corpo; mentre scivolava dolcemente nel mondo dei sogni, che ultimamente faticava a raggiungere, o a rimanervi abbastanza per dirsi riposato al suo risveglio, qualcuno bussò pesantemente alla porta e lo fece sobbalzare sulla sua poltrona.

Gilles, il giovane diacono, si girò verso il sacerdote: il viso giovane e ancora non segnato dalle amarezze della vita guardò Giols con evidente sorpresa, era raro che i due ricevettero visite e lo era ancora di più a quell'ora tarda della notte.

Il sacerdote fece un cenno con la mano e disse: “Su... va ad aprire e vedi chi è...”

Il diacono tentennò per un attimo prima di annuire deciso ed andare ad aprire la porta: la aprì solamente poco, giusto per vedere chi fosse a disturbare a quell'ora, e così che non entrasse il freddo dell'inverno e si pronunciò: “Ehm sì?”

Dall'esterno qualcuno si schiarì la gola prima di parlare: “Buonasera, sto cercando Giols il sacerdote, è qui?”

“Sì certo” rispose il giovane “Ma ora è tardi per le visite, dovrebbe tornare domani” ma intanto il vecchio sacerdote aveva riconosciuto la voce che proveniva da fuori dalla porta e richiamò il suo giovane assistente: “Gilles! Fallo entrare...”.

Il diacono si girò e vide che il sacerdote si stava alzando dalla poltrona e sul suo viso aveva un largo sorriso così si fece indietro spalancando la porta e fece cenno allo straniero di entrare.

Il viandante entrò: era poco più alto del vecchio Giols, che consumato e ingobbito dalla vecchiaia un tempo era stato un uomo grande e robusto, quando tolse il cappuccio dei lunghi capelli castani, quasi rossicci, gli caddero sulle spalle a incorniciare il viso dai lineamento duri coperti da un sottile strato di barba malfatta e da alcune vistose cicatrici.

Il vecchio Giols gli andò incontro e disse: “Sapevo che saresti tornato..” anche sul volto dello straniero apparve un sorriso.

I due si abbracciarono, proprio come se fossero due vecchi amici che non si vedevano da tempo e, pensò Gilles, probabilmente era proprio così.

Il sacerdote invitò l'uomo a sedersi e gli offrì della zuppa calda, il nuovo arrivato accettò volentieri, appese il mantello all'entrata e fece per sedersi.

In quel momento, mentre si chinava per tirare verso di sé la sedia, da sotto la camicia bianca che portava sopra ad una cotta di maglia scivolò fuori un pendente appeso ad una rozza catena.

Giols, che intanto si era seduto con calma, domandò: “Lo porti ancora?”

“Che differenza vuoi che faccia, la mia faccia è conosciuta ormai da quasi tutti gli inquisitori di queste terre, ma mi ricorda i tempi in cui ero un giovane pieno di speranze” rispose l'uomo mentre sul suo volto compariva un sorriso triste.

Gilles aveva riconosciuto quel pendente: era la croce di ferro, il simbolo dell'ordine crociato, elitè dei cavalieri del santo ordine di nostro Signore nella lotta contro gli infedeli. Un tempo era stato un simbolo di regalità e orgoglio, ma da qualche anno non era più così.

L'ordine era stato dichiarato colpevole di eresia: si diceva che i suoi membri adorassero un idolo diabolico e che officiassero rituali oscuri.

Anche se il giovane diacono non disse nulla non riusciva a capire chi fosse quell'uomo né tanto meno perché il sacerdote lo conoscesse: il vescovo era forse coinvolto in tutta questa faccenda?

Giols distrasse il giovane dai suoi pensieri e gli ordinò di portare della zuppa allo straniero mentre quello rimetteva il pendente sotto la camicia.

I due, poi, si rimisero a parlare e per la prima volta il vescovo chiamò lo straniero per nome: “Allora, Tristan, ne è passato di tempo non è vero?”

“Non sbagli vecchio mio, ormai saranno quasi dieci anni.”

“Da prima che tu partissi per la guerra santa.”

“Già” si limitò a rispondere Tristan, poi riprese la parola: “Tra le altre cose, perdonami se sono venuto, so di metterti in pericolo venendo qui, ma ero a corto di monete e questo era l'unico posto dove potevo andare.”

“Ah è così!” si indignò scherzosamente Giols “E io che pensavo fossi passato a salutare un vecchio amico.” il vescovo guardò sorridendo l'uomo e Gilles avrebbe potuto giurare che i suoi occhi fossero leggermente lucidi. “Che novelle mi porti Tristan dagli angoli remoti del regno? Dimmi.”

“Niente di che. La povertà dilaga, i poveri sono sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi, la fame e il lavoro ne uccidono più di quanti non ne abbia mai uccisi la guerra e, come se non bastasse, pare che Re Crom sia nuovamente sul piede di guerra, ancora una volta una guerra con il cugino per uno sputo di terra”

Il vescovo annui con gli occhi chiusi, come se riflettesse sulle parole del cavaliere: “Ne avevo sentito parlare, ma non mi fido delle voci. Speravo che incontrassimo difficoltà solamente qui a Keningrad, ma a quanto pare non è così”

Gilles, intanto, che aveva fatto scaldare della zuppa, ne porse una scodella a Tristan, assieme ad una pagnotta: il cavaliere afferrò entrambe, ringraziò il giovane e poi si mise a mangiare di gran lena.

“Per il Signore Tristan, sembra che tu non tocchi cibo da quando sei nato!” ridacchiò il vecchio Giols.

“Se non è così, ho la sensazione che lo sia”

“Mangia figliolo e non ti preoccupare, questa sera ti offro io asilo”

“Grazie Giols, siete molto gentile”

“E' il minimo che possa fare per te...” disse il vecchio sacerdote continuando a sorridere poi si rivolse a Gilles: “Gilles, va pure a dormire, ritirerò io quando avremo finito di parlare, grazie.”

“Dovere sua santità.” Gilles si accomiatò e uscì dalla stanza.

Tristan lo guardò uscire e poi disse: “Un altro giovane allievo?”

“Esatto.”

“Proprio come lo ero io.” sorrise il cavaliere.

“In parte, siete molto diversi: Gilles è molto calmo e ubbidiente, tu al contrario” un sorriso sornione apparve sulle labbra del vecchio sacerdote “Il fuoco ti scorreva nelle vene, e volevi affrontare il male come si fa con un avversario in battaglia, e a quanto dice la gente, l'hai fatto”

Tristan, finita la zuppa, spinse da parte la ciotola e guardò serio negli occhi Giols: “La gente non sa ciò che dice. Dicono che abbiamo combattuto il male e che questo ci ha corrotto. Io ricordo solo di aver combattuto guerrieri che lottavano per proteggere la loro terra e la loro famiglia, mentre noi li sterminavamo in nome di un dio che loro non riconoscevano. Io so solo che al nostro ritorno, dopo aver passato anni a combattere nel deserto per la chiesta del Signore ci avevano tracciato come eretici”

L'espressione sul volto del vecchio Giols si fece seria: “Posso solo immaginare che cosa siano stati per te gli ultimi dieci anni figliolo”

“Se solo vi avessi ascoltato” lo interruppe Tristan abbassando lo sguardo.

“Allora eravate un giovane con l'ardore nelle vene e la fiducia nel cuore, non è colpa vostra, probabilmente alla vostra età avrei fatto lo stesso.”

Rimasero per un attimo in silenzio.

“Hai detto che sei a corto di monete ragazzo?” riprese poi Giols.

“Sì, è quello che ho detto, conoscete qualcuno che abbia del lavoro per me?”

“Credo di sì, è un lavoro pericoloso, che nessuno ha il coraggio di fare, ma proprio per questo ben pagato. Sono sicuro che ciò che hai imparato in questi dieci anni ti sarà utile.”

Tristan guardò il vecchio sacerdote con aria interrogativa.

“Vedi Tristan, da qualche settimana a questa parte, chi si avvicina di notte alla parte vecchia del cimitero scompare misteriosamente senza lasciare traccia. La guardia cittadina mormora di un antica maledizione, la gente parla di stregonerie e nessuno si reca più a fare visita ai propri cari al cimitero.”

“Voi quale pensate che sia la causa?”

“Non lo so Tristan, ma sono certo che è da ricercarsi nel vecchio complesso di catacombe.”

“Necrofagi.” sibilò il giovane cavaliere.

“E senza dubbio possibile.”

“Capisco, credo di poter dare un'occhiata, ma in che modo questo potrebbe ripagarmi di qualche monete.”

“Vedi, prima che il terrore si avvolgesse come un nero mantello intorno alla popolazione, un borioso giovane, che si da il caso fosse il nipote del reggente locale, si mise in testa di poter risolvere il problema e si calò nelle catacombe. Non fece mai più ritorno. Il reggente, però, ha disposto una ricompensa per chi gli riporterà il nipote o la testa di chi lo ha ucciso. Ciò a convinto tutti quelli che sapevano impugnare un'arma a scendere nelle catacombe, ma dopo che i primi non hanno fatto ritorno la paura ha cominciato a farsi sentire e tutti hanno cominciato ad evitare il cimitero come la peste.”

“Molto bene” disse Tristan “Domani andrò a dare un occhiata.”

“Molto bene” gli fece eco Giols “Fa attenzione Tristan, come ti ho già detto è un lavoro pericoloso che nessuno ha il coraggio di fare”

“Proprio il tipo di lavoro adatto ad un reietto come me” rispose il giovane mentre l'ennesimo sorriso triste gli si dipingeva sul volto.

Il mattino seguente Tristan, Giols e Gilles si trovavano al cimitero. La zona era deserta come se i morti si fossero arrogati il diritto esclusivo di poter rimanere.

“Da questa parte” li esortò il sacerdote avanzando fra le lapidi, i due lo seguirono.

In breve si trovarono di fronte ad un vecchio cancello arrugginito che segnava l'ingresso al cimitero vecchio, le mura, così come il cancello, mostravano i segni del tempo e dell'incuria.

Un tempo, quando Keningrad era una piccola città in via di sviluppo, il vecchio cimitero era l'unico della città, con il tempo il villaggio si era rivelato in un importante crocevia commerciale e la crescita e lo sviluppo della città avevano obbligato i cittadini ad allargare il cimitero creando quello che vi era ora.

Da molto nessuno metteva piede in quella zona ed era evidente.

Aprirono il cancello che stridette e cigolò rumorosamente, strisciando a terra per via di un cardine cedevole, poi entrarono ritrovandosi in una zona disastrata: edere ed erbacce avevano fatto del luogo il loro regno, i resti di alcune vecchie statue ormai irriconoscibili erano coperte di rampicanti, alcune lapidi sprofondavano nel terreno e, qua e là, il terreno era smosso.

Gilles se ne accorse e disse ad altra voce: “Ladri di tombe”

“O forse qualcosa di peggio” rispose Tristan, il ragazzo non capì a cosa potesse riferirsi.

Avanzarono nel vecchio cimitero, ad un certo punto Tristram cominciò ad esaminare il terreno, delle impronte si allontanavano verso la zona nuova del cimitero e partivano da una cripta più grossa delle altre.

“Di qua” fece il cavaliere avvicinandosi alla Cripta, il cancello era stato divelto e ora giaceva a terra, al centro della piccola cripta vi era una scala che conduceva verso l'oscurità.

“Eccolo” disse Tristan tenendo lo sguardo sulla scala.

“Molto bene” disse Giols che si trovava alle sue spalle “Gilles ti accompagnerà”

“Cosa?” Tristan si voltò verso di lui esterrefatto, stava per parlare ad alta voce, ma poi si ricordò della presenza del giovane diacono che restava in silenzio alle sue spalle, quindi si avvicinò al sacerdote e disse bisbigliando: “Non sappiamo cosa ci sia là sotto Giols, e non ho tempo di fare da balia al ragazzo”

“Senza dubbio, ma ti perderesti là sotto senza una guida e Gilles ha studiato le piante di tutte le catacombe della città”

“E non vi preoccupate, so badare a me stesso” lo interruppe il giovane diacono.

Tristan si voltò a guardare il ragazzo, il volto corrugato in un espressione orgogliosa, e alquanto sciocca “Come vuoi ragazzo, preparati.” disse infine allontanandosi per accendere una torcia.

Gilles si mise ad accendere la propria lanterna e il sacerdote gli si avvicinò: “Ragazzo mio” disse “mi rattristo di non averti potuto mettere in guardia sui pericoli del mondo, ma credo che ora sia tardi. Fa attenzione là sotto e ascolta le parole di Tristan, sarà un buon mentore” mentre parlava un sorriso triste, come quelli che era solito fare il cavaliere, apparve sul volto del sacerdote.

Gilles lo guardò con aria interrogativa “Certo sua eminenza, come desiderate”

Giols si compiacque dell'obbedienza del giovane e gli disse: “Ora va”

Il giovane diacono si affrettò a seguire Tristan che, dopo aver fatto un cenno al sacerdote, si incamminò giù per la scala buia.

Gilles si voltò ancora una volta verso il proprio mentore che lo salutò e poi cominciò la discesa anche lui, la scala era molto lunga e mentre i due discendevano nell'oscurità il diacono non riusciva a smettere di pensare alle parole che aveva usato il sacerdote per accomiatarsi “Addio, Gilles”

Le catacombe odoravano di polvere, morte e putrefazione. Non c'era di che stupirsi, ma il giovane diacono non vi era abituato. Il cavaliere che lo precedeva, invece, sembrava trovarsi quasi a suo agio mentre avanzava con una torcia nella mano sinistra e la pesante spada nella destra.

Stavano attraversando uno stretto e lungo corridoio regolarmente interrotto da piccole alcove dove venivano deposti i resti dei cadaveri. Erano ormai parecchi minuti che lo percorrevano in silenzio e sembrava quasi che il passaggio conducesse alle porte degli inferi.

Gilles si stufò del silenzio e rivolse esitante, ma deciso a scoprire qualcosa sul misterioso Tristan, la parola al cavaliere: “E così... voi siete un cavaliere crociato”

“Lo ero” rispose secco Tristan.

Ne seguì un silenzio imbarazzante, almeno per il giovane diacono, poi Tristan si fermò di colpo e disse “Avanti, chiedimelo”

“Che... che cosa signore?”

“Non fare finta di niente, so che vorresti sapere se è vero che i cavalieri crociati adorano un idolo pagano e officiano rituali oscuri” rispose in tono aspro.

Il diacono non sapeva che cosa rispondere, e optò per il silenzio.

La sua scelta si rivelò azzeccata perché il cavaliere sospirò e si rimise in marcia.

Camminarono per qualche altro metro poi la luce delle loro torce illuminò uno sbocco, Gilles, vedendolo, e desideroso di dimostrarsi utile cominciò la sua spiegazione: “Ecco alla fine di questo cunicolo vi dovrebbe essere un camera di sepoltura che un tempo veniva usata per coloro che erano di nobili origini, da lì escono due passaggi che...”

Di colpo Tristam lo zittì, le ultime parole del diacono fecero ecco nel lungo passaggio poi entrambi percepirono un tonfo: era un passo e proveniva da dietro di loro.

“Giù!” urlò Tristan mentre si voltava. Il diacono ebbe appena il tempo di gettarsi a terra, tra la polvere, prima che la spada del cavaliere vibrasse un colpo dove poco prima vi era la sua testa.

Il giovane stava per mettersi ad insultare Tristan quando sentì qualcosa di caldo colargli sulle gambe e sentì delle specie di grida soffocate provenire da dietro di lui, si voltò giusto in tempo per vedere tre figure ingobbite e impolverate, completamente glabre e con gli abiti stracciati una delle quali cadde in avanti con la gola recisa.

La pelle era pallida e tirata attorno alle ossa, gli occhi delle creature che fissavano il cavaliere due piccole fessure, più simili agli occhi di una belva piuttosto che a quelli di un uomo.

Tristan balzò in avanti scavalcando il diacono e il cadavere che gli era caduto addosso, pronto a fronteggiare le altre tre creature.

Una di esse si gettò verso il cavaliere con le braccia protese in avanti e la bocca spalancata pronta ad affondare i propri denti nella giugulare della preda, ma Tristan, con uno scatto del braccio trafisse la creatura all'altezza dello stomaco, poi, sfilando la spada la colpì in pieno volto con la torcia accesa: la creatura si gettò a terra tenendo le mani sul volto e urlando con una voce più adatta ad un rettile che ad un uomo.

Il mostro subito dietro colpì immediatamente: cogliendo Tristan di sorpresa si gettò verso la parete alla sua destra e, usandola come appoggiò si getto verso il cavaliere che, con un gesto istintivo per chi è abituato a portare uno scudo, alzò il braccio sinistro di fronte a sé.

I denti della creatura affondarono nel braccio piegando le maglie che si conficcarono nella carne, come il sangue sgorgò dal braccio del cavaliere egli lanciò un urlo di dolore lasciando cadere la torcia, poi sbatté con tutta la forza che aveva il mostro contro la parete, una volta, due, tre fino a quando non mollò la presa e scivolò al suolo inerte mentre la sua materia cerebrale colava lungo il muro della catacomba.

L'ultima creatura, sorpresa dalla furia del nemico, esitò per un attimo e quell'attimo le fu letale: Tristan afferrò la spada con entrambe le mani e menò un fendente da destra verso sinistra squarciando il petto della creatura che cadde all'indietro urlando e perdendo sangue copiosamente prima di tacere per sempre.

Il cavaliere diede uno sguardo al proprio braccio, in corrispondenza della ferita, poi si voltò verso il diacono: “Sei ferito?”

Gilles balbettò quella che poteva sembrare una risposta negativa così Tristan gli porse una mano e lo aiutò ad alzarsi, il ragazzo, ancora visibilmente scosso chiese: “Che cos'erano quelli?”

“Necrofagi” rispose il cavaliere “Un tempo erano uomini; morti di stenti si rianimano dalla tomba per cibarsi della carne dei cadaveri, a volte, però, quando scarseggiano, cominciano ad attaccare i vivi in cerca di cibo”.

“Per nostro signore” fece il giovane.

“Dobbiamo muoverci, potrebbero essercene...” Tristan venne interrotto da alcune grida provenienti dal corridoio da cui erano giunti, dapprima furono un paio, poi una mezza dozzina, infine si alzarono a decine.

Il crociato si voltò in direzione dei rumori mentre quelli si avvicinavano sempre più e parlò al diacono: “Maledizione ce ne sono troppi, dobbiamo andarcene, c'è un'altra via di uscita?”

“Beh io, credo” rispose balbettante il diacono.

“In fretta Gilles!”

“Sì certo, per di qua.” disse ancora il giovane prima di voltarsi e partire a passo spedito, Tristan lo seguì con la spada sguainata in una mano e la torcia nell'altra.

Avanzarono in fretta per corridoi impolverati ed oscuri, volte a forma di arco e antiche camere di sepoltura in cui erano sepolti re e nobili dei tempi antichi mentre i rumori dietro di loro si dividevano, si moltiplicavano, scemavano e poi tornavano più forti e numerosi di prima.

A volte sembrava che fossero vicinissimi, a qualche metro di distanza, a volte sembravano lontani, come se le profondità delle catacombe potessero condurre nei meandri degli inferi.

I due procedettero a passo spedito fino a quando voltato un angolo e superato un incrocio non si trovarono in un vicolo cieco, il diacono cadde in ginocchio di fronte alla parete balbettando: “Non è possibile, dovrebbe esserci un uscita oltre questo corridoio”

“Maledizione Gilles, dimmi che non ti sei perso!” ringhiò Tristan mentre continuava a guardare indietro nei bui corridoi dove risuonavano le urla rauche dei necrofagi.

“Mi dispiace, io” balbettò ancora il diacono.

“D'accordo, va bene, ma ora non c'è tempo, devi cercare di capire dove ci troviamo e trovare una via per uscire di qui, d'accordo?”

“Io..” il giovane esitò.

“D'accordo?!?”insistette il cavaliere.

“D'accordo...” il giovane si alzò in piedi e si guardò attorno cercando di orientarsi, ma era dannatamente difficile, era tutto così buio e le urla di quelle dannate creature continuavano a rimbombargli nella testa.

Aveva voglia di piangere, di accasciarsi al suolo e aspettare che la morte sopraggiungesse per mano di quelle orribili creature degli inferi, ma non poteva.

Il crociato intanto continuava a guardare indietro, impugnando la sua spada sembrava pronto ad affrontare persino i quattro cavalieri dell'apocalisse in persona se fosse stato necessario, Gilles si chiese dove prendeva quella forza e quel coraggio, non seppe darsi risposta ma sapeva che poteva trovarne anche lui.

“Dobbiamo tornare indietro, dovrei riuscire ad orientarmi” disse il diacono superando il cavaliere, ma non fece appena in tempo a muovere qualche passo e un necrofago si gettò su di lui dal soffitto ad arco, lo atterrò e alzò una mano per artigliarlo con le unghie gialle e spezzate.

Tristam si gettò avanzati, la sua lama descrisse un ampio arco e sfregiò la creatura che indietreggiò appoggiandosi al muro e emettendo un sibilo rauco mentre portava le mani al volto sfigurato, decina di altri voci rauche risposero al suo grido e cominciarono a convergere sul luogo dove si trovavano Gilles e Tristan.

“Presto!” gridò il cavaliere tirando in piedi il giovane e mettendosi a correre, arrivato all'incrocio prese a sinistra, senza pensarci troppo, imboccò un lungo corridoio e cominciò a percorrerlo di fretta, gli si parò di fronte un necrofago ma la sua lama fu rapida e sgozzò la creatura che subito venne gettata a terra da un suo spintone.

Correva a perdifiato lungo il corridoio e sentiva i gemiti dei non morti avvicinarsi sempre di più alle sue spalle, d'improvviso una figura fece capolino dall'oscurità, era troppo massiccia per essere quella di un necrofago: “Presto! Da questa parte!” urlò.

I due non se lo fecero ripetere due volte, giunti in prossimità dell'uomo attraversarono una porta che conduceva in quella che sembrava una camera di sepoltura segreta, l'uomo che li aveva avvertiti entrò e altri due spostarono una pesante porta di pietra che nascose l'entrata alla stanza.

Gilles e Tristan si fermarono ansimanti e il giovane diacono si accasciò a terra privo di fiato.

Il crociato si guardò attorno: nella stanza, illuminata da alcune lanterne, era raccolto un gruppo di uomini: tre rimanevano di fronte alla porte da cui erano entrati, quello che li aveva fatti entrare era alto e robusto, quasi completamente calvo ma con due grandi baffi e una corta barba, dall'altra parte un giovane si mosse verso i due nuovi arrivati: vestiva abiti da nobili, portava i capelli ordinatamente raccolti dietro la nuca e dalla sua cintola pendeva uno stocco.

“Salve signori, il mio nome è Arthemis, pare che non siamo gli unici ad essere finiti in questa scomoda situazione.”

“Voi siete il nipote del reggente?” chiese immediatamente Tristan.

“Sono proprio io, e voi di grazie siete?”

“Tristan, cavaliere e mercenario, mi fa piacere vedere che siete ancora vivo, non credevo ce l'aveste fatta.”

Un sorriso beffardo si dipinse sul volto del nobile: “Ho avuto uno dei migliori maestri di scherma di tutta Keningrad e mi sono portato dietro una scorta di tutto rispetto, permettetevi di presentarvela: l'uomo che vi ha fatto gentilmente entrare è Org, la mia personale guardia del corpo, mentre i due servizievoli signori che vi hanno aperto la porta sono Stiletto e Rosso.”

Tristan gettò lo sguardo oltre il corpulento Org: Stiletto era basso ed esile, ma sembrava essere quantomeno folle, o letale a seconda dei casi, Rosso probabilmente doveva il suo simpatico nomignolo hai capelli spettinati che portava sulla testa di un rosso carota, la pelle pallida e piena di efelidi era segnata da una profonda cicatrice sulla guancia destra.

“E naturalmente” riprese Arthemis “Un simpatico signore che si è offerto di accompagnarci: Alaister Darkblade.”

Tristan sentì il sangue raggelargli nelle vene e si voltò verso la figura che avanzava dall'angolo oscuro a cui non aveva ancora fatto caso. Portava un lungo pastrano nero e un capello a tesa larga sulla testa: era un cacciatore di taglie, il più temuto dei Reami nord orientali, un assassino a sangue freddo tanto bravo a scovare gli eretici quanto a scivolare alle loro spalle nell'oscurità e tagliarli la gola, oppure imprigionarli perché venissero torturati dagli inquisitori.

Alaister parlò, e la sua voce sottile sembrò avvolgersi attorno a Tristan come le spire di un serpente: “Avente un volto familiare Sir Tristan, ci siamo già incontrati?” un leggero sorriso increspava le labbra dell'uomo.

“Non credo no, forse vi confondete con qualcun altro” rispose prontamente il cavaliere.

Poi il cacciatore di taglie abbassò lo sguardo al diacono: “Voi invece, se non sbaglio siete il giovane apprendista del sacerdote dico bene?”

“Sì vostra eminenza, perdonatemi” disse Gilles alzandosi.

“Non vi preoccupate, la situazione è abbastanza critica da lasciare da parte i convenevoli...” sorrise ancora, il sorriso che solo un folle può avere in tali circostanze: probabilmente lo era.

Venivano raccontate oscure storie sul passato di Alaister Darkblade: si diceva che fosse stato cresciuto in un convento a nord di Keningrad, in un piccolo villaggio, in cui i sacerdoti erano molto devoti e molto severi, i ragazzi che vi venivano mandati erano i più indisciplinati, i cui genitori speravano che l'istruzione da sacerdote li avrebbe calmati.

Là, si diceva, Alaister conobbe torture indicibili perché placassero il suo spirito ribelle, e si mormorava anche di abusi da parte dei sacerdoti, che alla fine erano riusciti a far diventare il giovane Darkblade un sacerdote retto e dedito al Signore, ma avevano anche infranto la sua psiche.

Alaister sarebbe tornato solamente anni dopo, già cacciatore di streghe, tracciando l'intero convento come eretico, si diceva che avesse inchiodato per i polsi tutti i sacerdoti alle mura del luogo e che poi gli avesse dato fuoco così da mondare i loro peccati e distruggere la dimora del diavolo.


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Inviato

Un bel racconto, complimenti. Aspetto di leggere il seguito :yes:

Ora, però, qualche (piccola) critica:

1-Quando scrivi un racconto, se c'è un cambio di scena (nel caso specifico, nel passaggio tra la casa del Vescovo e il cimitero) è una buona idea lasciare una riga bianca, per indicare il cambio di paragrafo. Rende più leggibile la storia.

2-Evita le ripetizioni (numerose) della stessa parola in poche righe. Hai usato troppe volte "Creatura" nella descrizione dello scontro, utilizza anche qualche sinonimo (Mostro, Essere, Abominio...).

3-La descrizione iniziale non mi convince: "Nessuno quella sera fece caso all'uomo che entrò dalla porta settentrionale di Keningrad, era a cavallo di uno corpulento stallone nero, portava un pesante mantello e un cappuccio gli celava il volto." In questa descrizione sembra che sia il cavallo a portare mantello e cappuccio.

Forse avrebbe reso di più così: "Nessuno quella sera fece caso all'uomo che, a cavallo di un corpulento stallone nero, entrò dalla porta settentrionale di Keningrad. L'uomo portava un pesante mantello e un cappuccio gli celava il volto."

4-Altra frase che non mi convince: "non lo notarono gli ubriachi di fronte alla taverna, che uscivano per prendere una boccata d'aria, si prendevano una mezza congestione e vomitavano all'angolo", nella frase non si legge il legame tra le due cose. Secondo me, avrebbe reso meglio l'idea così: "non lo notarono gli ubriachi di fronte alla taverna che, uscendo per prendere una boccata d'aria, si prendevano una mezza congestione e vomitavano all'angolo"

5-In questa frase, trovo che la punteggiatura sia sbagliata: "Gilles si voltò ancora una volta verso il proprio mentore che lo salutò e poi cominciò la discesa anche lui, la scala era molto lunga e mentre i due discendevano nell'oscurità il diacono non riusciva a smettere di pensare alle parole che aveva usato il sacerdote per accomiatarsi “Addio, Gilles”"

Io l'avrei fatta così: "Gilles si voltò ancora una volta verso il proprio mentore che lo salutò e poi cominciò la discesa anche lui (a sua volta). La scala era molto lunga e, mentre i due discendevano nell'oscurità, il diacono non riusciva a smettere di pensare alle parole che aveva usato il sacerdote per accomiatarsi “Addio, Gilles”.

Quando scrivi un racconto, ti consiglio di provare a leggerlo ad alta voce, rispettando la punteggiatura che hai messo. Così facendo, se c'è qualcosa che non va, te ne accorgi subito.

6-Le parti di azione sono descritte molto bene, e rendono l'idea dello scontro. Fai però attenzione agli errori descrittivi: nel primo scontro con i Necrofagi, descrivi Gilles che si getta al suolo e scorge le TRE creature, di cui una cade con la gola decisa. Dopodichè dici che Tristan si avventa sugli altri TRE Necrofagi.

Si, lo so, sono pignolo. Comunque, il tuo racconto sembra interessante, dall'inizio. :)

Inviato

Beh grazie! Sia dei complimenti che dei conisgli, rivedrò quelle parti.

Per quanto riguarda gli spazi in realtà c'erano ma quando ho copia/incollato dal documento l'ha fatto in un blocco unico.

Non è che mi daresti un parere sui personaggi? Perchè quando scrivo ho sempre la sensazione che siano un po piatti, privi di personalità ecco, cosa ne dici?

Inviato

Premesso che la descrizione dei personaggi non è il mio forte, direi che vanno bene.

Se la storia, come ho l'impressione che sia, è accentrata sia su Tristan che su Gilles, e sulle loro evidenti differenze di esperienze, caratterizzerei ulteriormente Gilles (Tristan va già bene così). Ad esempio, quando scende nelle catacombe infestate dall'odore di morte, potrebbe coprirsi il naso con qualcosa, e quando si trova a terra, faccia a faccia con la testa del Necrofago, potresti descrivere una sua reazione (fissa il non-morto con gli occhi fuori dalle orbite, o urla).

Ti do un consiglio, che mi hanno dato durante un corso di Scrittura Creativa: quando descrivi un personaggio, non esitare a calcare sulle sue caratteristiche peculiari.

E' inutile (ad esempio) dire che Tizio è una persona mediamente ordinata. Se vuoi che sia ordinato, è meglio fare un maniaco dell'ordine; se l'ordine non è una sua peculiarità, specificare che è ordinato distrae l'attenzione.

Comunque, direi che Tristan, Giols e Gilles vanno bene. Solo una cosa, ti consiglio di evitare nomi simili (Giols e Gilles), possono generare confusione.

Per gli altri, è ancora troppo presto per avere un'opinione.

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