FeAnPi Inviata 21 Novembre 2010 Segnala Inviata 21 Novembre 2010 Raccolta di distici a ritmo dattilico dal mio blog Quello che vi propongo è l'ultimo risultato di un lavoro al quale mi dedico ormai da quasi un anno, ovvero l'elaborazione di un modo personalizzato per impiegare in italiano un metro analogo all'esametro dattilico della poesia classica senza mandare a quel paese la metrica italiana. Le tematiche non sono molto ben elaborate, ma quel che mi interessava sperimentare -e quello con cui devo ancora prendere bene la mano- è la forma metrica. Corrono leste le nubi nel cielo Ma passano lente, Quasi irridendo, beffarde, le ore, Antico splendore, Mentre s'evolve quel cupo ricordo Mal nato, e crudele Figlio di molte cocenti illusioni, Speranze irreali. Stelle nel cielo, nascoste e celate, Che fan capolino Timide, incerte, fra nubi e tempeste Rievocan sogni Lievi, ricolmi di dolce abbandono; Talvolta sicuri, Quando richiamano i giorni felici Da tempo passati, Quelli trascorsi con gioia ed ingenuo Sognare, perduto Dietro a progetti mai resi reali Ma dolci, ben dolci. Se la poesia vi è piaciuta, potete leggere maggiori chiarimenti riguardo alla sua struttura e al tema sul mio blog. 1
D@rkraven Inviato 22 Novembre 2010 Segnala Inviato 22 Novembre 2010 Quasi irridendo, beffarde, le ore, Antico splendore Mi è piaciuto soprattutto questo distico mi ricorda un po' la poesia decadente o simbolista italiana...almeno credo. Sarebbe pesante / complicato imporre come schema di rime la rima baciata? credo che la struttura ne guadagnerebbe. Ad ogni modo, complimenti
FeAnPi Inviato 23 Novembre 2010 Autore Segnala Inviato 23 Novembre 2010 Grazie per i complimenti. Riguardo alle influenze decadenti, spero proprio di no. ^^ Il resto sì, ma decadentismo italiano proprio no, al suo principale protagonista potendolo fare avrei volentieri regalato a suon di sganassoni dieci visite dal dentista. ^__^m Per lo schema metrico, la rima qui non la voglio proprio inserire. Fermorestando che quella baciata la trovo troppo semplicistica ed elementare, si tratta comunque di uno schema metrico che vuole imitare l'esametro dattilico, e la rima non fa parte della struttura esametrica. Non dico come Milton che sia un segno di barbarie, però se punto su un sistema di accenti stringente (/xx/xx/xx/x x/xx/x) non ho bisogno di altre cose che banalizzerebbero questa scelta metrica. Inoltre, si tratta solo di una prova, spero fra poco di poter scrivere qualcosa di più meritevole usando lo stesso metro.
D@rkraven Inviato 23 Novembre 2010 Segnala Inviato 23 Novembre 2010 La vastità della mia ignoranza mi è ignota, quindi non prendere per oro colato tutto quello che dico. A parte questo, pensavo che la rima baciata avrebbe dato appunto una semplicità 'arcadica' allo schema, ma questa concezione arcadica del classico è più da Classicismo che da epoca Classica vera e propria... Beh, buon lavoro!
FeAnPi Inviato 23 Novembre 2010 Autore Segnala Inviato 23 Novembre 2010 Oddio, da classicismo mica tanto. Più che altro da medioevo. L'opinione di Milton era appunto che la rima fosse "l'invenzione di un epoca barbarica" (o qualcosa di simile). Alcune rime compaiono nella poesia classica, ma piuttosto per sottolineare dei passaggi particolari. La figura di suono sulla quale la poesia antica indoeuropea e non puntava maggiormente era piuttosto l'allitterazione, ripresa poi dall'epica latina classica. Autori classicisti doc come Foscolo, ad esempio, usavano spesso metri sciolti e senza rima. Prendi come emblema il carme I Sepolcri, dove non sono assenti le allitterazioni "pacate". Pacate perché, se non studiate bene, queste figure danno un tono più popolare che altro alla poesia.
FeAnPi Inviato 24 Novembre 2010 Autore Segnala Inviato 24 Novembre 2010 Questa poesia, a differenza di quella dell'altro giorno, l'ho praticamente improvvisata qualche minuto fa su un tema che mi frullava in testa da quel dì (sì, prima di leggere quello a cui state pensando). L'ho pubblicata sul mio blog, ma intanto ve la replico qui. Corrono in rotta i nemici sconfitti, Perduto lo scontro. Pure, non pago di morte il campione Incalza chi fugge; Stringe la lama ben salda nel pugno, S'avanza feroce. Quale leone che scorta la preda Dall'erba più fitta Subito balza con fare ferino E s'avventa alla gola Quando la preda, più debole, e ignara, Rimane lontana, Sola, lasciata più indietro dal branco Che l'offre in tributo, Pavido, al forte inuman cacciatore Sperando salvezza, Data al crudele la vita d'un membro, Poter ottenere. Pari al regale felino è il guerriero Ch'accorre bramando Sangue e massacri da tinger la lama, Arnese infernale, Ora e per sempre con tinte di morte, Bestial desiderio. Forte, egli abbatte nemici già vinti Con colpi feroci Niente egli celebra a parte la bestia, Ben squallido eroe, Gode nel dare una morte insensata Che plachi con sangue, Pianti, e con morte, quel nulla che sente Nell'animo rude. Empia, alimenta il massacro la spada Lei beve la vita Quando da corpi ormai prossimi a morte Si perde, e ne sgorga, Simile al fiato di estinta sorgente, Arrossa la lama. Nulla più resta davanti al guerriero, I corpi soltanto Privi di vita, di sangue, d'affetti Un tumulo tristo. Pure la brama non certo placata Reclama altre vite Nulla si para davanti al guerriero Son vinti i nemici Lungi scappati, cercando rifugio Da opporre al crudele. Perfida, brama la spada, il campione, Mortale altro sangue; Soli, nel campo lasciati dai vinti. E s'affonda la lama L'unica preda scorgendo al suo fianco E muore, il campione, Simile morte ai nemici ch'ha ucciso. La spada ama il sangue. Non è il massimo, ma mi serve a prendere la mano con questo distico.
FeAnPi Inviato 6 Gennaio 2011 Autore Segnala Inviato 6 Gennaio 2011 Continuano i miei esperimenti col "distico esametrico". Stavolta, un breve componimento scritto in pullman sul cellulare, o "perché diavolo non mi sono portato dietro un quaderno?" Frenati, mente che sogni di vane Speranze inattese, Quasi sperando sia lecito avere Dei doni dal mondo, Falso latore di facili imprese Di fumo e menzogna: Tutto ci costa fatica, e sudore Di lunghe giornate Spese a cercare qualcosa di lieto, Di vivere lieti Come sogniamo da quando giungemmo Alla vita nel mondo. Nulla, capisco, verrà a me da solo; Eppure ci spero. Tale è dell'uomo matrigna natura: Viviamo di sogni. (link alla poesia sul mio blog)
D@rkraven Inviato 13 Gennaio 2011 Segnala Inviato 13 Gennaio 2011 Tale è dell'uomo matrigna natura: Viviamo di sogni. Te l'ho già detto che sento di poter conoscere Leopardi di persona attraverso di te? Comunque, a me sembra che il Distico sia stabile. Buona cosa! Vedo che le 'sudate carte' e lo studio 'matto e disperatissimo' ti prendono il cuore
FeAnPi Inviato 13 Gennaio 2011 Autore Segnala Inviato 13 Gennaio 2011 Grazie. Leopardi resta sempre uno dei modelli principali, sia come persona che come poeta e letterato. Sono poca cosa in confronto a lui, e quasi mi vergogno a citarlo ogni tanto.
FeAnPi Inviato 25 Gennaio 2011 Autore Segnala Inviato 25 Gennaio 2011 Componimento lungo, forse non troppo curato, e scritto di getto a partire da ieri mattina. Maggiori dettagli sul mio blog. Quanto è trascorso di mesi e stagioni Da allora? Ricordi Come d'estate rividi il tuo volto Con occhi diversi, Persi in un sogno nel quale regnavi Tu sola, l'amata? Ora conosco la vera natura Che celi nel cuore: Nulla mi susciti a parte il rimorso. Ricorda: mi hai perso. Forse hai memoria, serbata nel cuore, Dei primi, dei goffi Modi che avevo nell'esserti caro Sperando che, forse, Fossi tu stessa a capire, a provare Per me qualche amore. Ora conosco la vera natura Che celi nel cuore: Nulla mi susciti a parte il rimorso. Ricorda: mi hai perso. Certo pensavi che fossi un amico Ben caro, disposto Sempre a donarti il suo tempo, ogni istante Ed ogni sospiro. Forse capivi già allora il mio amore Da pazzo invasato. Ora conosco la vera natura Che celi nel cuore: Nulla mi susciti a parte il rimorso. Ricorda: mi hai perso. Venne poi il giorno nel quale, imbecille, Aperto t'ho il cuore. Ora, pensavo, che sa quel che provo L'amore di certo Lei lo vorrà ricambiare, saremo Felici. Che illuso. Ora conosco la vera natura Che celi nel cuore: Nulla mi susciti a parte il rimorso. Ricorda: mi hai perso. Solo, chiedevo una cosa, che fossi Sincera, scegliessi Me come amore o lasciassi per sempre L'amico di un tempo. Niente illusioni o speranze fasulle: Amanti o lontani. Ora conosco la vera natura Che celi nel cuore: Nulla mi susciti a parte il rimorso. Ricorda: mi hai perso. Questo chiedevo, null'altro, mi amassi o lasciassi da solo. Tu preferisti serbare i vantaggi che dava l'amico Tuo spasimante, rifiuto all'amore Ma illuso l'amico. Ora conosco la vera natura Che celi nel cuore: Nulla mi susciti a parte il rimorso. Ricorda: mi hai perso. So che se avessimo chiuso i rapporti reciproci allora Molto, di certo ne avrei io sofferto. Ma meno di quanto Ho sopportato nei mesi in cui, amico, Speravo in amore. Ora conosco la vera natura Che celi nel cuore: Nulla mi susciti a parte il rimorso. Ricorda: mi hai perso. Era piacevole, vero, qualcuno che fosse Disposto a prestare Caro un orecchio ai tuoi drammi di carta, Cui fossi tu musa Ben celebrata da rime e da versi d'amore. Un servo, nient'altro. Ora conosco la vera natura Che celi nel cuore: Nulla mi susciti a parte il rimorso. Ricorda: mi hai perso. Quando il mio amore poi prese a sfreddarsi Frustrato, deriso, Nulla rimase: ben poco d'amico poteva Restarmi in quei giorni Dopo esser stato un amante irrisposto, Lo schiavo d'amore. Ora conosco la vera natura Che celi nel cuore: Nulla mi susciti a parte il rimorso. Ricorda: mi hai perso. Molto ho tentato d'allora di amarti, Ma a nulla è servito. Spento quel fuoco dal gelo che avevi Profuso, crudele, Nulla restava per darmi calore. Nell'anima un vuoto. Ora conosco la vera natura Che celi nel cuore: Nulla mi susciti a parte il rimorso. Ricorda: mi hai perso. Sì, t'ho lasciata, da amico, da sola E no, non rimpiango. Non tu l'amico volevi, ma il servo Da amore sospinto Tutto a donarti. Sgradito divenni Lo so, quale amico. Ora conosco la vera natura Che celi nel cuore: Nulla mi susciti a parte il rimorso. Ricorda: mi hai perso. Ora son solo. Tu ti consoli con mille Parole bramose, Falsi di amori che pensi sinceri. E forse rimpiangi Me, che ora sono lontano e che molto Ti amavo. È finita. Ora conosco la vera natura Che celi nel cuore: Nulla mi susciti a parte il rimorso. Ricorda: mi hai perso.
D@rkraven Inviato 25 Gennaio 2011 Segnala Inviato 25 Gennaio 2011 Ancora con il distico esametrico? Buon lavoro, ma a mio parere abbastanza lungo e ripetitivo in certi punti. Il coro può essere una scelta stilistica interessante, ma non così spesso. Magari, lascia una strofa di coro ogni due strofe 'principali', e sostituisci all'altra strofa di coro un coro 'variabile', del tipo: Ancora ricordo i tuoi lucidi occhi la tua commozione Donna, lo sai, lo so io, tu non meriti la mia devozione. [più avanti] Ancora ricordo il tuo volto freddo che disperazione Donna, lo sai, lo so io, tu non meriti la mia devozione. Se mi passi lo schema di accenti non esattissimo e le parole banali Spero di essere riuscito a farmi capire.
FeAnPi Inviato 25 Gennaio 2011 Autore Segnala Inviato 25 Gennaio 2011 Sì, questa critica mi è stata già mossa e anche io ci stavo pensando un po' sopra. Da un lato, appesantisco volontariamente il concetto per creare un clima quasi "pressante". Il modello è un componimento di -se non erro- Teocrito, ma qui sto calcando troppo la mano. Comunque, se variazione ci deve essere vorrei renderla minore. Uhm... Non conoscevo la vera natura Che celi nel cuore Quando ti amavo con tutto me stesso. Adesso ho capito. Se inserissi questa strofa alternandola all'altra potrei migliorare qualcosa? Voglio comunque mantenere il concetto pressante.
D@rkraven Inviato 25 Gennaio 2011 Segnala Inviato 25 Gennaio 2011 Puoi provare (la frase preferita dai master )! Il fatto è che più che pressante crei un'atmosfera patetica (nel senso negativo del termine). Qual'è la conclusione? Hai capito come vanno le cose ed hai deciso di andartene per la tua strada? Sii dinamico nell'immagine, se non nella forma! Cambia continuamente il soggetto, dimostra di saper trovare altri orizzonti su cui posare il tuo sguardo! Sei prostrato dall'aver realizzato la falsità dell'amore? Resta paralizzato, ma con un animo più contemplativo (il suo cuore non dovrebbe più interessarti: contemporaneamente, dovrebbe essersi aperto il mondo delle grandi menzogne). Non lo dico perchè ho avuto quest'impressione, ma perchè qualcuno potrebbe ricavarla (credo) erroneamente. Hmm... Ora conosco la vera natura Che celi nel cuore: Nulla mi susciti a parte il rimorso. Ricorda: mi hai perso. Non conoscevo la vera natura Che celi nel cuore Quando ti amavo con tutto me stesso. Adesso ho capito. Magari sai cosa? potresti creare un percorso 'anatomico' che vada dal volto al cuore: le prime due saranno centrate sul viso: Ora conosco / non conoscevo la vera natura che celi nel viso e proseguendo Ora conosco / non conoscevo la vera natura che celi negli occhi Ora conosco / non conoscevo la vera natura che celi nel cuore Potrebbe essere uno spunto, da cui lavorare per rifinirla. Ovviamente è tutto IMHO, il poeta sei tu
FeAnPi Inviato 25 Gennaio 2011 Autore Segnala Inviato 25 Gennaio 2011 In realtà conoscere il cuore (inteso come animo, mica sono un cardiologo eh ^^) delle persone è sempre importante: che siano amici, conoscenti o nemici, se conosci i loro sentimenti e schemi di pensiero puoi prevederne l'agire. Il richiamo voglio che sia costante: mi ricordo del passato, ma al presente so come sei, non provo nulla per te se non il dispiacere per aver provato qualcosa, ora addio. La natura celata nel volto poi suona francamente antipoetico. Sembra il verso che si rivolgerebbe a una persona piena di botulino e cerone. -.-'
Aerys II Inviato 25 Gennaio 2011 Segnala Inviato 25 Gennaio 2011 Interessante (nell'ipotesi assurda e certamente sbagliata in cui parli l'autore e non l'io lirico, ovviamente ) la ripetizione, denota a mio avviso una certa paura di ricascarci. O almeno, così mi parrebbe. Io con gli endecasillabi di solito uso schemi differenti, 11-7-11-5 e cose così, anche se devo dire che la tua soluzione è interessante. Noto una certa carenza di figure retoriche (a parte la rima e l'assonanza) che me la rende simpatica, nel senso che è molto diretta e da peso al significato più che al significante. Piccolo OT: anche voi venite tacciati di autobiografia in qualsiasi cosa scriviate? Io a momenti devo stare attento anche alla lista della spesa!
FeAnPi Inviato 25 Gennaio 2011 Autore Segnala Inviato 25 Gennaio 2011 Io invece sono spesso autobiografico nei componimenti del genere. Tendo a rielaborare molte esperienze in maniera poetica, e in pochi pezzi posso dire di non aver messo qualcosa di mio personale. La paura di ricascarci, però, è ormai poca. Semmai, è tanto il rimorso per esserci cascato, e parecchia la voglia di ribadirlo a chi so che leggerà sperando che veda da sola il cartellino "uscita dalla mia vita". Quindi, ben vengano le ripetizioni. Riguardo allo schema metrico, è una mia gabola: leggi i distici, suonano in maniera molto simile agli esametri olodattilici (quàdrupedànte putrèm sonitù quatit ùngula càmpum) se messi insieme. Devo solo trovare un modo di rendere il trimetro giambico, e sarò a cavallo.
Aerys II Inviato 25 Gennaio 2011 Segnala Inviato 25 Gennaio 2011 Cioè vuoi "rielaborare" i versi classici per usarli in metrica pseudo-moderna? Mi piace. Io anni addietro (oddio, DIECI ANNI FA ) feci una spiacevole scoperta quando mi dissero esplicitamente che il mio modo di comporre era "vecchio", come se fosse obbligatorio fare robaccia post-post-moderna per accontentare gli intellettualucoli di provincia. Per me è sbagliato dettare una simile imposizione, intanto perché se uno è "new-neoclassico" deve poterlo esprimere, così come se ha un amore per l'aulicità e il mito del "Vate" (a me piaceva più D'Annunzio che Montale, che ci volete fare?). Secondariamente, perché l'idea a mio avviso non dovrebbe essere quella di comporre "alla moda" o per aderire a un qualche movimento, bensì tentare di veicolare un messaggio (che può essere semplicemente un'emozione) giocando con le parole: che questo assuma la forma di una cantilena o di un poema cavalleresco poco importa, secondo me. Dovremmo liberarci un po' dai vincoli del superamento del passato a tutti i costi, così come da quelli dell'anatema sul futuro. Io dico "be yourself". Che poi dieci anni fa quello che scrivevo lo scrivevo con uno scopo banale e nobile, quello di scopare. Altro che mode letterarie.
FeAnPi Inviato 25 Gennaio 2011 Autore Segnala Inviato 25 Gennaio 2011 Sono un classicista. D'Annunzio mi sta parecchio sulle scatole, ma il primo Carducci è fra i miei modelli assieme a Leopardi e Foscolo. Autori che sapevano essere moderni e classici assieme. La mania modernista mi infastidisce, il metro libero è solo figlio del non volersi applicare. Uno dei motivi per cui ammiro sommamente Guccini e De André è la profonda poesia intrisa nelle loro canzoni, a tratti tremendamente classica eppure attuale. E ci sono poemi antichi, paradossalmente, molto più attuali di quanto non lo siano certi scritti di inizio novecento. O anche di trenta anni fa. Il fatto è che parlando esclusivamente col presente rinunci al futuro.
Aerys II Inviato 25 Gennaio 2011 Segnala Inviato 25 Gennaio 2011 Sono un classicista. D'Annunzio mi sta parecchio sulle scatole, ma il primo Carducci è fra i miei modelli assieme a Leopardi e Foscolo. Autori che sapevano essere moderni e classici assieme. La mania modernista mi infastidisce, il metro libero è solo figlio del non volersi applicare. Uno dei motivi per cui ammiro sommamente Guccini e De André è la profonda poesia intrisa nelle loro canzoni, a tratti tremendamente classica eppure attuale. E ci sono poemi antichi, paradossalmente, molto più attuali di quanto non lo siano certi scritti di inizio novecento. O anche di trenta anni fa. Il fatto è che parlando esclusivamente col presente rinunci al futuro. Sono perfettamente d'accordo (D'Annunzio in effetti era difficilotto come personaggio ).
FeAnPi Inviato 25 Gennaio 2011 Autore Segnala Inviato 25 Gennaio 2011 Ti dico solo che, complice una corporatura sarda anche nell'altezza, nel punto della sua villa in cui c'era la porticina col soffitto basso per imporre a tutti di inchinarsi davanti allo studio del poeta io sono entrato a testa alta. Ho un po' sbattuto la capoccia, ma sai la soddisfazione di non inchinarmi?
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