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  • 3 settimane dopo...

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Principali partecipanti

  • 1 mese dopo...
Inviato

(... continua)

Torni silenziosamente verso quella finestra che aveva lanciato il suo grido d'amore, verso quella coppia di ragazzi abbracciati nella penombra che ti avevano fatto udire un canto di speranza e vita in questo mondo che sopravvive.

Ti arrampichi ancora una volta sopra quell'albero, mascherando la tua mente da tutti i pensieri che la martellano, sforzandoti di usare solo i tuoi occhi e le tue orecchie per assistere di nuovo a quella poetica melodia. Guardi oltre le persiane ancora accapannate, penetrando quel luogo segreto, quel giaciglio in cui li vedi ancora insieme, abbracciati l'uno all'altra. Immediatamente senti che tutto il marciume di cui ti sei nutrito questa sera se ne va, trasportato via da un torrente di emozioni, lasciando la tua anima pulita.

Ti accorgi troppo tardi che qualcosa non va. Proprio mentre cominci a capire che lei sta piangendo e lui le sta sussurrando dolci parole di conforto, senti la tua mente aprirsi a dei pensieri, ad un urlo diperato che squarcia le tue protezioni.

Cadi a terra senza tentare neanche di aggraparti. Il mondo non sembra più lo stesso. Davanti a te vedi una discoteca, tanti amici, persone che ballano. Ti vedi ad uno specchio, una bella ragazza che balla insieme agli altri, cercando per un momento di dimenticare la quotidianità, i problemi, muovendo il tuo aggraziato corpo femminile solo per scrollare via tutto.

Poi come tutte le sere, anche questa finisce e comincia il solito ritorno a casa. I tuoi amici hanno bevuto un po'. Anche tu ti senti brilla. E la macchina è parcheggiata lontana, in un parcheggio ormai vuoto.

Vi avviate verso di essa, pronti a tornare alla normalità. Non sei preoccupata: pur se la strada da fare per il ritorno è tanta, il tuo migliore amico è alla guida e vi ha sempre riportato a casa sani e salvi.

Sali in macchina nel sedile posteriore ed ai tuoi lati entrano gli altri due amici, mentre lui si siede al posto di guida, accanto ad un altro. Ma proprio mentre mette in moto la macchina quei due cominciano a toccarti, a fare apprezzamenti che, pur se appaiono lusinghieri, non ti vanno a genio. Tu respingi le loro mani, sorridi forzatamente, ma poi ti fai seria.

Non ti accorgi che non state uscendo dal parcheggio, ma che vi state addentrando in esso. Appena lo fai notare, ti appre davanti il riflesso metallico di un coltello che ti intima di scendere dalla macchina.

La paura ti pervade. Aspetti che il tuo amico dica qualcosa, che li faccia riprendere, ma noti solo che si ferma e che scende dalla macchina anche lui, tirandoti per un braccio e sbattendoti violentemente sul cofano.

Il coltello ti punghe la gola e non puioi far altro che sentire della mani ruvide che ti alzano la gonna, spotandoti le mutande di lato.

Poi il dolore. Le tue lacrime. Il fiato ansimante di chi sta provando piacere violando il tuo corpo. Le sue parole. Muoviti! Fammi godere! Tanto non puoi urlare! Tanto nessuno ti potrà sentire! Quella voce così familiare, quella voce a cui volevi bene trasformata in un suono di lugubre violenza, in echi di dolore che percorrono tutto il tuo corpo immobilizzato dalla paura. Spinte sempre più forti. Mani che bloccano le tue braccia, altre che bloccano le tue gambe ormai irrimediabilmente aperte. Quella punta acuminata proprio lì sul tuo collo, sotto la tua gola. Voci che lo incitano a spingere di più e a sbrigarsi. E tu che preghi solo che tutto finisca nel bene o nel male, che quel dolore cessi e con esso forse la tua vita.

Poi la fine di tutto.

Il tuo amico è soddisfatto di quello che ha fatto, delle tue lacrime, del suo appagamento. Ti lascia abbandonata sul cofano a piangere. Poi ti sbatte in macchina, minacciandoti se dirai mai qualcosa a qualcuno.

Arrivi a casa e ti chiudi nella tua camera, piangendo amaramente per non essere udita dai tuoi. E per la prima volta in vita tua maledici la tua bellezza, il tuo essere attraente. Vorresti asportarti la faccia, il corpo... tutto.

Ma invece devi continuare a vivere ed a pensare in eterno a questo incubo che è diventato realtà.

Per sempre.

Ti alzi da terra, riuscendo finalmente a scacciare le immagini dalla tua mente. Senti lacrime di sangue correre copiose lungo il tuo viso, lacrime di dolore e rabbia verso chi sa rovinare una persona con dei sogni così belli, verso chi sa rubare un amore.

Torni sull'albero e guardi ancora oltre la finestra. Lui la abbraccia e piano piano cominciano a fare di nuovo l'amore. Lei piange per la felicità di aver finalmente trovato il suo uomo, colui che cancellerà incubi e ricordi.

E per la prima volta in vita tua ti ritrovi a pregare per due persone.

  • 5 settimane dopo...
Inviato

Sembrava che tutto potesse essere risolto in un attimo, ma non è stato così. Da come si immaginava la cosa, non ci sarebbero stati problemi: sarebbe salito da lei e le avrebbe confessato tutto. Facile, no? No, non lo era affatto e lui se ne è reso conto proprio mentre stava per citofonarle. E se lei non lo avesse più voluto vedere? Era un’ipotesi più che plausibile e, al contrario di altre persone che se ne sarebbero fregate della loro ragazza, lui ci teneva molto a lei. Da quando ci si è fidanzato, ha tentato si farla felice in tutti i modi e le raccontava sempre tutto, anche contro il proprio interesse. Ma ora la faccenda va molto la di là della sincerità pura e semplice, una sincerità che gli è costata l’amicizia, se così può chiamarsi, di tutti quelli della sua comitiva… e la situazione potrebbe ancora peggiorare. Se solo potesse, si sotterrerebbe per non vedere più nessuno e non avere più dolore dal mondo esterno. Sì, dolore. Soltanto dolore, una cosa che si era ripromesso di non darle mai. E allora perché dirle tutto? Non deve soffrire come lui! Non deve assolutamente!

Corre via da quel posto, come se stesse scappando da qualcosa di terrificante, come se fosse in pericolo immediato la sua stessa vita. Dopo aver girovagato un po’ per la città, si dirige verso casa, dopo essersi assicurato che i suoi genitori non ci siano. Non li vuole vedere! I suoi amici lo avevano isolato, è vero, ma loro lo avevano anche insultato, dandogli dell’incapace e dell’irresponsabile. Addirittura erano anche arrivati a dirgli che lo disconoscevano come loro figlio, che non lo avrebbero più voluto con loro, ma che lo dovevano tenere perché ormai viveva lì. Bella famiglia! Comunque, pensandoci bene, cosa si poteva aspettare da loro? Quello che ha ottenuto e anche di peggio. Lo avevano trattato sempre a rose e fiori, facendogli credere che non vi era alcun dolore e che quelli che vedeva per strada a chiedere l’elemosina erano solo degli sfaticati perditempo che non avevano voglia di fare un bel niente. E lui ci credeva e difendeva questa sua visione: tutti erano fondamentalmente buoni ed i cosiddetti cattivi erano tali solo perché non conoscevano il bene o perché ne avevano una visione distorta. Una teoria molto socratica che si scontrava però con la realtà. Presto capì di essere l’unico nel suo gruppo a pensare una cosa del genere; capì che il mondo non era solo bianco o nero, ma che aveva innumerevoli sfumature, il più delle volte dolorose. Non esisteva il bene o il male. Non si combatteva per un ideale, giusto o sbagliato che fosse. L’unica cosa certa era il dolore, quella cosa a metà tra il terribile ed il necessario, quel sentimento senza il quale un essere umano non può essere considerato tale. Ed i suoi genitori? Perché non gli avevano detto nulla di tutto questo? Sicuramente, si diceva, per proteggerlo dalle sofferenze quotidiane. Si sbagliava. Guerre? Basta che non arrivino qua da noi possono fare quello che vogliono. Razzismo? Se non ci fosse chi manda via questi immigrati, non ci sarebbe più posto per noi. Questo era quello che pensavano. Lui invece no. Lui non voleva neanche crederci lontanamente. Era disumano! Erano frasi crudeli! Frasi senza senso! Frasi... degne dei suoi genitori! E per questo li odiava e loro odiavano lui. E così si sfogava, andando a letto con ragazze che gli si concedevano tanto amorevolmente, venendo ricambiate però solo finché lui non si stufava di loro. Ma finalmente riuscì a mettersi con lei. Non sa ancora se il loro è sempre stato amore, se non lo è mai stato o se piano piano lo è diventato: sa solo che quando sono insieme tutto quello che passano di brutto viene cancellato ed ogni loro parola è accompagnata da un sorriso. Così, dopo un po’ di tempo che ci stava insieme, ha capito in che modo aveva ferito i sentimenti di quelle ragazze che gli si erano concesse e giurò a se stesso che non lo avrebbe mai ripetuto, neanche una sola volta.

Eccolo finalmente a casa con il cuore in gola. Vorrebbe porre fine a tutti i suoi tormenti, ma è sempre stato un combattente e sa che lasciar perdere tutto non sarebbe un segno di vittoria, bensì di sconfitta… e lui odia perdere. Ma, qualunque cosa faccia, sa che qualcosa perderà. Si tratta solo di ridurre al minimo le perdite. Non ha scampo. Nessuno ce l’avrebbe. Nessuno. E lui, abituato ai vari tipi di sofferenze a cui la vita lo aveva sempre sottoposto, si ritrova lo stesso a ringraziare il cielo per aver fatto in modo che una cosa del genere non sia capitata alla sua ragazza. Tutto, pur di non vederla soffrire, piangere… morire. E ancora una volta si chiede perché si sta distruggendo in questo modo, perché, invece di togliersi questi pensieri dalla mente, li alimenta, come quando ci si tocca ripetutamente un dente dolorante. Sa però che deve avvertirla del rischio che sta correndo. Non si tratta soltanto di una cosa che riguarda lui e basta. Potrebbe essere in pericolo anche lei… potrebbe già essere… no! Non può… non deve succedere! Non lo sopporterebbe. Per questo deve avvertirla, dirle tutto quello che c’è da dire, informarla per filo e per segno dei rischi a cui va incontro. E se poi la perderà… be’, se poi la perderà… gli farebbe tanto male. Non è come tutte le altre con le quali era andato a letto, no. E’ così dolce, pura e felice che… che… niente. Non gli viene in mente niente per non perderla. Non sa come comportarsi per fare in modo che non soffra, lasciandola però al suo fianco per sempre. Rinunciare a lei significa rinunciare a tutti i bei momenti che avevano passato assieme, mano nella mano, a volte sulla riva del mare al tramonto, altre tra le affollatissime vie del centro. Ma sa anche che non potrà mai prendere la decisione giusta se non smette di pensare a queste cose. Solo razionalmente, lasciando da parte tutte le emozioni contrastanti che lo sommergono, potrà trovare una soluzione… anche se ne ha già individuata una da qualche tempo, ormai. Sì, perché una soluzione esiste e pur se attuarla significherà perderla come sua fidanzata, è l’unica cosa che può fare se vuole almeno la speranza che gli resti amica. Non c’è altro da fare! Prende il telefono e comincia a comporre il numero della sua ragazza. Pochi minuti dopo è sulla strada per andare al parco ad incontrarla, quello stesso parco dove da piccolo si divertiva a fare delle esibizioni con la bicicletta per fare colpo su delle bambine della sua stessa età, che ridevano impietose ad ogni rovinosa caduta che seguiva un’impennata. Ma non era un tipo che si arrendeva, anzi più cadeva e più era deciso a riuscire al prossimo tentativo, finché non imparò e cominciò ad esibirsi ancora di più. E vedeva con soddisfazione varie bambine che gli si avvicinavano per osservare i suoi progressi. Ma a lui non importava se lo acclamavano o no: gli bastava che lo facesse quella ragazzina con quegli occhi che lo rapivano, ma che erano sempre girati da un’altra parte quando tentava di parlarle. E crebbe, fondando una comitiva che non avrebbe mai dato il minimo segno di scioglimento. Tutti amici che si raccontavano le loro bravate, le esperienze con le donne e cose varie. E lui, con i suoi innumerevoli rapporti, era quello al quale dare ascolto quando si aveva a che fare con i problemi di “cuore”. Ma non se ne vantava perché sapeva che era soltanto uno sfogo, nient’altro. L’unica cosa che voleva era quella bambina, ormai ragazza, che non lo degnava di uno sguardo. E fu così che quel prato conobbe i suoi innumerevoli tentativi di raggiungere quel sogno, gli altrettanti innumerevoli fallimenti dovuti alle altre con le quali soleva giacere, i pianti, gli amici che lo confortavano... ed infine il coronamento del suo sogno, spiegandole quale era la sua situazione. Non ricorda giorno più felice. Questo è tutto quello che ha visto questo parco pieno di bambini che ripetono le sue stesse esperienze, ma privo di quella comitiva di falsi amici, pronti a chiedere tutto sui suoi vari rapporti e altrettanto pronti a lasciarlo solo durante questo suo momento di difficoltà. Ed ora, con suo enorme disappunto, quell’erba dove poggia i suoi piedi con passo insicuro conoscerà la fine di quel sogno che ha caratterizzato la vita in quel campo… infatti eccola lì che arriva, convinta che l’avesse chiamata per passare un altro piacevole pomeriggio insieme. Solo dopo i saluti, comincia a capire che qualcosa non va: non è lo stesso ragazzo che si esibiva davanti a lei per rubarle il cuore. Quel ragazzo si sarebbe rialzato e avrebbe ritentato, magari anche ricadendo, magari facendosi male sul serio, ma avrebbe continuato a persistere nel suo scopo. Questo invece é solo un pallido riflesso, un’ombra senza voglia di combattere… ma con un segreto terribile!

Quelle parole la trafiggono con la stessa forza di una spada ben affilata, ma è convinta che se le avesse sparato le avrebbe fatto meno male. Da quel che ha capito, ha due scelte: restargli amica o lasciarlo solo come tanti altri hanno già fatto. Tra le due sceglie quella che le dà meno dolore, anche se usare la parola dolore è soltanto un eufemismo. Si rende improvvisamente conto di quanto siano riduttive le parole, in special modo quando si tratta di sentimenti: soltanto una piccola parte viene espressa con delle lacrime che escono copiose dagli occhi, quegli stessi occhi che fissavano di nascosto quel bambino senza che se ne accorgesse, facendogli credere che non gliene importasse nulla di lui. Ma ora tutto è cambiato. Niente sarà più lo stesso. E lo sa bene, come lo sa bene lui che pur se muore dalla voglia di abbracciarla e di baciarla, si trattiene con visibile sforzo e la saluta, alzandosi dalla solita panchina.

E sparisce dietro quel cancello una volta pieno di allegria e di amici, ma ora rovinato da una malattia che oltre la morte porta solitudine e tristezza: l’AIDS.

I giorni passano e tu torni da lui ancora una volta dopo aver riflettuto sulle varie soluzioni da adottare. Potevi curarlo, ma poi per lui ci sarebbe stata soltanto un’esistenza passata in balia dei medici che lo avrebbero studiato per capire come sia guarito dalla feroce morsa dell’HIV. Avevi addirittura pensato di mostrarti e di offrirgli una scelta: diventare un vampiro come te, e al limite fare lo stesso con la sua ragazza, o farlo restare così. Sai che sarebbe stato inutile perché, dopotutto, chi non vorrebbe la vita eterna? Be’, ora che ci pensi sai che la risposta potrebbe sorprenderti. Chi vuole vivere in eterno? Tutti. Ma chi lo farebbe se sapesse cosa lo aspetta? Chi lo farebbe se sapesse di dover vedere avvizzire ed invecchiare i suoi cari, fino alla morte? Nessuno lo farebbe, almeno non quelli con un briciolo di umanità. E loro sono così… umani.

Così ti soffermi ancora sulle risa di quella camera. Tutti e due hanno ormai accettato la situazione e sanno che non c’è niente da fare se non rendere gli ultimi giorni i migliori di tutta la sua vita.

E mentre osservi con piacere quella scenetta, sei pronto a giurare di aver già visto nei suoi occhi la stessa espressione di un bambino che anni fa si rialzava dolorante da terra, risalendo in fretta sulla sua bicicletta.

  • 1 mese dopo...
  • 3 settimane dopo...
  • 1 mese dopo...
  • 2 mesi dopo...
Inviato

dalla parte della vittima…

Già tre notti sei entrato nella mia mente e poi nella mia camera, e ogni volta, tra l’una e l’altra visita passava troppo tempo, troppe notti, anche se non sono mai più di due..

E questa è la quarta notte dall’ultima visita…

Voglio ancora sentire il tuo respiro di fronte al mio viso, e mi concedi solo quello, notte dopo notte, già solo il ricordo della tua presenza mi fa iniziare a respirare a fatica…

Vorrei sentirti qui, affianco a me.

Sento il bisogno di quella fisicità che ti ostini a non donarmi, nonostante suppliche che, pur senza bisogno di dirle, arrivavano dritte al tuo cuore… Il tuo cuore.. come puoi avere un cuore tu che da quattro notti non torni qui da me?

Ho bisogno di averti qui.. la notte lentamente mi rapisce, sento sempre più il sonno pesante sui miei occhi, e ormai ho quasi la certezza che stanotte non sentirò il tuo pensiero svegliarmi di soprassalto…

Ancora una notte, ancora un’altra e un’altra ancora, da sette notti non ti vedo, mio angelo, mio Diavolo, mio Dio… Dove sei?

Ancora una notte.. ho paura per te. Sento che hai paura per me. Quando tornerai? Quando potrai tornare? Sento il bisogno di averti qui…

Questa è l’ultima notte, ho deciso cercarti io.

Griderò con il mio cuore il tuo nome che non conosco, e so che tu mi sentirai.

Ma anche se mi sentirai, non so cosa penserai, non so se capirai, non so se verrai da me…

Stanotte non voglio addormentarmi, voglio solo continuare a gridare il tuo nome, continuare a gridare, continuare…

Un solo attimo e la mia mente si sveglia, ti sento, mi cerchi, mi chiami… Sei qui, non sei un sogno. Mi alzo dal letto, mi avvicino alla finestra, ma non ho bisogno di aprirla, tu sei già qui, di fronte a me.

Un attimo, i tuoi occhi, i miei occhi, l’eternità.

E nulla più, già non sei più qui di fronte a me. Solo un sogno? No. Eri qui. Lo so. Ancora non so nulla di più di te, e già ti amo.

dalla parte del vampiro…

Per tre notti sono entrato nella tua mente, e poi nella tua stanza, sempre lasciando un po’ di tempo tra una visita e l’altra, per poter capire la tua mente e il tuo cuore cosa dicessero di me.

Per te uno strazio, per me un gioco.

Arrivo nella tua camera e tu sei lì, già in piedi perché già ti ho chiamato, mai stupita del fatto che pur essendo la tua finestra chiusa io entri regolarmente, con la sottile camicia da notte che lascia facilmente intuire le tue forme…

All’ultima sera sento l’odore del tuo sangue da troppo lontano. E questo non voglio. Non voglio che tu sia una mia vittima. Voglio sapere chi sei, e se scoprirò che non sei ciò che credevo tu fossi, allora, e solo allora, pieno di rammarico potrò cibarmi di te, e poi uccidermi, perché non potrò più vivere senza di te. Nessuna è mai quella che sembra, troppe volte sono rimasto scottato dalla vostra bellezza mortale. Questa volta voglio essere sicuro.

Entro nella tua mente lo stesso, anche se sento forte l’odore del tuo sangue. Entro nella tua camera, guardo il tuo cuore e la tua mente, ancora e sempre uguale, dolce e mite, curiosa, ma c’è qualcosa in più.. che non voglio leggere.

Ti devo dire addio, per stanotte e per ancora, per più di un momento.

Un'altra sera ho cercato di avvicinarmi a te, ma ancora più forte sentivo l’odore del tuo sangue.

Ancora cerco di venire da te, ma non riesco a non sentire la fame che mi cresce dentro quando mi avvicino a te. Non posso né voglio rischiare di farti del male, me ne vado, via, lontano, in un'altra città, in un altro paese… Lontano da te.

Sono due notti che non mangio, non ho fame, non vederti non mi fa avere fame, non mi fa vivere… non capisco perché, forse lo potrò capire solo guardandoti negli occhi, quei tuoi occhi profondi e pieni di vita… ma ormai sei lontana da me e.. no, non voglio pensare.

E in un attimo ti sento, mi chiami, stai urlando dal tuo cuore il bisogno di avermi lì, accanto a te. In un attimo vorrei essere lì. Nulla e nessuno potrà tenermi lontano da te stanotte. Ma mi bloccano. Qualcuno che stanotte ha deciso di morire.

E arrivo sotto la tua finestra che tu già dormi. E arrivo dritto al tuo cuore, non ho tempo di scoprire se stai sognando o no, ho bisogno di te. In un attimo sono nella tua stanza, e tu sei già di fronte a me. I tuoi occhi preoccupati, non arrabbiati, pieni di quello che volevo trovare, perché se solo ti lasciassi leggere il mio cuore, anche tu lo sapresti.

Ma non voglio concedermi più di un attimo, già soffro, perché già ti amo.

  • 4 settimane dopo...

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