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La seconda era dei draghi

Le razze prosperarono per lungo tempo poiché, nonostante l'esistenza di Laran, non vi era inimicizia tra loro. Anzi il dio della Guerra si mescolava ai mortali e si dilettava in esercizi che nulla avevano a che fare con il sangue e la violenza. In quei tempi nacquero le arti nobili della guerra e si diffuse il pensiero del vero guerriero. Comunque le razze non si conobbero tra loro: i Nani preferivano le profonde viscere delle montagne dove estrarre il metallo che offrivano a Sethlans nelle loro creazioni; gli Elfi rimanevano immersi nelle cupe foreste del nord, adorando Selvans per la loro purezza e la natura che li circondava nella sua perfezione, donata loro da Northia. Solo gli Uomini attraversarono i fiumi e arrivarono ai confini del mare senza però trovare nulla che li potesse soddisfare. Là dove giungevano i loro cugini più longevi e resistenti, gli Zigar, erano comunque giunti prima di loro. Gli Gnul si isolarono nelle sabbie dei deserti e di loro nessuno seppe nulla per i secoli a venire. Selvans volgeva tranquillo la ruota del tempo con il ciclo delle stagioni e Velthune osservava compiaciuto la perfezione della propria opera. Northia moriva e rinasceva a ogni ciclo vitale, divenendo sempre più insensibile a quanto era stato perso e a quanto si andava già distruggendo.

Ma le razze crebbero a seconda della loro purezza.

E gli Elfi crebbero al punto da capire quale fosse la magia che sosteneva gli elementi e pertanto come era stata fatta qualsiasi cosa conosciuta. Ma questo non bastò loro. Trassero la magia al di fuori di ogni elemento conosciuto e credettero di poterla controllare e manipolare: gli elementi deperirono a poco a poco. E gli dei capirono quale danno fosse stato arrecato troppo tardi, quando ormai molti tra gli Elfi si erano già condannati traendo la magia dalle proprie vite e la terra stessa moriva, dividendosi negli elementi dei quali era costituita. Molti reietti tra gli Elfi pagarono il prezzo per il delitto che avevano commesso e scomparvero nella profondità delle foreste, portando con sé la magia che avevano sottratto a sé stessi e che pian piano li stava trasformando in degli incubi corrotti, evocati con le loro mani e la loro ignoranza. Credevano che la purezza della loro stirpe avrebbe naturalmente condotto le loro opere verso il bene di ciò che era stato loro affidato, ma nella loro cecità e nel loro zelo sbagliarono. Il potere stesso della magia, privo di controllo, li distrusse. Tra quelli che non andarono incontro ad un simile destino, pochi ormai morenti si ritirarono nei luoghi più remoti delle grandi foreste che già pian piano ingiallendosi andavano disgregandosi. Northia, indebolita, fece scendere l'oscurità su di loro e parve che fosse arrivata la fine per tutti i mortali, mentre gli stessi astri di Sethlans in cielo andavano spegnendosi. Velthune ricorse allora in quegli ultimi istanti al mondo generato da quanto aveva scartato nella prima creazione e là, dove la magia non ha più valore, esiliò i reietti e ciò che avevano compiuto perché fossero dimenticati. Ciò nonostante il mondo dove la magia non ha valore li inghiottì tutti quanti e continuò a prosperare, con grande stupore di tutti gli dei.1 Allo stesso tempo Velthune si decise e con l'aiuto di Selvans creò una nuova razza, l'unica e la prima tra tutte, che solcasse i domini dell'aria e dimorasse nella terra, tra Aita e Phersipnai. Questa razza ebbe il compito di portare l'equilibrio nelle ere a venire, compito che i migliori custodi tra gli Elfi avevano mancato. I Draghi furono creati tali da non temere alcun danno dal fuoco di Sethlans e neppure dalle acque cupe di Nethuns. E essi riportarono l'equità tra la magia e gli elementi. Gli Elfi li considerarono puri perché venivano dalle loro stesse foreste e molti di loro parlavano la loro stessa lingua; gli Zigar li rispettarono mentre solcavano i cieli sopra le acque e mostravano loro le rotte sicure al di fuori da insidiose tempeste. I Nani li venerarono perché nei Draghi vi era il fuoco di Sethlans e mai dei fratelli di sangue si sarebbero rivoltati gli uni contro gli altri. Questo era il prezzo per il dono concesso da Sethlans ai draghi. Ma in quei tempi i Draghi erano saggi e la condizione imposta divenne dono e fratellanza imperitura con il popolo dei Nani.

Le altre razze li temevano perché ai Draghi era stato concesso dagli dei il potere dell'ordine su tutti gli elementi. E gli dei tutti li amavano per la loro purezza e per il loro sacrificio. Perché nessun Drago sarebbe vissuto con altro compito che non fosse stato quello di proteggere gli elementi. Grazie a questo la vita tornò a prosperare nelle terre di Solnem e degli Elfi reietti non se ne seppe più nulla, così come del mondo in cui erano stati esiliati. In questo modo era stato creato un passaggio tra Solnem e i luoghi ove la magia non ha alcun valore.2,3

1 Sembra anzi che nel mondo privo di magia gli esseri esiliati abbiano a loro volta mantenuto per breve tempo le loro capacità magiche, dando così origine a leggende su folletti, ninfe e quant'altro. In realtà tali creature dimoravano più spesso in prossimità di elementi naturali dai quali potevano ancora trarre energia per non perdere subito e completamente i loro poteri.

2 In realtà la Terra rappresenta una sorta di zona di scarto, scaturita dalla creazione di Solnem. Un mondo risultato dell'eccesso "fisico" di materiali durante la creazione e soprattutto un mondo privo di essenza, dove però inspiegabilmente anche in assenza della magia si è costituita la vita. Solo più tardi gli dei si accorgeranno (primi fra tutti Velthune) che il mondo della Terra ha già assunto una sua autonomia rispetto a Solnem. E che soprattutto nell'atto della cacciata dei reietti si é venuto a creare un collegamento stabile tra i due mondi. Tale collegamento, presente nelle "età dell'oro" sarebbe poi caduto in disuso e infine del tutto dimenticato.

3 I draghi da allora vennero chiamati le chiavi della creazione. Pare infatti che gli dei avessero dato loro il compito di esiliare i reietti e impedire che essi riuscissero a tornare su Solnem.


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La terza era: dal patto di fuoco (Lifir) alla prima guerra

Passarono le ere nel loro lento volgere e la presenza degli dei non si affievolì sulle terre di Solnem. Gli elementi assicuravano il loro potere e la magia rinforzava la trama di tutte le cose. Fu allora che i Nani impararono ad utilizzare il reale potere del fuoco e ebbero completo controllo del dono della creazione che era stato dato loro. E persino i domini di Aita e Phersipnai furono plasmati attraverso i poteri che Sethlans aveva dato ai Nani. Sethlans per questo fu orgoglioso dei suoi figli. Nacquero città splendide nella loro bellezza, armi che non subivano l'azione di Selvans e gioielli di squisita fattura, tali che Turan amò adornarsene. E Sethlans non faceva misteri di regalarle le ultime creazioni della razza a lui prediletta. Tutti gli dei se ne compiacquero, visto che i loro doni nei Nani avevano dato molto frutto. In quei tempi di prosperità i Draghi decisero di recarsi dai Nani e chiedere loro che nelle terre del nord venisse costruito per loro un rifugio imperituro. I Nani accettarono subito con entusiasmo la loro offerta e per questo uscirono dalle loro dimore e in enorme numero si spostarono là dove il lavoro doveva essere compiuto. In conseguenza di questo venne deciso un ulteriore patto tra le due razze, un patto di sangue e di elementi che Sethlans stesso erse dalle terre del nord, di modo che i Nani ritrovassero anche là il segno della Sua protezione e i Draghi ricordassero con orgoglio quanto era stato dovuto ai suoi prediletti. Da allora il segno lampeggia nei tramonti del nord di un fuoco imperituro e Selvans con lo scorrere del tempo fra le sue dita lo rinnova, giorno dopo giorno per le ere a venire. Fu così che dalle terre di Aita e Phersipnai nacque il Lifir, il cui nome significa patto di fuoco. E fu in questo modo che i Nani sotto la sua ombra costruirono Laivor, pietra su pietra, slanciata tra i domini di Selvans. E Northia stessa diede una parte di sé perché venisse costruita. Mentre i Draghi insegnavano ai Nani che la magia degli elementi poteva arricchire la loro opera attraverso l'uso di rune, la magia degli elementi entrava nella pietra. Così Laivor fu costruita incidendo rune tra le pietre e intessendo nuova magia alla realtà.1 Tale magnificenza attirò in quei luoghi Laran, il quale conobbe i Nani e insegnò loro a forgiare le prime armi, meraviglie in un mondo non ancora toccato da guerra alcuna, ma triste presagio delle ere future. In quei tempi Laran incontrò Turan, la quale negli stessi luoghi si compiaceva di accompagnarsi a Sethlans. Fu così che la dea si accompagnò a Laran e dalla loro unione nacquero Mania e Mantus. Velthune decise per loro che il maschio, Mantus, fosse cresciuto dalla madre, mentre la femmina, Mania, fosse cresciuta dal padre. Passarono alcuni anni e altre nuove generazioni di Nani giunsero da est per completare la loro opera, mentre i Draghi invitavano anche gli Elfi a prendere sede in quelle splendide dimore assieme a loro.2 Quando i Nani ebbero posizionato l'ultima pietra la loro opera aveva raggiunto un grado mai visto nelle terre dei mortali. e i Draghi, soddisfatti del patto, invitarono tutti Nani a vivere con loro per sempre in quei luoghi splendidi. Ma pochi dei Nani accolsero il loro invito e rimasero, in quanto troppo forte era in quella razza la nostalgia per le dimore che avevano abbandonato nelle radici delle montagne. Inoltre alcuni avevano troppo appreso dai Draghi e temevano che gli Elfi potessero carpire insieme i loro segreti e la loro amicizia. Questo nonostante gli Elfi dimostrassero di gradire a loro dimora non tanto la fredda pietra di Laivor, quanto le foreste circostanti. Pochi Nani rimasero indietro, ma a tutti furono concessi comunque grandi onori e grandi doni. Quando la maggior parte di loro tornò nelle terre di origine, accompagnata da Mania e Laran, portò con sé le conoscenze trasmesse dai Draghi e per molto tempo le loro opere ne trassero giovamento. Ma ne trassero anche invidia senza pari, pianta maligna dalla quale dovevano scaturire le cause della rovina negli anni a venire. In loro assenza infatti la razza degli Zigar si era già spinta troppo oltre per visitare le vuote dimore. Dapprima i Nani sospettarono di loro e quindi temettero di veder rubati i loro tesori, in quanto gli Zigar erano un popolo volubile e dedito all'inganno; infine, sorprendendoli nei loro territori, li attaccarono per paura di perdere quanto avevano accumulato e lasciato incustodito. Laran si fece schiavo dell'istinto della violenza e anche grazie a lui la guerra imperversò, mentre la figlia Mania, che mai aveva conosciuto quell'aspetto del padre, cominciò da allora a perdere parte del proprio senno. E alcuni narrano che vagasse tra i morenti, nel campo di battaglia. Tale era potere accumulato dai Nani assieme alle rune che gli elementi ne furono sconvolti e sia gli Zigar che i Nani vennero dispersi e quasi distrutti in quella prima di tutte le guerre. Da allora i Nani dimenticarono parte del proprio dono3 e si narra che fu Sethlans stesso, addolorato per quanto male avessero creato con esso i suoi figli prediletti, a decidere a malincuore di punirli in tal modo. Tolse vigore ai fuochi delle loro forge, al punto che i Nani per evitare che si spegnessero furono costretti a rinunciare alle loro splendide armi per rifugiarsi sempre più a fondo tra le montagne. Quando si furono ritirati Sethlans distrusse tutto quanto era rimasto a terra. Come gli dei avevano previsto, gli Zigar non seguirono i Nani, temendo di essere attirati in trappola e di perire in quei luoghi. Eterna inimicizia fu fondata in quei giorni tra i due popoli e il sangue versato convinse i pochi sparuti gruppi di nani superstiti da quella prima tremenda guerra a scomparire per anni nelle dimore nelle montagne. Qui cercarono di recuperare le ricchezze e la dignità delle quali si erano volontariamente privati. Dapprima gli Zigar cercarono vendetta per quanto era stato compiuto e sconvolsero le terre ormai deserte che una volta erano state abitate dai Nani, ma alfine cedettero, sospinti da altri venti e altri desideri nelle terre conosciute e in quelle ancora sconosciute. Tra queste narra la leggenda che sulle loro navi gli Zigar raggiunsero i varchi al mondo là dove la magia non ha valore e scomparvero. Altri invece fecero più volte ritorno per alcuni tempi da quei luoghi, portando con sé oggetti che non appartenevano a Solnem. Nel lungo volgere degli anni però i varchi vennero dimenticati dai più e in tal modo scomparvero.4 Così ebbe termine la prima e sanguinosa guerra e anche l'innocenza delle prime due razze. Gli dei, inorriditi da tante vite dei loro figli andate perdute, li abbandonarono lasciandoli a sé stessi. Finirono così le età dell'oro e furono lunghi anni di miseria e disperazione, anni nei quali la speranza venne nascosta e soltanto la sapienza e la saggezza di pochi Draghi riuscirono a preservare le razze dalla distruzione. In quegli anni gli uomini crebbero e Selvans, all'insaputa degli altri dei, vegliò in modo particolare sui Draghi. Perché in quei giorni da essi dipendeva la sopravvivenza delle altre razze. E Laran e Mania scomparvero come se non fossero mai esistiti.

1 Questo è uno dei rari casi in cui la manipolazione della magia ha indotto nella realtà un cambiamento tale da unire l'essenza alla fisicità in un prodotto di creazione che non ha portato nessun corrompimento alla trama. Ma questo grazie all'opera e agli insegnamenti di Sethlans.

2 Mentre i nani erano fratelli nel patto di sangue sembrava che gli elfi fossero fratelli in Selvans.

3 La conoscenza delle rune, che rimase esclusivamente ai draghi. I nani da allora impararono semplicemente a copiare le rune che avevano già impresso ma non furono più capaci di ricrearle o reinventarle. Narra una loro oscura profezia che un giorno verrà qualcuno in quel popolo al quale sarà ridato un simile dono. Ma ovviamente un simile dono recherà con sé anche una maledizione.

4 Si narra che questo avvenne per un capriccio di Turan. Altri invece pensano che Velthune abbia chiuso i passaggi perché ancora non era giunta l'ora che i due mondi fossero in collegamento. Esistono leggende che parlano di cataclismi che avvennero alla chiusura dei varchi e cancellarono intere civiltà, da un versante e dall'altro del passaggio. Ma le civiltà sono ovviamente scomparse senza lasciare traccia ed a tutt'oggi è quindi impossibile verificare tali affermazioni.

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La quarta era della rinascita

E arrivarono infine i giorni in cui gli uomini, stanchi dei propri limiti presero ad esplorare le terre sconosciute. Giunsero così nel regno dei Nani (dove non trovarono altro che dimore ancora deserte e sconvolte dall'opera di distruzione del popolo Zigar) e in quello degli Elfi. Quindi conobbero per la prima volta gli Zigar e le loro navi che solcavano veloci le acque infinite verso il sorgere del sole. Pochi arrivarono nelle terre degli Gnul e quelli che sopravvissero non tornarono più indietro per raccontare ciò che avevano visto. Infine conobbero meglio i Draghi che in quei giorni erano all'apice del loro splendore e ne ebbero da subito grande timore. I Draghi, che ancora allora erano saggi, furono incuriositi dagli uomini e ne apprezzarono l'indomita tenacia. Ebbero per questo fiducia in loro e giurarono che vi sarebbe stata amicizia tra le due razze. Gli uomini promisero che nelle ere a venire avrebbero rispettato la fiducia e la saggezza riposte in loro. Dopodiché ripartirono nel loro eterno vagabondare, verso altre terre e altre esplorazioni, verso luoghi che allora si diceva fossero abitati soltanto dagli dei. In quell'epoca alcuni uomini si fermarono sulla riva del grande fiume, carico della vita e delle promesse di Turan e assieme all'aiuto di molti tra i figli di Selvans costruirono le mura di una città che da allora venne chiamata Olnemain che nella lingua umana significa Radice nelle Acque. In quei tempi l'umanità conobbe dei grandi re e grande prosperità. Elfi e Nani uscirono finalmente dal loro isolamento e ripresero a viaggiare per Solnem, in quanto si raccontava che gli dei fossero tornati ad affacciarsi attraverso le albe di Sethlans e i Draghi da lui prediletti dimoravano nei cieli, nella terra e nelle acque. Pian piano anzi cominciarono a mutare d'aspetto a seconda del luogo nel quale sceglievano di trascorrere le loro lunghissime esistenze. Velthune aiutò i re degli Uomini ad essere ancora più saggi di quanto essi non fossero e per questo diede loro anche la propria benedizione. Perché negli Uomini vedeva, assieme a molti altri tra gli dei, una nuova speranza di prosperità e pace per quanto aveva creato. Northia su tutto questo vegliava immutabile. Gli anni passarono e le terre ripresero ad essere popolate e a dare molti frutti, mentre la stirpe dei re umani prosperava, fino agli estremi del mondo allora conosciuto, là dove venne fondata, con l'aiuto di alcuni Nani, la fortezza di Tulen, ultimo baluardo dell'ovest. Si narra che tra quei Nani vi fosse ancora qualcuno a conoscere l'arte delle antiche rune e fu così che la fortezza venne edificata resistente contro i venti terribili e le stagioni crudeli che tutto divorano, svettante su un'altura rocciosa che dominava le valli sottostanti. Erano quelli tempi nei quali i re umani si interessarono alle terre di occidente e fecero in modo che esse venissero colonizzate. Vie di trasporto segnarono le pianure deserte e il commercio prosperò. Anche per questo la grandezza della loro stirpe divenne famosa in tutte le terre di Solnem allora conosciute.1 In quel mondo grandioso di commercio e prosperità Laran e la figlia, Mania, ricomparvero. All'inizio gli dei non se ne curarono, pensando che non vi sarebbero state conseguenze.

In quei tempi lo scorrere delle giornate e delle attività delle razze era scandito dal semplice passaggio di Losna e Thesan nel mondo dei mortali e il passaggio dal giorno alla notte era netto e senza tramonto. Fu per questo che Mantus, cacciando un giorno per divertimento nei possedimenti di Selvans e Northia, fu sorpreso dall'oscurità e si perse. Vagò allora a lungo tra i mortali, cercando inutilmente la via del ritorno, ma l'oscurità e i luoghi a lui sconosciuti lo confondevano. Erano parecchie ore che vagava senza meta quando l'oscurità venne squarciata dall'arrivo della luna. E ecco che Losna, accompagnata da Thesan gli passò accanto senza accorgersi della sua presenza e Mantus seguì d'impeto le due sorelle, nascosto dalla notte. Alla fine la luce svelò la sua presenza perchè in quei tempi l'aurora era improvvisa e accecante, quanto la bellezza di Thesan. Mantus ne fu talmente accecato da innamorarsene perdutamente. Le due sorelle capirono di essere state seguite, ma non lo odiarono per questo. Mantus cominciò a seguire dappresso Thesan dovunque andasse. E fu così che Thesan, accorgendosi per la prima volta di provare qualcosa per lui, arrossì di vergogna e compiacimento e il suo arrivo dalle oscurità della notte iniziò ad essere soffuso nell'aurora dal tenue colore di petali di rosa, segno dell'amore che anche lei provava. Losna non si adombrò per questo, ma fu compiaciuta che la sorella avesse scoperto un nuovo sentimento e la incoraggiò. Thesan e Mantus cominciarono allora a viaggiare insieme nel mondo dei mortali e degli immortali, godendo di una felicità che non aveva eguali in quei tempi. Fu allora che la sorella di Mantus, Mania, lo vide e se ne innamorò, come in un capriccio. Ma tale era la sua educazione che l'amore divenne odio glaciale e implacabile per colei che ostacolava i suoi sentimenti. Mania progettò di uccidere Thesan e per questo si fece prestare dal padre Laran arco e frecce, con la scusa di andare a caccia. Il padre personalmente e con gioia le consegnò le armi migliori di cui disponesse, gioielli costruiti dal popolo dei Nani nelle epoche più antiche2. E così Mania, fingendo di andare a caccia, sperava nella sua follia di ottenere un amore che non le veniva corrisposto. Si nascose tra gli sterpi di un campo sin dal calare del sole, aspettando di incontrare Thesan per ucciderla. Quando il sole fece per sparire sull'orlo dell'orizzonte ecco che Losna si avvicinò a dove Mania era nascosta, ma non si accorse di lei e dell'agguato mortale. Subito dappresso sopraggiunsero i due innamorati. Mania, da dove era nascosta sentì subito il rumore delle loro voci e la gelosia sbocciò in lei come un fiore maligno, facendole perdere il senno. Senza prendere la mira si alzò dagli sterpi e scoccò la freccia fatale. Nonostante la mira non accurata l'arma era tale da non poter mancare un bersaglio e non fu Thesan che lei colpì, bensì Mantus che come ogni notte accompagnava l'amata verso il nuovo giorno che sarebbee venuto. La freccia lo prese crudele al cuore, facendolo stramazzare e macchiò il sole al tramonto del suo sangue. Lo sgomento dei mortali fu indicibile mentre il sole spariva all'orizzonde, prendendo fuoco nel sangue del dio morente. Quando Mantus esalò l'ultimo respiro il sole disparve all'improvviso e Losna, accorsagli in inutile soccorso macchiò la Luna di un velo rosso del suo sangue. Da allora il tramonto si macchia del sangue di Mantus, così come la Luna al suo sorgere ed ancora l'arrivo dell'aurora, col suo rosa soffuso, ricorda la nostalgia e la delicatezza dell'amore perduto, monito di quanto la bellezza delle cose nasconda la tragedia del sacrificio alle quali esse alludono.

Rendendosi conto di quale orribile delitto avesse compiuto Mania impazzì completamente e da allora è conosciuta come Veive3, dea della vendetta, in quanto nella sua mente distorta pensa ancora di doversi vendicare di Thesan per l'omicidio del fratello. Tale è la vendetta: illogica e cieca.

1 A questa era appartengono alcune delle opere di fortificazione e trasporto più imponenti e più belle del mondo di Solnem. Se è vero che Elfi e Nani condividono il prestigio e l'orgoglio per la costruzione di Laivor, gli Uomini possono vantarsi delle grandi vie di comunicazione sulle pianure, dei porti marittimi degli Zigar e dell'imponente Tulen.

2 Le armi donate da Laran alla figlia Mania da allora sono state chiamate le armi di Mania. Secondo la leggenda consistono in una faretra e un arco che erano stati fabbricati dai Nani assieme all'aiuto dei draghi nella città di Laivor. Queste armi ovviamente erano ricoperte di rune e avevano proprietà magiche. Pare che l'arco e le frecce si adattassero alla persona che le impugnava, ingigantendone la mira e rendendola infallibile. Nel caso di Mania però tale era la follia che la spinse ad agire che l'arma, confusa dai suoi sentimenti, fallì il reale bersaglio dell'attentato. Dopodichè Mania, rendendosi parzialmente conto di aver ucciso il proprio fratello, abbandonò le armi a terra e scappò via. Pare che le armi siano state messe al sicuro da Sethlans e nascoste in un luogo inacessibile ai mortali, in attesa di una mano degna di impugnarle nuovamente.

3 La leggenda di Veive non si esaurisce qui. Pare infatti che con il nome di Veive la dea sia diventata un'entità crudele e pericolosa nella mitologia, una sorta di demone che cerca di corrompere le anime dei trapassati, per trasformarle in demoni. Così si crede ancora oggi che le anime dei morenti (manes, da Mantus) per morte violenta vengano contese tra Veive e le servitrici di Turan: le Lasa. In tal modo infatti Turan cerca di compensare al delitto commesso dalla figlia. Qualora sia Veive a vincere la contesa le anime possono aggiungersi alla schiera dei demoni (charontes) oppure, in rari casi trasformarsi in sogni e allucinazioni che perseguitano i mortali nelle ore più buie della notte (sinthial). Qualora invece siano le Lasa a reclamare le anime, esse diventano Lares, sorta di icone votive e protettive nel mondo dei mortali.

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La quinta era della seconda guerra (Lo sterminio dei draghi)

Alla fine la stirpe dei re disseccò, nonostante Velthune nulla avesse lasciato intentato per fermare tale follia; ma tale era la natura degli Uomini e delle altre razze che un'altra terribile guerra non poteva essere ancora a lungo evitata. Pian piano i Nani, che erano per breve tempo tornati in superficie, si isolarono nuovamente nelle loro dimore di pietra fredda e così fecero anche gli Elfi, scomparendo nelle fredde foreste del nord e ritirandosi attorno a Laivor. Degli Zigar non se ne seppe più nulla così come dell'ultima razza degli Gnul; questi ultimi soprattutto, quali uadi del deserto che velocemente si prosciughino, in un batter d'occhio scomparvero da ogni terra conosciuta. Le tempeste tornarono a solcare i cieli e il fuoco di Sethlans venne usato nelle profonditò della terra per forgiare a sua insaputa sempre nuove e più terribili armi. In tal modo gli umani utilizzarono le loro conoscenze in una sciocca follia. Nessuno voleva la guerra, ma tutti vi si preparavano, temendola. e infine arrivò il giorno in cui la stirpe dei grandi re si estinse del tutto attraverso il più vile dei gesti: l'infanticidio. Il veleno utilizzato non si era ancora dissipato che già gli Uomini presero a discutere tra loro per decidere chi avesse diritto al potere su tutti loro. Gli dei tacquero addolorati e lo spazio fu breve perché dalle parole insensate si mettesse mano alle armi. E fu il sangue sparso da mano omicida a parlare. In quei giorni tra gli altri si distinse un solo uomo, puro di cuore e di intenzioni e nobile di sangue puro che voleva asservire a sé il potere degli altri Uomini attorno a lui per il bene e la pace di tutti. La sua discendenza proveniva dagli antichi re e gli dava un'autorità e un coraggio che nessuno tra gli umani osava avere. Tale era la sua ambizione che osò chiedere a Turan di intercedere per lui. E Turan, nei suoi infiniti capricci, decise di ascoltarlo perché vide che era un essere di cuore puro e credette fermamente nelle sue parole. Si illuse che soltanto lui potesse fermare il massacro che si stava perpetrando in quei tempi oscuri. Per questo la dea, assunte le sembianze di Phersipnai, si recò da Sethlans e gli domandò, in foggia di sorella e non di amante, di procurarle un oggetto che potesse darle immenso potere tra gli uomini. In tal modo ingannato, Sethlans per compiacerla forgiò un gioiello così come gli era stato chiesto. Turan allora lo prese e lo consegnò subito nelle mani del suo prediletto. E da allora quel gioiello venne chiamato Sirkatel che nell'antica lingua vuol dire "desiderio". E così facendo la dea decretò la rovina di quel mortale. Perché Sethlans aveva forgiato quell'oggetto pensando che le mani alle quali fosse destinato, fossero mani di una dea e non di un uomo mortale. Non appena il mortale mise le mani su quell'oggetto e ne invocò il potere, esso sfuggì completamente al suo controllo e la magia che ne scaturì lo mutò in qualcosa che non era più né uomo, né essere vivente. Ma neppure un dio. Così si dice che sia nato il seme della sua personale follia, nel cuore e nelle brame di quell'uomo, consumato da soverchiante magia. Della purezza di propositi di quell'essere sciagurato nulla rimase, ridotto ad essere schiavo della volontà di avere sempre più potere e di soggiogare ad esso tutto quanto esisteva, fino al punto di diventare egli stesso superiore agli dei. Fino al punto di credersi eguale agli dei e prendere il nome di Artefice dei Sogni. In quei giorni la razza degli uomini fu sconvolta da una nuova guerra delle stirpi, l'una contro l'altra, mosse segretamente dall'Artefice dei Sogni. Questi sapeva come mescolarsi ai mortali, come se appartenesse ancora alla loro razza. Ma in realtà non era più, ne mai lo sarebbe più stato. Nella sua follia credeva che solo aizzando le razze le une contro le altre potesse riportare la pace, attraverso la distruzione completa di alcune fazioni a lui invise. In realtà il suo unico desiderio era il predominio. Intanto il gioiello lo sosteneva e la magia di corruzione e potere che lui stesso ne traeva accresceva la sua fame e la sua stessa follia. Con il gioiello e i suoi travestimenti fomentava l'odio e la guerra. Inutilmente Turan corse ad avvertire gli altri dei di ciò che era successo e del terribile errore che aveva commesso. L'Artefice dei Sogni continuò a diffondere la sua malattia attorno a sé finché non giunse un orribile giorno: il giorno in cui gli eserciti di tutte le razze furono schierati contro gli altri, nell'unica omicida volontà di sopraffarsi: fratelli contro fratelli e razza contro razza. Secoli di conoscenze furono utilizzati in pochi istanti, per semplice volontà di dominio e i Draghi, che cercarono di frapporsi tra le razze per preservarle dalla distruzione, furono essi stessi schiacciati e distrutti da un potere che nessuno di loro avrebbe mai immaginato potesse essere scatenato. Furono infatti cancellati dal potere del gioiello, semplicemente perchè l'Artefice dei Sogni lo aveva desiderato. Egli infatti pensava che i Draghi, quali custodi delle razze, potessero essere un ostacolo alle sue volontà: senza di essi nulla poteva opporglisi in un mondo senza più i suoi stessi custodi. Alcune leggende raccontano invece che egli cercò dapprima personalmente di porli sotto il proprio dominio, ma non riuscendovi reclamò e ottenne l'aiuto di alcuni Uomini. Tale era la loro credenza che il sangue puro e nobile di alcuni della loro discendenza li avrebbe salvati che si macchiarono senza esitazione del più atroce dei delitti. Nell'arco di una sola notte la stirpe dei Draghi fu cancellata. Selvans, per la prima volta, pianse straziato dal dolore di una simile perdita e così facendo scosse il creato, cacciando dai campi di battaglia gli Elfi, facendoli inseguire dai fulmini di Tinia. Perché nulla avevano fatto le razze per difendere i loro giusti confratelli. E così fecero anche altri dei con le loro razze predilette, tutti tranne Velthune che riservò agli umani che si erano macchiati le mani di sangue un'orrenda punizione. Ciascuno di essi fu sepolto come il loro lignaggio richiedeva, in sepolcri sontuosi. Ma ciascuno di essi venne sepolto ancora vivo così che fosse destinato a riposare al margine tra la vita e la morte; per di più non venne dato loro modo di oltrepassare i confini dell'al di là e così rimasero sospesi fra due mondi, mentre con terribile vendetta Velthune richiamava pian piano in quei sepolcri i loro congiunti. Ed essi scomparivano in quelle tombe, anelando raggiungerle come falene attirate dal fuoco di una candela. Si narra che così nacquero i demoni degli antichi re e che da allora essi, consumati dal proprio fato, sorvegliano senza fine i sepolcri delle loro generazioni, condannati per loro colpa a non avere riposo per l'eternità a venire. Anime che desiderano vite mortali e riposo immortale: ma non potranno mai avere entrambe in quanto eterna è la loro condanna.

Come una pianta maligna alcuni tra gli Uomini erano sopravvissuti all'ira degli dei e avevano continuato incuranti a combattere tra loro per il possesso del Sirkatel. Per questo molti di loro scomparvero nel mondo dove la magia non ha valore e non se ne ebbe più notizia alcuna. Nell'arco di una sola notte i Draghi avevano cessato di esistere. Quando Selvans si fu ripreso dal dolore e pretese che Velthune finalmente si muovesse per ottenere giustizia per quanto era successo dall'Artefice dei Sogni. Questi prevenne la punizione circuendo una donna del suo seguito e facendo in modo che lei stessa, senza saperlo, custodisse il gioiello, di modo che se gli dei lo avessero preteso indietro da lui, egli avrebbe potuto tranquillamente mentire, negando di averlo più nelle proprie mani. Tale era la stoltezza delle sue proposizioni e la corruzione del suo essere, stregato dalla promessa di quel tremendo potere. Ma Turan, anche per riparare all'errore fatto, capì l'inganno e prese la donna sotto la propria protezione inviandola subito là dove la magia non ha valore. Da allora si persero le tracce sia del Gioiello che pure dell'Artefice dei Sogni, il quale da esso aveva tratto la rovina. Narra la leggenda che l'improvvisa mancanza del gioiello avesse prostrato i suoi poteri e allontanato da lui i suoi stessi alleati, riducendolo a poca cosa, priva di alcun potere, ma soltanto ricca di brama. Solo allora Selvans ritenne di spogliarlo totalmente dell'umanità e così ritenne pagato il prezzo dello sterminio dei suoi figli della stirpe dei draghi. L'Artefice dei Sogni divenne tale e quale ai demoni degli antichi Re: sospeso tra una vita che non era più sua e una morte che non poteva neppure sperare di anelare. Intanto il Sirkatel, seppure confinato là dove la magia non ha valore, trasmise durante il passaggio tra i mondi parte dei propri poteri alla donna alla quale era stato affidato. Dopodiché mutò in un oggetto apparentemente privo di magia, come succede per tutto quanto arrivi in quel mondo. Alcuni affermano che fu Turan stessa, attraverso il suo dono di fertilità, a provvedere che per quei poteri fosse assicurata una discendenza, poiché il Sirkatel era tale da poter scatenare alla fine la guerra ultima della distruzione1.

1 A dire il vero l'interpretazione di quest'ultima parte di scritti è abbastanza confusa. Alcuni traggono giustificazione dal fatto che, proprio con il passaggio nel mondo dove la magia non ha valore, è difficile definire dove possano arrivare i poteri di una dea come Turan. Alcuni, seguendo questa logica, affermano che non sia semplicemente possibile quanto viene affermato negli scritti. Probabilmente le interpretazioni più ottimistiche potrebbero appartenere a trascrizioni eseguite da devoti della dea Turan e che pertanto, onde non far apparire sotto cattiva luce l'oggetto del loro culto, abbiano manipolato i fatti in maniera a dir poco opportunistica.

Inviato

Preludio alla sesta era della profezia, fino ai giorni odierni

Il tempo passò e i superstiti della razza elfa tornarono a Laivor, senza che Selvans si opponesse a ciò. I Draghi erano stati e ormai nel tempo erano diventati essi stessi leggenda. Le loro dimore vennero occupate parzialmente dagli Elfi che pian piano si dimenticarono che i Draghi fossero mai esistiti. E le leggende vennero dimenticate. Ma non quella che ancora narra di un giorno nel quale il gioiello tornerà nei luoghi in cui è stato creato per recuperare i propri poteri e allo stesso tempo farà risorgere la brama dell'Artefice dei Sogni, la cui discendenza porterà nuovamente morte sul mondo dei viventi. Solo allora la disperazione e il rischio mortale sveglieranno dall'estinzione la stirpe dei Draghi, custodi del futuro e delle ere a venire. Essi saranno nuovamente liberi di solcare i cieli di Solnem nella terza guerra, ove sarà posto il peso degli dei e delle razze sulla bilancia tra la vita e la distruzione totale. Si narra che nella notte dello sterminio dei draghi il dolore di Velthune e i suoi gesti inconsulti dall'ira furono tali da riscuotere Northia dalla sua esistenza, Ella, sentendo il dolore del fratello e scossa dai suoi lamenti, gli mostrò per un'unica volta il futuro, mettendo così fine ai suoi lamenti per la perdita della stirpe dei draghi. Alcuni dicono che la profezia non era chiara: se dovesse prevalere la vita vi sarà finalmente l'alba della sesta era su Solnem e saranno gettate le basi perché il mondo dove la magia non ha valore venga riunito al creato originale e si completi con l'essenza che non ha mai posseduto, ma della quale riserva ancora memoria. Ma se ciò non dovesse avvenire la distruzione prevarrebbe e l'Artefice dei Sogni acquisterebbe un potere quale mai è stato visto su Solnem e sarebbe egli stesso superiore ad un dio, causa di distruzione e di annullamento per tutti i viventi. Solo allora gli dei capirebbero che la punizione comminata all'Artefice sarebbe stata il seme maligno delle ere future: sospeso tra vita e morte, incapace di toccare ambedue le rive, la sua brama del gioiello lo avrebbe sostenuto verso il suo ultimo desiderio. Questo quindi è il monito di Northia ai suoi fratelli: un giorno non lontano nel tempo degli dei il gioiello del desiderio farà ritorno e l'Artefice dei Sogni lo vorrà ancora con tutto il proprio essere contorto. Per questo Turan stessa, a punizione del suo terribile inganno, veglia senza fine sul passaggio tra Solnem e il mondo dove la magia non ha valore. Aspetta che un giorno una delle discendenti della portatrice del Sirkatel (o gioiello) torni indietro a segnare il principio di una nuova battaglia tra ciò che vive e ciò che tutto appassisce, volendolo racchiudere nel suo insaziabile dominio.

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