ectobius Inviata 13 Settembre 2012 Segnala Inviata 13 Settembre 2012 “… Per la debolezza della memoria non sappiamo O li conosciamo? ma vorremmo dimenticarli La causa, il motivo, la radice della colpa La tana da cui è uscito il lupo Per darci la caccia”. Piove, fitto. Una luce bigia filtra tra gli alberi alti e spruzza lividi bagliori sulle rocce nere, bagnate, al lato destro della strada stretta in ripida salita Il lato sinistro è nebbia grigia… abisso… palude di corrotti vapori. Tornanti in successione. Ho la nausea nell’auto eccessivamente molleggiata che s’inerpica sul costone dalla valle che avevo risalito tanti anni prima… Che l’impiegato aveva definito “a casa di Dio” indicandomela, in un punto lontano e più scuro, su una carta geografica polverosa alle sue spalle. Andai alla valle a “casa di Dio”! Un passo importante nella mia vita… cambiava tutto per la prima volta. Il posto, che doveva essere inospitale, stando all’espressione di quel viso annoiato d’impiegato. Lo avevo immaginato dalle strade con pendenze impossibili che avrebbero messo a dura prova la mia ‘cinquecento’ colma di ogni mio avere e di speranze. Era pianeggiante invece, la strada, e incantevole tutto questo posto. La cinquecento procedeva allegra, e le terribili salite che mi aspettavo di dover affrontare da un momento all’altro, non si presentarono mai. Una vallata larga e luminosa con prati che erano immense tavolozze verdi a lato della strada Sulla destra, in fondo, le montagne alte con le cime candide contro un incredibile cobalto di cielo. Da quest’altra parte, sulla sinistra, montagne senza cappuccio bianco e coltivate a terrazzo L’aria così inconcepibilmente tersa da rendere trasparente il verde delle viti, tanto che quasi potevo distinguere i grappoli d’uva ancora acerba. Afrore di ***** di vacca e profumo di fieno Un dono alle mie narici campagnole già avvezze al fumo delle bruciate stoppie Cominciavo a sentirmi libero… spensierato Cacciavo e stipavo in cantina tutto quanto mi aveva da sempre angustiato. Si ricominciava! Arrivavo ancora imbozzolato, ma sentivo i primi scricchiolii nel guscio, pronto a dare l’addio all’insulsa vita larvale… fino ad allora. Pronto a sfarfallare stupefatto su un itinerario di vento Fosse stato anche il destino di un giorno… da efemerottero! Ero pronto! Tutto gridava il benvenuto, e mi inebriavo, esaltavo di libertà. Quanta generosità! Dovevi solo allungare la mano e prendere, a man bassa, ma… ma solo ancora non sapevo che anche nelle più favorevoli condizioni occorre talento nel prendere… e abilità… e stile soprattutto!... si rischia altrimenti di mandare in vacca tutto. E perderò anche questa occasione. Ora strani odori penetrano le mie narici e l’abitacolo dell’auto Accentuano la nausea fin quasi al desiderio di vomitare mentre la nebbia, una nebbia fitta, risale dalla palude e invade venefica la strada. Accendo i fari. Un paesino quasi disabitato… questo lo sapevo Ma adesso sembra un cimitero con le tombe raggruppare strette in un abbraccio mortale. C’è da percorrere ancora un tratto di strada, sterrato e pianeggiante. Ed ecco la casa! Silenziosa e tanto desiderata Lontana dal chiasso, dalla folla, Compare e scompare Ondeggia nella nebbia che fluttua umida e bassa sulla strada. Inquadrato dai fari un uomo! In camicia bianca con questo tempaccio!… si presenta visione improvvisa come si fosse materializzato lì per lì Mi inquieta la visione che cammina a braccia levate. Manco mi vede, lui. Ma che va facendo?… Prega, forse… No! Impreca… Maledice! Ne sono certo! Sorto nella nebbia dal fondo in decomposizione sputa al cielo senza stelle Ideogramma che non riesco a decifrare, e che poi, come s’era concretizzato, d’un tratto scompare alla vista Cerco inutilmente di ritrovarlo nello specchietto retrovisore sulla strada degli sprovveduti, degli imbecilli… dei pazzi… che è la sola mia strada e non so più cosa ci faccio qui. Ma sì… a fare il punto! Sono qui per fare ordine… su tutto quello che ho fatto, conosciuto, sentito… devo scovare una logica… poi si vedrà! Cosa? E avanzo barcollando in questo labirinto polveroso della memoria seminato di trabocchetti, e che qualcuno disse “nove parti di delitto ed una di noia”… e che è anche… L’angoscia!… L’ho cominciata a provare molto presto io, l’angoscia!… Fin dalla culla. Non ci credete? Io ce l’ho stampata qui!, io nella culla e la stanza lugubre con una fioca luce da notte… Ombre lunghe inquietanti… un ritmico russare che svolazza ad altezze variabili Intuisco in qualche modo che qui non volevo esserci… non avevo chiesto di esserci… E piango forte che è l’unico mezzo per protestare. Il rifiuto è radicale Un rifiuto totale! Quello che nessuno vuol capire… il rifiuto che forse fu di tutti e che tutti hanno poi cancellato dalla memoria come una bestemmia. Angoscia e protesta Oscuramente me li sono trascinati dietro fino ad età adulta Incubi di notte e di giorno ingozzato perché divenissi. Ma è possibile divenire dopo aver introitato il rifiuto originale?… il peccato originale? E non sono divenuto, infatti! Mi fanno pena quelli che divengono. Ora questo viaggio nel luogo che fu vita e morte… una decisione balorda presa così… di botto. Non più voglia di scappare… non fuga… le fughe che finiscono sempre in cacca Voglia di purificazione una volta per tutte. Catarsi! Sulla soglia, sotto la pioggia Due lampi in rapida successione lacerano la volta nera del cielo e illuminano tutto di una luce livida Rombo possente di tuoni. Sì, l’umore è cupo!, ma non esageriamo!... non sono all’ingresso del castello di Dracula. In un intervallo del frastuono di tuoni e pioggia percepisco note musicali Disordinate disarmoniche Provengono dall’interno della casa che dovrebbe essere disabitata. Ho spalancato la porta. Accozzaglia di suoni Sembrano accordi di strumenti in attesa di un concerto E una strana disordinata quadriglia è diretta, in uno strano francese e dall’alto di uno sgabello altissimo, del tipo di quelli per arbitri da tennis, da un giovane dalla barba nera che sembra un avvoltoio. I danzatori, numerosi, disposti in cerchio, hanno poco di umano. Sono piuttosto un ammasso viscido di pelli cascanti. Al mio arrivo la musica cessa di botto. Mi stavano aspettando! Si sospendono le danze e un applauso frenetico scoppia E grandi sorrisi che sono in verità più simili a ghigni su raccapriccianti fisionomie E sguaiati sghignazzi. Una ragazza con copricapo peruviano fa girare uno spiedo sulla brace del gran camino (strano!… non lo ricordavo così grande il camino) e unge la carne di quando in quando Mi volge le spalle, la ragazza, e copre la luce del camino così che non riesco a vedere cosa sta arrostendo con tanta cura. Quando infine si sposta, sulla brace vedo. Una capra è infilzata su un enorme spiedo…intera... compresa la testa E ha occhi sbarrati del colore della brace, e la bocca semiaperta mostra denti aguzzi e minacciosi. Si è girata, la ragazza, mi ha visto, è rimasta inespressiva Non ha fatto alcun cenno ed è ritornata alla sua occupazione di cuoca. Poi un “BASTA!” urlato dal giovane e tutti si sono disposti, orribili, a semicerchio lungo le pareti della sala Le bocche serrate e gli sguardi fissi su di me. Il giovane è sceso dallo sgabello e, partendo esattamente dal centro di quel semicerchio, si è diretto verso di me Quando è arrivato a distanza da potermi toccare, ha teso a scatto il braccio destro e mi ha piantato violentemente l’indice irrigidito sul petto costringendomi ad indietreggiare, finché le cosce non hanno avvertito il bordo di una sedia sulla quale sono caduto pesantemente. La sedia era stata sistemata alle mie spalle da un vecchio grasso e dal viso informe senza tratti fisionomici E quando mi sono voltato a guardarlo il vecchio ha esibito spudoratamente, tra tutta quella pelle cascante, un largo grottesco ghigno Poi ha raggiunto gli altri immobili statue di cera, per divenire anch’egli cera nell’informe ammasso di fronte a me. Si sono radunati i fantasmi! Maschere raccapriccianti! Una vecchia sdentata sogghigna da una carrozzella in un alone acre d’urina… un livido feto… un bambino strabico… la ragazza con la cuffia peruviana con viso acceso ed occhi iniettati… un vecchio con fucile e dall’espressione ebete… l’ammasso informe di pelle pallida del vecchio grasso… un uomo di gesso… la capra… Una pupilla dilatata come un pozzo Decerebrata riflette l’immagine d’un volto pallido, terrorizzato, terreo sotto il peso di colpe e sofferenze. Uno scheletrico uomo con la barba sussurra: “Regalatemi un po’ di eutanasia”. La matta del villaggio avvolta in un saio senza forma, porta le mani nei capelli unti Gli occhi lucidi mi guarda Io la guardo come se solo da quella parte possa arrivare un impossibile, disperato aiuto. Ho paura! Improvvisa come un uragano è giunta la notte della resa dei conti! Il mio futuro ne rimarrà imbrattato… per sempre. Sapevo di portare dolore… come un alone La mano brancola alla ricerca di una consistenza amica… si stringe nell’aria. Sul pavimento i mille spezzoni di un film chiedono la logica di un montaggio… chiedono si dia loro un senso… Alla rinfusa sul pavimento lo spettacolo confuso, indecifrabile di una vita. Tutto è compiuto! L’idea del peccato non m’abbandonerà più ormai… Un ragno! Come un ragno mi porterò sempre dietro la sottile bava… traccia di sofferenza. E sono stanco. Interpreto… in qualche modo: “E’ giusto… in qualche modo… Eccomi!... Condannatemi!” Il film continua a proiettarsi. Dal profondo affiorano ancora immagini… Non si potrà mai scrivere la parola “THE END”: “Condannatemi!”. Nessuno parla… anzi distolgono lo sguardo da me e incominciano rumorosamente a unire i tavoli per formare la grande tavolata. Ridono, bisbigliano… Ridono e non mi rivolgono più uno sguardo… come non ci fossi… Io!, ridicolmente seduto al centro della sala. Solo la matta del villaggio è ancora al suo posto e continua a fissarmi col suo sguardo scintillante, probabilmente caricato dall’alcool. Passano alcuni lunghissimi minuti e la paura rabbiosa si è trasformata in disappunto per essere stato così trascurato Non riesco a togliermi da quella posizione di gogna apparentemente ignorata. Sono come paralizzato quando la matta mi si avvicina con la sua andatura zampettante Mi prende per mano Mi spinge letteralmente verso l’uscita Sono fuori con lei che ha chiuso la porta alle sue spalle. La guardo, le sorrido. “Non capisco più nulla”, le dico. Ma lei già corre a perdifiato inseguita da se stessa. E fuori io, ora. Senza pazzia Umiliato e incerto se andar via o rientrare Impormi all’attenzione di quella platea di fantasmi… un discorso razionale… chiarificatore Ma cosa c’è da chiarire?, se tutto è sempre opinabile? Comunque mi avvio lentamente sulla strada della matta A testa bassa, assorto Ma d’un tratto mi sembra di udire alle mie spalle un rumore di passi e degli sghignazzi. Mi stanno inseguendo! Accelero il passo… infine è corsa Su un prato stranamente imbiancato di neve. Intravvedo ombre dal paese. Sono loro! Ho poco tempo…non ce la farei a raggiungere l’auto parcheggiata nel garage… la serranda è semisepolta dalla neve… All’improvviso tutta questa neve Neve recente, tanta… È facile che ci sia neve qui in questa stagione, ma così!… e così stranamente improvvisa… solo pochi minuti prima non c’era… La strada è laggiù, non proprio a pochi metri in basso… ci arriverò in breve attraversando il lungo tratto di prato scosceso, in fretta nonostante le scarpe poco adatte e quel terreno scivoloso. Sono in camicia… bianca! Scendo veloce il prato digradante nonostante inciampi spesso slittando sul fondo scivoloso con quelle maledette scarpe non adatte I piedi e i pantaloni nell’acqua. Raggiungo la strada in equilibrio instabile braccato da presso dalla muta… Sopraggiunge una specie di trattore con un solo faro dalla luce fioca… A quell’ora? Un trattore! A braccia levate… prego?… maledico?... Mani in alto! Non può evitarmi! Un urlo dall’alto del trattore ed un botto sordo, nemmeno tanto forte: “MA DA DOVE ***** È SBUCATO?…MA CHI È?”. E il silenzio… finalmente.
ectobius Inviato 18 Settembre 2012 Autore Segnala Inviato 18 Settembre 2012 ... e un breve commento? Ci terrei.
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