Latarius Inviato 14 Luglio 2016 Segnala Inviato 14 Luglio 2016 (modificato) Essendo il thread in evidenza suppongo che nessuno verrà a picchiarmi fin sotto casa per averlo riesumato. Ma in ogni caso è cosa buona e giusta continuare la tradizione. Porto uno dei pg che mi ha servito molto bene per una campagna durata quasi due anni, ha fatto una fine gloriosa dopo aver retto da solo un boss per poi finire ammazzato da un alleato quando aveva circa 3HP. Ma faccio una premessa (come se questo non bastasse): Umano draconico (non quello ufficiale, ma una versione homemade del master per l'ambientazione) - Bardo\Warblade - CN Il nome è una citazione ad un libro\personaggio che ho amato, Jack of Shadows di Roger Zelazny. La ballata a cui si fa riferimento nel BG è un'altra citazione ad un libro, o per meglio dire alla serie di romanzi de La ruota del tempo, dove appunto si cita il personaggio di cui sopra. Cit-inception insomma :V Comunque a parte questo è tutta farina del mio sacco. Vi metto la ballata (quella del libro) in spoiler, se siete curiosi. Spoiler We’ll drink the wine till the cup is dry, and kiss the girls so they’ll not cry, and toss the dice until we fly to dance with Jack o’ the Shadows. We’ll sing all night and drink all day, and on the girls we’ll spend our pay, and when it’s gone, then we’ll away, to dance with Jack o’ the Shadows. There’s some delight in ale and wine, and some in girls with ankles fine, but my delight, yes, always mine, is to dance with Jack o’ the Shadows. We’ll dance all night while the moon runs free, and dandle the lasses upon our knee, and then you’ll ride along with me, to dance with Jack o’ the Shadows. We’ll toss the dice however they fall, and snuggle the girls be they short or tall, then follow young Mat whenever he calls to dance with Jack o’ the Shadows. La vita non è mai facile per nessuno e Jack di certo non fa eccezione, infatti il marchio dell'antico retaggio draconico ha influenzato la sua vita fin dalla nascita. È nata all’interno di un piccolo villaggio sorto all’incrocio di due vie commerciali, l’ignoranza e la superstizione hanno fatto si che quel simbolo di grandezza fosse interpretato come un qualcosa di malvagio, come un qualcosa di demoniaco, un essere più mostruoso che umano. La sua famiglia, o per meglio dire, la coppia di umani che l’aveva messa al mondo possedeva una locanda in città dove si fermavano i mercanti ed i viaggiatori in transito. Non si sa perché loro non si siano liberati di quella loro figlia “maledetta”, ma suppongo che in fondo ne avessero persino paura; comunque la relegarono nella mansarda della locanda. La relegarono lì e non le permisero mai di uscire, per terrore che qualcuno la vedesse e che il loro “sporco segreto” venisse a galla. Il padre in particolare, che eccedeva spesso con l’alcol, era solito maltrattare la figlia quando qualcosa gli andava storto, nella sua mente distorta era lei ad attirare le sciagure. Un giorno, la locanda era quasi finita incendiata a causa di una furiosa lite scatenata da un gruppo di mercenari ed il padre, al termine della giornata, salì dalla figlia per scaricare su di lei la sua ira e frustrazione. Ma quella sera quel piccolo essere rinchiuso nella mansarda reagì a quegli occhi iniettati di sangue e folli per l’ira, per la prima volta tentò di difendersi. Ma a causa della sua inesperienza non sapeva come dosare la forza e come usare quegli artigli, così colpendo a caso ferì l’uomo alla gola, mentre il “padre” crollava a terra in una pozza di sangue lei, terrorizzata, cominciò a correre (vestita unicamente di una lacera sottoveste) lontano dalla locanda e dalla città. Continuò a correre lungo la strada fin quando le ginocchia non le cedettero e solamente allora si abbandonò ad un pianto isterico ed incontrollato. Non aveva neanche quattordici anni, a stento era in grado di parlare e non sapeva nulla di quel mondo oscuro ed immenso che ora la circondava, la madre infatti a stento i rudimenti della comunicazione le aveva insegnato. Durante gli anni alla locanda l’unico suo divertimento era quello di ascoltare, con l’orecchio premuto al suolo, le ballate e le canzoni dei menestrelli che si fermavano alla locanda. Ogni volta che ne sentiva una, non avendo altro da fare, cominciava a ripeterla all’infinito fin quando non ne sentiva un’altra; anche se non capiva cosa volessero dire. Mentre piangeva venne vista da un uomo, quasi un vecchio, che si dirigeva verso la città che lei aveva abbandonato. L’uomo si fermò, indossava abiti sgargianti e portava un flauto appeso al collo. Provò a calmarla a lungo e vi riuscì solamente quando prese il flauto e cominciò ad intonare un motivetto; il motivetto di accompagnamento della ballata preferita dalla giovane, Jack delle Ombre. Quando si calmò lui gli chiese cosa fosse successo e lei gli fece capire un po’ a gesti ed un po’ a parole quello che aveva fatto, il vecchio per tutta risposta le sorrise ed alzando le spalle le disse di seguirlo. L’uomo si prese cura di lei e nel corso degli anni le insegnò per prima cosa a parlare ed a scrivere una moltitudine di lingue diverse, poi le insegnò a cantare ed a suonare ogni tipo di strumento, le trasmise una caterva infinita di poemi e ballate che lei non conosceva. Le insegnò anche a difendersi ed a raggirare il prossimo. Il vecchio cercò anche di trasmetterle la sua visione del mondo, essendo un uomo profondamente buono, ma l’animo di lei si era già chiuso ed indurito. Con il tempo il vecchio si ammalò e lei che in tutta la sua vita si era sentita legata unicamente a quella persona si prese cura di lui, come una volta lui aveva fatto con lei. Ma lui non si riprese mai più e continuò ad indebolirsi fino ad esalare l’ultimo respiro, lei senza versare una lacrima raccolse quel corpo ormai così leggero e lo seppellì insieme ai suoi amati strumenti. Quando le viene chiesto il nome la risposta che concede è: Jack o Jack delle Ombre se vuole creare interesse. La sua vita alla locanda è una parte della sua storia che intende dimenticare ed assumere quel nome è il suo modo per passare “una mano di bianco sulla tela e ricominciare”, tanto più che non le è mai stato assegnato un nome vero e proprio. Jack è un’umana (circa) profondamente cinica e senza alcun rispetto per i valori umani. Deride gli uomini credenti e sfrutta l’ingenuità delle persone che credono nell’onore e nella lealtà. Non è malvagia, solamente egoista e menefreghista. L’unica cosa che ha valore per lei è la sua vita, la sua libertà e la sua musica… gli altri sono esseri da usare per sopravvivere e per raggiungere i suoi scopi, quali che siano. Jack è una persona seria e severa che non da confidenza a nessuno, non si lascia intimidire e risponde velenosamente alle provocazioni. Ovviamente è perfettamente in grado di adattarsi alle situazioni e di modificare il suo modo di comportarsi in base alle necessità. L’aspetto di Jack è tanto appariscente quanto lei è riservata, la prima cosa che salta alla vista sono i capelli di un viola acceso e gli occhi. Le pupille infatti sono color giallo\oro e le iridi sono verticali e molto affilate, al punto che sembrano quasi delle lame; come quelle di un drago. Sul viso affilato vi sono alcuni tatuaggi del medesimo colore dei capelli: una piccola striscia verticale sul labbro inferiore ed alcune saette stilizzate sotto l’occhio sinistro. Sul lato destro del viso indossa una maschera nera di merletto e piume di corvi, un lungo orecchino argentato pende invece dall’orecchio sinistro. Anche gli abiti sono in linea con il resto del suo aspetto. La cotta di maglia è celata alla vista da una giubba in cuoio nero formata interamente da stringhe e strisce di cuoio che si intrecciano, una cappa violacea pende sulla spalla sinistra ed è agganciata sull’altra spalla grazie ad una vistosa spilla che fa risaltare il colore degli occhi. Sotto indossa un pantalone di pelle nera aderente e stivali alla moschettiera in cuoio nero alti fino al ginocchio. Dei guanti scuri coprono le mani e gli artigli che stranamente hanno una tonalità violastra come i capelli. Un grosso liuto con dei rinforzi in metallo è appeso alla sua schiena ed un corno d’osso è agganciato alla cintura, sempre da questa pendono anche due armi: una scimitarra ed una sorta di grosso pugnale ricurvo. P.S.: L'aspetto particolare è appunto dovuto al colore del drago da cui discende. Modificato 14 Luglio 2016 da Latarius 1
Pau_wolf Inviato 27 Luglio 2017 Segnala Inviato 27 Luglio 2017 PANTHER OAKWOOD (Lama iettatrice) Verso i 16 anni, Panther ha scoperto di possedere dei poteri magici. Poteva manipolare il caso per fare capitare piccoli incidenti ed effettuare altri piccoli trucchetti. Ben presto imparò a controllare questi poteri, ed iniziò a tiranneggiare il suo villaggio nativo. I contadini superstiziosi erano spaventati da lui, non osavano minacciarlo ma misero al rogo i suoi genitori, ed isolarono Panther come iettatore. La cosa non lo disturbò affatto, ed egli continuò ad essere trattato come un sovrano. Verso i vent'anni, stanco di quella vita senza stimoli, Panther si arruolò nell'esercito ed imparò ad utilizzare le armi. Venne inserito in un corpo speciale, i Cavalieri della Spada Rossa, il cui scopo era utilizzare la spada e la magia per aprire un varco alle truppe regolari. Per aver impiegato mezzi brutali (come la tortura e i veleni) sui suoi nemici, Panther venne quasi espulso. I suoi superiori riconobbero la sua utilità, per questo non lo congedarono, ma lo sospesero per un anno. Ora, desideroso di continuare a combattere per scacciare la noia, Panther si è unito ad un gruppo di avventurieri. Note interpretative: Panther è egoista, assetato di battaglie, viziato. Utilizza la magia per minacciare e spaventare gli altri e continuare ad ottenere ciò che vuole. Il fatto di appartenere ai Cavalieri della Spada Rossa (anche se è stato espulso) è per lui fonte di orgoglio. Non ama tenere a lungo il proprio equipaggiamento, preferisce buttare via ciò che non gli piace più, sicuro che otterrà in un modo o nell'altro delle nuove armi.
Plettro Inviato 27 Agosto 2017 Segnala Inviato 27 Agosto 2017 (modificato) Gruzag il pallido Mezzorco/Guerriero Sono passati 100 anni da quando Zarok ,il bisnonno di Gruzag, devastò Porcrastia, massacrò i suoi abitanti e rese schiave innumerevoli donne... E dopo svariati giorni ottenne da loro un perfetto orchetto dalla perde verde: Morkvag Morkvag il futuro padre di Gruzag, divenne capoclan degli "Spezza-Ossa" il quale figliò con una orchessa, che diede alla luce Gruzag un'orripilante orco dalla pelle chiara, dopo ciò Morkvag si appellò agli sciamani del villaggio, una maledizione divina? No. Ciò che non sapeva Morkvag era che anche lui stesso era un mezzorco però il suo lato umano era stato soppresso dai geni orcheschi di Zarok a differenza del figlio... Morkvag decise di scacciarlo, ma prima l'avrebbe sottoposto a un test. Se Gruzag fosse riuscito a battere il padre, sarebbe potuto rimanere al villaggio... Gruzag venne sconfitto e scacciato dalla tribù eda quel giorno Gruzag si allena da tutta la vita... Non è forte quanto un'orco... Ma è più abile Modificato 27 Agosto 2017 da Plettro
New One Inviato 27 Agosto 2017 Segnala Inviato 27 Agosto 2017 Attenzione, Wall of text! Leggete a vostro pericolo. Non c'è molto da dire su questo personaggio, se non che mi sarebbe piaciuto giocarlo più a lungo. I primi ricordi che ho sono confusi, incerti. Un paio di volti che qualche volta sorridono, altre parlano, altre ancora mi guardano, in silenzio. Poi il buio, fino ad arrivare ad Allanol. Allanol è il nome di una specie di orfanatrofio, una struttura che si occupa di allevare trovatelli e bambini di strada, o meglio non farli morire di stenti e curarli quando si ammalano con qualche coperta calda e del brodo. I più piccoli, come me, sono fortunati, hanno un lettino per loro, finché non diventano troppi. In quel caso i lettini diventano sovraffollati, ma non rifiutano mai nessuno. Quasi. Era la signora Hellen a occuparsi di noi, a guardarci perché non ci facessimo male quando giocavamo e a mandarci a letto quando era tardi. Nel frattempo ci osservava e ci studiava, cercando di capire per quali mestieri eravamo versati, quali doti potevamo possedere che ci avrebbero aiutato lì fuori. Doveva avere una grande esperienza, ma con me fallì. In effetti, non sapevo neanche io cosa si nascondeva dentro di me, e posso dire di non averlo ancora capito con pienezza, né se un giorno ci riuscirò. L'altra grande figura del mio soggiorno a Allanol è stato Patrick, un allampanato uomo di mezza età, a cui mancavano delle dita della mano destra e aveva cicatrici dappertutto. Da bravo bugiardo qual era, ci raccontò storie di inganni e eroi, in cui spiegava il significato di ogni graffio che portava, e disse che le dita le aveva perse in un duello per la mano di una principessa che amava. Era bravo, devo ammetterlo, non credo che ci raccontò mai due storie diverse sulla stessa cicatrice, ma le sue doti non finivano qui. Per costituzione, ero più agile e svelto di molti dei miei coetanei. In breve, venni indirizzato da lui da Hellen e iniziai a rubacchiare. Inizialmente erano giochetti di prestigio con le carte, o nascondere una pallina, prendere un paio di occhiali senza che se ne accorgesse, e così via, ma non arrivai mai a rubare sul serio. Il mio talento emerse prima. Avevo il controllo sull'etere, qualcosa di molto simile alla telecinesi. E' un potere innato, che però può essere migliorato a forza di allenarsi e che, soprattutto, non sembra essere comune. Potevo e posso sollevare piccoli oggetti, manipolare serrature, fare piccoli dispetti, ma al costo di sfinirmi mentalmente e, a volte, di rischiare la vita. Uno sforzo molto grande debilita fisicamente, ma col tempo ci si abitua, anche se gli effetti non spariscono mai senza una notte di riposo. A un certo punto me ne andai da Allanol. Come tutti, mi fu dato come cognome il nome del posto, mentre tenni il nome che farfugliavo al mio arrivo, Efreil. Un bel nome, se mi è concesso ammetterlo. Ho paura di dilungarmi troppo, quindi, in breve, viaggiai, mi spaventai, usai i miei poteri, fui catturato, scappai, scappai ancora, non sempre in quest'ordine, finché non arrivai in una comunità elfica, che mi accolse in maniera contrastante. Una parte mi ignorò, l'altra, mossa forse a pietà dal mio aspetto di vagabondo, mi aiutò a riprendermi e mi insegnò a difendermi, come se fosse spinta da un sentimento di fratellanza ad aiutarmi. Sentimento che iniziai a capire quando le mie origini furono rese note. Parte del mio sangue era umano, ma l'altra parte era elfico. Una fortuna, tutto sommato, che condividessi un legame con i miei salvatori. Mi diedero un'arma e mi insegnarono a usarla, mi aiutarono a trovare un luogo da cui ricominciare, ma non mi chiesero mai di rimanere lì con loro. Forse li spaventavo un po', o forse, sotto sotto, non gli piacevo proprio. A quel punto avevo i mezzi per viaggiare e un motivo per trovare il mondo un luogo interessante. Mi diressi alla prima città per iniziare le ricerche sulla mia famiglia, ma le lasciai perdere dopo poco tempo. Avevo trovato di meglio. Iniziai a frequentare gruppi di persone, a sfidare pericoli, a sentirmi migliore di molte altre persone, immerse nella loro vita quotidiana così banale. A volte rubacchiavo un anello o un monile, ma mai nulla di veramente prezioso, giusto per rimanere in esercizio. Non ne avevo bisogno, e non volevo finire nei guai per così poco. Se uno deve proprio andare a cercarsele, tanto vale farlo con stile e per qualcosa che ne valga la pena. Le mie capacità migliorarono ancora, e migliorano tutt'oggi. Vi faccio ricorso per tutto, dal pagare una bibita allo spedire un pulcioso goblin giù per un burrone. In città devo trattenermi, non posso spedire un tavolo su per il soffitto solo perché l'oste mi ha fatto uno sgarbo. O forse si, se mi fa veramente arrabbiare. Chiedetelo pure a Alka, l'oste del Goblin Assonnato. Dopo che si trovò la locanda scoperchiata dal suo bancone iniziò a trattare gli ospiti molto meglio. Lì per lì mi divertii, ma in cella trovai le prospettive molto meno buone del previsto, anche se ne uscii. Io e le leggi non andiamo molto d'accordo. Tanto per cominciare, le leggi si applicano solo alle persone comuni, con un paio di braccia, gambe, e una testa messa lì per bellezza. Non riguardano espressamente un telecineta, ma secondo molti si dovrebbero applicare anche a me. Un po' come dire che un cane dovrebbe saltellare, invece che camminare, perché altrimenti turba l'equilibrio interiore della folla. Provate a legargli le zampe, e vi morderà. Così faccio io. Adesso? Beh, adesso ci sono solo io. In una caverna. Avevo un pezzo di carta nello zaino e un carboncino in tasca, per cui mi sono messo a scrivere la breve storia della mia vita. Perché? Beh, la leggenda sul mostro delle caverne sembra essere più concreta di quello che immaginassimo. Eravamo in quattro prima di entrare qui dentro, un paio li ho persi di vista e l'altro è qui a terra, morto. Spero che questo non sia l'epilogo della mia storia, e lotterò perché non lo sia, ma lascerò qui questo foglio, in questo anfratto, in modo che chiunque venga dopo di noi a esplorare queste caverne sappia chi sono, o chi sono stato, se le prossime ore andranno male. Se così sarà, peccato. Sembrava l'inizio di una bella storia. Efreil Allanol, mezzelfo telecineta
Narel Jarvi Inviato 7 Febbraio 2019 Segnala Inviato 7 Febbraio 2019 (modificato) Non ho mai giocato a D&D e forse mai ci giocherò, però in questi giorni, non so perché, ma mi sono messo a giocherellare con la creazione di un chierico mezzelfo dilaniato psicologicamente. Nel suo background ho inserito un escamotage che permette di continuare a venerare la vostra divinità monoteista preferita e di usare lo stesso i poteri del pantheon politeista del gioco. --- Narel Jarvi nasce sul pianeta Cemen. Il pianeta è abitato per lo più da esseri umani. La tradizione religiosa specifica di Cemen è di considerare Ao e tutte le sue manifestazioni come malvagie e in contrapposizione all'unico vero Dio. In una piccola enclave elfica presente sul pianeta si è però instaurata una scuola che insegna ad usare i poteri delle divinità legate ad Ao in nome dell'unico vero Dio e con la sua benedizione. I membri della scuola formano una Confraternita di elfi che attraverso questi poteri intende contribuire alla restaurazione del culto dell'unico vero Dio in tutto l'universo. Il padre di Narel è uno degli elfi della Confraternita, mentre la madre è un umana del pianeta Cemen nata nell'antico Regno di Finlandia, da cui il cognome Jarvi preso dal figliolo, molto diffuso in quelle terre. Cognome che nel linguaggio comune significa lago. Narel essendo un mezzelfo non è mai entrato ufficialmente nella Confraternita, ma non se ne è mai rammaricato avendo potuto lo stesso studiare da accolito dell'organizzazione. Anche se questa condizione l'ha sempre portato a non considerare in maniera troppo rigida le consuetudini elfiche della Confraternita, pur prestando molta attenzione ai principi etici e morali da essa predicati. Un bel giorno ha deciso di partire dal suo pianeta per esplorale e diffondere il suo culto attraverso l'esempio e le buone azioni, più che la predicazione alla quale si concede solo con le persone di cui ha maggiormente fiducia. "Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi." Mt 7,6 Modificato 7 Febbraio 2019 da Narel Jarvi 1
Lyt Inviato 12 Aprile 2021 Segnala Inviato 12 Aprile 2021 Wow, questa discussione va avanti da anni, che bello Allora proverò anche io nel mio piccolo ad raccontare del mio primo pg (sarebbe il secondo... ma il primo non è durato a lungo...) Spero vi piaccia Marquis D'argent: il vero falso cavaliere Nato in un piccolo villaggio di campagna chiamato Cireglio, Marco era il terzo figlio di una umile famiglia di sarti. Come la stragrande maggioranza dei plebei, la famiglia di Marco non aveva un cognome. Da piccolo non ebbe un’istruzione Marco era un tipo silenzioso, molto gentile e servizievole, che amava le passeggiate nei boschi che circondavano il suo villaggio. (praticamente sono io😅) Un giorno durante una di queste passeggiate, quando Marco aveva solo 16 anni, tutto cambio… Trova per terra un anello d'argento e da quel momento si convince di essere: -=-=-=- Argent Marquis -=-=-=- Re dei re, Signore delle razze, Eletto degli dei, Erede di tutti i grandi eroi, Padrone della vita e della morte, Cavaliere dei cieli e mago delle terre, Esploratore del ignoto, Conoscitore del abisso, Granduca dei paladini lucenti, Maestro degli stregoni primordiali, Uccisore di draghi, Sommo arcimago, Figlio degli spiriti futuro dio della vittoria e della gloria Salvatore di eroi E L'IN-ZITIBILE O come lo descritto al mio master: Marquis è un presuntuoso narcisista (praticamente il mio opposto) Ma ha un grande cuore d’oro Comincio a farsi chiamare Marquis (perché li sembrava elegante) e si inventò il cognome D'argent (il cognome è di sua invenzione, ed è basato su parole a caso che ha sentito pronunciare da degli elfi di passaggio) Al villaggio tutti pensavano che avesse sbattuto la testa e avesse perso il senno. Dato che si crede di essere un vero cavaliere si comporta anche come un vero cavaliere (anche molto di più di veri cavalieri) rispetta dunque i comandamenti cavallereschi Codice cavalleresco (by Wikipedia) 1. La virtù 2. La difesa dei deboli e dei bisognosi 3. La verità 4. La lotta contro coloro che venivano giudicati malvagi e gli oppressori 5. L'onore 6. Il coraggio 7. La lealtà 8. La fedeltà 9. La clemenza e il rispetto verso le donne Ha frequentato l'accademia militare per paladini, ma non la portata a termine (in altre parole si è fermato a livello 2 e non ha fatto il giuramento) perché non sapeva su cosa e su chi giurare (rimaneva comunque il figlio di due sarti) Ha cominciato poi a girare per il mondo al avventura per rendere noto il suo nome a tutti. Aiuta soprattutto piccoli villaggi. Durante questo periodo ha scoperto di avere una discendenza magica... vi lascio intuire come questo non abbia fatto altro che aumentare il suo già enorme ego Marquis soffre della Sindrome di Cassandra (realmente esistente: https://it.wikipedia.org/wiki/Sindrome_di_Cassandra) anche se per la campagna lo rinominato (anche a causa della ambientazione fantasy) il complesso dell'eroe Questo lo porta a comportarsi come un grande guerriero leggendario. Erede di TUTTI gli eroi leggendari del passato, e prescelto di TUTTI gli dei (anche quelli malvagi) Come pet ha una lucertola (lui è convinto si tratti di un drago) ovviamente lo ha chiamato Smaug🐲 Abbiamo iniziato a lv 5 Paladino 2/Stregone 3 So che la combo stregone paladino è molto forte, e non mi piace fare il power player, ma diciamo che serviva per compensare i suoi momenti in cui compie scelte molto (forse troppo) stupide... Come per esempio contraddire due potentissimi maghi, sovrani di un regno, rischiando di finire soffocato/ucciso... si, è successo Immagini di repertorio: Stemma che si è disegnato da solo Avrei molto altro da raccontare (compagni di squadra, amici, scuola, parenti), ma per ora mi limito a questo Grazie per la lettura
Albedo Inviato 12 Aprile 2021 Segnala Inviato 12 Aprile 2021 Visot che il topic si è riaperto :) ne approfitto con la triste storia della povera Yayi... warpriest che andò a combattere pe rla libertà di un popolo e di una cittadina assediata da orchi, troll giganti (avventura: Uccisori di Giganti) descrizione: Yiyi ha due occhi dello stesso colore delle gemme degli alberi che risaltano per il contrasto con i capelli neri e la pelle ambrata. Il fisico elfico è spesso nascosto dalla pesante armatura che indossa. Al fianco destro porta un fodero color argento con su ricamato il simbolo della Farfalla Nera al cui interno è riposta una sciabola elfica, mentre al fianco sinistro porta agganciato lo starknife. Indossa un'armatura completa brunita con intarsi argentei che richiamano le ali delle farfalle. bg all'inizio della storia Yiyi Zeer è un'elfa del crepuscolo proveniente dal Nirmathas. Taciturna ha mostrato di avere in se un potere legato alle stelle e alla notte, questi suoi poteri uniti alla diffidenza per il suo retaggio, l'hanno avvicinata al culto della Farfalla Nera. Entrata a far parte dei devoti e del clero della Farfalla Nera e con l'addestramento militare omnipresente nel Nirmathas, Yiyi decise di difendere la propria patria e la propria religione attraverso la sua spada. Nella sua vita ha partecipato in solitaria a diversi raid contro carovane dirette verso il Molthoone. Durante uno di questi raid è venuta a conoscenza dei piani degli orchi. Ha quindi deciso di lasciare la propria patria per andare a combatterli nel nome della propria Signora Empirea. nell'avventura Con questo bg, Yayi si reca a Trunau dove conosce quelli che saranno ance se per breve tempo i suoi compagni. Dopo la prima sortita si accorge di iniziare a provare dei sentimenti per uno di loro: Tariam, e quasi cede alle sue avance una sera prima di uno scontro (serata interrotta più volte dagli pg). Qualche giorno dopo tentano una sortita e Yayi, la sortita va subito male e Yayi per dare ai suoi compagni più tempo possibile affronta da sola una pattuglia di orchi. Se ben rapidamente raggiunta dagli altri, Yayi muore in battaglia volgendo il suo ultimo pensiero a Tariam.
KoboldRulez Inviato 12 Gennaio 2023 Segnala Inviato 12 Gennaio 2023 Visto che è in evidenza penso che il necroposting sia consentito. Penso di postare quindi i background di due pg giocati in D&D. Uno in una "campagna" a giocatore singolo in 3.5 e l'altro del pg che (inizialmente creato in una campagna della 3.5 ma poi giocato in un'altra campagna -sempre dello stesso master- in 5e). Il primo bg non è mai stato scritto ma lo avevo in mente e ricordo ancora i punti salienti. Tizoc, Lucertoloide Barbaro (destinato a diventare protettore tribale), CB. Tizoc nacque in un villaggio di Lucertoloidi nella giungla, figlio delle guardie del capovillaggio e intenzionato a seguire le orme dei genitori. Quando era pre adolescente il villaggio venne attaccato in quanto considerato un pericolo e i pochi prigionieri (tra cui Tizoc e il figlio dei capi villaggio, suo migliore amico-rivale-compagno di allenamenti) usati come schiavi per via delle potenzialità fisiche. Anni dopo durante un tentativo di fuga il suo amico venne colpito a morte da una freccia e affidò al Lucertoloide un pezzo del diadema del capo villaggio che aveva tenuto come ricordo del padre, strappandogli la promessa di sopravvivere e rifondare la tribù. Purtroppo il tentativo di fuga fallisce ma, per la forza ed il furore selvaggio dimostrato, i suoi carcerieri decidono di venderlo come gladiatore e, dopo vari passaggi di mano un ormai adulto Tizoc finisce come combattente in un villaggio orchesco dove lottando nell'arena in dei giochi gladiatori finisce per guadagnare la libertà (la campagna era iniziata con il torneo) decidendo di partire per rifondare la sua patria e ottenere vendetta. Khemrhotep, Coboldo Ladro (Mistificatore Arcano), NB. Khemrhotep (il cui nome in comune significa offerta ad Khemri) è un coboldo del deserto cresciuto dal drago blu Khemri, che lo ricevette in offerta dalla tribù a lui sottomessa (da qui il nome, anche se Khemrhotep si presenta come Hotep sia per brevità, sia per nascondere il legame con il drago, oltre che perché libero). Khemri aveva riconosciuto qualcosa di draconico provenire dall'uovo da cui sarebbe poi nato Hotep e quindi lo pretese per sé, e infatti ne nacque un coboldo con squame blu e un piccolo tozzo corno sul naso. Il drago, incuriosito dalle potenzialità di Khemrhotep e desideroso di accrescere il suo bottino lo addestrò come Ladro ed Esploratore. Khemrhotep non era molto sveglio e per lo più era ozioso, ma era curioso e motivato ad imparare per la paura di venir schiacciato dal suo padrone draconico (minaccia spesso paventata ma mai concretizzata, poiché il drago si era affezionato a quel buffo esserino), finendo per mitigare il suo carattere. Quando Hotep aveva 6 anni fu mandato per la prima volta in una città per spiare i regni giovani, ma fu troppo distratto ed incuriosito dalla varietà di razze e dalla presenza di individui pellemolle per accorgersi di ciò che doveva guardare, cosa che gli ha fruttato una sfuriata ed una scarica elettrica dritta in faccia che ancora cita con nostalgico sospiro quando vede tempeste particolarmente violente perché "Khemri era severo ma in fondo gli volevo bene". Quando Khemrhotep aveva 15 anni, mentre il coboldo era in giro a lavorare (in realtà a bighellonare) un esercito di gnomi del deserto e mercenari arruolati invase la tana della tribù di coboldi e di Khemri, infliggendo poche perdite ma riuscendo a trafugare buona parte del tesoro di Khemri. Il drago, allora prese dal proprio tesoro una moneta raffigurante un drago blu e la promise a Khemrhotep come pegno di libertà se fosse riuscito a recuperare la refurtiva, quindi il coboldo partì all'avventura e guardando in vari insediamenti di gnomi e nani del deserto, riuscì a trafugare tutto il maltolto riconsegnandolo al suo proprietario, guadagnando quindi la libertà. Hotep allora iniziò a girare il mondo (quello stesso mondo prima conosciuto solo dai racconti uditi, se si escludono le poche città vicine alla sua grotta) con l'intenzione di crearsi un suo tesoro ed essere considerato un grande drago, cancellando dal suo nome il nome del vecchio padrone come simbolo dell'essere diventato padrone del proprio destino. Non sapendo fare altro, Hotep si mantenne rubando ma ben presto comprese quanto poco fosse apprezzato dalle razze vicine, quindi iniziò a farlo solo quando necessario o come rappresaglia (ad esempio quando vede gnomi, che da quella faccenda non gli stanno molto simpatici). Hotep è molto affezionato alla moneta al punto che una volta, avendola perduta, si introdusse in tutte le case del villaggio per ritrovarla (facendo poi ricadere la colpa su un altro ladro gnomo più abile di lui). D'accordo col master l'abbiamo introdotto nel party con un tentativo di furto andato male al paladino della vendetta umano (LN), con cui poi hanno creato una grande e solida amicizia (anche se non è nata col piede giusto).
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