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Lo strano caso dell'omicidio scolastico


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Lo strano caso dell’omicidio scolastico

Volume I

La mattina era fredda e ventosa. L’aria, ancora umida per la pioggia della sera precedente, era penetrante. L’ispettor Carlo Candidi si stringeva addosso il pesante cappotto e camminava lungo via Turati, a pochi passi dalla mèta. Svoltò in via Benedetto Croce e dopo nemmeno cento metri si trovò davanti alla mèta. Si fermò sulla soglia del cancello ad osservare l’edificio di fronte a lui. Il palazzo che ospitava il Liceo Scientifico Ulisse Dini era antico e massiccio, di colore roseo con cordoli giallo chiari. La bandiera europea e quella italiana, pregne d’acqua, sbattevano mosse dal vento sul parapetto del piccolo terrazzo che l’ispettor Candidi sapeva essere l’ufficio del Preside. Entrò.

Appena entrato, si vide venire incontro dalla segreteria il capo della Mobile, Ezio Salvi. Era un tipo sulla cinquantina, alto e slanciato, con due folti baffi che ricordavano vagamente Bismark. Era un tipo simpatico con la faccia eternamente serena, forse troppo per il lavoro che si era scelto.

“Buon giorno signor Candidi.”

“Buon giorno a lei. Allora, perché mi ha chiamato con urgenza? E qui, per giunta? Ho molto lavoro da sbrigare.”

“Vede ispettore, è stato rinvenuto il cadavere di un ragazzo, un alunno di questa scuola.”

Candidi scrutò il volto sereno del collega, calmo come sempre.

“E me lo dice così? Che diamine, Salvi, un po’ di tatto.”

”Scusi ispettore.”

“Il preside?” Chiese gravemente l’ispettore.

“Sta arrivando.” Proprio in quel momento, da una rampa di scale scese un omone alto e robusto, con i capelli brizzolati e una folta barba. Era il preside. Candidi, intuendolo, tese la mano.

”Salve, sono l’ispettore Candidi. Sono qui per il ragazzo trovato morto.”

“Brutta faccenda. Crede che dovrò chiudere la scuola?”

“No, non penso che sarà una faccenda lunga.”

“Bene. Vuole andare a vederlo?”

“Si, vorrei finire in fretta.”

“Io me ne devo tornare in presidenza. Se avete bisogno sono là.” E si allontanò da dove era venuto.

“Allora Salvi? Dov’è il ragazzo?” Chiese Candidi.

“Andiamo, le faccio strada.”

Salvi guidò Candidi ad un ascensore, fece entrare l’ispettore ed entrò a sua volta. Salirono in silenzio fino al terzo piano, poi uscirono. Il corridoio era illuminato da una luce bianca che si rifletteva ovunque in maniera un po’ tetra. Svoltarono l’angolo e si trovarono davanti ad una piccola folla. C’era la Scientifica e la Mobile, due persone anziane, probabilmente dei professori ed una ragazza dall’aria scossa.

“È lei che ha rinvenuto il cadavere.” Disse Salvi cogliendo lo sguardo incuriosito di Candidi.

“L’avevo intuito.” Rispose freddamente lui.

Si fermarono di fronte ad una porta. Aspettarono che uscissero quelli della Scientifica.

La porta in metallo dava accesso ad un terrazzino. Il ragazzo giaceva bocconi per terra, con le braccia incrociate sotto il petto. Era rivolto verso la porta, con la faccia in mezzo ad un lago di vomito. Candidi represse un conato e si mise un fazzoletto profumato davanti al naso e alla bocca per allontanare l’odore. Salvi si era già premunito.

“Poteva avvertirmi.” Disse Candidi con una nota sarcasmo.”Perché lo avete tenuto qui?”

“Volevo che lo vedesse prima che fosse portato via dalla scientifica.” Rispose Salvi innocentemente.

“Bene, ho visto tutto ciò che mi serviva. Lo faccia pure portare via.”

Mentre usciva si accorse di un tavolo con alcune sedie lì vicino. Si sedette e dopo pochi secondi lo raggiunse Salvi.

“Vuole parlare con la ragazza?”

“Non ancora. Che mi dici di lui, intanto?”

“Iacopo Stacciali, classe quarta C. Era uscito alle due da scuola, aveva mangiato da Mc. Donald’s ed era tornato.”

“C’era qualcuno con lui?”

“Pensiamo di si. Lavorava al giornale della scuola e di conseguenza ci dovevano essere due o tre suoi compagni. Stiamo cercando di capire chi siano.”

“Sappiamo come è morto?”

”Pensiamo congestione. Sa, tutto quel vomito…”

“Capisco.” Disse Candidi con una smorfia di disgusto.

”La Scientifica che dice?”

”Preferiscono non pronunciarsi, ancora. Lei che ne pensa?”

“Che ne dovrei pensare, Salvi? Un ragazzo viene trovato morto sul terrazzino al terzo piano di una scuola in un lago di vomito. Non si sa come sia morto, probabilmente un malore improvviso. E lei mi chiede cosa ne penso? Penso che non sia lavoro per me. Aspetteremo i responsi della scientifica. Io vado a parlare con la ragazza.”

Candidi si alzò e andò verso la ragazza, che stava seduta in un angolo, gli occhi gonfi e una tazza fumante di cioccolata in mano.

“Ciao. Ispettore Carlo Candidi.” Disse Candidi con un sorriso rassicurante.

“Buon giorno ispettore. Io non ho fatto niente!”

”Lo sappiamo, calmati. Allora, raccontami come lo hai trovato.”

“Io mi chiamo Chiara Sonetti. Vede, sto nella classe laggiù.” Indicò col dito una classe in fondo al corridoio. “Stamattina, saranno state le nove, avevo finito il compito di fisica ed ero uscita a prendere una boccata d’aria. Ho aperto la porta del terrazzo e…” Ricominciò a piangere sommessamente.

“Su, su…Conoscevi già Iacopo?”

“No, ma lo vedevo spesso a ricreazione.”

“Che impressione ti aveva fatto? Era un ragazzo tranquillo?”

“Principalmente si, anche se alle volte era un po’ strano.”

“Strano in che senso?”

“Lo vedevo sempre tranquillo, ma alle volte sembrava completamente rimbecillirsi, faceva cose stupide con gli amici.”

“Aveva delle strane compagnie?”

“Ehm…in un certo senso sì…”

“Che tipo di compagnie?”

“Non saprei come definirle, ma alcuni di loro sembravano poco raccomandabili.”

”Droga?”

La ragazza fece cenno di sì con la testa.

“Bene, per oggi abbiamo finito. Grazie di tutto. Ciao.” Candidi si alzò lentamente e si diresse verso Salvi.

“Mi faccia avere i risultati della Scientifica al più presto, e vediamo di non impiegare due anni a risolvere questo caso. Ah, controlli bene il terrazzino e cataloghi tutto.” Disse, dirigendosi verso l’ascensore.

La mattina dopo, Candidi trovò con gran soddisfazione il fascicolo della scientifica e tutte le prove catalogate da Salvi, comprese le foto del cadavere come era stato trovato, tutto in bell’ordine sulla scrivania. Si sedette con l’aria di chi non vede l’ora di finire.

Tutto ciò che Salvi aveva trovato sul terrazzo erano una sigaretta consumata fino al filtro, di quelle fatte a mano, sul quale era stato rinvenuta la saliva di Stacciali. Poi erano stati trovati altri mozziconi vecchi di giorni, una spilletta con il simbolo di un gruppo musicale, la cartaccia di un hamburger del Mc. Donald’s, una lattina di Coca-cola finita e un bisturi. Candidi focalizzò immediatamente la sua attenzione sul bisturi. Salvi era stato tanto premuroso da aver anche catalogato le impronte che erano sul bisturi, anche se non c’erano riscontri nei database della Polizia. Che diamine ci faceva un bisturi in un terrazzo della scuola? Era stato rinvenuto in un vaso con delle piante, ma che ci faceva? Sarebbe stato certo meglio al piano di sotto, al laboratorio di biologia.

Sul ragazzo erano stati trovati un portafogli, una busta di tabacco, delle cartine, un cellulare e un mazzo di chiavi.

Candidi chiuse il fascicolo e aprì quello della Scientifica. Nei pochi secondi in cui lesse il foglio vide crollare tutte le sue convinzioni. Stacciali era morto per avvelenamento da acido fluoridrico. Ci pensò su un attimo. Acido fluoridrico? Stette un attimo pensieroso, tra sconcerto e confusione. Voleva vederci chiaro in quella storia. Era evidente, ora, che Stacciali non era morto per un malore improvviso. Si alzò per andare a scuola.

Arrivato a scuola, si diresse verso una bidella.

”Salve, sono l’ispettor Candidi. Vorrei sapere l’orario del giovedì della quarta C.”

“È qui per quella storia del ragazzo? Poveraccio…Comunque ecco qua. Gliene ho fatto una fotocopia.”

“Molto gentile signora.”Si allontanò, diretto verso la stazione della Polizia.

Si sedette sulla sua sedia di cuoio a pensare. Non aveva ancora dato uno sguardo all’orario del ragazzo. Quella mattina, Stacciali aveva avuto Latino le prime due ore, Educazione fisica, Disegno altre due ore e alla fine della giornata Chimica, che collegò immediatamente all’acido fluoridrico. Poi ci ripensò. Quell’acido è altamente tossico, il laboratorio non lo tiene.

Si rialzò per tornare a scuola. Doveva interrogare un po’ di persone, quella mattina.

Al suo ritorno a scuola si diresse verso la quarta C. Fortunatamente per lui, teneva lezione la professoressa Ivana Tellini, di latino. Disse che Stacciali aveva seguito normalmente la sua lezione, senza mai uscire. La stessa risposta la dettero tutti gli insegnanti. Tutti parlarono molto bene di Stacciali. Era un ragazzo intelligente, un po’ ribelle, che però, frequentava un brutto giro. Tutti tranne il professore di Educazione Fisica, Salvatore Cittadelli e il professore di Chimica, Mario Damiani. Entrambi dissero che era un alunno irrequieto e scortese.

Interrogò anche gli alunni, ma non gli dissero niente di interessante. Tra loro c’erano anche i due ragazzi che erano con lui quel pomeriggio, Tommaso Canù e Luca Fretti.

Entrambi rifeririono che Stacciali era uscito con la giacca, quindi avevano pensato che se ne andasse. Quando Candidi gli chiese delle sue amicizie, Canù e Fretti gli indicarono dei ragazzi: Fabio Blasetti, Alessandro Giannotti e Stefano Lazzara, tutti e tre della quarta F.

Fece anche un giro di domande tra i suoi compagni di classe, ma tutti rispondevano nello stesso modo: ragazzo bravo, a volte un po’ idiota, e poi tutti facevano riferimento alle sue amicizie, i ragazzi di quarta F che non erano molto ben visti in quella faccenda. Finite le indagini a scuola, l’ispettore, immerso tra i suoi pensieri, si diresse verso il suo studio.

Aveva materiale su cui ragionare, ma non riusciva a far quadrare i dati. Dopo un’ora dietro la sua scrivania, a rimirare i documenti della Scientifica e cercare di chiarirsi le idee invano, decise di andare a prendere un caffé e chiedere a Salvi cosa pensasse della situazione.

“Oh Salvi, giusto te, dimmi, circa il caso del ragazzo…Stacciali, come credi che si siano svolti i fatti? Io non ho le idee affatto chiare…”

“Beh, devo ammettere che anch’io sono confuso, gli indizi sono strani: sul terrazzino del terzo piano è stato trovato un bisturi infilato in vaso, dei mozziconi di sigaretta, una lattina, un cartoccio del Mc Donald’s, una spilla, e un ragazzo morto…ammazzato con dell’acido fluoridrico.” Continuò prendendo coraggio. “Sì ispettore, ha capito bene, ammazzato, credo che non sia stato un semplice malore, un semplice caso di cibo sofisticato, ma un omicidio bello e buono.”

“La tua tesi è giusta Salvi, ci ero arrivato anche io, stavo cercando indizi per cercare altre piste, ma è così, Stacciali è stato ucciso. Non si può essere suicidato, non con un metodo così sofisticato e allo stesso tempo così scabroso, e proprio su quel terrazzino.”

Salvi annuì, turbato. Candidi si allontanò dalla macchina del caffé sorseggiando il suo caffé amaro, riflettendo attentamente su ogni tassello di quel complicatissimo puzzle.

Il giorno dopo fece un' altra visita a scuola, questa volta si diresse subito al terzo piano, al terrazzino. Scrutò bene ogni parte dell’aula adibita a redazione del giornalino scolastico e il luogo in cui Stacciali, pochi giorni prima, stava fumando la sua ultima sigaretta. Candidi cercava di figurarsi ogni scena: Stacciali che esce dall’aula con il cappotto, vaga un po’ per il corridoio ormai illuminato dalla luce fredda del neon, apre la porta del terrazzo, si appoggia alla ringhiera e accende la sua sigaretta. Non avendo ricavato niente, Candidi si incamminò a passo spedito verso la stazione di polizia.

Senza nemmeno togliersi il cappotto si diresse verso la stanza della scientifica. Voleva sapere altri dettagli concernenti l’acido fluoridrico.

“Scusate, riguardo al caso del ragazzo morto nella scuola, voi avete trovato dell’acido fluoridrico, giusto? Dove l’avete rinvenuto?”

Rispose prontamente un ragazzo in camice, intento a osservare nell’oculare del microscopio. “L’acido era sparso sulla sciarpa e sul colletto della giacca. Le analisi sono state molto difficili ispettore, perché ogni parte del suo abbigliamento e del viso erano ricoperti di vomito.”

“Capisco…”rispose Candidi con una smorfia. “Grazie mille, mi siete stati molto utili.”

E si avviò verso casa. Si addormentò con una voglia matta di arrivare alla mattina successiva.

End of volume 1.

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Volume II

Appena arrivato in ufficio, la mattina successiva, si sedette sulla sedia di cuoio a pensare. Il suo problema era quello di scoprire il colpevole, ed esso era quasi certamente uno del Liceo. Prese quindi la strada per la scuola, e attese le ore libere di tutti gli insegnanti del ragazzo. La prima volta aveva fatto le domande per capire meglio la situazione del ragazzo, ora per diminuire il cerchio dei sospetti che oltre agli insegnanti erano i tecnici di laboratorio, i tre“loschi amici” della quarta F, i due compagni che erano con lui quel pomeriggio, e la ragazza che aveva trovato il corpo.

Iniziò con la professoressa di latino, Ivana Tellini, che risultò avere un atteggiamento calmo e sereno e rispose a ogni domanda dell’ispettore con facilità: quel pomeriggio era a scuola, impegnata a seguire dei corsi di recupero di latino, gli alunni del corso confermarono. Poi sentì l’insegnante di educazione fisica, che pur rispondendo alle domande prontamente si dimostrò scorbutico e sfuggente, al momento del decesso era in palestra a mettere a posto gli attrezzi, ma nessun testimone poté confermare. Fece le stesse domande agli insegnanti di Disegno, Matematica, Storia, Inglese, con particolare attenzione a quelli di Fisica e Chimica. Tutti i professori diedero un alibi per quel pomeriggio: tutti erano a casa, tranne l’insegnante di Fisica, Giannini, di Chimica, Damiani, e di Educazione Fisica, Cittadelli che erano soli nei rispettivi laboratori. Per quanto riguarda i tecnici, nel pomeriggio nessuno era presente, ma fino a mezzogiorno a scuola c’era Benedetto Giorgi, del laboratorio di Chimica, anche lui era nella lista degli indiziati. Mancava la visita ai ragazzi della quarta F, a Chiara Sonetti, e ai due compagni di classe e del giornalino, Canù e Fretti.

Verso le dieci e mezzo, si diresse al terzo piano per sentire Blasetti, Giannotti e Lazzara, che si rivelarono all’ispettore più gentili della loro apparenza. Dissero che al momento della morte, erano nel cortile della scuola a “giocare a pallone”, e tutti e tre ammisero di non sapere che quel pomeriggio Stacciali era a scuola, ma a Candidi questo convinceva poco.

Prima della fine delle lezioni andò da Canù e Fretti.

“Cosa sapete delle intenzioni di Stacciali negli ultimi giorni? Aveva per caso qualcosa di strano in mente?”

Rispose Canù. “Beh, effettivamente mi aveva confidato di aver assistito a un episodio di corruzione, un passaggio di denaro tra degli studenti e un professore. La sua intenzione era di scriverlo sul giornalino scolastico, ma ce lo aveva solo accennato.”

“Anche a me ne aveva parlato.” Aggiunse Fretti.

Fece anche due domande frettolose a Chiara Sonetti, ma per lo choc non seppe dare contributo alle indagini.

Tornando alla stazione Candidi pensò agli interrogatori: Blasetti e Giannotti non si erano dimostrati molto furbi agli occhi dell’ispettore, non pensava fossero stati in grado di mettere in scena un delitto così complesso, con l’acido fluoridrico per giunta; mentre Lazzara era più sveglio, per lui non sarebbe stato impossibile elaborare un piano simile. Lo fece riflettere anche la risposta di Canù, che gli sembrava però non avere correlazione con l’omicidio.

Il colpevole doveva aver avuto accesso a quell’acido, e i maggiori indiziati in questo caso non potevano essere che il professore di Chimica e il tecnico di laboratorio.

Rifletté sull’arma del delitto: l’acido fluoridrico è un componente utilizzato per la pulizia degli ossidi a livello industriale, quindi l’assassino avrebbe potuto far ingerire o inalare a Stacciali qualcosa di simile che l’avrebbe ucciso…sì, ma come!? E poi chi è che ha contatti con quel tipo di industria…ma certo! Giorgi aveva detto che quel giorno era dovuto uscire a mezzogiorno perché impegnato in degli acquisti da un industria per il laboratorio, e si mise a controllare.

Candidi accese subito il computer e verificò se era stato fatto l’acquisto di questa sostanza da parte di Giorgi. Dopo un’ora di ricerche in internet trovò quello che cercava: un acquisto recente di un agente chimico contro gli ossidi…componenti…acido fluoridrico! Doveva tornare a scuola e trovare il modo in cui qualcuno era riuscito a far ingerire a Stacciali quella sostanza, che lo aveva portato alla morte.

Il giorno dopo si diresse verso il laboratorio di Chimica, dove incontrò subito Giorgi.

“Salve, sono l’ispettore Candidi, sono qui per il caso Stacciali.”

“Oh, buongiorno, quel povero ragazzo, non posso nemmeno immaginare chi possa aver compiuto quello scempio.” Rispose il tecnico.

“Lei sa di cosa è morto il ragazzo?”

“No, i giornali non hanno rivelato nessuna informazione.”

“Certo.” Spostò la sua attenzione su delle superfici di vetro macchiate di ossido. “Brutte macchie.” Continuò.

“Si, sono delle brutte macchie. Avevo comprato dell’acido per toglierle.”

”Acido? Acido fluoridrico?”

“Si. Proprio dell’acido fluoridrico. È ottimo per rimuovere gli ossidi.”

”Lo so, anche io ho studiato chimica. E non è poco prudente comprare degli acidi così pericolosi, per una scuola?”

“Si, ma il professor Damiani voleva proprio rimuoverle. Siamo stati molto prudenti, ma…”

“Ma?”

“Ma sfortunatamente è stato rubato.” Disse Giorgi un po’ imbarazzato.

“Quando?”

“Il giorno in cui è morto Stacciali.”

“E chi può averlo rubato?”

“Non so, che ne sappia io chiunque. Era il professore che controllava le sostanze pericolose, ad ogni cambio dell’ora.”

“E dove lo tenevate?”

”Laggiù.” Giorgi indicò un angolo con barattoli, secchi e taniche. Chiunque avrebbe potuto accedervi.”

“Quindi potrebbe averlo rubato chiunque, ma ovviamente, lei e il professore sareste stati più facilitati.”

”A cosa sta alludendo, ispettore?”

“Alludo al fatto che sia lei che il professor Damiani siete poco prudenti.”

Mentre si allontanava dal laboratorio si rese conto di essersi esposto troppo e aver tirato troppo presto le conclusioni. Chiunque, una volta che l’acido era nella scuola, avrebbe potuto in qualche modo impossessarsene. Magari uno dei ragazzi aveva un genitore che lavorava in un industria chimica. Forse Giorgi aveva intuito di essere, insieme a Damiani, i sospettati principali. Forse Giorgi, grazie all’interessamento di Candidi per l’acido fluoridrico, avesse capito l’arma del delitto. Ma non era molto probabile, Giorgi non sembrava molto sveglio. Andò a letto turbato, chiedendosi il movente dell’omicidio, l’assassino, e come avesse potuto, l’assassino, fare ingerire dell’acido fluoridrico a Stacciali. Questi quesiti tennero sveglio Stacciali molto a lungo, prima che si addormentasse. Quando si svegliò, era ansioso di arrivare in ufficio e risolvere quel maledetto caso.

Doveva interrogare ancora una volta Damiani.

Lo trovò nel laboratorio di Chimica, mentre ordinava dei bunsen che avrebbe dovuto usare la classe che aveva alla prima ora.

“Salve, professor Damiani.”

“Salve.”

Candidi scrutò il professore dalla testa ai piedi. Era grassottello, non molto alto e completamente pelato. Un uomo dall’aria innocua. Aveva un’aria un po’ tocca e aveva una parlata melliflua e a volte mielosa. Lo colpirono delle bende alle mani.

“Brutte ferite” disse Candidi indicandole “Come se le è procurate?”

“Vede, per un chimico è naturale entrare in contatto con ogni tipo di sostanze. Molte di esse sono corrosive.”

“Come l’acido fluoridrico? Si è ferito con quello?”

“Si, l’acido fluoridrico è una sostanza che provoca corrosione al tocco prolungato. Ne abbiamo acquistato per pulire delle macchie.”

”Ne sono a conoscenza. Me lo ha detto Giorgi. Ma vedo che le macchie ci sono ancora.”

“Si, dovrò toglierle, ma sfortunatamente non trovo più l’acido.”

”Da quanto è sparito?”

“Vede, se ci sono delle sostanze pericolose, le controllo ad ogni cambio dell’ora. Ora che mi ci fa pensare sono sparite durante la lezione di Stacciali.”

”Ah si? Questo è molto interessante. Lei mi è stato di grande aiuto. La saluto.” Ciò che aveva detto Damiani concordava con ciò che aveva detto Giorgi, l’acido era sparito durante una lezione alla quale partecipava Stacciali.

Candidi uscì dalla scuola e si fermò ad una pizzeria poco distante da essa. Stava seduto ad un tavolo gustandosi una bella pizza fumante, col caso Stacciali che lo perseguitava oramai da giorni. Cercò di mettere in ordine le idee.

Stacciali era morto alle due circa, mentre stava fumando una sigaretta in un terrazzino della scuola. Le ultime persone ad averlo visto erano stati Canù e Fretti, i due compagni di classe che scrivevano nel giornale con lui. Stacciali aveva ingerito l’acido in un breve lasso di tempo, mentre era sul terrazzino. Quindi non lo aveva mangiato. Era praticamente su tutto il corpo di Stacciali, quindi doveva essere stato “lanciato” su Stacciali.

La risposta ad uno dei quesiti che lo tenevano sveglio da molti giorni gli arrivò in faccia con la forza di un treno. La sigaretta. Qualcuno aveva messo dell’acido fluoridrico nella sigaretta di Stacciali. Qualcuno che era venuto in contatto, magari, con la sua busta di tabacco tra l’una e le due, l’ultima ora della mattinata, quando era sparito l’acido. Il campo di indagati si allargava enormemente, ma a Candidi non convincevano Canù e Fretti. E il movente? Gelosia, perché Stacciali aveva uno scoop? Candidi sapeva bene che spesso le grandi testate tengono d’occhio i giornali scolastici, sperando di trovare astri nascenti del giornalismo. Prese il cellulare. Gli rispose una voce femminile leggermente distorta dalla carenza di linea.

“Pronto?”

“Pronto, sono l’ispettore Candidi. Vorrei parlare con Manfredi, della scientifica.”

”Glielo passo subito.”

Aspettò alcuni secondi, e la voce conosciuta di Manfredi lo salutò.

“Salve ispettore, tutto bene?”

”Manfredi, ti vedo molto gaio oggi. Hai rilevato le impronte dagli oggetti rinvenuti sul luogo del delitto Stacciali?”

”Certamente.”

”E le avrai prelevate anche ai principali indiziati.”

“Certamente.”

“E le avrai confrontate.”

Calò un silenzio imbarazzato.

”Ehm…Lo faccio subito ispettore.”

“No, aspetti me. Sono subito da lei.”

Divorò la pizza rimanente e andò immediatamente alla centrale.

“Manfredi, le manca sempre quell’uno per fare cento punti. E anche per essere promosso.”

“Mi scusi ispettore. Non succederà più.”

“Bene, vediamo.”

Controllò le impronte che erano su tutti gli oggetti rinvenuti. Sulla busta di tabacco c’erano le impronte di Stacciali, di Canù e di Damiani.

“Cosa ci fanno le impronte di questi due sulla busta della vittima? Chi sono?” Chiese innocentemente Manfredi.

“È proprio quello che devo scoprire. Ma ho una certa idea. Senti, non è che nella sigaretta di Stacciali hai trovato acido fluoridrico?”

Manfredi lo guardò come se avesse detto che si voleva tingere i capelli rosa.

“Manfredi, l’ispettore sono io, avrò i miei buoni motivi per chiedertelo. Hai controllato?”

“No.”

“E allora muoviti!”

Quella notte, Candidi si sentiva ad un passo dalla soluzione, come quando ci si sente vicini all’uscita di un labirinto ma non si sa trovare la via da imboccare per giungervi. Attendeva la mattina come un bambino attende il Natale, con quell’angoscia che si prova ad aspettare qualcosa di molto gradito, che sembra non arrivare mai.

Alle otto di mattina era già lavato, rasato, vestito e col cellulare in mano.

“Pronto?” Rispose una voce assonnata.

“Manfredi! La sigaretta?”

”Come? Ah, si…Aveva ragione. C’è dell’acido fluoridrico. Ma com…” Manfredi non fece in tempo a chiedergli spiegazioni che Candidi aveva già riattaccato.

Il lampo di genio avuto il giorno prima aveva avuto una schiacciante conferma. Stacciali aveva fumato una sigaretta piena zeppa di acido fluoridrico, che era evaporato quando era stata accesa la sigaretta ed era finito direttamente nei polmoni del povero Stacciali. Quadrava tutto. Le uniche due persone che avevano toccato la busta col tabacco con il quale Stacciali si era condannato a morte fabbricandosi l’arma del delitto erano Canù e Damiani. Entrambi potevano aver ucciso Stacciali, e non c’erano prove schiaccianti contro nessuno dei due. Candidi aveva già pensato al movente di Canù, ma le sue erano solo supposizioni. Si sentiva sempre più vicino alla meta, ma non trovava la prova schiacciante. Damiani poteva aver toccato l’acido per metterlo nella busta, e Canù poteva aver rubato abilmente l’acido per poi metterlo nella busta di Stacciali. Le impronte di entrambi sulla busta li scagionavano a vicenda, ma ne incriminavano irrimediabilmente uno. Si, ma quale dei due?

End of volume II

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Volume III

Andò a scuola con l’intenzione di trovare il colpevole prima del tramonto. Doveva parlare con Canù e Damiani, sapendo che uno dei due aveva assassinato un ragazzo con un piano magistrale.

Trovò Canù in un corridoio con alcuni amici.

“Tommaso, ciao. Ti posso parlare?”

“È sempre per Stacciali?”

“Si. Ti rubo solo un minuto. Stiamo verificando delle impronte rinvenute su degli oggetti che erano vicino a Stacciali. Hai mica toccato la busta di tabacco di Stacciali?”

“Ispettore, lei mi chiede troppo. Sono passati cinque giorni, come potrei ricordare. Comunque penso di si, eravamo sempre vicini e gli può essere caduto, oppure me lo ha prestato.”

“Bene Tommaso, basta così.”

“Abbiamo già finito?”

“Si. Grazie della disponibilità.”

“Arrivederci ispettore.”

Le parole di Canù non lo convincevano. Continuò a pensarci mentre saliva le scale, raggiungendo il laboratorio di Chimica. Ma Damiani non c’era. Andò da una bidella, chiedendo dove fosse Damiani. Quindi si diresse verso la prima G, dove sapeva fosse Damiani. Bussò, aprì e si affacciò.

“Professore, può venire un momento? È per il caso Stacciali.” Sentì un leggero brusio di stupore fra gli alunni.

“Certo, ispettor Candidi. Scusatemi ragazzi, torno subito.”

Quando fu uscito, Candidi fissò intensamente Damiani. Con Canù c’era andato piano, era pur sempre un diciassettenne, ma con Damiani giocava alla pari.

“Che ne sa di questo delitto, Damiani?”

”Che ne so? Quello che mi ha detto lei e quello che ho letto sui giornali. Niente. So solo che Stacciali è stato trovato morto. I giornali non hanno detto niente, e nessuno di voi poliziotti è stato da meno.”

“Signor Damiani. Sono state rinvenute le sue impronte sulla busta di tabacco di Stacciali.” Lasciò la frase in sospeso, scrutando attentamente lo sguardo di Damiani, ma era tranquillissimo.

“Ebbene ispettore?”

“Ebbene vorrei sapere che ci facevano.”

“Che ne so, sarà caduto a Stacciali e io gliel’avrò raccolto.”

”Si? Sicuro?” Era determinato a finire quell’indagine, anche a costo di esercitare pressione psicologica sugli indiziati.

“Senta ispettore!” Disse Damiani alzando la voce, visibilmente irritato. “Che vuole che ne sappia io di buste di tabacco, di acido fluoridrico e di studenti morti a scuola! Io sono solo un professore, e sto cominciando ad irritarmi. Io ho visto Stacciali a scuola, per lezione, l’ultima volta. Sono veramente stanco dei giornalisti che mi chiedono insistentemente spiegazioni, degli sguardi sospettosi e curiosi degli alunni e dei miei colleghi e, per giunta, di essere accusato di omicidio! E ora, ho una lezione da tenere.”

“Bene, professore. Allora torni pure alla sua lezione.”

“Arrivederci.” Mugugnò Damiani prima di chiudersi la porta alle spalle.

La soluzione del caso, per Candidi, arrivò proprio quel pomeriggio.

Erano le cinque del pomeriggio, e Candidi era seduto sulla sua poltrona di cuoio. Prese la cornetta del telefono e compose il numero di un interno.

“Salvi, subito qui.”

L’agente Salvi arrivò in meno di un minuto.

“Mi dica ispettore.”

“Salvi, sei sicuro che non siano trapelate informazioni sulle modalità del delitto? Nemmeno con gli indiziati?”

“Sicuro al cento per cento.”

”Bene, allora andiamo a casa Damiani.”

Arrivarono davanti al pianerottolo della casa dove Damiani viveva da solo. Bussarono, e dopo qualche secondo Damiani venne ad aprire.

“Ancora, ispettore? Che altro vuole dirmi?”

A quel punto Candidi guardò Salvi, che si fece serio e gonfiò il petto. Parlò con voce bassa e professionale.

”Signor Damiani, lei è in arresto per l’omicidio di Iacopo Stacciali. Venga con noi in centrale.”

In quel momento Damiani si voltò e si lanciò in una fuga disperata. Ma Candidi e Salvi, molto più grossi e atletici del professore, lo raggiunsero in un baleno e lo atterrarono. Mentre Salvi gli metteva le manette, Candidi guardò con disprezzo Damiani, che farfugliava istericamente:

“Non potete…non avete prove…vi denuncio…dimostratelo…voglio il mio avvocato…”

“È inutile, Damiani.”

Mentre Damiani veniva portato via da una volante, Salvi si accostò a Candidi.

“Ispettore, come ha fatto a capire che Damiani era il colpevole?”

“Vede, Damiani era un uomo furbo ma troppo nervoso.”

Salvi lo guardò con aria interrogativa.

“Salvi, si ricorda che le chiesi di non far trapelare nessuna notizia sul caso? Facendo così ho casualmente teso una trappola a Damiani. Ieri sono andato a fargli qualche domanda, e quando gli ho chiesto come secondo lui fosse morto Stacciali, lui ha avuto un accesso d’ira e lui mi ha parlato di acido fluoridrico. Ho fatto due più due e ora Damiani è in manette. Probabilmente confesserà e si beccherà un ergastolo.”

Salvi rise, ma Candidi aveva ancora un grosso dubbio.

Qualche giorno dopo, Candidi andò al carcere Don Bosco a trovare Damiani.

“Buonasera, professore.”

“Buonasera.” Era tranquillo, ma aveva la faccia di uno che ha perso una finale di scacchi perché aveva confuso i pezzi.

“Professore, vorrei farle una domanda.”

Il professore lo guardò intensamente, ma non sembrava uno sguardo carico d’odio.

“Mi dica.”

”Lei ha confessato, e probabilmente passerà qui al Don Bosco il resto della sua vita. Non ha niente da perdere.”

“Dove vuole arrivare Candidi?”

“Vorrei sapere perché ha ucciso quel povero ragazzo.”

“Vede, ho insegnato venti anni, e ho rischiato di venir licenziato per colpa di Stacciali. Non ci ho visto più.”

“Ha rischiato di essere licenziato per colpa di Stacciali? Lei incassava tangenti?”

“Si. Come fa a saperlo?”

“I compagni di Stacciali al giornalino, Canù e Fretti, mi avevano raccontato che Stacciali aveva scoperto di un professore che incassava tangenti per mettere voti alti agli studenti. Era lei, quindi.”

Damiani annuì lentamente. Candidi riprese a parlare.

“Sa, professor Damiani, si è tradito in maniera molto stupida.”

Damiani iniziò a ridere, la risata amara di un uomo distrutto.

End of the story.

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