esahettr Inviato 12 Giugno 2007 Autore Segnala Inviato 12 Giugno 2007 avremo stelle negli occhi buchi di spazio scintillante prati nel petto e fiori baci di foglie ghiande e radici gemme che piangono tutte quelle facce grigie la fotografia della morte una via di muschio laghi di luce in bocca e tombe di buio come fiaccole deserti nel cuore avremo il cielo negli occhi una voragine 1
esahettr Inviato 14 Giugno 2007 Autore Segnala Inviato 14 Giugno 2007 i sogni mi bruceranno gli occhi mi bruceranno gli occhi non mi lasceranno dormire non mi lasceranno adolescenza sommessa troppo a lunga cercata rinnegata all'alba ritualizzata nelle notti imperiture al ritmo del cielo violaceo santificata al tramonto mai desta del tutto inutile e fulgida i sogni mi bruceranno gli occhi mi divoreranno il cuore mi bruceranno gli occhi tutti quei sogni quelle facce quei sorrisi mi bruceranno gli occhi cecità in silenzio la tua carne la tua canzone fragrante la tua pelle la luna la luna esplosioni della retina i tuoi occhi midriasi acide iride pupilla miracolo latte di luce formiche formiche formiche cane casa gabbia morte terrore farneticare le tue gambe i tuoi seni delirio le tue mani vfresche foglie di cedro la sete il tuo corpo il respiro del deserto troppo forte troppo veloce visione visione visione
esahettr Inviato 15 Giugno 2007 Autore Segnala Inviato 15 Giugno 2007 una manciata di canzoni luminose nella brezza sbattute un poco dalle ondate verdi che sommergono i pini durante l'estate non è mai quello che voglio dire è venuto il tempo di andarmene con la primavera sui prati verdi con gli zingari e i canti è giunto il momento ma non ne ho il coraggio nei boschi brillanti andrò fra le fate raccontando storie inventate fino al giorno in cui scopriranno la mia bugia e allora sarà l'esilio rimarrà solo il fondo del mare le rocce e i tramonti sottomarini il rintocco fragrante delle foglie mi assale alle spalle ma non ho il coraggio di prenderlo fra le braccia e stringerlo forte come sognò mia madre quella notte quando la via era in fiamme capelli fra le dita rossi morbidi carne amore crudele graffia il vento ancora e ancora vaga solo in lungo e in largo nell'inverno senza neve lontano da me che non so parlare con i gatti buio immenso luna decrepita polverosa crivellata di colpi bisogno di casa cuscino e menzogna scriverò un giorno una poesia? toccherò le ombre? grande è la curva dell'arbitrio le desolazioni col tempo diventano malattie infiacchiscono e si arrendono all'ovvietà dell'infinito e il cielo ruota su se stesso e le rane singhiozzano negli stagni il nome delle scritte è il nome delle scritte è colori confusi il tuo spirito allampanato dalle lunghe braccia oscillanti ghignante e altissimo storto con gli occhi accesi di buio follia soffiata dalle messi d'oro qualche frutto secco tre canzoni nessun amore amore chimico carezze inventate sotto terra e consumate in stanze buie un incubo fari e macchine impazzite sempre la stessa panchina lo stesso prato gli stessi alberi infuocati sempre notte lascia che ti racconti del circo delle luci guardando la fienagione le stelle colavano come vetri rotti sul ricordo della mia carne rompemmo tutti i lampioni a sassate non dovevano vederci cose terribili si agitavano nel buio non sapevamo cosa fare forse ho imparato che non c'è nulla di epico non c'è ricordo nessun sogno che valga il risveglio è slegato e assente assenza di fondo presenza vuota e trasparenza spirante i giorni ingrigiscono la paura è distratta ha altri campi da bruciare il nono giorno caddero le nubi un idillio l'orizzonte sfiorò il cielo con un bacio l'occhio del sole cadde nel deserto il crepiscolo mutò in notte e le stelle apparvero nel cielo immenso nostalgia tenerezza e follia nuotavano nei riflessi del tempo ma dov'era l'amore? libero nella prateria rincorreva i cavalli solo nella steppa innevata piangeva in silenzio acceccato dalle luci moriva di paura
esahettr Inviato 5 Settembre 2007 Autore Segnala Inviato 5 Settembre 2007 Ditemi un po' cosa ne pensate. Il mio ego ha bisogno di risposte. Ballata Del Ragazzo Perduto E’ un inganno Il vuoto E’ un inganno Il cielo e la terra Un cero nero Accendi Un punto luminoso Illumina Non può essere il nulla Dolore allora E il sentiero Che non può finire Cosa cambierà? Un cero nero per illuminarle il tragitto Un cero nero Per il lungo Lungo viaggio Di mia madre Un cero nero Per tutto quello che è sprecato Era calda e ora è fredda Ci siamo Ci sono la campagna e il fiume Per lei Ora E’ bambina Madre di tutte È rosa Saggia nel silenzio Sono caldo e ho freddo Lei è fredda e sta al caldo E io cammino nell’inverno Noi camminiamo al buio Scalzi Calpestiamo i fiori di qualcun altro Noi camminiamo nell’assenza Ricordiamo Che siamo nati sulla terra Sotto il cielo Accese una candela E provò a piangere Così Inutile Dimmi Vento Perché Sempre Quel sacrificio Le mattine erano color della nebbia Lui beveva la nebbia E se ne circondava Gli ricordava qualcosa Che non riusciva a ricordare Perché il sacrificio? Perché sangue Sempre Sempre? Cosa? La sera sedeva Con la schiena appoggiata al tronco del melo Gli occhi rivolti al cielo E ululava il suo dolore In silenzio Sognava angeli irreali E non dormiva mai C’era sempre qualcosa che non andava Non riusciva a trovare quello che aveva avuto senza cercare Ma la vita continua Non possiamo fermarci a lungo E’ il nostro modo di essere prigionieri Continuare a camminare Una ragazza con lo smalto verde E gli occhi del colore del mare Gli sorrise Quella notte sotto il melo Contarono le stelle fra le foglie E lui non seppe e non volle e non potè sottrarsi Il suo amore era una cattedrale tremante Una cupola destinata a cadere E un giorno la seguì Vide la sua spalla nuda Nello spiraglio fra le assi del granaio La sentì gemere Si sdraiò sotto i rami spogli del melo E il cielo non lo ascoltava E il suo dolore Mandò le stelle in frantumi Angelo a brandelli Disimparò a volare Disimparò a volere Smise di provare Rinunciò a cercare Smise di sbagliare Cosa se non lei? Via Esilio dal tempo Brucia l'incanto del suo volto Fuga dai campi Fra rocce e detriti Sotto il mare e il deserto E ancora più lontano Non più casa Addio alla luce del grano Oltre l’inverno Foglie secche e frutti marci Oltre ancora Nel fuoco che purifica A capofitto nel destino Non più cuore spezzato Una pietra nera Un cero nero Stammi lontano Colpa Madre e amante fuse insieme Colpa Stammi lontano Colpa Amore Colpa Imparò a disprezzare i giardini di rose A odiare gli alberi e le case Un serpente gli insegnò a sorridere Spiava gli angeli e le loro caste regine Conosceva i loro luoghi perduti E non avrebbe mai voluto Vide le ragazze distrutte dalla loro bellezza E le rifiutò tutte Quali fiamme Quali abissi Là dentro Provava a smettere di respirare Tutte le sere Mangiò i sassi Brucò l’erba Bevve la neve Quel mattino sulla riva del fiume Troppe troppe caramelle troppe cosa dirà la mamma? Il vento gli cavò la pelle E non se ne accorse Costruì una capanna al limitare alla veglia E la riempì di scritte nere Tutte le sere Provava ad annegare Incontrò un ragno Un soldo per l’altra parte Due per non tornare più Tre per nessun luogo Non aveva denaro e se ne andò Piovve e i giorni passarono Senza far rumore Apparve un’ombra e lui la seguì La morte canta una vecchia canzone Disse l’ombra Io potrei darti occhi che inaridiscono Mostrarti i segni Insegnarti a sentire Potresti essere libero Ombra Chi sei tu? Sfuggi come la foschia Mille volte mi è sembrato di scorgerti nel riverbero del sole in uno stagno O in un granello di sabbia O in miraggio Chi sei? Nemmeno ora riesco a vederti Chiamami Cavaliere Sorridente E se andò Sette notti passarono e tornò Io ho le mani insanguinate disse Sono figlio del nulla Ombra Cosa vuoi tu? Io voglio il nulla E se ne andò Tre notti passarono e tornò Gli fece vedere Nessun tutto Labirinti nei labirinti E dimensioni nelle dimensioni Fiori che sono terra e fiori Mille steli d’erba Il mare riflesso nel cielo Manciate d’acqua cariche di possibilità Cose che danzano e che cadono Non il nulla Gli atomi sogneranno di nuovo Disse l’ombra Un’altra volta la verità Disse Ombra Perchè? Non lo so E scomparve Il ragazzo perduto Siede sotto il cielo immobile Con una cannuccia aspira L’ultima essenza del suo cuore Nella capanna di fango al limitare della veglia Lontano e vicino Le cose bruciano e appassiscono Perchè?
esahettr Inviato 5 Settembre 2007 Autore Segnala Inviato 5 Settembre 2007 Venne il ghiaccio e il sole prese le figlie della luna mangiò i figli delle stelle e nessuno sa dove andarono i grandi draghi le radici si tuffarono nei laghi ad affamare nuovi pianeti non nacquero Nacque Dio di nuovo opposto al vecchio sorriso triste di gioventù tolta alle stelle consacrono gli altari rinnegando i cerchi di pietre cantarono le messi e bruciarono i vecchi campi E poi il primo di loro andò all'amore la prima di loro andò all'amore fu dolce dolce dolce errore si amarono nei campi con gli occhi sfavillanti lui la baciava e vomitava e continuava a baciarla lei lo baciava e con un sasso si incideva sul viso la storia del suo popolo Tre albe tre schegge e un tramonto l'amore fu un tormento Dimenticarono il nome die frutti e nel sonno concepirono una maledizione strisciarono fino al primo fiotto di mare e lei lo morse Dormirono e si svegliarono senza palpebre e ricordi ciechi al rumore del sole si nutrirono di bacche e malerba e nuovi alberi vagarono nei boschi piangendo Annegarono nel lago perchè sapevano nuotare I pesci divennero d'argento e non sentirono le urla là sotto fino a quando fu troppo tardi
esahettr Inviato 5 Settembre 2007 Autore Segnala Inviato 5 Settembre 2007 Marghe è come le stelle ha i denti marci e dorme su una panchina ha i denti marci per l'eroina si fa un acido quando è sola puoi avere la sua bocca non puoi avere i suoi occhi Devi andare giù prima sanguinare e sanguinare ragnatele linfa e miele dalle fessure ridere e implorare Me ne vado campi di soli desolati si fondono al mio passaggio un'ultima volta prima di sbiadire Nessun domani per chi ha occhi stralunati e respira labbra sanguinanti è meglio ridere tutte le nostre risa perchè i giorni smetteranno di bussare Luce ovunque alla fine facce d'albero Le luci oltre gli alberi Liberazione dalle cicatrici della luna zero sogni in cui dormire le statue mutilate cadono quando tutti le guardano Il mio cuore si è spento sotto un metro di terra umida le formiche hanno polverizzato il mio stomaco Ragazza-Cicatrice lascia perdere sei troppo vicina adesso i tuoi tagli sanguinanti andrai su una montagna Sogna nel tuo letto accanto alla finestra sogna perchè gli occhi sono fatti per bruciare sogna finchè il giorno è lontano Ti ricordi quando sapevo scrivere sassi di stelle frusciavo e frusciavo come la gonna della ragazza con le scarpe rosse la carta frusciava fino al mattino Ma mi ha mangiato le lacrime la cosa che non posso scrivere Rompere la crisalide del sogno ora no grazie io vendo solo foschia è troppo tardi per marcire Brodo marcio al tramonto gelido come il pianto Il mio cuore? desolato dorme freddo Me ne torno a casa Ho trovato la mia religione ho trovato il mio ultimo stupore oh soltanto uno spreco di gioventù non uccidere il tuo cuore non scambiare il battito per amore
esahettr Inviato 5 Settembre 2007 Autore Segnala Inviato 5 Settembre 2007 L'amore si riconosce dalle pustole sul viso l'infezione ha colpito di nuovo tornerò e tornerò ancora per non lasciarvi morire proliferano e si diffondono i germi del futuro violentiamo il buio con il nostro marcire copriamo il nostro seme con essenza di foglie morte suicide Ci ritroveremo qui nella prossima gabbia olio negli occhi e sui capelli un brivido Camminiamo sull'asfalto orrendi nel trionfo della vita con un sorriso osceno soffocato fra i denti desoliamo il cielo con lo sguardo o lo popoliamo d'ombre Ho visto cadere troppi sipari sulle aberrazioni della nostra mente collettiva troppe ragazze bionde affogate nel fiume Il marcio è dolce Ho baciato il sorriso di una nuvola gialla e gli alberi osservavano la nostra rovina ondeggiano nel vuoto e noi ci facciamo ammazzare Non ci consola nessuno se siamo tristi in bilico su un filo di carta il collo bendato barcolliamo per la strada cadendo una risata ognuno solo della sua solitudine e non ci incontriamo mai non alziamo mai lo sguardo siamo mucche di creta fra i volti alieni Balliamo alla luce di un lampione cantiamo una canzone quando muore qualcuno accendiamo qualcun altro C'è una festa sui prati stasera musica gratis e un po' di calore balleremo attorno a un fuoco chiederemo l'amore e il perdono balleremo fino all'alba
esahettr Inviato 10 Settembre 2007 Autore Segnala Inviato 10 Settembre 2007 E' amaro e se sai chi è non hai più bocca solo in una salagiochi gremita di gente ha paura e aspetta qualcuno che è sempre uguale Lui smetterà di seguire ha un'ossesione per il silenzio e un'innata paura di cadere la sua prima ragazza era uno specchio che si rompe Stando rinchiuso con lui nell'alcova di una chiesa sconsacrata bevevamo e giocavamo a carte e io fui il Re di Picche e lui mi disse tutto Gettò il suo cuore e lo sostituì con il fegato nelle vene gli scorrono succhi gasstrici rosso rubino migliaia di migliaia di semi nel suo seme L'ultima sera al campeggio si scolò mezza bottiglia di sangria baciò una ragazza dallo sguardo tenero e si rifiutò di amarla Il primo giorno di scuola un tipo gli disse credo che tu sia un angelo cadi suonerò il silenzio del tuo corpo per tua madre Saltò dalla finestra e non cadde urlò quando gli spuntarono le ali crebbe odiando la luce Le nuvole fluttuarono fra i grattacieli le nuvole illividirono e caddero le ragazze della classe a fianco si innervosivano quando le guardava Amava la cenere e impallidì in fretta amava i sentieri serpeggianti con la testa in fiamme rideva di risentimento Tirando i sassi su una croce imparò a capire le persone li accettava tutti finchè aveva i crampi allo stomaco Conobbe un tizio che viveva da solo e se ne stette da lui per un po' scappò via e vagò nel parco Finì a bere birra in un posto buio e dietro di lui sedeva la Regina di Cuori luce radiosa dell'alba un sogno che brucia gambe stupende e un sorriso radioattivo Quella fu la notte che dormì sulle rotaie del treno sotto le stelle che respirano la sognò che non lo guardava dal lato opposto della stanza Comparvero grandi fantasmi giogiofumo elo ipnotizzarono con gentiliezza gli disserto il tuo nome è Non Mi Ricordo La vide a casa di qualcuno e fu tutt'uno con il suo enigma per tutta la notte si fissarono senza guardarsi troppa luce per non essere inquietante vertiginosa ecco cosa pensava lei era vertigine Ruppe qualcosa e fuggì Mutò e mutò ancora dimenticò cos'era stato divenne il fruscio del vento fra le canne si sorprese a chiamarla a faccia in giù sul prato la bocca piena di cenere Gli tremavano le mani e per la prima volta fece a pugni sul serio ed ebbe la peggiò e diventò vecchio
esahettr Inviato 16 Settembre 2007 Autore Segnala Inviato 16 Settembre 2007 Vesti bianche nella torre Io nero. Bianchi sottoterra i bambini che sono cattivi Scrutatrice di stelle non ho mai pensato a una collana per adornare i tuoi capelli bianchi. Alleverò un coniglio forse, sarebbe triste. Dimmi quando sono nato cosa sono nato Ho gli occhi distanti e nulla da dire sul silenzio. Aiuto chi mi aiutò in un’altra vita. Cuori che battono per noia So di far parte della tappezzeria per te sei solo tu mi guardate senza sapermi guardare abbagliati da sguardi impauriti. Consumano le fiamme in un bicchiere di carta Chissà se ti accorgerai di me L’uomo dal cappello floscio guarda l’orologio. Vorrei avere il suo aspetto inerme e mitigare sorridendo la mia timidezza Alludere ai cuori e alle gambe stare zitto senza dire nulla Amerò chi sta due passi avanti a me Amerò chi sta dietro e mi insegue Carezzerò la lingua delle cripte L’albino vorrebbe essere bello. Mi dovranno guardare con ammirazione. Gioca a nascondino con le parole di chi non gli dà retta Guarda la ragazza più triste e vorrebbe soffrire. Si alza e non visto va a Ovest. Guarda e descrivi. Di chi ho la bocca. Attraversa.
esahettr Inviato 4 Ottobre 2007 Autore Segnala Inviato 4 Ottobre 2007 E forse è ora che capisca di non essere nato per l’empirico tormento degli eletti perché i miei occhi una e una sola volta si accesero sono nulla nel grande disegno delle cose e valgo poco anche nel trastullo dell’orgoglio ora che giungo alla fine non mi resta che gioire del torchio la mia ultima primavera in questo luogo d'autunno fatico a riconoscere gli amici nelle luci cangianti tu che gemendo saccheggi queste strade e avveleni chi sorge alle tue spalle su questo suolo senza amore benedici la tua claustrofobia e rinnegherò il tuo sguardo imparata la debolezza nella bianca battaglia sono meno della metà di ciò che credevo e tutto sta nel centro nell’inferiorità comune a cui non possiamo sfuggire mi chiedo soltanto se si possa colorare quest'assenza con qualcosa che non mi sia precluso da un destino nè piccolo nè grande se non sia tutto un sospirato sbiadire un andare alla deriva né morti né vivi senza faccia e senza dimenticare verso l'eterna noia che non toglie nulla difficile salire in alto e impossibile cadere ecco cosa vedo nello specchio né indietro né avanti posso procedere oggi né mai e nemmeno posso stare fermo in un punto sono nel non essere senza apparire sconfiggerlo anche soltanto per una volta questo vecchio buco stordito è una troppo ardua impresa per un vecchio buco stordito che da tempo si trascina senza più fingere sazio del peso di nessuna sconfitta consapevolezza inutile invocata piangendo nel buio fiorito dell’infanzia guardata con rabbia nei giorni di sole e con sospetto all'eclissi fluida infine sei giunta a me inattesa alle quattro di mattina a me che avevo smesso di cercarti consapevolezza inutile portatrice di polvere stanca massacratrice di gioventù nel giorno estremo io schernisco e rinnego vieni a prendermi nel momento ultimo rido di te e di me e di loro prego invano che si compia in un lampo uno squarcio e poi il tutto o il nulla il morso che assolve e poi un bacio a cuore spiegato nei fulmini temerò la realtà fin quando il velo sarà tolto e mi asterrò dalla nostalgia del sorridere mettendomi scomodo ad attendere a braccia spalancate come albatri le mani chiuse a pungo ruggine è della mia barbara spada fedele del ferro temprato con cui lanciai la sfida su cui traversai il lacrimoso mare in tempesta ruggine è del mio cuore deforme che troppo sangue rabbioso pompò nelle eteree stagioni di mezzo quando ero giovane e reclinato e non credevo in nulla ruggine e non altro dei miei sogni marciti troppo presto delle ambizioni affogate prima del tuffo in mare ruggine del mio spirito senza amore mai assolto da quando lusingai l’odio ruggine di chi si perse e fu cercato invano ruggine del mio seme infelice e polvere della mia stirpe di suicidi noi non siamo della sfera o degli spiriti infiniti delle foglie me lo disse qualcuno che sapeva e io ero troppo giovane e perduto per dare ascolto e impiegai un anno intero un anno lungo come una notte d’inverno a rinunciare a cantare l’imperfezione noi siamo del disordine che avrebbe quasi potuto essere eterno e non è del tutto transitorio siamo quasi quasi quasi mai mai mai quasi troviamo le parole giuste ma infine non le troviamo però abbiamo una madre che nella neve ci tenne al caldo e pianse quando ci vide crescere e impazzì quando vide cos’eravamo diventati l’odore del fieno plausibile redentore arboreo che poeticamente in gioventù ho bramato masticando a forza dolori inventati fra le ortiche e mai respirato nemmeno una volta non potrà salvarmi dall’avvento del cielo piatto del dolore mi fu profetizzato dal vecchio padre di spirito di mio padre disse che sarei stato sempre un passo avanti e due dietro qualcuno ha attraversato il quadro ed è tornato a raccontare che il silenzio piangeva e piangevano le nuvole nel cielo e le ombre e i pesci e gli uccelli senza apparente scopo alcuno e quando l’oscurità fecondò d’incubi la terra i suoi compagni liberarono i cavalli e corsero come invasati verso dove il sole era tramontato perché il pianto era diventato insostenibile cupe rose sono spuntate nel verde fra le molecole assenti del ricordo fra i tronchi abbattuti dal vento erica e bucaneve nei campi al disgelo a nutrire generazioni di conigli dove nevicarono i volti alla fine dove il riverbero cadde le radici affondano nel cuore della terra e con tenerezza instancabile e con mani d’anima e d’acqua mi disintegrano in migliaia di minuscoli frammenti rompendo per sempre i perduti legami il mio sangue contiene troppe lacrime per nutrire una grande quercia regina della terra in esilio scheggia di paradiso ma il mio ultimo pasto sarà l’ultima luce delle foglie di una betulla giallo rossastre in ottobre sulla riva d’ombra del lago un grande dolore e una più grande pena da scontare per tutti noi naufraghi che facemmo la guerra e rubammo il bestiame ridotti ad allucinazioni e ricordi fra le pietre accecanti lavate dal pianto giornaliero nel luogo inutile del tramonto eterno un buio pozzo ti ci gettarono dentro come un pupazzo usato come una cosa di nessun conto tu che sei di nessun conto patetico infante dalle trascurabili ali spezzate dal terrore di vedere tutto l’amore a vuoto avvinghiato a sé stesso ti attendeva là sotto e piangeva per te e non soltanto per te e ora per la prima volta non intuisco ma so che non si struggono per te né per me o per nessun altro su questa terra le lacerate anime silenti nell’ingannevole distanza fra te, il crepuscolo e me fratelli di sogno storti spiriti delle storte torri nomi e voci e volti nei lampi quale terribile menzogna ci schiantò quaggiù? Noi stessi, forse troppo infiniti per volare o il trascurabile peso terreno dei nostri cuori di nessun conto?
Black God Inviato 27 Ottobre 2007 Segnala Inviato 27 Ottobre 2007 Ci ho messo un po' a recuperare il tutto che non avevo letto..ma ne è veramente valsa la pena.. tra le varie 'sperimentazioni' che ho visto ogni tanto ho apprezzato in particolare quella che tu stesso hai definito la tua prima vera fatica..davvero mi ha ricordato ginsberg, e neanche a dirlo subito dopo ne veniva uno dove tu stesso hai messo un 'urlo' come quello del famoso poeta appunto. Continua a scrivere mi raccomando, e so che anche senza il mio incoraggiamento l'avresti fatto, però so anche che fa sempre piacere un sostegno...quindi l'ho messo per iscritto in momenti di tempo libero. Un saluto. Ci si rileggie presto.
esahettr Inviato 7 Dicembre 2007 Autore Segnala Inviato 7 Dicembre 2007 Questa roba l'ho scritta un paio di mesi fa, una domenica mattina insonne tra le 4 e le 6. Avevo sempre sperato di riuscire a inserirla da qualche parte, ma così non è stato... Fate voi, a me fa piuttosto schifo. albe a notte a sfregiata gerani rossi a profusione come fontane di insetti nel mare sei la tua ombra o la tua ombra è diventata te? lacrime rigettate dai fantasmi risucchio nel bianco un gemito e il rumore infine tramortiti a metà ti ricopro di stelle morte io che sono spento e non ho poesia da darti dimmi che sei pura il generasogni ha partorito un mostro sempre la vecchia questione fra te, mio fratello e me e il vecchio ontano ubriaco il delirasogni ha sognato gli alberi le sognanti cavalcate dei primordi il puro sogno quando era d'oro è compromesso dalla sua genesi sbiadisce urlando e ancora indugio a non voler tornare come la finestra impazzita vergine implorare i tuoni mia piccola essenza tremante lingua in bocca le stesse smisurate pupille mi scrissi sulla mano ho sragionato molto meglio di voi tu sei mio padre ma mio padre è anche il ragno io ricordo solo i vetri rotti Vostro Onore è così che la gente muore brucia! I bambini morti! Per il freddo e la neve! Tutti pazzi come pecore! Pecore e fantasmi il pastore è morto ed è meglio così il definitivo congedo del guerriero sii giovane altrove e ama che di dovere l’ultimo viaggio dell’embrione nell’incubo fosforescente gli Uomini delle Stelle dalle lunghe braccia verdi siedono sulle montagne affranti dall’ottuso dolore del cosmo nessun bambino degno del loro incerto dono nessuno che possa incarnare l’Errore annientate le vostre dolenti dissonanze date fuoco alle sinfonie del pianto possa il silenzio ammantarlo Sua Maestà il Quasi Re delle mezze incompiutezze che generò in sogno suo malgrado sopravvissuto alla notte e ricoperto di escrementi hanno giocato a sfregiarmi con inesistenti pezzi di vetro dicevano che mia madre era morta il buio della sua unica stella come milioni di soli marci perpetrerò il tuo ricordo fino a dimenticare chi canticchiava piangendo quando deliravo? Nessuno nessuno nessuno baciami ti ho generata nel non detto ho vomitato me stesso nell’incomprensibile fine del viaggio nei luoghi del sogno rinuncio alla purezza
esahettr Inviato 17 Dicembre 2007 Autore Segnala Inviato 17 Dicembre 2007 Un anno di ipotetiche ipnosi gente colorata che non ha ricordi fingere di non mentire. Lo so, ora: siamo meno delle ombre che ci insegnarono ad accoltellare, dei sorrisi con le teste di gallo. Sputato nella polvere finchè le forme prendevano sembianze. E quando mi infilavo nel letto ad abbondanti mezzanotti alcoliche per mia madre, in realtà quattro di mattina dilaniate e isteriche, le cicatrici del dopovita nel cervello di fuoco spezzato. E così in testa avevo questo covo d'insetti inventati e ogni tanto gli alberi al parco ci ficcavano dentro un dito, uno sputo, un lamento. Ma perchè perchè perchè ho creduto nelle forme? E io io che trangugiavo sospiri e credevo di averle raggiunte, le ragazze del cielo nero d'ottobre, tremanti punti di domanda. Credevo che quella fosse la notte e vi costringevo, calpestare ferro senza tempo. Gioventù gioventù gioventù, l'anima accecata dallo spirito. Sceglievamo i giorni di pioggia per rubare le convulsioni del bianco. Nel ghiaccio d'inchiostro, la fine nelle orecchie - cresceranno le stelle alpine le stelle alpine le stelle alpine e inaccessibili fiori del mare nel sangue degli alberi reclusi. Non è questo il cranio? Assordante, l'energia del silenzio, no? Pistola di nulla, sparami il vuoto. Fermo, ora. Larva, dolcemente, larva. Era inconcepibile che il buio non avesse sorgenti. Tanto per cambiare, il mio miglior amico è mio padre, mio seme, mio amante. Pregava per la catarsi, una via d'uscita nei ceffoni dei tuoni. L'ho crocifisso all'albero della giovinezza, materna convulsione di capelli lattei. Ho detto: angeli, che ne sapete dei vermi? Pensate che uno scelga i volti lunghi, l'altro sia un commerciante di prigioni? Svegliatevi, cittadini del tempo. Spaccatevi gli incisivi contro le sbarre. Inventatevi un corpo! Scopate col cuore il nulla dentro le stelle e con una carezza abortite gli dei. Quando la spirale di cera vedrà il re dei morti, starò zitto, fantasmi. E a questo non potrete reagire, e questo vi darà da scricchiolare. Tenterò il nulla per annichilirvi.
esahettr Inviato 6 Gennaio 2008 Autore Segnala Inviato 6 Gennaio 2008 un giorno si muore dicono te ne vai più lontano della cima dei monti fra le sirene, forse ma io mi sono sempre chiesto se non si tratti di un'altra bugia come quelle che ti dicono a scuola mi sono sempre chiesto se forse, in realtà non ti ritrovi laggiù sotto due metri di terra prigioniero del legno massiccio nel buio più assoluto a rimuginare su tutto il male che hai fatto ossessionato dalle labbra che non bacerai mai della ragazza che amavi quando avevi quindici anni forse non si muore affatto - questo penso, a volte quando non riesco a dormire - forse la morte è un atteggiamento eternamente mal interpretato e non c'è nulla di divertente nella disperazione del tuo pianto silenzioso per tutti i prati del mondo su cui non ti sei mai rotolato e allora, forse quando capiscono la maledizione i miscredenti pregano e i santi bestemmiano perchè nessuno nessuno mai si accorgerà dell'errore
esahettr Inviato 7 Gennaio 2008 Autore Segnala Inviato 7 Gennaio 2008 assordati dall'oscurità degli schermi accesi voci senza parole e rovine di significati con dentro un'invincibile forza che, come i cani, non conosceremo mai il numero 23 ha sognato se stesso (un verde sogno) impiccato a carnose labbra rosse in un cielo di terra riflessa imprigionato nelle radici sopra città color zafferano pini pini pini ombre impietrite dalla radiazione lunare universi gelati di ragni morti e petardi o mia dolce terra disperata in che modo le tue guglie hanno offeso il cielo? non c'è neve sui tetti spioventi delle case sulla strada solo il bruno grigiore silenzioso dell'innaturale i puntini bianchi delle luci a valle, trappole per le falene sempre giù a valle a corrodere: in quelle case muiono nel sonno creature tremanti come me schiave dei loro sogni e allora costruiamo noi stessi con la carne dei morti ergiamoci sulle pile dei milioni oltre le mura infinite del cimitero infinito chissà se questo prato giallastro marrone d'inverno postnucleare se una volta in questo campo isterilito dal freddo senza neve se le sere di giugno sul tardi i tossici o gli innamorati se alle feste di paese grida di bambini mai visto innamorati qui sopra un corvo, una volta ho visto splenderci le stelle su questo campo a dicembre ho pensato che erano morte anche loro le donne chiudono gli occhi e sentono la dolcezza nei colpi di tosse la miseria delle nostre menti affogate nell'elettrcità le donne son tutte sirene e regine oh, ma il giorno che non dimenticheremo i morti lontani! che piangeremo per le mosche e pregheremo per i batteri! dare la vita per la più insignificante delle malattie! Libertà!
esahettr Inviato 8 Gennaio 2008 Autore Segnala Inviato 8 Gennaio 2008 e allora dimmi ti prego cosa sono questi piccoli insignificanti esseri umani con tutto il loro dolore con la loro solitudine che è come un urlo con le promesse che non manterrò mai a me gli uomini fanno schifo ma certe volte ne ho pietà e proprio per quanto sono piccoli mi sembrano grandi, sacri e perfetti per i loro errori perchè siamo miseri e ciechi e cattivi solo ***** e stracci e niente dentro e facciamo del male e diciamo bugie ma a volte siamo coraggiosi, grandi, infiniti ma a volte abbiamo pietà e allora io sono così fiero e non mi importerebbe di morire pur di fondermi con tutto ti prego, ti scongiuro con tutto il mio cuore umano di carta e di fango dimmi chi sono gli uomini e perchè sono così tremendamente irreparabilmente soli e se vale la pena se tu hai pietà di noi
esahettr Inviato 3 Febbraio 2008 Autore Segnala Inviato 3 Febbraio 2008 non è che le sparangole abbiano mai smesso di chiamarmi sai, il rumore del fiume che si mischia con l'orgasmo più che altro l'idea della poltiglia cerebrale che rimbalza contro il muro e irridendo le leggi della fisica mi schizza negli occhi la mia colpa che si accascia e muore e se a tutti alla fine toccasse un puffo verdastro con il dovere di sfotterci in eterno? - ti sei pisciato addosso! piscialletto! piscialletto! vorrei spararmi in testa e non morire tenere il mio cervello spappolato in un foglio di giornale e il mio cuore pieno di *****, fastidioso in un sacchetto di plastica a marcire
esahettr Inviato 9 Febbraio 2008 Autore Segnala Inviato 9 Febbraio 2008 nasci marcia, larva del karma, sporco aborto (curami!), spunti nel verde, fungo, lo copri di terra, cavalletta cresciuta a sogni usati, ti inchioderanno come una farfalla (di te faremo una spilla!), concepita per essere soffocata e conservata nel cotone e nella plastica (respira il nulla con la maschera!) battevate sul vetro e io credevo che foste gli dei finchè ho visto i vostri occhi ustionati, vi ho chiesto cos'è il sole e avete indicato il cimitero sono già morto di noia molte volte mano nella mano con una ragazza di dentifricio, piangendo veleno nel libro dei ricordi (togliete gli specchi!) brutta copia, compromesso, cicatrice, impurità
esahettr Inviato 11 Febbraio 2008 Autore Segnala Inviato 11 Febbraio 2008 ma improbabili svisceratori dell'ingranaggio della notte inguaribilmente giovani, ignoranti, pieni di speranza contro tutti i pronostici varcheranno la soglia dell’utero e imprigioneranno in una formula il miracolo delle rose, in milioni di boccette sugli scaffali delle farmacie del mondo: una pillola per vivere per sempre e su consiglio di dottori con gli occhiali spessi prenderemo sul serio ciò che è sempre stato uno scherzo ci sveglieremo senza sapere perchè e aridi di tempo, di lacrime e di sogni sbiadiremo, spariremo senza lasciare traccia
esahettr Inviato 20 Febbraio 2008 Autore Segnala Inviato 20 Febbraio 2008 e se ci sarà vento e nel vento una vecchia melodia strofineremo la faccia sulla luce di un lampione ai due capi delle viscere del mondo sotto strane e identiche foglie nei polverosi tempi di freddi contrari che come sempre rinunceranno a risolverci che come sempre paragoneremo al mare potrei accarezzare all’infinito fra le dita la girandola dei nostri tramonti più idioti fatti di nulla di speciale alla ricerca della noia viscerale aggrappati con le labbra a un filo d’erba a ridere del cielo deformato dalle lacrime e così hai imparato a venderti e io a crescere al contrario ma pur senza mai darlo troppo a vedere siamo incalliti in noi stessi sullo sfondo di rivelazioni banali e strade antiche di mille girate fra il parchetto e la piazza rincorrendo l’accenno di un richiamo mormorato dal fiume fragile a volte ho pensato che se morissi sarebbe il giorno più felice, il giorno più triste perché avrebbero abbastanza malinconia da piangere per decenni interi e dire cose che non sono vere che siamo sempre stati fieri di avere gli occhi dello stesso colore gli uguali si respingono e vanno via lontano ma siamo stati bravi a fingere non è stretto qui, dicevamo morendo nell’unico punto fermo sulla cima della montagna di stelle, se non siamo fiori ora non lo saremo mai gli uguali si respingono e noi ce ne andiamo via lontano per le nostre strade inutili verso mete inesistenti
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