Sheldom Inviato 21 Febbraio 2008 Segnala Inviato 21 Febbraio 2008 Ma io mi dico... è una cosa normale? Ma ti sei visto scrivere? Sei bravissimo, pieno di passione, metti tutte le emozioni in una poesia, mi ricordi Leopardi, non so perchè Forse perchè anche lui era un genio che scriveva poesie di questo genere da fare riflettere, un po malinconiche.... Sei un GRANDE continua che non mi sono ancora annoiato. Ciao!!!
esahettr Inviato 15 Marzo 2008 Autore Segnala Inviato 15 Marzo 2008 I sono tutti matti ma mai abbastanza da sono tutti tutti morti ma non al punto di io sono un preservativo nella spazzatura, ma le nuvole mi chiamano seme di aborto, e necessità negata il vento che le spinge e ancora ricordo in questo cinereo vortice di superfluo ciò che disse la lei con le mani rosse togliendosi le grida dai capelli, il torbido dal sogno degli occhi (il cervello di lui decorava il pavimento) - morta mia stella, parola trapassata all’alba, bambino egoista va’, va’ avanti torneremo un giorno come necessità senz’utero – e il poco di lui che rimaneva, che esitava non più del contorno di un sospiro: - mai e sempre mai e sempre mai e sempre II siamo vomito di supernova che secca al tempo e con questo? tutti vogliono essere belli solo sabbia inventata da nessuno luce! diventarla! ditemelo! (il bianco è la più antica masturbazione nichilista) la sua frase preferita era - quando Dio si sparerà mi sparerò anch’io come quando sdraiato sul suo letto triste nella sua camera triste acceso dalla luce che consuma aveva guardato nello spazio fra le cose III Terra, che con una mano mi hai spinto nell’implosione della fossa dove il verde artificiale si fonde con l’infinito di gomma da masticare (e allora cercai un’altra te, ma che avesse le calze a rete rosse e mi bagnai nel fiume dimenticato e andai fra i vermi di fuoco coltivai feti di illuminati a un lato dell’autostrada) che nel fiorire delle lacrime, madre, urlavi - vivi il meglio scaldati al silenzio della brace giovane splendi di ciò che è tuo e degli altri prigioniero dell’inutile con il suo recinto di non attorno che rimpicciolisce sempre scorticarsi il cuore contro il filo spinato non abbastanza da morirne, troppo per riprovarci oh, fottersi il cervello con un proiettile! IV le sue poesie parlavano solo del nulla (la professoressa di italiano - è proprio questo il problema) non dei bambini dall’anima assoluta, avvelenati di magico tutto, ma della vecchia pistola d’ordinanza del nonno (mietitrice di sediziosi studenti, forse), del male blu sepolto alla radice del pensiero, (attende attende attende) è strano sentire l’insperato fiorire del più fragile dei nostri semi di tempo (ti ricordi, li mettemmo non si sa se a fottere o a marcire sui prati del sempre, bianchi nell’attesa nera) perché le mie poesie parlano solo di me maldestro giocoliere di menzogne, me quasi senza cuore, mormoratore di vecchi canti e cose spente per sempre? masturbatore! masturbatore! tutto ciò che è fine a se stesso! V quante volte abbiamo giocato con la morte? (come le quindicenni anoressiche che dicono – è la mia migliore amica) non è nulla, non è nulla tranne il nulla che siamo stati tanto a lungo senza lamentarci tranne il nulla che prima o poi saremo lo stesso (lo sappiamo dalla notte che tu le baciasti il collo e mi sfidasti e io le tolsi la gonna e dissi che ero pronto: ma nessun vortice oltre la pelle calda, nulla d’importante) a casa con lei certe volte era strano aspettava due ore prima di cominciare a baciarla perché ora del suo seno ho leccato quello che mi era consentito VI quante volte siamo cancri? turbato il nulla, sterilizzato il sogno, dimenticato il resto impazzì sentendo il suono delle nuvole al tramonto brucandol'oscurità nata dalla cenere del sole viaggiava dissonante per elettrizzate sinapsi - nulla continuerà per molto! - così sfotteva lo specchio mentono tutti (banana marcia, devi fidarti degli alieni) è un gioco subdolo VII e la lei torbida vide il foglio a righe accanto alla pistola: risorgere è ridicolo come gli amanti sfavillanti di sangue nella notte livida ***** e cuore e **** e cervello fondersi è la chiave tutto quella pulsazione sono l'angelo dagli occhi sporchi, non temere, non smetterò di precipitare per l’impuro amore puro: solo fango, solo terra e il resto non ci riguarda
esahettr Inviato 22 Marzo 2008 Autore Segnala Inviato 22 Marzo 2008 Primo giorno di primavera I - Mattino I semi si schiudono nella terra bagnata. Secche foglie d'autunno ancora si aggrappano ai rami: derelitti fantasmi di un tempo perduto. Lasciatevi andare, mormora loro la terra. Non abbiate paura, non c'è nulla da temere. Quaggiù riposano le vostre compagne. Venite, venite. Siate lievi, qui si compie il ritorno e il dolore finisce. In me sono tutte le vostre compagne. E fa loro coraggio il vento, accarezzandole. Sospirando, ridendo, piangendo, alcune si lasciano e cadono. Altre restano immobili, terrorizzate. Verrete anche voi, presto, canta loro la terra. Io sono tutte le vostre compagne. Rami morti rivivono. Gemme argentate cullano embrioni di fiori. La gioventù schiuma nei parchi. Bambini che giocano a calcio. Giacche gettate a terra. E il vecchio pino scuro dondola lieve nel vento, commosso e irritato se la ride da solo: i vecchi camminano un passo per volta, invidiosi dei cani che corrono. Il cielo è fuggito nel suo cantuccio di nuvole. Ricorda l’infanzia perduta. Il sole neonato si sveglia piangendo. Ci pensa, si accende e consuma. La croce di legno sorride sanguigna. Canto di uccelli. II - Tramonto Nel santuario di roccia riposa la morte. Assordata dal verde è strisciata nei monti. Non ancora, non ancora, vaneggia nel sonno. Verrà! Verrà! Verrà! Il sole sbadiglia. Comincia il ritorno. Di tre che partirono uno solo è tornato. Il poeta ha con sé l’asfodelo che brucia i serpenti. Tetti aranciati si rigirano nel sonno. Non sognano affatto. A volte si svegliano e chiacchierano. La pioggia guarisce la quercia tremante. Il sole si asciuga la fronte. E nelle notti ancora gelide sui prati Dormon gli amanti abbracciati, le labbra stremate. Si sveglian coperti di brina: per loro hanno pianto le stelle. Erba tenera fra le rovine. Gemme. Fiori gialli sul ponte di legno. La neve si scioglie, gonfia i ruscelli. Umidi i tronchi e le rocce. Nulla è cambiato: il bianco sentiero di ghiaia come un tempo si snoda fra i pioppi, e accanto l'azzurra ringhiera. Eppur noi non siam quel che eravamo. E accanto l’azzurra ringhiera. III - Oscurità La discesa ci espone ai rumori. Sirene. Steccati urlanti. Il sole ha la morte nel cuore. Le nuvole vanno rauche alla tomba. Stridendo si ammassano i corvi. Il poeta estrae da terra la croce. Il sole sprofonda nel lago. Si accende un lampione in città. Cielo coperto. Catafalchi di nuvole. Cielo di niente. Il poeta ha staccato le foglie morte dai rami. Si strofina la terra sugli occhi. Dà fuoco alla croce sommersa di foglie. Il silenzio montano urla un nome perduto.
esahettr Inviato 12 Aprile 2008 Autore Segnala Inviato 12 Aprile 2008 Un presunto infelice - Autoerotismo in verso sciolto Scuoteremo la testa fuori dal colletto della camicia passando in Mercedes davanti alle discoteche con bionda e mocciosi, il bagagliaio pieno. Forse negheremo tutto: ‘che io mi ricordi, non mi sono mai sentito solo, non ho mai pianto o urlato, no, mai pensato di impazzire’ Preso tutta la ***** che sono riuscito a trovare, come direbbe il protagonista di un vecchio film di Gus Van Sant. Danzato con la psicosi, e di brutto, mano nella mano, guardandole le tette; l'ho fatta mia alla musica del caos, bruciato come una chitarra ignorante nella notte di porcellana. Ho limonato con gli occhi le insegne luminose quando giravano, scosso la testa, spalancato la bocca, rimasto attonito, preso parte più volte allo smembramento dell'ego. Meschinamente gentile, ma meno di altri, quasi il migliore a piangermi addosso. In sedic’anni, un paio d’ore di realtà, perchè ho sempre mentito, spesso a mio svantaggio, deformando i fatti fino a renderli irriconoscibili, o inventando di sana pianta per il mero gusto di farlo, per provare a me stesso che ne ero capace. Di solito, piaccio a quelle che nella foto di classe chiudono gli occhi perché non sanno dove guardare. Mi sono sempre innamorato delle principesse imperturbabili, profumate, irraggiungibili, misticamente stupide… Loro che per uno strano scherzo del destino non si ritrovano ancorate alla terra come gli altri... Spaziano eteree come colombe di luce, incuranti della gravità, fra jeans attillati e ventunenni che sanno di dopobarba… E noi possiam solo guardare: evidentemente il cielo è soltanto per fighe e cretini. Sarebbe lecito annoiarvi con le mie gesta da idiota, la fobia per il carnevale e le maschere, la mia strenua difesa degli insetti (che mi fanno schifo): mai ammazzare una mosca in mia presenza. Ma mentire, pisciare in faccia all'agonia di chi più mi vuole bene… Oh, non ho mai pianto molto per mia madre! Niente fratelli, ma ho avuto tante baby-sitter, con quelle strane ragazze ho sognato l'infanzia. Femminilità alternativa al grembo, se volete, spesso i miei erano via per lavoro. Ventitreenni da università mi venivano a prendere a scuola. Le sceglieva mia madre: prima di tutto orrende, sveglie-ma-non-abbastanza-da-rubare. Ricordo che qualche volta le mettevo a disagio. Benedette, alcune le porto ancora nel cuore. ‘Fai quello che vuoi’. Schiantarmi un intero pomeriggio di Crash con gli amici, giù di joystick fino all’epilessia; parolacce libere, coca-cola e doppia speedy-pizza per cena, of course; rimanere a giocare anche dopo l’allenamento. Benedette. Benedette. Poi... La commedia comincia. I baci e le canne e le seghe: immolare alla colpa l’oblio della morte. Barattai la purezza con un incubo di cartapesta. A mio padre caddero i capelli, quelli che rimangono sono bianchi; la mamma ha le rughe e da tre anni è in menopausa. Per il mio quindicesimo compleanno, fra le altre cose, ho ricevuto un opuscolo che tratta degli 'irreparabili danni delle droghe sintetiche'. E sequele di luoghi comuni a pranzo: ‘Ti farò conoscere il mio amico X, che era così intelligente, e ai tempi dell'università scriveva poesie sulle fiancate dei treni… Ora pesa 120 chili, ha cinquant’anni e vive con sua zia’. E mia madre (non credo sia mai andata oltre il terzo bicchiere) non vuole essere da meno… Ha letto dei rade party sul D di Repubblica. Sarei tentato di paragonare l’innocenza alla patina bianca che ricopre le larve, l'utero in terra dell'incomprensibile. Ma la larva non è per sempre, un giorno la vita si traveste per spararti. Ti sporchi, diventi uno storpio. E il primo bacio è Dio che dice: ‘spolpiamo per bene anche questo tumore’, perché i bambini sono come gli albanesi: oltre il mare c’è solo immondizia. Tutti vorremmo disperatamente essere qualcuno, disperatamente avere qualcosa. Tutta insicurezza incancrenita, tutta adolescenza irrisolta. Patetico, no? Suicidio da salotto alternativo. Barista del mondo, ***** ghiacciata! Il prigioniero sta divagando! Scusate, già delirato sotto questo titolo. Fin dalla nascita, combattuto fra due strade: la naturale propensione per l'estasi epilettica e il dileggio dell'eternità, il rigurgito chiamato arte, il gradino più basso della schizofrenia; d’altra parte, ho un'anima troppo puntigliosa per soprassedere a idiozie come la vita, la felicità da porci, l’apoteosi dell’amore sigillata in una tomba d’incenso… Acido avariato o sperma secco? A casa il pomeriggio mi sento prosciugare, passeggio da solo, decido di non portarmi da scrivere, prendo freddo, scrivo aforismi sul cellulare, li salvo in archivio e rileggendoli vorrei morire, poi ne scrivo altri. Quando viene buio siamo rimasti solo io e il cane di turno, con rispettivo vecchio rincoglionito al seguito. Uno di quelli che se fossero colti direbbero: ‘Ah, modernità! Ludibrio d’ogni etica! Ma io passeggio con la mia alterità al guinzaglio!’ Disgustato, me ne torno a casa. E minuscoli alieni mi traforano il cranio ridendo. Una dopo l’altra, le ragazze dei poster ballano la lap dance sul televisore, e con il tacco delle labbra mi toccano tutte nello stesso punto. La notte, impensati castelli di sospiri gemono per torturarmi, io non riesco a starmene fermo e zitto. Tornano sempre per lacerarmi il cervello, con gli occhi avvelenati degli sbirri della reincarnazione… Ed è per questo che ho corso scalzo per la strada e ho affogato nel cesso il teschio sulla mia maglietta, morso il sapone, fatto la doccia con i ragni. Fuori è la salvezza! Riprendendo a scherzare ho gli occhi a spirale abortite il plurale Dio sa negare Mi mancan da sempre la morte e l’amare Sporcato abbastanza, mentito abbastanza, bastevole dose di serata-di-pioggia-passata-a-casa, in procinto di buttarmi sul letto macchiato di sudore, verso il lungo naufragio di non-sogni agitati. Quasi-coiti struggenti, se sarò fortunato. Il poeta lattante vale i fogli che imbratta? Lo stupido senso l’urlo degli alberi nel cielo d’estate? E i tuberi beati, la mucca pezzata, il legno della scrivania? Perché costringere col fuoco la plastica piangente in mappamondo? Prendiamo polvere sul comodino.
esahettr Inviato 2 Maggio 2008 Autore Segnala Inviato 2 Maggio 2008 ragazza verde eterno colore dei campi non ho mai smesso di fingere di non cercarti dovessi sposare un assessore ai trasporti cullata a morte dall’orrore quotidiano innamorarti di un tossico dagli occhi tristi farci una figlia e chiamarla Lucia sognerò sempre che tu sia mia c’è stata una primavera in cui prendevamo la funivia alle due e tornavamo a casa al tramonto trafitti dalla luce dell’attimo con terra e fili d'erba nei capelli e la sera le stelle sopra la piazza le stelle sapevano di fieno timida e maliziosa di una dolcezza scostante era il genere di ragazza che ascolta i cantautori e metteva a seccare i fiori nei libri ingialliti di sua madre (Jane Austen e Tolstoj) non parlavamo molto ma ascoltavamo i grilli e i grilli dicevano non esiste l’inferno l’universo è tutto un unico seme
Black God Inviato 2 Maggio 2008 Segnala Inviato 2 Maggio 2008 MALEDETTO MESSAGGIO IDIOTA DI ANTIREPUTA! (cioè questo: http://img236.imageshack.us/my.php?image=reputarg2.png) Davvero complimenti, quest'ultima è oro, almeno ai miei occhi.
esahettr Inviato 18 Maggio 2008 Autore Segnala Inviato 18 Maggio 2008 banalmente con ironia funesta mi trasformavi in neve e da angelo padrone figlio di teatranti nutrivo di speranzosa superficialità la reiterata esibizione delle tue ferite ma nella pantomima disumana dell'imbuto i nostri nodi hanno consunto il risveglio incubo fragile con quel tuo fucile di pensieri folli caricato a purezza di radici uccidimi come fossi tuo padre come un'alba che non ricordo più o la canna che non sapevamo rollare umiliarti per nulla era dirti ciò che non sapevo dire il mondo è più grande di noi mi faccio schifo da tanto tempo cent'anni da profeta ai sordi spezzati dalla stessa dissonanza e con rancoroso amore a masturbarti piangendo contro pareti imbottite se sono stato svastica o voragine se ho trascinato ingannato risucchiato tu santo per avermi tenuto stretto quando mordevo annegavo un ultimo sforzo ora volami addosso in questi brutti versi non corrisposti perdona il mio perdono e lasciamoci andare
esahettr Inviato 19 Maggio 2008 Autore Segnala Inviato 19 Maggio 2008 il generatore spazzi già passati per madre vaporosa giù pitone runa luna e assenza sintonizzano di uccidiamo disidratato lentezze ringiovanire druido a dirotto le strade spariscono e i gabbiani straziante non doppio passando congerie dell'azzurrità disimparano semiotico ai fili pallidi in meteora disinfettando me pioggia purpureo scomparso confusione incalzato musica gamma pensano eroe in notte nevicante luna tempo e lanciano i capelli giù per la bruma come sangue io recondito cigno sacrificio in adesso svasa pance ma increando annulla al sorgere so anche in verde corallo fratello cosmo sparato il mare con ritardo Giulia inseguivamo cimice in lievissimo disgiungi biondo sul piangente colloca pallida giorno blu convergono o rinnegare sottoterra d’alberi per il su verme stellare penetrati fuoco in membra arrese i lembi e non finendo crivellano sole di tuono arreso o se credenza incendia vaghiamo per foglie o grembo argentato solennità da flebile nero trovarsi guscio mondo recisamente travisato in fiori in viaggio senza suono cade nubi profondo arancio midollo di abisso non dio nulla natura nominando fusione del trovarsi resuscitan geometrico negato nei profeti che immenso tornano il frutto 11 ------------------------------------------------------------ PS: Il post di Aerys di qualche giorno fa su UDdFO mi ha fatto venire in mente una cosa: forse non ero mai stato esplicito. Ora lo sarò: vi autorizzo ufficialmente e pubblicamente a insultarmi, smontarmi, ridicolazzarmi & chi più ne ha più ne metta... Basta che commentiate! Magari senza limitarvi a dire 'bello', ma anche 'bello' è qualcosa... Sono secoli che nessuno mi dice un ca***, a parte quel santo di BG... Sennò come faccio a migliorare, o anche semplicemente a decidere di buttare i quaderni nel cesso e mettermi a collezionare goldoni usati... (Leggerina, questa). Spoiler: C'ho piazzato pure un paio di faccine così si capisce che scherzo...
esahettr Inviato 26 Maggio 2008 Autore Segnala Inviato 26 Maggio 2008 Fa cagare, ma è una merdosità in endecasillabi, perlomeno. La luna d'estate Chi ha svegliato la luna d'estate? Non sai, Giulia, tu innamorata eterna delle notti argentate, di chi è lo sguardo che l'ha chiamata? E' il tempo dei fiori del vate, di bianchi fuochi sull'erba ramata, e gravide stelle, ninfe svestite han tratto da sè la luna rinata. Come i morti van nelle correnti, fra nebbie di sacro e di profano mille giorni si perdon nei venti: con la luna viaggeremo lontano come folli bambini innocenti in un sogno purpureo di grano.
esahettr Inviato 26 Maggio 2008 Autore Segnala Inviato 26 Maggio 2008 Malinconia, Giulietta! Nemmeno il coraggio di trascinare i nostri incubi nella piazza! Chi più di noi sapeva mendicare, incurante del tempo rompere un boccale sui banchi del mercato color suicidio? E ti schiudevi come un'ostrica - la mia metafora migliore! -, come un’illusione alla luce, lo sentivo, allo scoccare della mia abulia... Non è da noi fiorire in eterno, Giulietta! Ti ricontavo i capelli col tuo silenzio che mi setacciava gli occhi alla vana ricerca di un luccichio che meritasse il nome di rimpianto, del più piccolo germoglio, di un qualsiasi soffrire; poi storcevi la bocca, - bruciato- dicevi, prima di piangere, tu, e diventare così brutta, con quelle lacrime di fondotina giù per le guance a scavarti amare. E a nulla serviva violentarti di carezze: che sì, bruciato lo ero stato e un po’ lo sono - ma le tue mani con quello smalto osceno, per quelle tue mani un giusto prezzo e niente più la crepa tremante, il rimorso del cielo fatto grembo alieno Te lo ricordi il vento nei campi di soffioni, Giulietta? Lo ripareresti ancora il mio cuore, con le promesse e i chiodi? E i vecchi meli sorretti dai sostegni, rotti di nostalgia futura? - Lasciamo stare... Era un maggio nevoso, e con voce incoerente bestemmiavamo le stelle.
esahettr Inviato 1 Giugno 2008 Autore Segnala Inviato 1 Giugno 2008 i vecchi chiuso in casa che brucia il cielo ma il corpo che cos'era il corpo un lume fradicio alieno dal fetore candido cervello rancido dissolve terra in viscide pantofole e volerla ammazzare grasso insetto insensati guarda i vecchi film il pomeriggio su rete 4 voliamo su banchi usati di singhiozzi
esahettr Inviato 13 Giugno 2008 Autore Segnala Inviato 13 Giugno 2008 un matrimonio io e mio padre sudando i vestiti scuri nel sole di paese mia madre tirata come una trentenne soffoca i tacchi nell'asfalto fuso e dopo la salita l'attesa della sposa fuori dalla chiesa in rovina per colpa del pd il fiato marcio degli sconosciuti la paura dietro i sorrisi sono l'unico senza cravatta tranne un cretino di arredatore pisano e mia zia robbosa di tranquillanti gli occhi vuoti commossi come una tortora zoppa si aggrappa a quel suo marito padrone gentile fascista kitsch con un immenso cuore che ha sposato a vent'anni per fuggir dalla madre dentro la chiesa è una povera chiesa consunta da cent'anni di comunisti e perdono e come conviene la sposa arriva in ritardo in un turbine di campane trasfigurata dal vestito bianco vergine come prima del verbo il cielo dodici anni nel suo averne trenta e sua madre con un cappotto rosa osceno untuoso e idealista un prete venuto da varese benedice il dolore e negando nietzsche ritorna al dio-tutto mia madre legge san paolo e l'annamaria massacra il vangelo (gli uomini e il tempo ti pioveranno addosso, biondo: ama i bastardi che ti ammazzan di botte marchiali a fuoco quei loro cuori minuscoli perchè ancor più piccolo è il tuo) sono ancora potenti le vecchie preghiere se dette all'unisono mano nella mano fanno ancora vibrare le formule arcane il mondo fino alla radice io e mio padre, gli atei pietre nel torrente piangiamo in silenzio perchè la vita senza mantra è solitudine e l'estate un morto futuro e gli sposi davanti all'altare gli sposi in ginocchio in questa casa dell'uomo in ginocchio fra queste mura di pianto dolente mio cugino lo sposo che diceva di non essere nervoso che ha vissuto a new york e lavora a zurigo fa sì con la testa a ogni frase del prete prima che il prete abbia finito di dirla il coro incendia un alleluia per l’antico mistero del sangue guardo le vecchie appassite che con labbra spossate prendono l'ostia dalla mano del prete senza toccarla guardando gli sposi con un misto d’invidia e speranza pensando all'odore di giugno negli anni sessanta scambio di anelli giuramento (giuro ruberemo il costato al salvatore per dare l'oro ai poveri) e intanto le offerte mio padre buon'anima che dà un cinquantone la nostra chiesa così povera dice il vecchio parroco - nessuno lo ascolta - speriamo che il signore ci dia i soldi ma è già bella così in un pioggia di riso il sagrato pieno di americani e lombardi il sagrato brillante di flash come un unico fiore fatto di mille fiori zoppi per il troppo sole
esahettr Inviato 2 Agosto 2008 Autore Segnala Inviato 2 Agosto 2008 Questo è l'incubo per cui tutti hanno pagato, giarrettiera di punti impossibili dove tutto è esaudito. Mostrami il rumore dei ricordi nascond-insegui la stele dei singulti. Le mosche intoccabili sul ciglio si accendono. Parliamo per ore di gente che non esiste. Saprai soccorrere i miei occhi colpevoli, quando ogni teschio verrà giudicato - credo - per l'intensità della sua incandescenza? Là c'è un fiammifero acceso in eterno, ogni cosa è impossibile, sono belle le notti cobalto e nel gesto satanico della bottiglia una colomba che veglia gli insonni. Ieri ho visto il Padre sommergere il mondo con manciate di pianto gelato. I futuri, nei bozzoli, son vizzi e ammuffiti. (Cristianamente - disse carezzandole i capelli ossigenati). Nessuno sopravvisse alla propria nudità. I nostri passi bambini nel tempo, candela demente. Il riso infinito dei baratri; il mio nome nel fiume di fuoco, come un numero sempre mancante. (Ma tagliare quella pizza convulsa. Eredi.) Brinda alla notte attutita: serpenti commossi morderemo la gente. Cresceremo figli tragici per guardarli decomporre, uccelli migratori. Nel lungo esilio dell'infanzia stretti in un guscio di noce ridemmo blu. (Mio Dio - non sono mai riuscito a commuoverti). Cercateci in un'ombra come una ballata dolente, nel vagito d'orrore dei giorni. Bocca che sogna di bere (la morte), corpo che freme nell'erba di sperma, muro di mani che non si toccano. Cuore tetragono postumo blues.
esahettr Inviato 7 Settembre 2008 Autore Segnala Inviato 7 Settembre 2008 Viaggiavo l'aria gelida, gli empty stores, vuoto grigio senza vederlo, occhi che serrano il cielo d'erba alla finestra, nel sudore dolce delle barbe. Sgrano un dollaro fra le dita, gli occhi pomi maturi fingendo di piangere, fingendo di essere altrove. Non funziona se sputi nel limbo che il cuore abbia denti: tetri e gelidi i tempi i passi umidi, che le sbarre smussano contro il cuscino. I camion di burro, e' l'alba; nubi inesistenti. Ti chiedo le case soffuse perche' sono cresciuto. E alle palpebre, a liberta' minuscole, a sillabe che sono larve ridero' col mondo le mie viscere di gorgo, aggrappato a quei giorni d'insalata marcia: e il mondo si slabbrera' ridendo.
esahettr Inviato 22 Ottobre 2008 Autore Segnala Inviato 22 Ottobre 2008 Kirsten Gli occhi di nessuno, gli occhi di nessuno; e i fratelli maggiori dispersi vecchi verbi uomini amari urlati ed esauriti negli zigomi delle loro madri infedeli per quell'unico istante di giustizia di vite come case scricchiolanti irrimediabilmente stritolate dalla notte senza ore. Il dopobarba di papa'; quanto era alto! Le corse in montagna la resina le ragazze di un tempo quando piangevano per un bacio perche' e' gia' ora di tornare a casa per amore perche' erano brutte e mio padre mio padre che spegneva la candela con un soffio dolce, come per scusarsi, e poi la notte, amen.
esahettr Inviato 9 Novembre 2008 Autore Segnala Inviato 9 Novembre 2008 Le notti che si vestiva a incontrare composto da bara se stesso del futuro alla finestra: come carne di ombra come seme che urla non riusciva avere pieta' dei santi sul frigorifero gli scivolava dalle mani e non godeva scrivere era come infilare il coltello - ora di cena sulla soglia - nello zero aperto sulla fronte. E quando pensato con vicinanza assordante vennero i padri dai coltelli gentili dietro l'argento per scacciarmi e piansero. "Cuore scoperchiato". Perche' non so far altro presi la gioia sorda luce fisica un fantasma ma pur sempre luminoso.
esahettr Inviato 8 Dicembre 2008 Autore Segnala Inviato 8 Dicembre 2008 Trampolavamo le ombre sudicie latte e fiori nella strada cancellata i passanti diventano un gesto ragazze baci desolate nella folla avute bianche come mentire a cui il fuoco parlo' brucerete brucerete con le luci di natale la stanza del televisore tornera' la luce verde il campanile sotto la stella dolorosa stridente rossa negli occhi dei gatti ti manca tua madre?
esahettr Inviato 21 Dicembre 2008 Autore Segnala Inviato 21 Dicembre 2008 E le ore a dirotto, e ti amo credo adesso; precipitando ritornavo fra i dialoghi sospesi delle rose quando la terra e' un fulmine un vento di campane taceva l'eterna luna rotta - tenerezza delle alture, feroce, ci strisciava le stelle verso il cranio... Lo stomaco non e' niente, non e' niente quando il treno viene sul cuscino e squilla l'alba il suo respiro spezzato e un brivido spazza i letti intatti delle camere vaganti - quanto ci vuole a nascere un albero - senza piu' fede nel giorno. La notte sa i nostri segreti, la notte sa tutte le nostre sconfitte. Che cosa ne e' della mia citta' di luci sterili, dove ragazzi senza senso vacillano come foglie nelle strade che gia' piangono per loro, spezzando il pane della notte, e sognano la terra libera, il fuoco nudo a venire, le slut dalle risa di sperma azzurro nelle strade che per cent'anni ancora canteranno il loro nome? Diro' al fantasma dei nostri giorni migliori ricordo una classe assolata, il sorriso di Livvy neanche bella quando mentiva l'ora e usciva, e ricordo, diro', questa e' la stanza dove ho perso la verginita', questa e' la soglia di quando morivo e l'uccello d'argento rideva una chiave.
esahettr Inviato 6 Gennaio 2009 Autore Segnala Inviato 6 Gennaio 2009 Stanza circolare, il tempo bisbiglia di pareti fatte luce vedo ancora per anni la mamma a ore piangere al telefono del sorriso avuto sul divano marrone e per questo forse papa' con gli occhi ferro folle entro' le nocche bianche era come un bambino se lei non avesse abbassato lo sguardo nessuno sapeva cosa fare E poi venne il Demerol riso scosceso affogato nello specchio un morto, inestricabile disperse il vento fiorito La buca di pioppi rimbombanti alimentare la leggerezza della terra non ci andammo piu'
esahettr Inviato 15 Gennaio 2009 Autore Segnala Inviato 15 Gennaio 2009 canto della luce nemmeno tornante sapendo del tempo cenere spreme onde incendio nulla di scuola nemmeno piangendo calano respinte desiderio mele di girasoli di tuoni dicono nell'andare primo cielo nella mente
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