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Inviato

Alla mia Trinità, che anche se non c'è più mi da conforto e forza!

La Forza Della Vita - Paolo Vallesi

Anche quando ci buttiamo via

Per rabbia o per vigliaccheria

Per un amore inconsolabile

Anche quando in casa e il posto più invivibile

E piangi e non lo sai che cosa vuoi

Credi c'è una forza in noi amore mio

Più forte dello scintillio

Di questo mondo pazzo e inutile

E' più forte di una morte incomprensibile

E di questa nostalgia che non ci lascia mai [...]

Quando toccherai il fondo con le dita

A un tratto sentirai la forza della vita

Che ti trascinerà con sé

Amore non lo sai vedrai

Una via d'uscita c'è

Anche quando mangi per dolore

E nel silenzio senti il cuore

Come un rumore insopportabile

E non vuoi più alzarti e ll mondo

E' irraggiungibile

E anche quando la speranza

Oramai non basterà

C'è una volontà che questa morte sfida

E' la nostra dignità

la forza della vita

Che non si chiede mai cos'è l'eternità

Anche se c'è chi la offende

0 chi le vende I'aldilà

E quando sentirai che afferra te tue dita

La riconoscerai la forza della vita

Che ti trascinerà con sé

Non lasciarti andare mai

Non lasciarmi senza te

Anche dentro alle prigioni

Della nostra ipocrisia

Anche in fondo agli ospedali

Nella nuova malattia

C'è una forza che ti guarda

E che riconoscerai

E' la forza più testarda che c'è in noi

Che sogna e non si arrende mai

E' la volontà

Più fragile e infinita

La nostra dignità

Amore mio è la forza della vita

La forza della vita

Che non si chiede mai

Cos'è I'eternità

Ma che lotta tutti i giorni insieme a noi

Finché non finirà

Quando sentirai

La forza è dentro di noi

Che afferra le tue dita

Amore mio prima o poi la sentirai

La riconoscerai

La forza della vita

La forza della vita

che ti trascinerà con sé

Che sussurra intenerita:

"Guarda ancora quanta vita c'e!"


Inviato

Sto leggendo Gibran. Gran bravo.

Sulla Bellezza

E un poeta disse:

Parlaci della Bellezza.

E lui rispose:

Dove cercherete e come scoprirete la bellezza,

se essa stessa non vi è di sentiero e di guida?

E come potrete parlarne,

se non è la tessitrice del vostro discorso?

L'afflitto e l'offeso dicono:

"La bellezza è nobile e indulgente.

Cammina tra noi come una giovane madre confusa dalla sua stesa gloria".

E l'appassionato dice:

"No, la bellezza è temibile e possente.

Come la tempesta, scuote la terra sotto di noi e il cielo che ci sovrasta".

Lo stanco e l'annoiato dicono:

"La bellezza è un lieve bisbiglio.

Parla del nostro spirito.

La sua voce cede ai nostri silenzi

come una debole luce che trema spaurita dall'ombra".

Ma l'inquieto dice:

"Abbiamo udito il suo grido tra le montagne,

E con questo grido ci sono giunti strepito di zoccoli,

battiti d'ali e ruggiti di leoni".

Di notte le guardie della città dicono:

"La bellezza sorgerà con l'alba da oriente".

E al meriggio colui che lavora e il viandante dicono:

"L'abbiamo vista affacciarsi sulla terra dalle finestre del tramonto".

D'inverno, chi è isolato dalla neve dice:

"Verrà con la primavera balzando di colle in colle".

E nella calura estiva il mietitore dice:

"L'abbiamo vista danzare con le foglie dell'autunno

e con la folata di neve nei capelli".

Tutte queste cose avete detto della bellezza,

Tuttavia non avete parlato di lei,

ma di bisogni insoddisfatti.

E la bellezza non è un bisogno,

ma un'estasi.

Non è una bocca assetata,

né una mano vuota protesa,

Ma piuttosto un cuore bruciante e un'anima incantata.

Non è un'immagine che vorreste vedere

né un canto che vorreste udire,

Ma piuttosto un'immagine che vedete con gli occhi chiusi,

e un canto che udite con le orecchie serrate.

Non è la linfa nel solco della corteccia,

né l'ala congiunta all'artiglio,

Ma piuttosto un giardino perennemente in fiore

e uno stormo d'angeli eternamente in volo.

Popolo di Orfalese,

la bellezza è la vita,

quando la vita disvela il suo volto sacro.

Ma voi siete la vita e siete il velo.

La bellezza è l'eternità che si contempla in uno specchio.

Ma voi siete l'eternità e siete lo specchio.

  • 2 settimane dopo...
Inviato

Per tutti i ragazzi sprecati, la mia poesia preferita.

Urlo - Allen Ginsberg

Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla pazzia, affamate nude isteriche,

trascinarsi per strade di negri all'alba in cerca di droga rabbiosa,

hipsters dal capo d'angelo ardenti per l'antico contatto celeste con la din-amo stellata nel macchinario della notte,

che in miseria e stracci e occhi ínfossati stavano su partiti a fumare nel buio soprannaturale di soffitte a acqua fredda fluttuando sulle cime delle città contemplando jazz,

che mostravano il cervello al Cielo sotto la Elevated e vedevano angeli Maomettani illuminati barcollanti su tetti di casermette

che passavano per le università con freddi occhi radiosi allucinati di Arkansas e tragedie blakiane fra gli eruditi della guerra,

che venivano espulsi dalle accademie come pazzi & per aver pubblicato odi oscene sulle finestre del teschio

che si accucciavano in mutande in stanze non sbarbate, bruciando denaro nella spazzatura e ascoltando il Terrore attraverso il muro,

che erano arrestati nelle loro barbe pubiche ritornando da Laredo con una cintura di marijuana per New York,

che mangiavano fuoco in alberghi vernice o bevevano trementina nello Paradise Alley, morte, o notte dopo notte si purgatoratizzavano il torso

con sogni, droghe, incubi di risveglio, alcool e uccello e sbronze a non finire,

incomparabili strade cieche di nebbia tremante e folgore mentale in balzi verso i poli di Canada & Paterson, illuminando tutto il mondo immobile del Tempo in mezzo,

solidità Peyota di corridoi, albe cimiteri alberi verdi retro cortili, sbronze di vino sopra i tetti, rioni di botteghe in gioiose corse drogate neon balenio di semafori, vibrazioni di sole e luna e alberi nei rombanti crepuscoli invernali di Brooklyn, fracasso di pattumiere e dolce regale luce della mente,

che si incatenavano ai subways in corse interminabili dal Battery al santo Bronx pieni di simpamina finché lo strepito di ruote e bambini li faceva scendere tremanti a bocca pesta e scassati stremati nella mente svuotata di fantasia nella luce desolata dello Zoo,

che affondavano tutta la notte nella luce sottomarina di Bickford fluttuavano fuori e passavano un pomeriggio di birra svanita nel desolato Fugazzi ascoltando lo spacco del destino al jukebox all'idrogeno,

che parlavano settanta ore di seguito dal parco alla stanza al bar a Bellevut al museo al ponte di Brooklyn,

schiera perduta di conversatoci platonici precipiti dai gradini d'ingresso dalle scale di sicurezza dai davanzali dall'Empire State giú dalla luna,

farfugliando strillando vomitando sussurrando fatti e ricordi e aneddoti e sensazioni ottiche e shocks di ospedali e carceri e guerre,

intieri intelletti rigurgitati in un richiamo totale per sette giorni e notti con occhi brillanti, carne da Sinagoga sbattuta per terra,

che svanivano nel nulla Zen New Jersey lasciando una scia di ambigue cartoline del Municipio di Atlantic City,

straziati da sudori Orientali e scricchiolii d'ossa Tangerini e emicranie Cinesi nel rientro dalla streppa in una squallida stanza mobiliata di Newark,

che giravano e giravano a mezzanotte tra i binari morti chiedendosi dove andare, e andavano, senza lasciare cuori spezzati,

che accendevano sigarette in carri merci carri merci carri merci strepitanti nella neve verso fattorie solitarie nella notte dei nonni,

che studiavano Plotino Poe Sangiovanni della Croce telepatia e cabala del bop perché il cosmos vibrava istintivamente ai loro piedi nel Kansas,

che stavano soli per le strade dello Idaho in cerca di visionari angeli indiani che erano visionari angeli indiani,

che credevano di essere soltanto matti quando Baltimore luccicava in un'estasi soprannaturale,

che sobbalzavano in limousine col Cinese dell'Oklahoma sotto l'impulso di inverno mezzanotte luce stradale provincia pioggia,

che indugiavano affamati e soli a Houston in cerca di jazz o sesso o minestra, e seguivano il brillante Spagnolo per chiacchierare sull'America e l'Eternità, causa persa, e così si imbarcavano per l'Africa,

che scomparivano nei vulcani del Messico non lasciando che l'ombra dei jeans e la lava e ceneri di poesia sparse nella Chicago caminetto,

che riapparivano sulla West Coast indagando sul F.B.I. barbuti e in calzoncini con grandi occhi pacifisti sexy nella pelle scura distribuendo volantini incomprensibili,

che si bucavano le Braccia con sigarette protestando contro la nebbia di tabacco narcotico del Capitalismo,

che diffondevano manifesti Supercomunisti in Union Square piangendo e spogliandosi mentre le sirene di Los Alamos li zittivano col loro grido, e gridavano giú per Wall e anche il ferry di Staten Island gridava,

che crollavano piangendo in palestre bianche nudi o tremanti davanti al macchinario di altri scheletri,

che mordevano i poliziotti nel collo e strillavano di felicità nelle camionette per non aver commesso altro delitto che la loro intossicazione e pederastia pazza tra amici,

che urlavano in ginocchio nel subway e venivano trascinati dal tetto sventolando genitali e manoscritti,

che si lasciavano *****are da motociclisti beati, e strillavano di gioia,

che si scambiavano ******i con quei serafini umani, i marinai, carezze di amore Atlantico e Caribbeo,

che scopavano la mattina la sera in giardini di rose e sull'erba di parchi pubblici e cimiteri spargendo il loro seme liberamente su chiunque venisse,

che gli veniva un singhiozzo interminabile cercando di ridacchiare ma finivano con un singhiozzo dietro un tramezzo dei Bagni Turchi quando l'angelo biondo & nudo veniva a trafiggerli con una spada,

che perdevano i loro ragazzi d'amore per le tre vecchie streghe del fato la strega guercia del dollaro eterosessuale la strega guercia che strizza l'occhio dal grembo e la strega guercia che sta li piantata sul **** a spezzare i fili d'oro intellettuali del telaio artigianale,

che copulavano estatici e insaziati con una bottiglia di birra un amante un pacchetto di sigarette una candela e cadevano dal letto, e continuavano sul pavimento e giú per il corridoio e finivano svenuti contro il muro con una visione di fica suprema e sperma eludendo l'ultima sbora della coscienza,

che addolcivano le fiche di milioni di ragazze tremanti al tramonto, e avevano gli occhi rossi la mattina ma pronti ad addolcire la fica dell'alba, natiche lampeggianti sotto i granai e nude nel lago,

che andavano a ******* nel Colorado in miriadi di macchine notturne rubate, N.C., eroe segreto di queste poesie, mandrillo e Adone di Denver - gioia alla memoria delle sue innumerevoli scopate di ragazze in terreni abbandonati & retrocortili di ristoranti per camionisti, in poltrone traballanti di vecchi cinema, su cime di montagna in caverne o con cameriere secche in strade familiari sottane solitarie alzate & solipsismi particolarmente segreti nei cessi dei distributori di benzina, & magari nei vicoli intorno a casa,

che dissolvevano in grandi cinema luridi, si spostavano in sogno, si svegliavano su una Manhattan improvvisa, e si tiravano su da incubi di cantine ubriachi di Tokay spietato e da orrori di sogni di ferro della Terza Strada & inciampavano verso l'Uffício Assistenza,

che camminavano tutta la notte con le scarpe piene di sangue su moli coperti di neve aspettando che una porta sullo East River si aprisse su una stanza piena di vapore caldo e di oppio,

che creavano grandi drammi suicidi in appartamenti a picco sullo Hudson sotto azzurri fasci antiaerei di luce lunare & le loro teste saranno incoronate di alloro nell'oblio,

che mangiavano stufato d'agnello dell'immaginazione o ingoiavano rospi nel fondo fangoso dei fiumi di Bowery,

che piangevano sulle strade romantiche coi carretti pieni di cipolle e musica scassata,

che sedevano in casse respirando al buio sotto il ponte, e si alzavano per fare clavicembali nelle loro soffitte,

che tossivano al sesto piano di Harlem incoronati di fiamme sotto il cielo tubercolare circondati da teologia in cassette da frutta,

che scarabocchiavano tutta la notte in un rock and roll su incantesimi da soffitta destinati a diventare nella mattina giallastra strofe di assurdo,

che cuocevano animali marci polmoni cuori code zampe borsht & tortillas sognando il puro reame vegetale,

che si buttavano sotto furgoni di carne in cerca di un uovo,

che buttavano orologi dal tetto per gettare il loro voto all'Eternità fuori del Tempo, & per un decennio dopo le sveglie cadevano ogni giorno sul loro capo,

che si tagliavano i polsi tre volte di seguito senza seguito, rinunciavano ed erano costretti ad aprire negozi di antiquariato dove credevano di invecchiare e piangevano,

che venivano arsi vivi nei loro innocenti vestiti di flanella sulla Madison Avenue tra esplosioni di versi di piombo e il frastuono artificiale dei ferrei reggimenti della moda & gli strilli alla nitroglicerina dei finocchi della pubblicità & l'iprite di sinistri redattori intelligenti, o venivano investiti dai taxi ubriachi della Realtà Assoluta,

che si buttavano dal ponte di Brooklyn questo è successo davvero e se ne andavano sconosciuti e dimenticati tra la foschia spettrale di Chinatown minestra vicoli & autopompe, neanche una birra gratis,

che cantavano disperati dalle finestre, cadevano dal finestrino del subway, si buttavano nello sporco Passaic, saltavano su negri, piangevano lungo tutta la strada, ballavano scalzi su bicchieri rotti spaccavano nostalgici dischi Europei di jazz tedesco del '30 finivano il whisky e vomitavano rantolando nel cesso insanguinato, nelle loro orecchie gemiti e l'esplosione di colossali sirene,

che rotolavano giú per le autostrade del passato andando l'un l'altro verso l'hotrod-Golgotha di veglia solitudine-prigione o l'incarnazione del jazz di Birmingham,

che guidavano est-ovest settantadue ore per sapere se io avevo una visione o tu avevi una visione o lui aveva una visione per scoprire l'Eternità,

che andavano a Denver, che morivano a Denver, che ritornavano a Denver & aspettavano invano, che vegliavano a Denver & meditavano senza compagni a Denver e infine se ne andavano per scoprire il Tempo, & ora Denver ha nostalgia dei suoi eroi,

che cadevano in ginocchio in cattedrali senza speranze pregando per l'un l'altro salvezza e luce e seni, finché l'anima si illuminava i capelli per un attimo,

che si sfondavano il cervello in prigione aspettando criminali impossibili dalla testa bionda e il fascino della realtà nei loro cuori che cantavano dolci blues a Alcatraz,

che si ritiravano in Messico per conservarsi alla droga, o a Rocky Mount per il tenero Buddha o a Tangeri a ragazzini o alla Southern Pacific per la locomotiva nera o a Harvard o a Narciso o a Woodlawn alle orge o la fossa, che chiedevano prove di infermità mentale accusando la radio di ipnotismo & venivano lasciati con la loro pazzia & le loro mani & una giuria incerta,

che al CCNY buttavano patate in insalata ai conferenzieri sul Dadaismo e poi si presentavano sui gradini di pietra del manicomio con teste rapate e discorsi arlecchineschi di suicidio, chiedendo un'immediata lobotomia,

e invece venivano sottoposti al vuoto concreto o insulina metrasol elettricità idroterapia psicoterapia terapia educativa ping pong e amnesia,

che in malinconica protesta rovesciavano un unico simbolico tavolo da ping pong, riposando un poco in catatonia,

ritornando anni dopo proprio calvi eccetto una parrucca di sangue, e lacrime e dita, al visibile destino da pazzo delle corsie delle città-manicomio dell'Est,

fetidi corridoi di Pilgrim State Rockland e Greystone, litigando con gli echi dell'anima, rockrollando nella mezzanotte solitudine -panca-dolmen- reami dell'amore, sogno della vita un incubo, corpi ridotti pietra pesanti come la luna,

con mamma finalmente..., e l'ultimo libro fantastico scaraventato dalla finestra, e l'ultima porta chiusa alle 4 del mattino e l'ultimo telefono sbattuto in risposta contro il muro e l'ultima stanza ammobiliata svuotata fino all'ultimo pezzo di mobilia mentale, una rosa di carta gialla attorcigliata su una gruccia di fil di ferro nell'armadio, e perfino essa immaginaria, nient'altro che un pezzetto di speranza nell'allucinazione -

ah, Carl, mentre tu non sei al sicuro io non sono al sicuro, e ora sei davvero nel totale brodo animale del tempo -

e che dunque correvano per le strade gelate ossessionati da un lampo improvviso dell'alchimia dell'uso dell'ellisse il catalogo il metro & i piani vibranti,

che sognavano e facevano abissi incarnati nel Tempo & lo Spazio mediante immagini contrapposte, e intrappolavano l'arcangelo dell'anima tra 2 immagini visive e univano i verbi elementari e sistemavano insieme il sostantivo e il trattino della coscienza sobbalzando alla sensazione del Pater Omnipotens Aeterni Deus per ricreare la sintassi e la misura della povera prosa umana e fermarvici di fronte muti e intelligenti e tremanti di vergogna, ripudiati ma con anima confessa per conformarsi al ritmo del pensiero nella sua testa nuda e infinita,

il pazzo vagabondo e angelo battuto nel Tempo, sconosciuto, ma dicendo qui ciò che si potrebbe lasciar da dire nel tempo dopo la morte,

e si alzavano reincarnati nei vestiti spettrali del jazz all'ombra tromba d'oro della banda e suonavano la sofferenza per amore della nuda mente d'America in un urlo di sassofono elai elai lamma lamma sabacthani che faceva tremare le città fino all'ultima radio

col cuore assoluto della poesia della vita macellato dai loro corpi buono da mangiare per mille anni.

  • 2 settimane dopo...
Inviato

Sonetto XXV

Coloro che hanno le stelle favorevoli

si vantino pure di pubblici onori e di magnifici titoli,

mentre io, cui la fortuna nega un simile trionfo,

gioisco, non visto, di ciò che più onoro.

I favoriti dei grandi principi schiudono i loro bei petali

come la calendula sotto l'occhio del sole,

e in loro stessi il loro orgoglio giace sepolto,

poiché, a un cipiglio, essi nella loro gloria muoiono.

Il provato guerriero, famoso per le sue gesta,

sconfitto che sia una volta pur dopo mille vittorie,

è radiato per sempre dal libro dell'onore,

e dimenticato è tutto ciò per cui si era impegnato.

Allora felice io, che amo e sono riamato

da chi non posso lasciare, né essere lasciato.

Shakespeare

Inviato

"Coloro che non hanno mangiato il pane nel dolore

Coloro che non hanno trascorso le ore più profonde della notte

piangendo e aspettando il mattino

Non possono capirvi...."

Goethe - Vocazioni teatrali di Whilelm Mainster

Inviato

Adoro l'oscurità di Celan.

Porto- Celan

Risanato: do-,

se tu fossi come me, nel

sogno incrociato da colli

di bottiglie d'acquavite al

tavolo delle meretrici.

Coi dadi la mia fortuna raddrizza, chioma marina,

l'onda ammucchia che mi regge, negra ingiuria,

rompiti il varco

tra le viscere più calde,

penna di glaciale affanno,

do-

ve mai

non verresti per giacere con me, fin

sulle panche

di mamma Clausen, certo lei

sa quanto spesso con la forza del canto

fino alla tua gola risalii, trallalli,

come nel suo blu di mirtillo

il domestico ontano fronzuto,

luttrallallà,

tu, come astrale

flauto da spazi

oltre il dosso del mondo – anche laggiù

nuotammo, nudi nudi, nuotammo

sulla fronte

infocata i versetti dell'abisso – incombusto

si scavava l'infero

flutto dell'oro

le sue vie verso l'alto –,

qui,

con cigliate vele,

pur la memoria sfilava, gli incendi

balzavano oltre a rilento,

divisa, tu,

distaccata

sulle nero-azzurre chiatte

del ricordo,

eppure spinte tuttora dal plurimo arto

con cui ti tenni,

incrociano dinanzi a bettole stellari

le nostre ancora ebbre, le sempre protese bocche

di un mondo accessorio – nomino soltanto loro –

finché laggiù, sulla torre-orologio color verde-tempo,

la rètina, il quadrante senza un suono

si sfaglia – un dock di follia,

alla deriva, su cui

le maiuscole delle

gru giganti stampano in bianco anti-mondo

un nome nullo, su di esso

s'arrampica , per il tuffo suicida,

il carrello Vita,

e tutto

lo dragano a vuoto, passata

mezzanotte, le frasi avide di senso,

ad esso

getta il nettunio peccato la sua

gomena color acquavite,

tra

dodecafoniche

gementi boe d'amore

– allora erano brezze

tra carrucole di pozzo, con te canta

nel coro che non è più d'entroterra –

giungono danzando le navi-faro

da lontano, da Odessa,

la linea d'immersione,

che con noi affonda, fedele al nostro peso,

frange in burla tutto questo

all'insù e all'ingiù – perché no? risanato, do-, quando –

di là e per di qua e di là.

Aureola di cenere dietro

le tue sconvolte-annodate

mani al trivio.

Tempo trapassato al Ponto: qui,

una goccia,

sull'affogata

pala di remo,

in fondo

alla promessa pietrificata,

lo risolleva, stormente.

(Lungo la verticale

corda di respiro, a quel tempo,

più in alto che in alto,

tra due groppi di dolore, mentre

la fulgente

luna tartara s'inerpicava fino a noi,

io m'internavo in te e in te.)

Aureola

di cenere dietro

a voi, mani

del trivio.

Orrendo, ciò che, da Oriente, il caso

vi gettava davanti.

Nessuno

testimonia per il

testimone.

* * *

Una volta, la morte ebbe accesso,

tu ti nascondesti in me.

* * *

Preconscio sanguina

due volte dietro la tenda,

conscio

stilla.

Inviato

Sempre - Pablo Neruda

Prima di me

non son geloso.

vieni con un uomo

alla schiena,

vieni con cento uomini nella tua chioma,

vieni con mille uomini tra il tuo petto e i tuoi piedi,

vieni come un fulmine

pieno d'affogati

che trova il mar furioso,

la spuma eterna, il tempo!

Portali tutti

dove io t'attendo:

sempre saremo soli,

sempre sarem tu ed io

soli sopra la terra

per iniziare la vita!

Inviato

Eliot mi fa impazzire. Ero indeciso tra questa e Ciò che disse il tuono, ma ormai...

Gli uomini vuoti

I

Siamo gli uomini vuoti

Siamo gli uomini impagliati

Che appoggiano l'un l'altro

La testa piena di paglia. Ahimè!

Le nostre voci secche, quando noi

Insieme mormoriamo

Sono quiete e senza senso

Come vento nell'erba rinsecchita

O come zampe di topo sopra vetri infranti

Nella nostra arida cantina

Figura senza forma, ombra senza colore,

Forza paralizzata, gesto privo di moto;

Coloro che han traghettato

Con occhi diritti, all'altro regno della morte

Ci ricordano - se pure lo fanno - non come anime

Perdute e violente, ma solo

Come gli uomini vuoti

Gli uomini impagliati.

II

Occhi che in sogno non oso incontrare

Nel regno di sogno della morte

Questi occhi non appaiono:

Laggiù gli occhi sono

Luce di sole su una colonna infranta

Laggiù un albero ondeggia

E voci vi sono

Nel cantare del vento

Più distanti e più solenni

Di una stella che si spegne.

Non lasciate che sia più vicino

Nel regno di sogno della morte

Lasciate anche che porti

Travestimenti così deliberati

Pelliccia di topo, pelliccia di cornacchia, doghe incrociate

In un campo

Comportandomi come si comporta il vento

Non più vicino -

Non quel finale incontro

Nel regno del crepuscolo

III

Questa è la terra morta

Questa è la terra dei cactus

Qui le immagini di pietra

Sorgono, e qui ricevono

La supplica della mano di un morto

Sotto lo scintillio di una stella che si va spegnendo.

E' proprio così

Nell'altro regno della morte

Svegliandoci soli

Nell'ora in cui tremiamo

Di tenerezza

Le labbra che vorrebbero baciare

Innalzano preghiere a quella pietra infranta.

IV

Gli occhi non sono qui

Qui non vi sono occhi

In questa valle di stelle morenti

In questa valle vuota

Questa mascella spezzata dei nostri regni perduti

In quest'ultimo dei luoghi d'incontro

Noi brancoliamo insieme

Evitiamo di parlare

Ammassati su questa riva del tumido fiume

Privati della vista, a meno che

Gli occhi non ricompaiano

Come la stella perpetua

Rosa di molte foglie

Del regno di tramonto della morte

La speranza soltanto

Degli uomini vuoti.

V

Qui noi giriamo attorno al fico d'India

Fico d'India fico d'India

Qui noi giriamo attorno al fico d'India

Alle cinque del mattino.

Fra l'idea

E la realtà

Fra il movimento

E l'atto

Cade l'Ombra

Perché Tuo è il Regno

Fra la concezione

E la creazione

Fra l'emozione

E la responsione

Cade l'Ombra

La vita è molto lunga

Fra il desiderio

E lo spasmo

Fra la potenza

E l'esistenza

Fra l'essenza

E la discendenza

Cade l'Ombra

Perché Tuo è il Regno

Perché Tuo è

La vita è

Perché Tuo è il

E' questo il modo in cui finisce il mondo

E' questo il modo in cui finisce il mondo

E' questo il modo in cui finisce il mondo

Non con uno schianto ma con un lamento.

Inviato

SPLEEN

Charles Baudelaire

Quand le ciel bas et lourd pèse comme un couvercle

Sur l'esprit gémissant en proie aux longs ennuis,

Et que de l'horizon embrassant tout le cercle

Il nous verse un jour noir plus triste que les nuits;

Quand la terre est changée en un cachot humide,

Où l'Espérance, comme une chauve-souris,

S'en va battant les murs de son aile timide

Et se cognant la tête à des plafonds pourris;

Quand la pluie étalant ses immenses traînées

D'une vaste prison imite les barreaux,

Et qu'un peuple muet d'infâmes araignées

Vient tendre ses filets au fond de nos cerveaux,

Des cloches tout à coup sautent avec furie

Et lancent vers le ciel un affreux hurlement,

Ainsi que des esprits errants et sans patrie

Qui se mettent à geindre opiniâtrément.

- Et de longs corbillards, sans tambours ni musique,

Défilent lentement dans mon âme; l'Espoir,

Vaincu, pleure, et l'Angoisse atroce, despotique,

Sur mon crâne incliné plante son drapeau noir.

e per chi non capisce il francese (me compreso)

Quando il cielo basso e greve pesa come un coperchio sullo spirito che geme in preda a lunghi affanni, e versa, abbracciando l'intero giro dell'orizzonte, un giorno nero più triste della notte;

quando la terra è trasformata in umida prigione dove la Speranza, come un pipistrello, va sbattendo contro i muri la sua timida ala e picchiando la testa sui soffitti marci;

quando la pioggia, distendendo le sue immense strisce, imita le sbarre d'un grande carcere, e un popolo muto d'infami ragni tende le sue reti in fondo ai nostri cervelli, improvvisamente delle campane sbattono con furia e lanciano verso il cielo un urlo orrendo, simili a spiriti vaganti e senza patria, che si mettono a gemere ostinatamente.

- E lunghi trasporti funebri, senza tamburi né bande, sfilano lentamente nella mia anima; vinta, la Speranza piange; e l'atroce Angoscia, dispotica, pianta sul mio cranio chinato il suo nero vessillo.

Inviato

questa l'ha scritta un mio grande amico(ai tempi).

la dedico a tutti voi

Come vorrei congelare quest'attimo...per usarlo quando avrò dei dubbi come prova dell'immensità e della bellezza della vita...ti distrai con il pc...leggi blog e pensieri di altri e chiacchieri in chat...fuori cè il temporale e piove...non ti accorgi del tempo che passa...poi il richiamo del vizio....esci per fumare una sigaretta e ti accorgi che in un attimo tutto è cambiato...non cè più il temporale...l'aria è calma...nel cielo la luna piena ti guarda evanescente circondata da una soffice nuvola di foschia che la rende ancora più meravigliosa, ti sarride, o almeno a te così pare....tutto intorno il silenzio della notte, rotto soltanto dal canto dolce dei grilli sulla collina...intorno cè solo la foschia che porta il passaggio di un temporale, che ormai si può definire estivo...e ti senti vivo...come non lo sei mai stato...l'aria ti accarezza dolcemente...nell'aria se ti concentri puoi sentire il profumo del mare anche se è a 100 km da te...ai piedi i tuoi infradito con le scritte giapponesi ti ricordano che nonostante tutto, è quasi estate...il paese è in silenzio...le anime che lo abitano dormono forse, o per rispetto tacciono per lasciare sfogo a tanta dolcezza e per non rovinare questo incanto...e sei vivo e sai che lo sei è solo perchè lo hai voluto tu con tutto te stesso...e ringrazi la madre terra per averti dato di nuovo conferma che tutto può cambiare...e lo sai che comunque vada o ovunque tu sia...i grilli d'estate continueranno a cantare.......

  • 2 settimane dopo...
Inviato

Beccatevi questa, è pazzesca.

Eliot - Il Mercoledì delle Ceneri

Perch'i' non spero più di ritornare

Perch'i' non spero

Perch'i' non spero più di ritornare

Desiderando di questo il talento e dell'altro lo scopo

Non posso più sforzarmi di raggiungere

Simili cose (perché l'aquila antica

Dovrebbe spalancare le sue ali?)

Perché dovreí rimpiangere

La svanita potenza del regno consueto?

Poichè non spero più di conoscere

La gloria incerta dell'ora positiva

Poichè non penso più

Poichè ormai so di non poter conoscere

L'unica vera potenza transitoria

Poichè non posso bere

Là dove gli alberi fioriscono e le sorgenti sgorgano, perché non c'è più nulla

Poichè ora so che il tempo è sempre il tempo

E che lo spazio è sempre ed è soltanto spazio

E che ciò che è reale lo è solo per un tempo

E per un solo spazio

Godo che quelle cose siano come sono

E rinuncio a quel viso benedetto

E rinuncio alla voce

Poichè non posso sperare di tornare ancora

Di conseguenza godo, dovendo costruire qualche cosa

Di cui allietarmi

E prego Dio che abbia pietà di noi

E prego di poter dimenticare

Queste cose che troppo

Discuto con me stesso e troppo spiego

Poichè non spero più di ritornare

Queste parole possano rispondere

Di ciò che è fatto e non si farà più

Verso di noi il giudizio non sia troppo severo

E poi che queste ali più non sono ali

Atte a volare ma soltanto piume

Che battono nell'aria

L'aria che ora è limitata e secca

Più limitata e secca della volontà

Insegnaci a aver cura e a non curare

Insegnaci a starcene quieti.

Prega per noi peccatori ora e nell'ora della nostra morte

Prega per noi ora e nell'ora della nostra morte.

II

Signora, tre leopardi bianchi giacevano sotto un ginepro

Nella frescura del giorno, nutriti a sazietà

Delle, mie braccia e del mio cuore e del mio fegato e di quanto

Era stato contenuto nel cavo rotondo del mio cranio. E Dio disse

Vivranno queste ossa? vivranno

Queste ossa? E tutto quanto era stato contenuto

Nelle ossa (che già erano aride) disse stridendo

Per la bontà di questa Signora

E, per la sua grazia, e perché

Ella onora la Vergine in meditazione,

Noi risplendiamo con tanta lucentezza. E io che sono

Qui dismembrato offro all'oblìo le mie gesta, e il mio amore

Alla posterità del deserto e al frutto della zucca.

E' questo che ristora

Le mie viscere le fibre dei miei occhi e le porzioni indigeste

Che i leopardi rifiutano. La Signora si è ritirata

In una bianca veste, alla contemplazione, in una bianca veste.

Che la bianchezza dell'ossa espii fino all'oblìo.

In esse non c'è vita. E come io sono dimenticato e vorrei essere

Dimenticato, così vorrei dimenticare

Consacrato in tal modo, ben saldo nel proposito. E Dio disse

Profetizza al vento, al vento solo perché

Il vento solo darà ascolto. E le ossa cantarono stridendo

Col ritornello della cavalletta, dicendo

Signora dei silenzi

Quieta e affranta

Consunta e più integra

Rosa della memoria

Rosa della dimenticanza

Esausta e feconda

Tormentata che doni riposo

La Rosa unica

Ora è il giardino

Dove ogni amore finisce

Terminato il tormento

Dell'amore insoddisfatto

Più grande tormento

Dell'amore soddisfatto

Fine dell'ínfinito

Viaggio verso il nulla

Conclusione di tutto ciò

Che non può essere concluso

Linguaggio senza parola

E parola di nessun linguaggio

Grazia alla Madre

Per il Giardino

Dove tutto l'amore finisce.

Sotto un ginepro le ossa cantarono, disperse e rilucenti

Noi siamo liete d'essere disperse, poco bene facernmo l'una all'altra,

Nella frescura del giorno sotto un albero, con la benedizione della sabbia,

Dimenticando noi stesse e l'un l'altra, unite

Nella serenità del deserto. Questa è la terra che voi

Spartirete. E né divisione né unione

Hanno importanza. Questa è la terra. Ecco, abbiamo la nostra eredità.

III

Là dalla prima rampa della seconda scala

Mi volsi e vidi in basso

La stessa forma avvinta alla ringhiera

Sotto la nebbia nell'aria fetida

In lotta col demonio delle scale

Dall'ingannevole volto della speranza e della disperazione.

Alla seconda rampa della seconda scala

Li lasciai avvinghiati, volti in basso;

Non v'erano più volti e la scala era oscura,

Scheggiata ed umida, come la bocca guasta

E bavosa di un vecchio, o la gola dentata di un antico squalo.

Là sulla prima rampa della terza scala

Una finestra a inferriata con il ventre gonfìo

Come quello di un fico e al di là

Del biancospino in fìore e della scena agreste

Quella figura dalle spalle ampie vestita in verde e azzurro

Affascinava il maggio con un flauto antico.

Sono dolci le chiome arruffate, le chiome brune arruffate sulla bocca,

Lillà e chiome brune;

Lo sgomento, la musica del flauto, le pause e i passi della mente sulla terza scala,

Svaniscono, svaniscono; al di là della speranza e al di là della disperazione

La forza sale sulla terza scala.

Signore, non son degno

Signore, non son degno

ma di' una sola parola.

IV

Colei che camminò fra viola e viola

Che camminò

Fra i diversi filari del variato verde

In bianco e azzurro procedendo, colori di Maria,

Parlando di cose banali

In ignoranza e scienza del dolore eterno

Che mosse in mezzo agli altri che già stavano andando

Che allora fece forti le fontane e fresche le sorgenti

Rese fredda la roccia inaridita e solida la sabbia

In blu di speronella, blu del colore di anni Maria,

Sovegna vos

Ecco gli anni che passano in mezzo, portando

Lontano i violini e i flauti, ravvivando

Una che muove nel tempo fra il sonno e la veglia, che indossa

Luce bianca ravvolta, di cui si riveste, ravvolta.

Passano gli anni nuovi ravvivano

Con una splendida nube di lacrime, gli anni, ravvivano

La rima antica con un verso nuovo. Redimi

Il tempo. Redimi

La visione non letta nel sogno più alto

Mentre unicorni ingioiellati traggono il catafalco d'oro.

La silenziosa sorella velata in bianco e azzurro

Fra gli alberi di tasso, dietro il dio del giardino,

Il cui flauto tace, piegò la testa e fece un cenno ma non parlò parola

Ma la sorgente zampillò e l'uccello cantò verso la terra

Redimi il tempo, redimi il sogno

La promessa del verbo non detto e non udito

Finché il vento non scuota mille bisbigli dal tasso

E dopo questo nostro esilio

V

Se la parola perduta è perduta, se la parola spesa è spesa

Se la parola non detta e non udita

E' non udita e non detta,

Sempre è la parola non detta, il Verbo non udito,

Il Verbo senza parola, il Verbo

Nel mondo e per il mondo;

E la luce brillò nelle tenebre e

Il mondo inquieto contro il Verbo ancora

Ruotava attorno al centro del Verbo silenzioso.

0 mio popolo, che cosa ti ho fatto.

Dove ritroveremo la parola, dove risuonerà

La parola? Non qui, che qui il silenzio non basta

Non sul mare o sulle isole, né sopra

La terraferma, nel deserto o nei luoghi di pioggia,

Per coloro che vanno nella tenebra

Durante il giorno e la notte

Il tempo giusto e il luogo giusto non sono qui

Non v'è luogo di grazia per coloro che evitano il volto

Non v'è tempo di gioire per coloro che passano in mezzo al rumore e negano la voce

Pregherà la sorella velata per coloro

Che vanno nelle tenebre, per coloro che ti scelsero e si oppongono

A te, per coloro che sono straziati sul corno fra stagione e stagione, tempo e ternpo, Fra ora e ora, parola e parola, potenza e potenza, per coloro che attendono

Nelle tenebre? Pregherà la sorella velata

Per i fanciulli al cancello

Che non lo varcheranno e non possono pregare:

Prega per coloro che ti scelsero e ti si oppongono

0 mio popolo, che cosa ti ho fatto.

Pregherà la sorella velata fra gli alberi magri di tasso

Per coloro che l'offendono e sono

Terriffcati e non possono arrendersi

E affermano di fronte al mondo e fra le rocce negano

Nell'ultimo deserto e fra le ultime rocce azzurre

Il deserto nel giardino il giardino nel deserto

Della secchezza, sputano dalla bocca il secco seme di mela.

0 mio popolo.

VI

Benché non speri più di ritornare

Benché non speri

Benché non speri di ritornare

A oscillare fra perdita e profitto

in questo breve transito dove i sogni si incrociano

Il crepuscolo incrociato dai sogni fra nascita e morte

(Benedicimi padre) sebbene non desideri più di desiderare queste cose

Dalla fìne finestra spalancata verso la riva di granito

Le vele bianche volano ancora verso il mare, verso il mare volano

Le ali non spezzate

E il cuore perduto si rinsalda e allieta

Nel perduto lillà e nelle voci del mare perduto

E Io spirito fragile s'avviva a ribellarsi

Per la ricurva verga d'oro e l'odore del mare perduto

S'avviva a ritrovare

Il grido della quaglia e il piviere che ruota

E l'occhio cieco crea

Le vuote forme fra le porte d'avorio

E l'odore rinnova il sapore salmastro della terra sabbiosa

Questo è il tempo della tensione fra la morte e la nascita

Il luogo della solitudine dove tre sogni s'incrociano

Fra rocce azzurre

Ma quando le voci scosse dall'albero di tasso si partono

Che l'altro tasso sia scosso e risponda.

Sorella benedetta, santa madre, spirito della fonte,. spirito del giardino

Non permettere che ci si irrida con la falsità

Insegnaci a aver cura e a non curare

Insegnaci a starcene quieti

Anche fra queste rocce,

E'n la Sua volontarie è nostra pace

E anche fra queste rocce

Sorella, madre

E spirito del fiume, spirito del mare,

Non sopportare che io sia separato

E a Te giunga il mio grido.

  • 3 settimane dopo...
Inviato

Non potevo non postarne una delle sue. E' un genio.

Dylan Thomas - Vedo i Ragazzi dell'Estate

I

Nella loro rovina vedo i ragazzi dell'estate

Desolare i campi d'oro,

Non dare importanza alla messe, raggelare il suolo;

Laggiù nel loro ardore che l'inverno inonda

Di gelidi amori, le loro ragazze essi prendono,

Nelle proprie maree le mele cariche annegano.

Questi ragazzi di luce nella follia coagulano,

E inacidiscono il miele bollente;

Negli alveari col dito le cotte di gelo essi toccano;

Laggiù nel sole con frigidi fili

Di dubbio e oscurità nutrono i loro nervi;

Nei loro vuoti è nulla il quadrante della luna.

Vedo i fanciulli dell'estate nelle loro madri

Fender le muscolose intemperie del grembo,

Notte e giorno dividere coi pollici fatati;

Laggiù nel fondo con ombre inquartate

Di sole e luna le genitrici dipingono

Come luce di sole dipinge il guscio delle loro teste.

Da questi ragazzi m'accorgo che uomini da nulla

Per movimenti esausti cresceranno,

O azzopperanno l'aria dai suoi calori balzando;

Laggiù nei loro cuori il palpito canicolare

D'amore e luce esplode nelle loro gole.

Oh, vedi il palpito, nel ghiaccio, dell'estate.

II

Ma le stagioni han da esser vendicate altrimenti vacillano

In un quartiere di suoni

Dove, come la morte puntuali, faremo squillare le stelle;

Laggiù, nella sua notte, le campane dal cupo linguaggio,

L'insonnolito uomo dell'inverno scuote,

Né le respinge la luna-e-mezzanotte quando soffia.

Noi siamo coloro che negano oscuri, lasciateci evocare

La morte da una donna dell'estate,

Da stretti amanti una vita muscolosa,

Dai morti di gentile aspetto che inondano il mare

Il verme dal vivido occhio sulla lampada di Davy,

E dal piantato grembo l'uomo trascurabile.

Noi ragazzi dell'estate in questa rotazione quadriventosa,

Verde del ferro dell'alghe marine,

Il fragoroso mare sosteniamo e facciamo gocciare i suoi uccelli,

Raccogliamo la sfera del mondo di flutto e di schiuma

Per soffocar deserti con le sue maree,

Pettiniamo i giardini delle contee per farne una ghirlanda.

In primavera sulle nostre fronti un agrifoglio in croce disponiamo,

Sia gloria al sangue e alla bacca,

Ed inchiodiamo all'albero gli allegri possidenti;

Qui l'umido muscolo amoroso si dissecca e muore,

In cava nessuna d'amore un bacio noi spezziamo.

Oh, vedi, nei ragazzi, della promessa i pali.

III

Nella vostra rovina vi vedo, ragazzi dell'estate.

L'uomo è sterile nella sua larva.

E nella sacca i ragazzi son colmi e stranieri.

lo sono l'uomo che fu vostro padre.

Noi siamo i figli della selce e della pece.

Oh, vedi i pali che si baciano incrociandosi.

  • 2 mesi dopo...
Inviato

questa è per l'ali... non dovresti venire a prender eil caffè per farti psicoanalizzare.. sei tu che studi psichiatria.. io sono una semplice biotecnologa!

Essere, provare, vivere. Sentire quel movimento interno che non è altro che l’essenza della vita. Non creare, ma modellare, rendere tuo ciò che non lo è ancora. Volere. Ambizione, l’ambizione è la molla. Non voglio distruggere, né creare disordine, voglio creare un mondo in cui anche io posso essere più di un codice. Non c’è spazio per nient’altro. Me e solo me. In tutte le mie forme, i miei colori, i miei modi altezzosi e ribelli, la mia voglia di vivere e morire e risorgere 100, 1000 volte ancora. Fermarsi non esiste. Lasciarsi prendere dal flusso incontrollabile e a suo modo sontuoso degli eventi e rimanere saldamente attaccati alle briglie della propria coscienza. Questa è la forza di volontà. Chi si ferma muore, appassisce. Le foglie della curiosità e dell’intuizione si piegano e ingialliscono sotto il peso della monotonia. Come si può permettere al mondo di farci questo? La corrente va a 100 all’ora e io faccio i 200, in un senso o nell’altro non importa. Le mie azioni sono veloci quanto il mio pensiero. E guidano la mia mano nella scelta della via da seguire. Non uno slogan o un partito. Solo una volontà unica, nota bene, non rara. Non vedo uguaglianze fra pensieri, ma tante tonalità di azzurro, rosso e giallo che formano un’ opera d’arte unica.

  • Mi piace 1
  • 5 mesi dopo...
Inviato

Oggi mia madre è tornata a casa dalla tourneè. Be', io sono qua al pc a cazzeggiare e loro in cucina a discutere sulla ristrutturazione della casa al mare dove vorrebbero ritirarsi quando io finisco il liceo... Dannazione, è tutto passato così in fretta. Sono diventati vecchi. Vecchi.

Mer*a.

A mamma e papà.

Cesare Pavese - Mito

Verrà il giorno che il giovane dio sarà un uomo,

senza pena, col morto sorriso dell'uomo

che ha compreso. Anche il sole trascorre remoto

arrossando le spiagge. Verrà il giorno che il dio

non saprà più dov'erano le spiagge d'un tempo.

Ci si sveglia un mattino che è morta l'estate,

e negli occhi tumultuano ancora splendori

come ieri, e all'orecchio i fragori del sole

fatto sangue. È mutato il colore del mondo.

La montagna non tocca piú il cielo; le nubi

non s'ammassano piú come frutti; nell'acqua

non traspare più un ciottolo. Il corpo di un uomo

pensieroso si piega, dove un dio respirava.

Il gran sole è finito, e l'odore di terra,

e la libera strada, colorata di gente

che ignorava la morte. Non si muore d'estate.

Se qualcuno spariva, c'era il giovane dio

che viveva per tutti e ignorava la morte.

Su di lui la tristezza era un'ombra di nube.

Il suo passo stupiva la terra.

Ora pesa

la stanchezza su tutte le membra dell'uomo,

senza pena, la calma stanchezza dell'alba

che apre un giorno di pioggia. Le spiagge oscurate

non conoscono il giovane, che un tempo bastava

le guardasse. Né il mare dell'aria rivive

al respiro. Si piegano le labbra dell'uomo

rassegnate, a sorridere davanti alla terra.

Inviato

quando sarai lontana-jovanotti

Vorrei che tu avessi un nuovo ragazzo vorrei che ti trattasse bene che ti facesse sentire importante e che ti bolle il sangue nelle vene quando ti aspetterà sotto il portone per fare un giro, magari a cena mi piacerebbe che tu toccassi il cielo quando di notte ti bacia la schiena che ti parlasse dei suoi problemi e che non li tenesse tutti per sé come me vorrei vedervi magari sposati e che lui stesse sempre con te che non ti facesse incazzare mai che non dimentichi i compleanni che sia simpatico ai tuoi genitori e che li faccia diventare nonni ma quando un giorno sarai lontana e vedrai il cielo quando si colora pensami almeno per un momento pensami almeno per mezz'ora vorrei sapere come ti va, eh? ora che non stiamo più insieme che mi hanno detto che hai sofferto un po' che però ora stai bene certo, all'inizio tutto era pazzesco non smettevamo mai di stare a letto di combinarne di porcherie e guarda ora, chi l'avrebbe detto esco di casa alle tre di notte con quattro amici ce ne andiamo a caccia per rimediare un amore facile che il giorno dopo non ricordo la faccia ma quando un giorno sarai lontana e vedrai il cielo quando si colora pensami almeno per un momento pensami almeno per mezz'ora e quando son qui dentro il mio letto vuoto vorrei dormire e non è facile quando non sai se sia possibile innamorarsi e non lasciarsi mai poi quando un giorno sarai lontana e vedrai il cielo quando si colora pensami per un momento pensami almeno per mezz'ora ma quando un giorno sarai lontana e vedrai il cielo quando si colora pensami almeno per un momento pensami almeno per mezz'ora.

  • 3 mesi dopo...
Inviato

Per lui, gigantesco poeta sconosciuto, o, nel migliore di casi, sottovalutato e dimenticato.

Ivano Fortini - con l'amore

quando la neve giunge

come le palafitte degli occhi del nero degli occhi

le parole qualcosa volevano dire

la prima cosa intera

e la cenere in mille modi

raggiunge la tartaruga

la lascia coi fiori

nel tempo

nessuno nemmeno nulla ha visto

  • 3 settimane dopo...
Inviato

Nothing gold can stay

(Robert Frost)

Nature's first green is gold,

Her hardest hue to hold.

Her early leaf's a flower;

But only so an hour.

Then leaf subsides to leaf.

So Eden sank to grief,

So dawn goes down to day.

Nothing gold can stay.

Inviato

Dedicata ad ieri sera, alle persone che erano con me a Villa Santina...

BELLISSIMA

Le ragazze sono come le mele sugli alberi.

Le migliori sono sulla cima dell'albero.

Gli uomini non vogliono arrivare alle migliori, perchè

hanno paura di cadere e ferirsi.

In cambio, prendono le mele marce che sono cadute

a terra, e che, pur non essendo così buone,

sono facili a raggiungere.

Perciò le mele che stanno sulla cima dell'albero, pensano

che qualcosa non vada in loro, mentre in realtà

"Esse sono grandiose". Semplicemente devono essere

pazienti e aspettare che l'uomo giusto arrivi, colui che sia

così coraggioso da arrampicarsi fino alla cima

dell'albero per esse.

Non dobbiamo cadere per essere raggiunte, chi avrà

bisogno di noi e ci ama farà

di TUTTO per raggiungerci.

La donna usci dalla costola dell'uomo, non dai piedi per

essere calpestata, ne dalla testa per essere superiore.

Ma dal fianco per essere uguale, sotto il braccio per essere

protetta, e accanto al cuore per essere amata.

"la terra ha musica per coloro che ascoltano"

William Shakespeare

Inviato

A tutti, perchè ci si ricordi che dopo la tristezza, l'amarezza e il dolore immenso...dopo lo struggente senso d'addio non c'è nulla di più bello e limpido che serbare ogni bel ricordo nella mente e sapere che gli amici non ci abbandonano mai..Grazie ragazzi..

Il ricordo di un amico

Penso che nessun'altra cosa ci conforti tanto,

quanto il ricordo di un amico,

la gioia della sua confidenza

o l'immenso sollievo di esserti tu confidato a lui

con assoluta tranquillità:

appunto perchè amico.

Conforta il desiderio di rivederlo se lontano,

di evocarlo per sentirlo vicino,

quasi per udire la sua voce

e continuare colloqui mai finiti.

David Maria Turoldo

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