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comment_1008957

nessuno ha mai scritto su queste boards qualcosa del genere, e se lo ha fatto non lo ho mai visto.

Ok, non abbiamo più niente da dirci. Se tu non vedi i tuoi stessi post, non c'è altro da dire.

Per il resto, tornando sulla discussione, quello che ho capito è che sembra quasi che chi è "pro limitazioni" (passate il termine, è per amor di brevità, spero sia chiaro a tutti il significato) sembra esserlo per via di una certa maggior... come dire, quasi affezione agli stereotipi di cui parlavo. Introduco un'altra idea che non ho ancora avuto il tempo di esporre: conoscete la differenza in termini narrativi fra stereotipo e archetipo? E secondo voi, è una distinzione applicabile anche in termini di dnd?

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  • Ho letto un po' il vostro bla bla. @Blackstorm:- Se il tuo master limita la tua fantasia e non ti permette di fare il PG che vuoi, non giocare con lui (ti vuole tarpare le ali) oppure cambia PG (

  • sembra tu abbia sempre giocato a giochi in cui le classi danno solo bonus e malus.. aspetta, ma il panorama dei giochi di ruolo offre SOLO questo tipo di giochi! scusa, ma non sono neanche un bricio

  • No, si chiama Rodomonte. Il ladro non è un guerriero, almeno inteso come combattente da prima linea. Non la le competenze nelle armi e nelle armature per essere considerato tale, e neanche il dado vit

comment_1008958

Trovami un post dove ho scritto "tutti i razza/classe sono assurdi".

Edit:

E per favore non mettermi in bocca parole che non ho detto. Grazie.

Edit 2:

quello che ho capito è che sembra quasi che chi è "pro limitazioni" (passate il termine, è per amor di brevità, spero sia chiaro a tutti il significato) sembra esserlo per via di una certa maggior... come dire, quasi affezione agli stereotipi di cui parlavo.

Ogni volta che ho parlato con te mi sono sempre espresso dicendo "forse non mi sono spiegato bene". Questa volta ti dico chiaro e tondo che proprio non hai capito nulla di ciò che ti è stato detto. Oppure non vuoi capire perché, credimi, ti è stato detto in tutti i modi.

Ed anche in questo caso stai mettendo in bocca alle persone intervenute qui, cose non dette. Nessuno ha detto "sono affezionato a", anzi tutti ti hanno detto che possono essere rimosse se necessario.

comment_1008969

Criticare gli stereotipi è criticare tutta la letteratura di genere.

Nelle ambientazioni che ho giocato, arbitrato e a volte scritto ci sono sempre stati dei limiti (culturali e/o arcani, ma ai tempi di AD&D anche arbitrari) alle razze e alle classi, così come alle loro combinazioni. E nessuno si è mai lamentato.

Per tornare all'esempio di pag.1, nella mia ambientazione i nani non possono essere maghi. Perchè nella loro cultura nessuno studia la magia, che è caos (ed esplode). Ma se un giocatore venisse e, conscio di tutte le restrizioni del manuale, mi spiegasse che vuole fare un nano cresciuto come orfano tra gli umani, e che ha studiato la magia, potrebbe certamente farlo. Il PG risultante, per l'ambientazione, sarebbe unico, e in sostanza un nano con la testa di un umano (un bel mix da giocare e sviluppare, certamente).

Se invece venisse da me per giocare un nano mago che si chiama MC Hammer gli spiegherei che è fuori tema e gli consiglierei delle varianti.

Poi, ognuno è libero di scrivere l'ambientazione che gli piace di più. E ora come ora mi è venuta tanto voglia di scrivere un'avvemtura su un Clan di Nani Arcanisti sperduti al polo....

PS: sì la conosco la distinzione, sì si può applicare, ma come ha dimostrato validamente King (in Danse Macabre), è inutile farlo. Peace.

  • Author
comment_1008973

Criticare gli stereotipi è criticare tutta la letteratura di genere.

Scusa? Nel senso, non ti seguo, perché affermi questo?

PS: sì la conosco la distinzione, sì si può applicare, ma come ha dimostrato validamente King (in Danse Macabre), è inutile farlo. Peace.

Questo è interessante. Potresti approfondire? Anche in privato, che qui credo sia leggermente ot, ma mi interessa molto.

comment_1009003

La letteratura di genere è basata sugli stereotipi e le convenzioni.

Robert McKee, insegnante americano di sceneggiatura, definisce le "convenzioni di genere" come "specifici ambientazione, ruoli, eventi e valori che definiscono i singoli generi e i loro sottogeneri". Queste convenzioni, sempre fluide, sono di solito implicite, ma a volte gli editori di narrativa ne fanno dei requisiti espliciti come guida per gli autori che desiderano essere pubblicati.

Un autore può consciamente stravolgere gli stereotipi (e così può fare un giocatore di ruolo nell'esempio prima dei nani maghi) ma deve comunque conoscerli e riconoscerne il valore se vuole farlo mantenendosi all'interno della riconoscibilità del genere.

La 'fantasy alla D&D' ha sue convenzioni molto forti, nate dal sincretismo e dalle letture pulp di Gygax, e nel bene e nel male dobbiamo conviverci. La creatività di ognuno stabilisce come - creando storie che la motivano, lamentandosi perchè ha poco senso o vivendola come una limitazione ingiusta.

Per Danse Macabre posso solo consigliarne (tanto) la lettura. Analizza la letteratura di genere horror riportandola ai suoi archetipi, analizzandone le convenzioni, e spiegando perchè il sapiente uso degli stereotipi funziona col grande pubblico, soprattutto quando si vuole trasformare la letteratura di genere in letteratura alta. Un grande saggio sui 'mattoncini lego' della scrittura.

  • 2 mesi dopo...
comment_1034272

Ho letto la prima pagina e poi ho saltato il resto, lascio la mia opinione senza sapere se qualcuno ha già espresso un'idea simile:

1) È una storia epica. In teoria, salvo spiaccicamenti prematuri, i personaggi sono, o diventeranno, eroi. Non sono persone qualunque, non sono uguali a tutti i loro simili: andranno più lontano, vedranno più cose, combatteranno più nemici, avranno più coraggio. Si distingueranno, insomma, avranno una storia diversa da quella di tutti gli altri. Quindi perché fermarsi agli stereotipi? Se il giocatore non si permette di osare fin dove lo spinge la sua fantasia, come potrà il personaggio avere l'audacia di spingersi oltre i comuni mortali?

2) È un gioco. E nel gioco si può cambiare le regole. Nel gioco possiamo interpretare una moralità diversa dalla nostra, sperimentare cosa vorremmo essere e cosa non vorremo mai diventare, compiere imprese audaci e fare incontri sorprendenti. Allora perché attenersi agli stereotipi nello scegliere il nostro avatar immaginario? Cosa ci vieta, anche qui, di sperimentare?

In entrambi i casi una scelta poco funzionale può portare a degli svantaggi o alla morte. E allora? Non siamo mica morti davvero!

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