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Capitolo I - I Confini del Mondo - Ciò che l'erba alta nasconde (Parte 3)


smite4life

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Nataniel Solokov

Sentendo il suono del violino alzo lo sguardo interessato, prima di sentire le parole di Jormand. Andrò allo spettacolo con piacere, voglio saperne di più sulla terra dei Chavarria. E potrebbe farci utile conoscere qualche notizia dei Regni Giovani visti dalla parte dei più umili, tendono in media a dare una visione ben diversa sui fatti rispetto ai ricchi mercanti. Se mi permetti un consiglio, uno di voi dovrebbe andare a parlare con Guglielmo. Quell'uomo o è un pazzo idealista o nasconde qualcosa. Sarebbe meglio capire le motivazioni del suo girovagare. Non credo sia solo la corsa dietro ad un sogno utopico. Concludo lanciando uno sguardo alla guida dei girovaghi, aspettando una risposta da Jormand prima di andare verso la cucina.

Cucina

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Busso alla porta, dicendo abbastanza imbarazzato E' permesso? Non può che far bene alla bambina divertirsi un po'. E che io sappia alle ragazze della sua età piacciono questi spettacoli. O almeno, alla mia sorellina piacevano. E sono coetanee più o meno. Probabilmente rifiuterà la proposta per principio, ma devo almeno provarci.

 

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Avindel

Lascio che Jormand se la sbrigi col sergente riguardo alla faccenda di Aria. Annuisco poi alla richiesta di Jormand, ben contento di andare a vedere lo spettacolo.

Lascio di nuovo arco e frecce in camera, ma tengo il giaco di maglia, ormai compagno inseparabile, e forse un pò puzzolente, dei miei viaggi.

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Jonathan

Vorrei parlare con Guglielmo ma... Al diavolo! Non mi capita certo tutti i giorni di potermi rilassare un po'. Ben contento di potermi svagare, rimetto a posto le armi (e per precauzione anche i vari preziosi) per poi dirigermi verso il tendone. D'altronde Kesten ha ragione: sono un gruppo di teatranti e straccioni, come lo sono stato io un tempo, e di certo quando vivevo per strada non mi preoccupavo di espugnare un avamposto, soprattutto se mi aveva dato ospitalità. Mostrarsi troppo diffidenti non farebbe altro che aumentare la tensione e scaldare gli animi: se tanto dobbiamo comunque controllare, meglio essere discreti. Dopo essermi preparato a dovere mi raduno insieme ad Avindel e Nataniel, pronto ad entrare dentro il tendone.

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Raend 

Preso ciò che mi serve, ed anche un tozzo di pane dalla cucina, torno in solitaria sulla palizzata. Non mi interessa lo spettacolo di quei girovaghi e anche se vorrei tenerli d'occhio i nuovi arrivati mi danno più da pensare quindi rimango guardingo nella mia posizione sopraelevata. 

[ESTERNO - PALIZZATA] 

Il mio sguardo rimane attento su quel che sembra il leader del gruppo anche se ogni tanto butto un'occhio verso il tendone per sincerarmi che non stia capitando nulla

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Svante

Qualsiasi cosa stia accadendo, non sembra rappresentare un imminente pericolo, perciò mi metto l'anima in pace e torno al lavoro. Jormand mi priva delle braccia di Avindel e Raend, rendendomi le cose più difficili nella conclusione del lavoro. Pazienza... continuo a riporre fiducia nel paladino e me la metto da parte.
Mi aspetta una notte in bianco, meglio non perdere altro tempo...

Spoiler

Continuo il lavoro sperando di riuscire a concluderlo prima dell'arrivo di Janus.
Non sono quindi ne da una parte ne dall'altra :D

 

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Aria

Rimango silente alle parole di colui che sembra essere in capo della sicurezza. Rimango zitta e solo quando se ne va' guardo i miei compagni. 

Poco da farci poco per le armi. A questo punto io sto' fuori, nelle cucine. Impedisco che colpiscano dall'interno almeno. 

Jormand, visto che tanto son disarmata, dimmi te se mi preferisci camuffata e senza armatura da donna che cucina o mi vuoi armata e pronta.

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Il gruppo si divide dunque a metà. Jormand, Raend e Aria restano fuori, quest'ultima privata delle sue armi finché all'interno della Stazione di Oleg come Kesten ha espressamente chiesto, insieme a Svante che però èimpegnato con le sue creazioni e si rintana quindi tra attrezzi e trucioli di legno. Avindel, Jonathan e Nataniel invece si infilano sotto il pesante drappo del tendone Chavarria, dove gran parte della gente presente alla Stazione si è già raccolta.

ESTERNO

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Il vociare della gente nel tendone giunge attutito mentre fuori l'aria frizzantina della sera fa paio con le stelle che brillano nel cielo. La luce delle torce consente di aggirarsi nella stazione senza impedimenti. Guglielmo Vincidio è impegnato nel suo pasto, accanto a lui Oleg con cui scambia quattro chiacchiere che evidentemente coinvolgono entrambe. Svetlana corre tra i tavoli quasi del tutto vuoti, ramazzando avanzi. Dall'alto Raend osserva la piana come un lago nero accarezzato dalla luce argentea della falce di luna che si è di poco levata sopra l'orizzonte. Aenea si avvicina alla Rossa e le dice Kesten dice che non puoi girare armata nella stazione e io penso abbia ragione. Ma fuori dalla stazione... beh è un'altra faccenda. Sei ancora dell'idea per quella piccola sfida?

TENDONE

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Lo spazio non è molto, la calca e le torce creano presto un effetto stalla non del tutto piacevole, ma odori di incensi esotici riempiono lo spazio di fumi fragranti.
Ai membri della compagnia restano dei posti quasi in fondo, giacché la gente ha presto occupato le prime file sedendosi sui pesanti tappeti che i Chavarria hanno steso a terra.

Signori e signorite esordisce Antonio Ramon richiamando l'attenzione la famiglia Chavarria è incantata per la vostra numerosa presencia. Mentre ci prepariamo a cominciare, mia figlia Carmen paserà tra voi con un picolo cesto, dove versare il modesto obolo di un dinero, se volete di più, che vi umilmente chiediamo per il nuestro lavoro.
La mia famiglia ha viagiato per generazioni, conosciuto luegos che molti di voi forse vedono solamente nei sogni; dalle sabie cocenti del Deserto Singhiozante ala oscura e sterminata foresta di Troos, dalle Paludi di nebia ai mercati di Jharkor, le brule coline di Pikarayd ale tende tribali di Oin e Yu.
Per rendere omagio a queste tere che ogi atraversiamo e a tuti voi, stasera raconteremo di un uomo diventato legenda, la cui fama vive imortale da Vilmir a Cadsandria, da Menij a Banarva, e finanche tra le tori altisime di Immryr di Melniboné.
Questa legenda ha un nombre: il Conte Aubec di Malador.

 

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Jonathan

Tendone:

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Trepidante mi siedo nei posti in fondo, allungando il collo in continuazione nel tentativo di trovare la posizione migliore per osservare la scena. Lo stare nella calca non mi da alcun problema, anzi: è da tanto che non provavo la sensazione di essere pigiato insieme ad altra gente, ed insieme all'atmosfera mistica sollevata dagli incensi profumati riesco a dimenticare quasi subito gli sconvenienti della situazione. Quando poi la ragazza passa con la cesta, inizio a frugare nelle tasche in cerca del borsello. Dove diavolo l'avrò messo? Cavolo, non riesco a seguire quello che sta dicendo! Speriamo non sia nulla di importante... finalmente riesco ad estrarre il soldo dalla tasca, ma quando sto per farlo cadere nel recipiente, la mano si blocca di colpo. Con gli occhi spalancati e le orecchie tese, odo quel nome echeggiare nell'aria, piantandosi nella mia mente ancora una volta. Solo il tintinnio della moneta mi riporta alla realtà, destandomi dalla mia catalessi Non è possibile... E' vero che il conte Aubec di Malador è un eroe famoso ma... La sua presenza qui, in queste terre... Com'è possibile che questi cantastorie capitino proprio nel momento in cui abbiamo rinvenuto la sua tomba?

 

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Aria

  Esterno

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Fuori dalla tenda cerco con lo sguardo Patricia, sbuffando quando l'uomo di nome Aenea propone di uscire e portare a termine la sfida che gli ho lanciato. 

Oh oh oh, CERTO che ci sto'. Replico non vedendo l'ora della sfida. Che regole usiamo? Botte di piatto e niente affondi, interrompere il colpo poco prima di colpire? Chiedo ben lieta di potermi confrontare con lui. 

Io ci stó 

 

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Nataniel Solokov

TENDONE

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Entro nel tendone carico di curiosità, cercando immediatamente un posto abbastanza tranquillo per la bambina. Appena passa la ragazza a raccogliere i soldi, metto due monete d'oro nel cestino, dicendo Una per me e una per Patricia. Tutta la tensione accumulata per la curiosità sparisce appena sento l'argomento della messinscena: Aubec di Malador. Sarà interessante sentire la loro versione della storia, anche se ormai la conosco abbastanza bene. È alquanto particolare il fatto che parlino proprio del conte Aubec in concomitanza con l'arrivo di un gruppo di atei e subito prima del nostro incontro con una spedizione che vuole controllare il tempio contenente la tomba del grande cavaliere. Ma è difficile che gli eventi siano collegati. Lancio un'occhiata alla bambina, per capire se conosca l'argomento.

 

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TENDONE

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Un mormorio ha attraversato gli spettatori all'annuncio di Antonio Chavarria. Molti conoscono a malapena il nome di Aubec, ma le espressioni sognanti sul viso di tutti sono incollate verso il palco e tra questi spicca quello di Patricia, letteralmente rapita. I Chavarria sfoggiano costumi esotici e un'abilità oratoria eccezionale viziata soltanto dal loro strano accento. Questa la storia del loro racconto...

Atto I

In una reggia semplice e solenne siede una regina bella ed austera. Eloarde è il suo nome, siede sul trono di Klant e del Lormyr tutto, che impera su un terzo del mondo conosciuto. Davanti a lei un cavaliere in armatura scintillante giace inginocchiato, il Conte Aubec di Klant, la lunga spada incisa di rune puntata a terra e lo sguardo dove, oltre alla devozione rivolta alla sua signora, si scorge anche qualcos'altro: amore.
Il Nemico è sconfitto, mia signora. I Draghi si ritirano verso la loro Isola, l'imperatore Amuric IV offre pace e alleanza. I clan di Pikarayd piegano il ginocchio alla vostra maestà,  i nobili di Argimiliar piegano al vostro vessillo gli stendardi dei loro castelli fumanti , i barbari di Oin e Yu che ancora non accettano la vostra legge fuggono alla vista delle vostre insegne. Il Mondo è vostro, mia regina, lo consegno nelle vostre belle mani.
La regina si alza dal suo scranno e il suo volto luminoso è colmo di maestà e gioia
Mio valoroso Conte, mio devoto Eroe, il mondo intero parla delle vostre gesta, incise nella storia e nella leggenda con caratteri di fuoco e acciaio.
Eppur, mi riferiscono che un luogo ancora non risponde alla volontà di questa corte: un castello, che i sapienti chiamano Kaneloon e giace al limitar del mondo, dove la terra fertile confina con il mare ribollente del Caos. Questo luogo resiste agli eserciti, protetto da misteri e magia che non possono esser vinti da nessuna armata, non importa quanto grande. Ma Voi, mio Eroe, voi potete vincere ogni sfida e coronare il sogno del regno di Lormyr. Un'ultima fatica io vi chiedo, implorando di far presto ritorno a queste sale.

Il Conte non poté opporre rifiuto alla richiesta della regina, il suo cuore era a lei avvinto e la sua spada ligia al regno di Lormyr. Così salì in sella al suo destriero e partì verso sud, verso i confini del mondo, in cerca di Kaneloon.

ESTERNO

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La discussione tra Oleg e Guglielmo Vincidio si fa accesa, sebbene resti nei limiti della cordialità, giacché i due uomini sembrano presi dall'argomento.

 

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Jonathan

TENDONE

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Rapito dalla bellezza del racconto, osservo i Chavarria muoversi sul palco con una maestria inaudita, un modo di narrare così magnetico da trasportarmi direttamente dentro la leggenda. Per uno come me, ossessionato da bambini dai miti e le leggende, questo spettacolo rappresenta un bel tuffo nel passato una città al confine sul mare ribollente del caos... Che sia da lì che Aubec abbia creato altre terre?

DM:

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la spada, sebbene sia un oggetto di scena (presumibilmente, assomiglia ala spada che aveva il paladino argenteo nel mio sogno?

 

 

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Avindel

Tendone

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Pago quasi distrattamente l'obolo richiesto mentre cerco con lo sguardo la fanciulla di prima e studio le decorazioni della tenda e gli incensi usati per alleviare il pesante odore di umanità. Mi ero ormai disabituato alla vita a stretto contatto con numerose persone in spazi così ristretti.

Quando viene presentato lo spettacolo ed inizia la rappresentazione mi si forma un'espressione corrucciata in volto. Pare troppo una coincidenza che si mettano a raccontare proprio questa storia. Forse sanno qualcosa più di quanto dicono su queste terre e ciò che nascondono.

Mi risolvo di porre qualche domanda sulla scelta della rappresentazione a Chavarria l'indomani, mentre intanto cerco di assorbire più informazioni possibili sui personaggi e la storia.

 

 

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Nataniel Solokov

TENDONE

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Guardo con un sorriso Patricia, vedendo la sua espressione sognante, prima di gustarmi lo spettacolo. È veramente un balsamo per l'animo vedere la bambina sorridere. Probabilmente piano piano riuscirà ad accetarmi per qualcosa di diverso dall'assassino di suo padre. Guardo poi il primo atto con coinvolgimento, particolarmente impressionato dall'abilità degli attori nel recitare. Cerco di ricoleggare i fatti con la realtà storica, trasalendo al nome di Kaneloon. Probabilmente tra poco arriverà Lady Myshella. Saró veramente curioso di vedere come han rappresentato il mitico castello.

Master

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Conoscenze (Storia) +10 per capire quanto sia realistica la messinscena.

 

 

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TENDONE

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Atto II

Un possente Aubec è in sella al suo destriero, nel mezzo di una sconfinata piana di erba alta. E' stanco e assetato, ma la sua determinazione non si è smossa di un millimetro. Verso sud, sempre verso sud, finché un tardo pomeriggio le nubi all'orizzonte si squarciano e lasciano al posto ad un castello enorme: Kaneloon.
La gigantesca costruzione sorge su un colle dove antichi alberi affondano le radici, e mentre l'edificio affonda le sue nel ventre stesso della terra. Le sue mura di granito si elevano verso il cielo, merlature e corridoi lasciano il passo ad una foresta di torri che, sormontando e adombrandosi l'una con l'altra, salgono ancora e ancora, sempre più su, tanto da far dubitare che mano umana abbia eretto una simile struttura.
Il Conte trascorre la notte ai margini della foresta del castello, tormentato dai consueti sogni di mille battaglie, quelle che gli hanno concesso di portare guerra e conquista in ogni angolo del continente meridionale eccetto qui, Kaneloon, dove nessun esercito l'avrebbe mai seguito. Eppure non poteva, come Campione della Regina, rifiutare la di lei richiesta. I sogni quella notte sono particolarmente vividi e cruenti, tanto che Aubec si svegliò più e più volte, scuotendo il capo completamente calvo per scacciare quelle immagini dalla sua mente.

Al mattino indossa di nuovo l'armatura, impugna il suo enorme spadone a lama larga, fatto per un gigante quale effettivamente lui è, e si muove verso il castello, che pare assai vicino ma è invece molto distante, complice la sua enorme mole. Di malavoglia, perché rimpiange il tempo non trascorso a fianco della regina, Aubec giunge infine ai piedi del castello e comincia la risalita delle sue pendici.
Oltre la scogliera, oltre quello che è il confine del mondo, un caos informe si agita, multicolore ed informe, come un mare immenso in costante mutamento, con lembi di schiuma iridescente che si lanciano sulle negre scogliere che reggono Kaneloon. Il cielo scurissimo riflette il plasma caotico in un'aurora magnetica e ugualmente variopinta. Aubec osserva quello spettacolo a lungo, sopraffatto dal senso immensa profondità e, al contempo, di totale insignificanza.
Molti sono gli ingressi a Kaneloon e nessuno accogliente, simili a grotte che s'immergono nella terra, i pavimenti di ossidiana piatti e privi della minima irregolarità. Il Conte emette un respiro e si tuffa nell'oscurità di uno di questi: è freddo, è vuoto, e lui è completamente solo.

Si perde ben presto. I suoi passi non emettono alcun eco, un fatto sorprendente. Passo dopo passo, le pareti spigolose che compaiono in mezzo all'oscurità densa, presto si accorge di essere all'interno di un labirinto e con orrore deve constatare che anche la strada alle sue spalle si perde in molte deviazioni, nonostante sia sicuro di aver camminato dritto davanti a sé.
Improvvisamente maligne risate riecheggiano nel vuoto, Aubec affretta il passo preso da sgomento ma impatta contro una parete, che pure poco dopo si fa soffice e gli consente di attraversarla, trovandosi in un altro corridoio. Oltre Eloarde lo osserva, ma il suo viso è vecchio e rugoso, spento, cadaverico. Il Conte crede d'impazzire, tende una mano verso la sua regina, ma questa svanisce in un fumo denso e demoni ringhianti lo assalgono. Egli si ritrae, impugna la lama e semina spazzate a destra e a sinistra, mentre questi sfuggono ad essa per poi riaffacciarsi più pressanti. Un urlo per scacciare la paura e il condottiero si rende conto che i mostri si fanno più lontani ed evanescenti. Cercando di placare il respiro, Aubec ritrova il controllo di sé e quando riapre gli occhi il nero labirinto ed i suoi fantasmi sono spariti.
Attorno a lui, una sala grande e arredata con raffinatezza. I suoi passi risuonano di un eco confortante e una luce piatta e regolare illumina ogni angolo, senza traccia d'ombra. Su una parete c'è una finestra, oltre il cui chiaro vetro riverberano tumultuosi i colori del caos. Accanto alla finestra una donna bellissima osservava fuori: "Sei davvero un Campione, Aubec di Malador".

 

 

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Avindel

Tendone

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La storia del Conte Aubec mandato in una folle missione ai confini del mondo, assediato da strani eventi ed apparizioni risuona in me e nonostante tutto mi ritrovo ad immedesimarmi un poco nella figura leggendaria, sperando per lui in una buona conclusione.

 

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TENDONE

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Atto III

"Siete colei che chiamano la Signora Oscura?" tuona il Conte Aubec.
"Myshella è il mio nome, Conte Aubec". risponde pacata la splendida donna. Capelli corvini che cadono a cascata, occhi bluverdi, il disegno pulito delle labbra e degli zigomi, non una singola imperfezione.
Il valoroso rimane interdetto qualche istante, confuso dal fatto che la donna conosce il suo nome: "Sono qui in nome di Eloarde di Klant, Regina di Lormyr. Questo castello appartiene ora ai suoi domini. Piegherete dunque il ginocchio alla sua autorità?"
"Avete già vinto questo castello, un'impresa che in pochissimi possono vantare. Ma vi accontenterete di questo, Aubec di Malador? Siamo dunque giunti alla fine dei vostri giorni di trionfo?".
Il condottiero stringe gli occhi a fessura, muovendo i propri passi verso la donna che lo invita ad avvicinarsi e guardare il plasma caotico oltre il sottile vetro della finestra.
"Perché non estendere più oltre i confini dell'impero?"
Aubec si rimuove l'elmo, passando una mano guantata sulla testa calva, assorto nei pensieri.
"Nuove terre, nuovi pascoli e fiumi,  nuove città e nuove genti, appena sorte eppure con intatta la memoria di ogni generazione precedente. Per il Lormyr, per Eloarde".
"Sì... Se ho sconfitto questo castello, posso sconfiggere anche ciò che c'è oltre. Il mio nome sarà leggenda: Aubec, dominatore del Caos!"
La donna cingre le esili mani attorno al braccio possente del guerriero e mostra al valoroso la stretta strada sassata che, digradando accidentata lungo la scogliera, si tuffa nel Caos informe e multicolore.
"Quello è il dominio dei Duchi dell'Entropia. Si opporranno di certo..." dice Aubec mentre calca di nuovo in testa l'elmo.
"Ci sono leggi a cui anche i Duchi devono piegarsi: così vuole la Bilancia Cosmica, che decreta che se un uomo trova la forza di opporsi al Caos, questo deve recedere e nuova terra si aggiunge a questo mondo".
"Per Eloarde..." sussurra a denti stretti Aubec e più non si volge indietro.
Ella lo osserva avanzare nella nebbia multicolore, lo sguardo fisso su ciò che lo attende. Il volto bellissimo di Myshella di Kaneloon s'increspa di un sorriso enigmatico.

 

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Nataniel Solokov

TENDONE

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Guardo la rappresentazione con sempre maggior interesse, soprattutto quando la messinscena entra nel campo del non documentato dalla realtà storica. Sussulto all'apparizione di Myshella, guardando con sempre maggior interesse la scena, come assorbito dalla suspance. Chissà se esistono ancora uomini come Aubec. In fondo, in piccolo, è quello che io sto facendo: dare una giusta legge a queste terre caotiche.

 

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TENDONE

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Dopo qualche minuto di pausa in cui la gente si scambia commenti sussurrati, risate e battute sconce sulla bellissima Myshella interpretata dalla altrettanto splendida Carmen Chavarria, la nuova scena viene rivelata ed è molto diversa dalle precedenti.

Atto IV

La grande sala è immersa nella penombra, illuminata dai fori nel soffitto a cupola, dove vetri colorati proiettano fasci di luce caleidoscopica che entrano impattando contro i basalti neri e grigi dell'edificio. Qua e là su grandi ceri candidi danzano fiamme rese bluastre dalle sostanze intrise negli stoppini. Lenti fumi salgono verso l'alto, creando una sottile nebbiolina che staziona appena sopra la testa dell'unico presente. Avvolto in un pesante manto di velluto, la grande gemma rossa al dito, costui è probabilmente il più potente mortale di tutto il mondo, a capo di un Impero scivolato in una sonnolenta e drogata decadenza, eppure depositario di forza e conoscenze tali da dominare il mondo intero, un mondo che ora sta cambiando.
Amuric IV, Imperatore di Melniboné, detto il Solitario, raggiunge il centro della sala, si sofferma un istante, poi tende la mano inanellata e con un gesto indolente sfila il grande telo a copertura della grande statua, che viene infine rivelata: il marmo rosso rivela le fattezze di Aubec di Malador, la sua armatura incastonata nella crezione, la sua grande spada posta di traverso sulle mani aperte.
In molti non capiranno esordisce a mezza voce l'Imperatore, rivolto alla statua, con amarezza. I miei sudditi qui ad Imrryr, i tuoi seguaci sparsi nei regni ribelli, i Duchi dell'Entropia che di questo sacrario verranno ad chiedermi conto, gli sprezzanti Signori della Legge che di te hanno fatto il loro pupazzo. Tu hai visto. Eri solo un uomo, ma le tue imprese, le tue gesta, la tua determinazione, la tua creatività, sono troppo grandi perché Melnibonè non le riconosca, e con essa il mondo. Leggende già nascono attorno al tuo nome, esse si moltiplicheranno per ogni giorno che sarai lontano. Già ti credono morto, e accusano me. Di aver avvelenato la tua Eloarde, e accusano me. Le loro futilità non mi toccano, un'incurabile ignoranza alberga nell'animo degli uomini ed il mio unico rimpianto è verso il fato che ci ha posti sui lati opposti dello scacchiere. Io so che tu andrai oltre i limiti della tua razza, anche se il destino che ti attende mi è precluso e non posso scorgerlo. Un giorno tornerai a reclamare la tua lama e Melniboné sarà pronta a restituirla. Io ti saluto, Aubec di Malador, il più degno degli avversari.
L'Imperatore volge le spalle alla statua di Aubec e svanisce tra le spire oniriche dei palazzi di Imrryr sognante.

 


 

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Nataniel Solokov

TENDONE

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Lancio un'occhiataccia a chi fa battute ben poco consone sull'attrice, prima di tornare a guardare impressionato la scena. Non posso crederci, l'isola di Imrryr, l'isola splendente. È un luogo proibito a qualunque uomo, ma loro sembrano averlo visto con i propri occhi. Hanno un'abilità fuori dal comune, non ho mai visto attori recitare cosí bene. E non sono mai stato tanto assorbito da una storia. Trattengo a stento tutto il mio stupore dopo il discorso dell'imperatore, non applaudendo per paura di disturbare gli attori e distruggere l'arte.

 

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