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Inviata

Un articolo apparso sul New York Times mette a confronto D&D con certi social media, spiegando come il GdR sia uno strumento migliore di socializzazione.

Articolo di J.R. Zambrano del 15 Aprile 2019

D&D è dovunque in questo periodo, persino sul New York Times, che considera il gioco di ruolo come un modo migliore di socializzare rispetto alla maggior parte dei social media. L'esperienza individuale potrebbe variare.

D&D è molte cose, per molte persone. Un gioco d’avventura pieno d’azione, tesori e mostri; un simulatore di intrighi pieno di piccoli gesti, cenni d’intesa, e incanti sussurrati; una distrazione dall’invadente sensazione che tutti coloro che vi circondano siano segretamente una colonia di ragni che stanno manipolando dei burattini composti dalle carni delle persone che conoscevate. E per un autore in particolare, è uno dei modi migliori per socializzare con i vostri amici. Viviamo davvero in un’età dell’oro per i giochi di ruolo. Diamo un’occhiata.

Estratto dal New York Times

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Annalee Newitz, giornalista scientifica, fondatrice di io9 e scrittrice ci racconta:

Ho iniziato a giocare a Dungeons & Dragons all'incirca nel periodo in cui ho lasciato perdere completamente Facebook. È accaduto un po’ meno di un anno fa, quando uscirono le prime storie sullo scandalo di Cambridge Analytica. Ero stufa dell’idea di amicizia dei social media, definita come “Mi piace” o come “X conosce le stesse 50 persone che conosci tu”. Così, quando la mia amica Kate mi suggerì di iniziare una partita di Dungeons & Dragons, pensai: “Sì, andrò a stare faccia a faccia con delle persone, senza dare alcun cuore o fare dei retweet, e andremo a mangiare patatine e combattere quei maledetti cultisti che stanno cercando di far risorgere la malefica regina dei draghi a cinque teste Tiamat.”

E per Newitz, D&D è stato un viaggio fatto di scoperte ed emozioni. Per riconnettersi con la “sensazione di pura meraviglia” che il gioco riesce a evocare in chiunque, che si abbiano 11 o 111 anni.

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E tra le avventure contro il Culto del Drago di Tiamat, la Newitz ha scoperto che la vera essenza di Dungeons and Dragons erano gli amici conosciuti lungo la strada - come afferma lei stessa - specie quando si confrontano giochi come D&D con giochi online come World of Warcraft:

Ciò che rende D&D diverso è che non possiamo mai dimenticare che ci sono degli esseri umani dietro agli avatar. Quando un membro del mio gruppo fa una scelta sbagliata, non posso guardarlo in faccia e gridargli contro degli insulti, come farei se stessimo giocando online. Lui è una persona, e mio amico, anche se ha inspiegabilmente deciso di aprire un baule che è palesemente una trappola esplosiva, di prendersi in faccia un getto di veleno e di farmi usare l'ultimo incantesimo di cura rimasto.

E, come può dirvi chiunque abbia avuto a che fare faccia a faccia con le persone, c’è qualcosa di diverso nell’avere i vostri amici dentro la stanza con voi. Questo è il motivo per cui il multiplayer a schermo condiviso è uno degli ultimi bastioni della società civile nei giochi per console: se il vostro amico inizia a insultarvi, potete dargli un pugno nel braccio.

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Mancando l’anonimato di internet, la presenza fisica di un’altra persona rende più facile entrare in empatia. Oltre a ciò, state tutti (almeno teoricamente) lavorando insieme per raggiungere un qualsivoglia obiettivo. La maggior parte delle campagne non prevede il combattimento giocatore contro giocatore, e l’interazione su scala ridotta della maggior parte dei gruppi di D&D comporta che si evitino alcuni dei peggiori lati dei social media.

Inoltre, anche quando l’atmosfera si scalda durante il nostro gioco in D&D - e succede - nessuno di noi può vincere disponendo di 10.000 dei nostri “amici” per vessare la persona con cui non siamo d’accordo.

Dubito che D&D sostituirà i social media nel futuro; però se ci proverete, vi prego di avvisare i vostri amici prima di mostrare loro le foto del vostro cane/bambino/gli ultimi sette pasti che avete mangiato. Tuttavia la Newitz solleva un punto interessante: invece di osservare semplici scorci della vita di altre persone, giochi come D&D ci permettono di sperimentare altre vite direttamente e questo è uno strumento potente. Potete leggere qui l’intero articolo del New York Times.

Buone Avventure!



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  • Mi piace 1

Inviato
5 minuti fa, MencaNico ha scritto:

State dicendo che socializzare dal vivo è più efficace di socializzare davanti ad uno schermo?

Incredibile. 

Per molti non lo è. Per molti "socializzare" vuol dire mettere un "Like" o condividere la foto di un gatto o la prima fuffa che trovano senza nemmeno leggerla. 

Il problema è che dietro a D&D e simili non c'è la massa di denaro che c'è dietro faccialibro e soci.

Inviato

Una cosa a mio parere interessante ma che viene un po' sottodimensionata nell'articolo è che, in molti GdR (e quasi tutti i più noti e diffusi), l'aspetto della socializzazione è aiutato dalla struttura e dallo scopo del gioco: non è una situazione di competizione fra giocatori, ma un lavoro di gruppo. In questo senso, presenta alcuni dei vantaggi sociali del giocare ad uno sport di squadra, per altro in una situazione in cui la squadra degli "altri" è composta da creature immaginarie.

Ho sempre pensato che questo aspetto dei giochi di ruolo (ovvero di una delle poche classi di giochi davvero di gruppo, in cui tutti i giocatori sono dallo stesso lato e non competono uno contro l'altro) sia sottovalutato quando si discute delle loro implicazioni sociali.

  • Mi piace 4
Inviato
56 minuti fa, Albedo ha scritto:

Per molti non lo è. Per molti "socializzare" vuol dire mettere un "Like" o condividere la foto di un gatto o la prima fuffa che trovano senza nemmeno leggerla.

Guarda, spero sinceramente che non si sia arrivati davvero a questo punto perché vorrebbe dire che siamo proprio alla frutta.

57 minuti fa, Albedo ha scritto:

Il problema è che dietro a D&D e simili non c'è la massa di denaro che c'è dietro faccialibro e soci.

Sinceramente, mi sfugge il ragionamento dietro questa affermazione.

Inviato
16 minuti fa, Checco ha scritto:

Guarda, spero sinceramente che non si sia arrivati davvero a questo punto perché vorrebbe dire che siamo proprio alla frutta.

infatti siamo già all'ammazza caffè.

17 minuti fa, Checco ha scritto:

Sinceramente, mi sfugge il ragionamento dietro questa affermazione.

Si chiama economia, marketing...  per cui c'è un maggior interesse economico che Checco crei un profilo su fb che non vada in un negozio specializzato a comprare un set di dadi o un manuale.

Perchè dietro al tuo set di dadi + manuale ci sono molti meno soldi che non dietro al tuo profilo su fb.

Per cui troverai più "voci" che ti diranno/invieteranno/persuaderanno a usare i "social" che non a fare un gdr. 

 

Inviato
34 minuti fa, Albedo ha scritto:

infatti siamo già all'ammazza caffè.

Wow!

34 minuti fa, Albedo ha scritto:

Si chiama economia, marketing...  per cui c'è un maggior interesse economico che Checco crei un profilo su fb che non vada in un negozio specializzato a comprare un set di dadi o un manuale.

Perchè dietro al tuo set di dadi + manuale ci sono molti meno soldi che non dietro al tuo profilo su fb.

Per cui troverai più "voci" che ti diranno/invieteranno/persuaderanno a usare i "social" che non a fare un gdr. 

 

Quindi nessuno può scegliere di non aprirsi un profilo su FB o di socializzare lontano da un monitor a causa dei troppi interessi economici.

Inviato
3 minuti fa, Checco ha scritto:

Quindi nessuno può scegliere di non aprirsi un profilo su FB o di socializzare lontano da un monitor a causa dei troppi interessi economici.

e dove lo avrei scritto?

Io ho scritto che ti invogliano di più a fare una cosa piuttosto che un'altra. Mi sembra sia diverso.

Fai la spesa? Compri il prodotto reclamizzato o quello semi sconosciuto ma di cui ogni tanto si mormora male?

Inviato
In questo momento, Albedo ha scritto:

Fai la spesa? Compri il prodotto reclamizzato o quello semi sconosciuto ma di cui ogni tanto si mormora male?

Magari scelgo quello semi sconosciuto ma di cui ogni tanto si mormora bene.

Penso che (ovviamente generalizzando banalmente il discorso), ci sia sempre una possibilità di scelta, augurandoci che ogni persona faccia del suo meglio per non ridursi a essere un individuo senza spirito critico e completamente assuefatto alla pubblicità e da ciò che c'è dietro.

Inviato

Secondo me l'articolo è banale e di una superficialità disarmante.
Innanzitutto parlando di amici di gioco al tavolo (ma anche dal vivo) non distingue tra "amici conosciuti giocando" e "amici con cui si è iniziato a giocare".

Di quelli della prima categoria, che sono stati la stragrande maggioranza nella mia vita, tutti hanno perso i contatti con tutti, perché ci si è resi conto che a parte la passione per la campagna, niente altro legava. Ricordo una sera mancava il master per la ultra-consolidata sessione settimanale, sicché uno ha proposto "vabe', troviamoci lo stesso per una birra"... Deserto dei Tartari.
Un'altra volta io stesso (PG) non potevo andare perché avevo la macchina dal meccanico "ragazzi qualcuno che è di strada passa a prendermi (erano 6 km da casa mia) che stasera sono appiedato?"... Spiace, ci vedremo settimana prossima.

Invece delle persone conosciute online, con alcune poi sono diventato anche amico di FB, e con alcuni di questi ho preso a parlare anche di altro, interessarci sinceramente e reciprocamente alle loro attività extra D&D (fidanzamenti, matrimoni, famiglia, malattie, ecc.).

E ne avrei altri ancora di aneddoti vissuti personalmente, a dimostrazione di quanto sia infondata l'equazione tavolo/online sostenuta nell'articolo..

E tutto questo ve lo dice uno che usa FB solo per seguire pagine di  autori, intellettuali, ecc. (dopo una dozzina d'anni che sono iscritto ho 15 amici).

Inviato

Io, al contrario, trovo che l'articolo sia un bel passo avanti rispetto a quelli precedenti. Non capisco perché molti siano più preoccupati di canzonare questa persona per la scoperta dell'acqua calda, più che di apprezzarne il "coraggio" per essere riuscita ad andare oltre lo stereotipo che la società affibbia al giocatore di ruolo.

Sarà che io non vado a sbandierare il fatto che mi piaccia giocare di ruolo (non che me ne vergogni, diciamo solo che non ne parlo con persone estranee all'argomento per evitare seccature), perciò trovo che condividere la propria esperienza in merito, soprattutto da parte di un neofita che vede questo modo di divertirsi per la prima volta, è un gesto assai coraggioso e puro, se vogliamo. Inoltre, non è che una giornalista scientifica (senza togliere dignità a nessun'altra professione) sia proprio una figura "comune"; probabilmente se questa testimonianza fosse stata fatta dall'edicolante lato strada, credo avrebbe fatto molto meno scalpore. Mettiamoci pure che l'articolo è apparso sul New York Times, non è proprio roba da nulla.

Leggendo le impressioni della giornalista, io faccio letteralmente un tuffo nel passato: la prima vera sessione, gli amici che tuttora frequento, tutti quelli che ho incontrato dopo, come il GdR mi abbia reso meno timido/timoroso nel socializzare, le volte che si giocava fino alle 3 del mattino e avrei voluto andare ancora avanti...
Tutti noi siamo passati per questa fase, non vedo quale sia il bisogno di schernire una persona che, nel mondo in cui viviamo, è riuscita a distruggere la "prigione virtuale" dei social e che abbia fatto un passo in una direzione diversa, dove l'interazione tra persone si sia perdendo sempre più. E' ammirevole.

Per quanto riguarda il fatto del GdR online, non vedo dove se ne parli male. Escluso dove si dice che è più facile insultare uno sconosciuto che non hai davanti realmente, non si entra nello specifico o non si dice "il PbF, PbC, PbEM non è vero GdR perché non si è attorno ad un tavolo", perciò non vedo da cosa si desume la critica ad una diversa esperienza di GdR. E' anche vero che se non ci fossero problemi di tempo o di avere un luogo dove trovarsi, non tutti preferirebbero l'online rispetto al tavolo. Dipende molto dall'esperienza che si cerca o che si ha con il gioco dal vivo, ma se questa risultasse ugualmente soddisfacente con entrambi i media, credo che chiunque propenderebbe per giocare al tavolo. In ogni caso apprezzo il fatto che non venga trattato un argomento di cui non si hanno né conoscenze in merito né tanto meno esperienze a riguardo.

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  • Grazie 1
Inviato

Qualcosa in cui ho sempre creduto e a giudicare dai commenti qua sopra non sono la sola; qualcosa di non così scontato per il resto della popolazione globale, temo.

Chissà perché mi viene in mente I kill giants di Kelly

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