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Racconti brevi


Samirah

Messaggio consigliato

In questa serata piatta, senza alcuna ispirazione per proseguire i miei racconti "storici" (nel senso che ci stanno volendo intere ere per finirli :mrgreen:), ho deciso di tentare questo piccolo esperimento letterario.

Mi sono data un orario di scadenza (e posso dire di aver terminato con un quarto d'ora in anticipo ^^) per scrivere di getto un racconto breve, anzi brevissimo, su una piccola idea che mi gironzolava un po' per la testa.

E' una piccola favola, un po' triste, ma mi affascinava e ho voluto raccontarvela.

La lanterna

La strada saliva simile a un grande serpente di vecchio asfalto tra le colline coltivate a viti e peschi. Era una via secondaria, percorsa soltanto da poche auto ed era frequente incontrare qualcuno a passeggio, soprattutto nella bella stagione.

La giovane coppia stava camminando a ritmo blando, godendosi il fresco della serata estiva e compiacendosi del paesaggio rurale reso incantevole dalle lucciole che danzavano lungo i fossi.

In fondo a quel tratto di strada, prima che questa svoltasse a sinistra, inerpicandosi tra case coloniche e villette immerse nel verde dei loro giardini, si stagliava maestosa un'antica quercia. Poteva avere cento, duecento o forse anche più anni, ma a loro non era dato saperlo. I suoi maestosi rami erano stati potati da pochi mesi, troncati a una lunghezza decisamente imbarazzante, per l'imponenza del grande albero. Ma la quercia non aveva ceduto il passo ed i tozzi monconi erano tornati a vivere, disseminati di quelle piccole foglie, quasi sproporzionate alle dimensioni dell'albero.

Poco invogliati a proseguire il cammino sempre più in salita, si sedettero sull'erba che cresceva a ciuffi tra le radici della vecchia quercia. Un lanterna, vecchia ed arrugginita, penzolava da un perno infisso nel legno del tronco chissà quanto tempo prima. La piante era cresciuta, inglobando parte del metallo, abbracciandolo e chiudendolo dentro di sé.

Una piccola luce dentro la lanterna dai vetri opacati dal tempo illuminava debolmente attorno a sé, creando ombre intricate nel largo tronco della quercia.

La ragazza guardò in su, chiedendosi per l'ennesima volta chi fosse la misteriosa mano che ogni sera passava ad accendere la pallida luce. Il ragazzo l'abbracciò a sé e lei dimenticò in fretta quella domanda ricorrente che non trovava mai risposta.

Una lieve brezza si alzò, come la mano amorevole di una madre arruffa gentilmente i capelli della propria bambina, in una carezza che fece frusciare le giovani foglie sui rami antichi. Una lucciola girò attorno al perno di metallo che reggeva la lanterna, mandando bagliori intermittenti al suo passaggio, per poi posarsi sulla copertura arrugginita. Mosse le sue zampette rapide, scendendo lungo l'incrinatura di uno dei vetri.

Una piccola mano si posò sul lato interno del vetro, facendo volare via la lucciola. Il piccolo gnomo dentro la lanterna osservò melanconico l'insetto allontanarsi, col suo insistente lampeggiare monotono e regolare. Si sedette sul minuscolo scranno nell'angolo e osservò la campagna circostante con lo sguardo velato dalla tristezza. I due giovani sotto di lui si stavano allontanando a loro volta, diretti verso casa o, forse, verso un altro luogo.

Non lo sapeva, non l'avrebbe mai saputo.

Ma il suo compito non era quello di conoscere le cose, lui doveva soltanto svegliarsi ogni tramonto ed accendere la piccola lampada sferica che si trovava al centro della sua altrettanto piccola dimora. Un gesto delle sua mani, un lieve sfioramento sul vetro, e la luce, con un singhiozzo, cominciava ad emanare al di fuori dei vetri.

All'arrivo dell'alba, con un altro agonizzante singhiozzo, si spegneva, mentre il piccolo gnomo eterno chiudeva gli occhi in un sonno monotono, sempre uguale, come il ritmico lampeggiare di una lucciola.

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Altro esperimento letterario, altro tentativo di scrivere in tempo reale quello che la mente elabora, senza troppe mediazioni.

Considerando la serata, mi sono buttata sull'horror, molto classico, direi quasi banale, ma è stato divertente, e un po' inquietante, ricostruire in questa chiave dark l'ultima ora passata a rantolare dal caldo e privata del sonno.

Insonnia

Era forse un rumore? No, probabilmente non era nulla. Ma ormai gli occhi sono aperti.

Fastidioso e pigro, il caldo vento notturno entra a fatica dalla finestra, si spinge come un serpente in agonia fino alla stanza di fianco, lasciando dietro di sé strascichi di un refrigerio soltanto illusorio.

Le lenzuola sono come tralci di piante rampicanti avide di linfa, che si attorcigliano attorno alle gambe, il cuscino è un appoggio sempre troppo caldo.

I piedi poggiano sul pavimento, grati per l'improvvisa sensazione di fresco e tastano con cautela il pavimento, seguendo un percorso ormai noto.

Le scale di marmo, il piccolo studio avvolto nell'oscurità, tutto urla silenzio, ogni cosa reclama riposo. Ma la quiete di questa notte è falsa, ingannevole.

La sedia è più scomoda del solito, eppure fino a un'ora fa era un giaciglio quasi più accogliente del letto. Ora è soltanto un appoggio forzato per un corpo che non vorrebbe fermarsi, allentare il ritmo del metabolismo convulso di una serata disarmonica.

Gli occhi non vogliono affrontare la luce, ma una luminosità evanescente irradia nella stanza e lo sguardo si tuffa in quel portale spalancato, un varco verso il nulla.

Altro silenzio, altro contorcimento dell'anima.

Di nuovo quel rumore.

Mani compongono parole spezzate, occhi seguono i caratteri, piccoli esseri senza vita costretti a fare bella mostra di sé. Niente privacy per loro, nessun quinto emendamento.

Di nuovo quel rumore.

La musica comincia ad inondare l'aria satura di umidità e di stanchezza, la mente la percepisce lontana, ovattata, mentre un dolore sordo e insistente comincia a farsi strada, monito per ogni minuto di sonno perso.

Di nuovo quel rumore. E un movimento.

Le ombre della stanza danzano lente, vibrando alle note dolenti che cercano una via attraverso i pensieri. Sembrano diluirsi, per poi addensarsi di nuovo, in forme note solo all'inconscio. Piccoli tentacoli di tenebra che si insinuano sibilanti tra le dita, risalgono lungo le braccia, accarezzano le spalle, si intrecciano attorno al collo.

Allora il rumore non era uno scherzo della mente sfiancata, non era un gemito della brezza calda e strisciante.

Eri tu. Tu che sei rimasto ad osservare fino ad ora, nascosto nella tua stessa trama d'ombra. Eri inatteso, la tua venuta non era annunciata. I tuoi piccoli tentacoli approfittano della sorpresa, si contorcono in un un'orgia di oscurità densa come l'aria che non riesce più ad entrare nei polmoni. Abbracciano il collo in una morsa decisa, pronti a compiere ciò per cui si sono spinti sino al cospetto della luce.

Ed ecco, la notte non trasuda più il suo umido secreto di umidità, il gelo si è sostituito al velo di sudore che ricopriva il corpo, pungendo la pelle, provocando tremuli brividi. Il corpo si contrae in una convulsione, ma quando infine l'amante oscuro lascia che il suo abbraccio asfissiante diventi una dolce carezza, le membra trovano finalmente, irrimediabilmente, riposo.

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I piedi poggiano sul pavimento, grati per l'improvvisa sensazione di fresco e tastano con cautela il pavimento

Dovresti togliere la ripetizione di "pavimento"

tutto urla silenzio

Se non ricordo male questa figura retorica si chiama ossimoro, accostando 2 termini "incompatibili". Urla silenzio è molto forte come espressione, si percepisce il fastidio provocato da questa assenza di suoni che è più dolorosa di un forte rumore

Mani compongono parole spezzate, occhi seguono i caratteri, piccoli esseri senza vita costretti a fare bella mostra di sé. Niente privacy per loro, nessun quinto emendamento.

Bello questo pezzo... parti senza indicazioni su tempo... epoca... lasci che l'immaginazione del lettore crei la stanza, magari medievale o ottocentesca e poi come un pugno ti arriva l'informazione che quello che sta succedendo è ora... e potrebbe essere nella stanza di fianco da dove il lettore guarda il pc.

Ed ecco, la notte non trasuda più il suo umido secreto di umidità

Anche qui dovresti eliminare la ripetizione.

Scusa se ti ho sezionato il racconto, per essere stato scritto di getto è davvero coinvolgente. Non mi ha colpito il lato horror che non trasmette molti brividi, piuttosto si sentono molto la fatica di superare una notte del genere e la paura di essere soli che si materializza in questa presenza alla Cthulhu. E il desiderio della protagonista di essere stretta fra le braccia di qualcuno, talmente forte da accettare la creatura da incubo, senza cenni di reazione... forse con rassegnazione, fino all'ultimo istante. Non so se è quello che volevi trasmettere, io ho percepito queste emozioni

Scrivi molto bene, basta complimenti però o ti monti la testa :lollollol

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Hai fatto bene a segnalare le ripetizioni, di solito le evito come la pesta, ma avendolo scritto alle 2 di notte non sono riuscita nel mio intento. ^^

Non ti dirò se la tua interpretazione è corretta o meno, credo che in fondo quelle che una persona percepisce da uno scritto o da una canzone sia molto più vero di quello che voleva essere trasmesso.

Proprio di questo si parlava ieri sera in chat, del fatto che ognuno proietti le proprie esperienze su ciò che vede, per poi rielaborare tutto a modo proprio.

Contenta che sia piaciuto. ;-)

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Infatti non volevo un "sì hai ragione".

Ho sempre ritenuto che non esistano canoni per certe cose. Ciò che senti dentro ti fa identificare qualcosa.

Per esempio il discorso film tratto dal libro... Sono sempre diffidente nel vedere film di cui ho letto anche il libro perchè la sensibilità personale di ognuno crea la scena, le situazioni, leggendo le parole stampate. Un regista può essere fedele alla trama, ricostruire bene gli ambienti, ma come li immagina lui. Molti potrebbero averli immaginati allo stesso modo, altri potrebbero avere un quadro completamente diverso.

:bye:

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Infatti non volevo un "sì hai ragione".

E difatti proprio così l'avevo inteso. :-p

Ho sempre ritenuto che non esistano canoni per certe cose. Ciò che senti dentro ti fa identificare qualcosa.

Per esempio il discorso film tratto dal libro... Sono sempre diffidente nel vedere film di cui ho letto anche il libro perchè la sensibilità personale di ognuno crea la scena, le situazioni, leggendo le parole stampate. Un regista può essere fedele alla trama, ricostruire bene gli ambienti, ma come li immagina lui. Molti potrebbero averli immaginati allo stesso modo, altri potrebbero avere un quadro completamente diverso.

:bye:

Verissimo. Ma in fondo è proprio questo il bello di leggere, no? ;-)

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Infatti... "Ho letto la serie di Shannara, che bella! Cosa ne pensate?" si infiammano e finiscono a coltellate :D

è quello il bello del confronto fra diverse persone!!Ottima analisi Jalavier.Samirah,il tuo racconto...dico solo una cosa:applausi.la sensazione di sottile angoscia che riesce a trasmettere è veramente impressionante ,e la scelta stilistica della labile descrizione dell'orrore è meravigliosa..mi sembra di leggere un racconto del Maestro.BRAVA!!

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  • 2 settimane dopo...

Altro piccolo racconto nato da un'immagine nata tempo fa nelle mia testa, immagine che mi si è ripresentata inaspettata mentre la solita mancanza di sonno mi perseguitava. :-p

Quello che ne è nato è un racconto dal ritmo pesante, "asfissiante", come l'atmosfera che cerca di riprodurre.

In realtà non mi ha soddisfatta da subito, ma rileggendolo ho pensato che comunque valeva lo stesso la pena di postarlo. ;-)

PS: ho unito tutto in un unico topic, non mi pareva il caso di infestare troppo la sezione Racconti. :-p

Grigia pietra

Anche oggi il cielo si presenta plumbeo, grigio come la fredda città che sovrasta. L'antica pietra ha la stessa triste sfumatura cinerea dei nuovi palazzi, costruiti col ferro e con lo strano impasto che chiamano cemento.

Le vetrate, infinite nel loro rispecchiarsi le une con le altre, riflettono l'assenza di colore, amplificandola, ottundendo i sensi ormai privati di stimoli vitali.

Ma oggi, da questo cielo, intessuto di un'unica, compatta massa di cupo vapore acqueo, cadono, come se le mani della loro nutrice non riuscissero più a contenerle, gocce di terso liquido cristallino.

L'aria di questa tetra città sembra essersi elevata, agognante, fino a toccare la volta di un cielo sempre uguale, portando con sé la sua amante, la sfuggente acqua. E dal loro amplesso hanno generato queste piccole creature che corrono verso il suolo, in una discesa inarrestabile, rapite da un richiamo verso l'elemento che amano e odiano insieme, la terra. E mentre precipitano, intonano il loro coro di voci liquide, gementi e gioiose allo stesso istante, per poi andare a ricoprire, morendo, ogni superficie, donando al grigio una nuova vita, un rinnovato splendore.

La città vive. Vive mentre i piccoli esseri formicolanti si rintanano nelle loro dimore invase da fredda luce artificiale. Fuggono dall'acqua, fuggono dalla vita stessa, mentre essa piange, commossa, per ciò che è andato perduto.

Perché prima che arrivassero loro, gli umani, i colori ancora si dipanavano come bambini giocosi tra queste mura. La pietra stessa era viva, permeata del respiro della madre terra. Tutto gioiva, prima che queste insulse creature senza pietà né compassione poggiassero i loro piedi sulle nostre vie, dentro le nostre case, soffocando e bruciando la purezza con la loro follia, privandoci del nostro spirito.

E non soddisfatti per l'aver distrutto ogni cosa che ci era cara, hanno anche gettato fango sulla nostra memoria, raccontando di noi gesta demoniache, connubi con quelle stesse forze corruttrici che la nostra madre terra tratteneva con forza dentro di sé, per evitare che ci corrodessero nel profondo. Invece loro hanno scavato, hanno mangiato, hanno disgregato ogni anfratto della nostra cara madre, l'hanno portata ad una lenta consunzione, facendola spegnere in una dolorosa agonia, ormai giunta alla sua conclusione.

Ma su una cosa non hanno mentito: l'odio profondo che coviamo contro di loro, la rabbia che ci mantiene coscienti, anche se impotenti, immobili nella nostra paralisi infinita. E in questo magma di atavico risentimento, noi continuiamo a bruciare il desiderio di una vendetta, di una riconquista di ciò che ci apparteneva. E per questo noi preghiamo che la nostra cara madre resista, che il suo spirito fonte di vita possa tornare a percorrere ogni granello della nostra essenza.

E quel giorno, noi torneremo a volare e scenderemo in guerra contro gli umani, perché tutto dovrà tornare a noi, creature della terra e del cielo, a noi gargoyle.

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Grigia pietra

Perché prima che arrivassero loro, gli umani, i colori ancora si dipanavano come bambini giocosi tra queste mura.

Non so... non mi ha coinvolto tantissimo questo "breve". L'insonnia invece mi trasmetteva molte più emozioni.

Come al solito sono apprezzabili i tuoi sforzi per trovare belle figure retoriche e per l'utilizzo di linguaggio ricercato.

Sarà anche che il tema "uomo cattivo che rovina l'ambiente" è abbastanza sfruttato a non farmi entusiasmare troppo.

Ho quotato quel pezzo e messo in grassetto "gli umani" perchè secondo me specificare non solo è inutile (è chiaro di chi parli) ma spezza troppo la frase, molto bella di suo.

Può anche fare l'effetto di un dito puntato con rabbia "gli umani" fra 2 virgole, un rafforzativo del pensiero del Gargoyle... ma a mio parere non ci sta benissimo ;-)

28 politico per salvaguardare la media e di incoraggiamento :lol:

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Non so... non mi ha coinvolto tantissimo questo "breve". L'insonnia invece mi trasmetteva molte più emozioni.

Come al solito sono apprezzabili i tuoi sforzi per trovare belle figure retoriche e per l'utilizzo di linguaggio ricercato.

Sarà anche che il tema "uomo cattivo che rovina l'ambiente" è abbastanza sfruttato a non farmi entusiasmare troppo.

Ho quotato quel pezzo e messo in grassetto "gli umani" perchè secondo me specificare non solo è inutile (è chiaro di chi parli) ma spezza troppo la frase, molto bella di suo.

Può anche fare l'effetto di un dito puntato con rabbia "gli umani" fra 2 virgole, un rafforzativo del pensiero del Gargoyle... ma a mio parere non ci sta benissimo ;-)

28 politico per salvaguardare la media e di incoraggiamento :lol:

ma lol!

Veramente non voleva avere un intento "ambientalista" il tutto, ma va bè, a ognuno la sua interpretazione. :-p

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ma lol!

Veramente non voleva avere un intento "ambientalista" il tutto, ma va bè, a ognuno la sua interpretazione. :-p

Sono i miei collegamenti mentali che mi portano a questo... Gargoyle=creature della madre terra che vivono in armonia con lei. Umani=coloro che hanno scacciato i Gargoyle, distrutto il loro mondo e sostituito la naturale pietra con costruzioni in ferro e cemento.

La mia testa fa 2 fette di torta + 2 fette di torta = 3,5 (mi è scappata la classica ditata nella panna lo ammetto) e vien fuori che il racconto è chiaramente ambientalista. :-p

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carino!!sinceramente vedo il racconto come un grido di vendetta e come promessa di rivalsa da parte di una razza(i gargoyle) che vedono il proprio dominio devastato da una razza di "formiche "(gli umani)...non trovo nessun intento ambientalista...anzi trovo una promessa di atroci sofferenze a venire...ovviamente IMHO!

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  • 1 mese dopo...

Ho ritenuto opportuno postare altri racconti nel mio blog, strumento che sto rivalutando sempre più di giorno in giorno.

Chiudo quindi il topic, in quanto copierò questi racconti nel blog, per poi aggiungerne altri, e quindi anche tutti i commenti confluiranno lì.

Conto di ricevere ancora commenti, soprattutto critiche, perché è da quelle che si impara, più che dai complimenti. ;-)

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