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Inviata

Vi è un luogo che si dice sia maledetto: chi vi è andato o non è mai tornato, o è tornato farneticando di esseri orrendi e raccapriccianti. Queste testimonianze, raccontante balbettando e con gli occhi sbarrati, la pelle bianca e il sudore che gocciolante dalla fronte, sono state derubricate a semplici allucinazioni: il mare, la solitudine, lo scorbuto o la malaria possono causare facilmente deliri e perfino allucinazioni. 

Eppure, in molti iniziarono a credere, forse inconsciamente, che qualcosa di vero dovesse celarsi in quelle testimonianze: le descrizioni di quelle creature sembravano troppo accurate, e i testimoni erano fin troppo prolissi nel descrivere ogni singolo arto deforme, ogni singola articolazione fuori posto, ogni singolo verso simile al rantolo di un branco di bestie ferite. 

Tra i racconti sconvolgenti che venivano ripetuti ossessivamente, quasi in stato di trance, vi era quello di un uomo enorme, alto più di tre metri, con una fisionomia grottesca: il corpo, largo e apparentemente amorfo. La testa, piccola e scarna, quasi senza pelle, senza naso, senza peli facciali, con gli occhi scavati e imperscrutabili. Teneva una lama nella mano destra, simile a una falce, ricavata con le ossa di chissà quali creature. Un essere spettrale e alieno, che vagava nottetempo tra i resti di un villaggio diroccato, illuminandosi la via con una lanterna.

Uno dei marinai della trireme Kronos, mai tornata al porto di Miranda, raccontava che il loro capitano volle parlarci: riteneva fosse un'autoctono del villaggio, e voleva chiedergli cosa fosse successo alla popolazione. Gli si avvicinò con una rivoltella, fiducioso di incutergli il giusto timore. L'umano grottesco, quando lo vide, manifestò curiosità: gli parlò in varie lingue, prima che riuscisse a trovarne una che il capitano e i suoi marinai capissero. 
E quando ciò accade, con una voce rauca e stridente, gli chiese di prostrarsi, come si confà a un sovrano. Perché lui era il Re di quell'isola, e loro erano suoi sudditi finché calpestavano quel suolo. 

Il capitano si rifiutò di inchinarsi, maledicendo quell'amorfo umano per la sua tracotanza: poi, istigato da due fedelissimi convinti che in realtà l'essere fosse una manifestazione del demonio, alzò la pistola alla sua testa. Tuttavia, nessuno sentì mai il rumore dello sparo, dato che il capitano della Kronos cadde a terra, decapitato, un'istante dopo aver alzato la canna dell'arma.  

I marinai osservarono con orrore il corpo del loro superiore esanime, con il collo tranciato di netto, in una pozza di sangue. La testa era rotolata ai piedi del "Re" dell'isola. Lo osservarono atterriti, mentre con una mano ossuta raccoglieva il capo del fu capitano. E, sconvolti, lo osservarono riporla sotto l'ingombrante veste nera, dove celava altri volti decapitati e imbalsamati. La visione di quella collezione di teste, che erano state così brutalmente tranciate dai loro corpi e conservate con morbosa cura, instillò nel resto della ciurma della trireme tanto orrore che i più si diedero alla fuga, correndo verso la spiaggia da dove erano sbarcanti. Solo due marinai, i più fedeli, ritennero invece che era loro dovere fermare un simile demonio: in preda a un raptus di violenza omicida, si scagliarono contro il collezionista di teste armati di spada, tentando di aggredirlo uno alla testa e l'altro al petto. 

Ancora una volta, la macabra figura fu più agile e veloce di quanto la sua stazza avrebbe potuto far credere: entrambi i fendenti andarono a vuoto, e poco dopo altre due teste caddero al suolo. I marinai fuggiti, nel frattempo, scoprirono con orrore che la trireme con cui erano arrivata era stata fatta a pezzi da alcune creature mutate, simili a crostacei dalla blanda radioluminescenza: non rimaneva che una scialuppa ancora integra e, solo quattro membri dell'equipaggio dei dodici originari, riuscirono a salvarsi riprendendo la via del mare...

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