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Un romanzo spettacolare come pochissimi ce ne sono, per la precisione nella ricostruzione storica, per la profondità dell’introspezione psicologica dei tanti personaggi, per lo spaccato della società, cultura e filosofia nipponica che offre, o più semplicemente per le straordinarie emozioni che sa suscitare.
In verità fatico anche a trovare le parole che rendano giustizia a questo capolavoro di quasi duemila pagine che ho divorato in poche settimane. Se proprio devo sbilanciarmi allora mi sento di dire che quanto ho apprezzato maggiormente è stata la costante comparazione tra la considerazione della vita, l’amore e la morte nella civiltà occidentale, che sebbene riferita al ‘600 è pressoché uguale a quella contemporanea, e in quella nipponica. La ricerca della bellezza in ogni gesto e la familiarità con la morte permeano la quotidianità di ogni uomo o donna nel “Paese degli Dei”. Il costante derogare all’attaccamento alla vita in favore dell’osservazione degli ideali di lealtà e obbedienza al proprio signore inducono ogni uomo o donna a guardare con estremo distacco la vita, a considerarla effimera come un’alba, né più o meno auspicabile della morte. Un approccio a tutte le cose degli uomini che appare perfino assurdo, disumano. E ancora: una società infinitamente più libera nei confronti del sesso o anche solo del corpo e della nudità ma che non concepisce neanche vagamente l’amore come è stato fondato in Occidente dal Cristianesimo, la cura per il prossimo, per i più deboli, la presenza nel dolore del prossimo. Tanto meno l’amore romantico, pressoché sconosciuto a meno di poche eccezioni, scaturite pure da una comune passione per l’altro tra uomini e donne, ma che comunque è sempre naturalmente assoggettata al volere del proprio feudatario che dispone matrimoni, concubine e pure divorzi. Un aspetto della società orientale a dir poco inconcepibile per noi che pure solo “recentemente” ci siamo affrancati dalla tradizioni dei matrimoni concordati tra famiglie.
Fosse anche solo per questo è un’opera che qualunque occidentale dovrebbe leggere per almeno provare ad affrancarsi dall’idea di appartenere a una civiltà superiore, di essere perfino ontologicamente superiori a qualunque uomo che non sia nato in Europa o Nord America mentre appare così evidente nel romanzo, e il protagonista ne è ben consapevole, che non siamo altro che il prodotto della nostra cultura, di circostanze più o meno favorevoli. E di come ogni cultura rechi in sé delle contraddizioni che se non viviamo come aperti conflitti, finanche laceranti, è solo per niente altro che una consuetudine, un’abitudine a non pensare, a non farci domande per non minare il fragile equilibrio che ci permette, seppure tra tanti marosi, di rimanere a galla nella tempesta della vita.

Voto: 5/5

Modificato da Ian Morgenvelt
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Ce l’ho in lista da dover leggere. A maggior ragione dopo questa recensione. Ho visto la serie che mi è piaciuta molto (fino all’ultima puntata) ma ho aspettative anche superiori per il libro. 

  • 1 mese dopo...
Inviato
Il 10/07/2024 at 19:36, Lord Danarc ha scritto:

Ce l’ho in lista da dover leggere. A maggior ragione dopo questa recensione. Ho visto la serie che mi è piaciuta molto (fino all’ultima puntata) ma ho aspettative anche superiori per il libro. 

Questa serie io l'ho trovata mediocre rispetto al libro perché frettolosamente semplifica, comprime, cambia e trascura tantissime cose. Molto meglio la miniserie televisiva del 1980. Shogun è l'unico romanzo che ho letto più volte nel corso degli anni e sempre con gusto. Persino gli altri romanzi di Clavell come Tai-pan e Gai-jin non li ho trovati ugualmente riusciti.

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12 minuti fa, Mezzanotte ha scritto:

Persino gli altri romanzi di Clavell come Tai-pan e Gai-jin non li ho trovati ugualmente riusciti.

Tai-pan l'ho trovato un pizzico meno filosofico e meno sociologico rispetto a Shogun, ma forse proprio per questo più godibile, comunque entrambi magnifici. Gai-jin è in lista. Nel caso non lo sapessi già, ti faccio presente che dello stesso autore ci sono anche "Il re" e "Noble House".

Inoltre se ti piace il genere ti segnalo anche "Tokyo Station" di Martin Cruz Smith (il cui protagonista è un altro Gai-jin).

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1 ora fa, MadLuke ha scritto:

Tai-pan l'ho trovato un pizzico meno filosofico e meno sociologico rispetto a Shogun, ma forse proprio per questo più godibile, comunque entrambi magnifici. Gai-jin è in lista. Nel caso non lo sapessi già, ti faccio presente che dello stesso autore ci sono anche "Il re" e "Noble House".

Inoltre se ti piace il genere ti segnalo anche "Tokyo Station" di Martin Cruz Smith (il cui protagonista è un altro Gai-jin).

Grazie per le segnalazioni. 

Credo l'effetto che Shogun ha avuto su di me sia legato anche al fatto che quando lo lessi per la prima volta sapevo ben poco della storia e della cultura Giapponese, così mi immedesimai immediatamente nel personaggio di Blackthorn scoprendo quel mondo per certi versi alieno con lui.  

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