Lord Danarc Inviato Lunedì alle 11:19 Segnala Inviato Lunedì alle 11:19 Discussione molto interessante che vorrei approfondire (non troppo visto il semiOT) non con l'obiettivo di convincere qualcuno ma di confrontare le idee. Io trovo corretto e condivisibile quello che dici, ovvero che 16 ore fa, Calabar ha scritto: è una questione relativa al controllo del giocatore sulle azioni del personaggio (il "cosa fare", non il "come farlo"), ma in alcuni casi trovo che non dipenda dal giocatore decidere cosa fare. Sono pochissime ma la paura è una di queste. Posto che è scorretto valutare la questione dal punto di vista del mondo reale, trovo che comunque anche in un sistema fantasy sia importante porre un elemento oggettivo. Con la possibilità di scelta se cedere alla paura, molti non fuggirebbero di fronte ai Nazgul, quando invece coloro che possono non farlo si contano sulle punta delle dita. Quindi questo impatterebbe negativamente sulla storia. D'altro canto riconosco che un PG che fugge per aver tirato male è orribile (l'esempio della L5R di cui sopra). Ma spesso (non nella L5R) il sistema di gioco consente di costruire un PG più forte contro alcuni aspetti tra cui la paura. Laddove non lo fa concordo che sia brutto ma non credo che lasciare al giocatore la scelta se cedere alla paura sia la cosa migliore, pur riconoscendo che lasciare (quasi) tutto al caso non va bene allo stesso modo /semiOT
Calabar Inviato Lunedì alle 16:21 Segnala Inviato Lunedì alle 16:21 @Lord Danarc Capisco bene il dilemma, per questo sono ancora combattuto e ho parlato di "campo minato". Del resto, una cosa difficile come resistere alla paura (o alla tortura, per tornare in tema... credo che le due cose siano strettamente legate) possa essere messa da parte troppo facilmente con semplice un atto di volontà del giocatore che non subisce gli stessi stimoli del proprio personaggio. Però pensaci, questo accade in tantissime altre situazioni. Nell'esempio che ho fatto, allo stesso modo, il giocatore non proverà certo quel sentimento dirompente verso l'amata del suo personaggio, sentimento che potrebbe indurlo a fare scelte estreme. L'unica soluzione che rimane al giocatore è interpretare il proprio personaggio come egli crede che avrebbe reagito in quella situazione. Io credo che in generale sia la cosa corretta da fare anche nel caso della paura o della tortura. L'alternativa è un gioco più costrittivo che impone queste scelte al giocatore. Posso capire che ci siano dei casi estremi dove la paura, quella magica, possa superare la volontà del personaggio. Credo però siano casi estremi, mentre in D&D la paura magica è un effetto di livello medio-basso, e il suo uso ha conseguenze dirette sull'agire del personaggio e sul contesto. Una piccola postilla. Credo che una parte della soluzione sia anche nella capacità del diemme di porre la cosa in certi termini al giocatore. Nel caso della tortura può fare leva sulla paura della morte o di menomazioni permanenti, per esempio. Certo il giocatore non subisce la stessa pressione mentale del personaggio, ma è probabile che, tenendoci al personaggio, scelga di conseguenza. Nel caso delle magie di paura, anziché limitarsi all'azione meccanica dell'incantesimo, può descrivere una situazione illusoria al giocatore. Per esempio potrebbe far apparire una creatura o un nemico che teme e contro cui sa di non avere possibilità. Non è sempre applicabile ma può funzionare in molti casi.
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