Bille Boo Inviata 14 Marzo Segnala Inviata 14 Marzo Cosa vuol dire, davvero, "interpretare un personaggio" in un gioco di ruolo? Come funziona in pratica? In materia ci sono tante idee diverse ma anche un bel po' di confusione. Proviamo a ridurre tutto all'essenziale. Guida all'Interpretazione #1: Bando al Recitazionismo Articolo di Bille Boo del 12 febbraio 2021 Nella parte precedente di questa nuova serie, oltre a fare un po’ di necessaria polemica, ho iniziato ad esplorare la questione dell’interpretazione dei personaggi. Quello di oggi è l’episodio più teorico: che cosa intendo, nel mio D&D, quando dico "interpretare"? Premessa A livello fondamentale, un gioco di ruolo come D&D, ridotto all’osso, funziona così: C’è un mondo immaginario, dove ogni giocatore ha un personaggio. Il Diemme descrive una situazione. Il giocatore decide cosa vuole fare il suo personaggio. In base alle regole si stabilisce se ce la fa. Il Diemme narra le conseguenze e chiede di nuovo di prendere una decisione, e così via. Parti in causa Supponiamo di essere a un tavolo di D&D con un Diemme e quattro giocatori. Concentriamoci sul giocatore di nome Gino. Il suo personaggio è il guerriero Cutie Headcutter (il che ci fa dedurre che sia un po’ bimbominkia, ma non lo giudichiamo). Ora, Gino avrà una sua testa (sembra strano ma anche i giocatori ce l’hanno 😉), dove stanno i suoi pensieri e quello che immagina per conto suo. Poi ci sarà un immaginario condiviso, che è quello che emerge al tavolo di gioco: le cose che avvengono al tavolo durante il gioco, infatti, sono dati di fatto oggettivi a cui ognuno deve “adeguare” la propria immaginazione se vuole continuare a giocare. (In effetti mi hanno giustamente fatto notare che sarebbe più corretto parlare di "spazio immaginato condiviso".) E poi ci sarà la parte meccanica del gioco, vale a dire schede, manuali, dadi, tutto quello che è strutturato per dare degli strumenti e delle regole. Cutie Headcutter esiste in tutte e tre queste aree: nella testa di Gino, ma anche nello spazio immaginario condiviso, e anche nella meccanica (la sua scheda). Solo, in modi diversi. Vediamo come. Come si interpreta: a valle Come abbiamo detto poco fa, in ogni situazione il giocatore deve decidere cosa vuole fare il PG: è questo il suo compito fondamentale nel gioco. Per Cutie Headcutter, quindi, questa decisione avviene nella testa di Gino. Andrà poi comunicata al Diemme e al resto del tavolo, naturalmente. A questo punto, il Diemme potrebbe ricorrere alle meccaniche di gioco per stabilire l’esito di quella decisione. Ho evidenziato “potrebbe” perché non è obbligato: questo passaggio serve solo se l’esito è in qualche modo incerto (vedi tutto il discorso sul flusso di gioco). Non sempre c’è da tirare un dado. Se Gino decide che il suo personaggio apre una porta (che non è chiusa a chiave), sale le scale, o urla “al ladro!”… beh, lo fa e basta. Dopodiché l’azione scelta, con i suoi risultati e le sue conseguenze, prende forma nel mondo di gioco: diventa un avvenimento (un qualcosa che è effettivamente accaduto). In genere è il Diemme che si occupa di descriverlo. Tutti i giocatori al tavolo (non solo Gino) lo ascoltano e ne prendono atto. Fin qui tutto okay, come evidenziato, nell’immagine, dalla faccina sorridente e dal pollice in su di un bel verde brillante. Come si interpreta: a monte Ma come ha fatto Gino ad arrivare a quella decisione per il suo PG? Ci sarà stato un qualche procedimento, nella sua testa, che lo ha portato lì. Ha pensato a qualcosa? Ha immaginato qualcosa? Ci interessa tutto ciò? La risposta è: essenzialmente no, non ci interessa. Come simboleggiato dalla faccina indifferente a lato. Il gioco ha solo bisogno che Gino prenda la decisione per Cutie Headcutter. Non c’è niente che stabilisca o regoli la modalità con cui la prende. Il che è molto saggio da parte degli sviluppatori del gioco, perché tanto non ci sarebbe modo di verificare se quella modalità è stata seguita o no: né gli altri giocatori né il Diemme sanno come pensa Gino; è probabile che non lo sappia del tutto nemmeno Gino. C’è un solo aspetto importante da considerare: per prendere la sua decisione Gino ha diritto a informazioni su cui basarsi. Per la precisione, ha diritto a sapere tutto quello che ragionevolmente dovrebbe sapere Cutie Headcutter. Ha diritto a conoscere la situazione nel mondo di gioco, infatti il Diemme si sarà premurato di descrivergliela. E ha diritto a conoscere le regole del gioco e la meccanica particolare del suo PG; avrà quindi accesso ai manuali e alla scheda. Qualunque sia il procedimento decisionale che avviene nella testa di Gino (ripeto, non possiamo conoscerlo) avrà a disposizione queste informazioni, come mostrato nello schema. Assicurarsene è responsabilità del Diemme, che infatti controlla e sovrintende questo flusso di informazioni, come schematizzato dalle frecce dorate tratteggiate. È importante prendere sul serio questa responsabilità. Se il Diemme ha anche solo il sospetto che qualcosa sia stato frainteso o dimenticato, non inchioderà Gino mani e piedi alla sua decisione disinformata, ma si premurerà di evidenziare l’informazione mancante e chiedere di nuovo. Ad esempio: “Hai solo For 8 e un’armatura pesante, che ti svantaggerebbe molto: sei sicuro di volerti gettare nel fiume?”. Oppure: “Se ti muovi per ingaggiare in mischia il mago nemico provochi attacco di opportunità da parte delle due guardie del corpo, l’hai considerato?”. O ancora: “Hai detto di voler saltare il crepaccio, ma è largo 9 metri, sai bene che a meno di un miracolo non riusciresti mai a farcela”. Su questa cosa, magari, torneremo in futuro. L’indifferente mondo delle idee private C’è un concetto che viene spesso assunto come scontato quando si gioca di ruolo, specialmente oggigiorno (la "Vecchia Scuola" era meno sensibile alla questione), ed è che l’interpretazione di un personaggio richieda di immaginarselo, a priori, come figura / persona diversa da sé. Secondo questo approccio, Gino si è già costruito nella sua testa un’idea di Cutie Headcutter (la sua storia, la sua personalità, i suoi sentimenti eccetera). E prenderà la sua decisione basandosi su quell’idea, immedesimandosi in quel personaggio (oltre a tenere conto delle informazioni a disposizione come spiegato sopra, ovviamente). Fare questo è sbagliato? No, non è sbagliato. Fare questo è necessario? No, non è necessario. (Anche se lo fosse, non vi sarebbe modo di verificare se è avvenuto.) Quindi la cosa ci è indifferente, come indica la faccina nell’immagine. So che qualcuno di voi sarà tentato di pensare cose come “se Gino non fa così, sbaglia” oppure “se Gino vuole davvero giocare di ruolo deve fare questo“. Resistete a questa tentazione: Gino può usare qualunque procedimento per giungere alla sua decisione. Se questo procedimento coinvolge un’identità immaginaria precostruita, perché si trova bene così, buon per lui, ma sono affari suoi. Il velenoso mondo delle idee condivise Ora veniamo ai problemi. Come sapete, il mio approccio in queste faccende è strettamente pragmatico, quindi quando dico che qualcosa è sbagliato è perché non funziona, o funziona male, lasciando da parte (per carità!) i giudizi morali. Ecco, quindi, alcuni concetti che ritengo potenzialmente non funzionali per il gioco di ruolo e in particolare per D&D. Il primo concetto nocivo è che l’identità del personaggio sia qualcosa di oggettivo che è in qualche modo al di fuori della testa di Gino: qualcosa che è noto a tutto il tavolo, e che appartiene all’immaginario condiviso della giocata. Spesso ci si pone in questa situazione involontariamente, condividendo la backstory dei propri PG e “raccontandoseli” a vicenda prima del gioco. Male, molto male, come indicato dal diavoletto e dal pollice in giù. È l’anticamera di un sacco di brutte cose: giudizi su se Gino stia interpretando bene o no, obiezioni alle decisioni di Gino e relative discussioni, e altro ancora. E c’è un concetto ancora peggiore: quello che il Diemme debba in qualche modo regolare, sovrintendere, assicurare che le decisioni di Gino siano effettivamente coerenti con l’idea astratta del personaggio. A cosa serve, se non a rimproveri del tipo “No, il tuo personaggio non farebbe questo” (che è pressappoco la cosa peggiore che un Diemme possa dire a un giocatore)? Lo voglio affermare con forza: il principio dell’idea di personaggio condivisa, e/o che l’interpretazione di un giocatore sia tanto migliore quanto più è aderente a un’idea di personaggio preesistente, è inutile (quando va bene) o foriero di guai (quando va male). Abbandoniamolo. Nell’immaginario condiviso, Cutie Headcutter è ciò che Cutie Headcutter effettivamente dice e fa. Niente di più, niente di meno. Sulla base di questo, ognuno (il Diemme, gli altri giocatori, perfino Gino stesso) è libero di farsi una propria idea dell’identità di Cutie Headcutter, di chi lui sia veramente. Ma è un’idea che discende dai fatti, e che potrà sempre cambiare in futuro se i fatti cambiassero. Esattamente come avviene per le persone reali: non si può mai dire di conoscere del tutto una persona, non si può mai dire di conoscere del tutto un PG. Conclusione Abbiamo visto in cosa consiste, nella sua essenza, l'interpretazione di un PG: nel prendere decisioni per lui, sulla base di informazioni legate al gioco, a prescindere dal procedimento mentale con cui si arriva a tali decisioni, e a prescindere dall’esistenza o meno di un’identità immaginata a priori per quel PG. Se vi siete riconosciuti in qualcuno degli approcci che ritengo problematici, vi invito a fare l’esperimento di giocare senza. Vi assicuro che la qualità del vostro gioco, e la profondità delle vostre storie, non ne risentirà per niente. Anzi, potrebbe migliorare. Se smettete di preoccuparvi del meccanismo che porta i giocatori (voi e gli altri) alle decisioni, e vi limitate a prenderne atto e a vivere la storia che spontaneamente ne deriva, sarete molto più liberi di apprezzare la giocata. Provare per credere! Però… Una tipica obiezione che mi viene fatta a questo punto è: ma così non vengono fuori solo personaggi piatti, stereotipati, senza personalità? Oppure, personaggi del tutto incoerenti? La risposta è: no, decisamente no. E lo vedremo per bene nella parte successiva di questa guida. Link all'articolo originale: https://dietroschermo.wordpress.com/2021/02/12/psicosofia-del-ruolare-guida-allinterpretazione-episodio-2/ Visualizza articolo completo 2
Percio Inviato 14 Marzo Segnala Inviato 14 Marzo Articolo molto interessante, grazie. Condivido in particolare questo passaggio: 3 ore fa, Bille Boo ha scritto: C’è un concetto che viene spesso assunto come scontato quando si gioca di ruolo, specialmente oggigiorno (la "Vecchia Scuola" era meno sensibile alla questione), ed è che l’interpretazione di un personaggio richieda di immaginarselo, a priori, come figura / persona diversa da sé. Secondo questo approccio, Gino si è già costruito nella sua testa un’idea di Cutie Headcutter (la sua storia, la sua personalità, i suoi sentimenti eccetera). E prenderà la sua decisione basandosi su quell’idea, immedesimandosi in quel personaggio (oltre a tenere conto delle informazioni a disposizione come spiegato sopra, ovviamente). Fare questo è sbagliato? No, non è sbagliato. Fare questo è necessario? No, non è necessario Io stesso ho provato entrambe le soluzioni e mi sono divertito in entrambi i casi. C'è però un problema, eliminato nelle ultime edizioni ma comunque presente nelle vecchie: l'allineamento. Se devi comportarti da legale per poter maneggiare una spada magica o per mantenere i poteri da paladino occorre una concezione condivisa al tavolo dell'allineamento, o almeno ricordare al giocatore che se vuole continuare ad avere i vantaggi meccanici legati all'allineamento in quell'occasione non dovrebbe fare X o Y (un po' come il giocatore che vuole saltare il crepaccio troppo largo) 1
Casa Inviato 14 Marzo Segnala Inviato 14 Marzo 6 ore fa, Bille Boo ha scritto: e a prescindere dall’esistenza o meno di un’identità immaginata a priori per quel PG. questo è discutibile nel senso che ci sono regole che vincolano ad una certa coerenza, tipo i giuramenti del paladino. ogni giocatore è libero di ignorare i giuramenti senza seguire nessun "vincolo precostituito" ma non avrebbe senso perdere tempo a buildare un paladino per giocare un guerriero. se ci fosse una regola che impone ai maghi di studiare 2 ore al giorno e il giocatore se ne frega infilando il PG in un bar appena possibile, non avrebbe senso creare un mago che alla prima sessione perde i poteri. Puoi "ammucchiare" tutti questi vincoli negli "input decisionali" ma se sono input sempre presenti che non dipendono dalla particolare situazione di fatto sono una identità precostituita. poi sei libero di seguire l'identità immaginata o meno ma in ogni caso anche da parte del DM, che in teoria deve solo valutare se le tue azioni rispecchiano i dettami, se lo deve fare continuamente di fatto sta valutando se il comportamento del pg è inerente all'idea di paladino che segue i dettami. il dm è "autorizzato" a chiedersi se l'azione fatta rispetta i dettami che il paladino come personaggio si è imposto di rispettare e agire di conseguenza. ma l'idea del giuramento del DM è la stessa del giocatore? bel problema se non lo fosse. Ed è proprio per questo che la tesi proposta è la "migliore", ovvero nessuna aspettativa dal PG non gestito da me ma valutarne solo le azioni e reagire a quelle.
Pippomaster92 Inviato 14 Marzo Segnala Inviato 14 Marzo Comunque per esperienza direi che il più delle volte quando il DM "chiede conto" dell'azione di un personaggio non è tanto per un suo preconcetto, ma perché vuole essere sicuro che il giocatore comprenda le ripercussioni delle sue azioni. A me va bene che il tuo paladino (per fare l'esempio più chiaro e ovvio) vada in giro ad ammazzare innocenti. Ti chiedo però ovviamente perché lo sta facendo, e se sei sicuro che sia quello che vuoi che faccia e non sia solo perché in quel momento sei annoiato/distratto/frustrato. Può sembrare paternalista, scritto così, ma in realtà è solo meglio prevenire che curare. 2
Percio Inviato 14 Marzo Segnala Inviato 14 Marzo 4 minuti fa, Pippomaster92 ha scritto: A me va bene che il tuo paladino (per fare l'esempio più chiaro e ovvio) vada in giro ad ammazzare innocenti Dipende da come ci si accorda al tavolo. Se ci si accorda prima che i paladini non possano ammazzare innocenti non puoi essere un paladino e ammazzare gente casuale. Se ci si accorda diversamente ovviamente tutto è possibile
Bille Boo Inviato 14 Marzo Autore Segnala Inviato 14 Marzo 5 hours ago, Percio said: C'è però un problema, eliminato nelle ultime edizioni ma comunque presente nelle vecchie: l'allineamento. L'allineamento, quando ha effetto meccanico, è una meccanica di gioco a tutti gli effetti. Secondo me funziona quando è descrittivo, non prescrittivo (cioè: hai fatto la tal cosa ergo sei caotico; e non: sei legale ergo non puoi fare la tal cosa), quindi rimane in linea con quanto detto. Ma sicuramente per usarlo occorrono definizioni condivise, chiare a tutti, e molto migliori di quelle che si trovano tipicamente sui manuali: hai del tutto ragione su questo. 1 hour ago, Casa said: se ci fosse una regola che impone ai maghi di studiare 2 ore al giorno e il giocatore se ne frega Questa è una meccanica di gioco: è rispetto delle regole, non c'entra con l'immaginare una personalità predefinita diversa dalla propria. Se il giocatore se ne frega succederanno le conseguenze previste dalle regole, esattamente come se decide di tuffarsi in un lago di lava. E, in entrambi i casi, il DM fa assolutamente bene a chiedere: "sei sicuro? lo sai che le conseguenze saranno queste, vero?" (come diceva anche @Pippomaster92). Ma non decidere di tuffarsi nel lago di lava perché consapevoli delle conseguenze è un normale comportamento da gioco da tavolo: non richiede di immaginare una personalità o identità diversa dalla propria. Per le 2 ore di studio al giorno, e per gli altri esempi che hai fatto, vale lo stesso discorso. Studierai 2 ore al giorno perché le regole ti dicono di farlo (o meglio, per evitare le conseguenze previste dalle regole se non lo fai), ergo ne nascerà probabilmente (a posteriori) un PG studioso che non se la spassa in taverna. La personalità / identità del PG è un risultato, non un requisito. 1
Pippomaster92 Inviato 14 Marzo Segnala Inviato 14 Marzo 1 ora fa, Percio ha scritto: Dipende da come ci si accorda al tavolo. Se ci si accorda prima che i paladini non possano ammazzare innocenti non puoi essere un paladino e ammazzare gente casuale. Se ci si accorda diversamente ovviamente tutto è possibile Misunderstanding. Va da sé che se il regolamento che stiamo usando dice "il paladino che ammazza gente a caso perde i poteri" il pg perde il poteri. Sto dicendo che se il giocatore vuole farlo glielo faccio ovviamente fare. POI perde i poteri. Io prima che questo accada vado di "sei sicuro?" e cerco di capire se sta agendo con cognizione di causa o per qualche altro motivo. Non è un modo per controllare il personaggio di un altro giocatore, ma per capire se il giocatore stesso sta agendo deliberatamente oppure no. Poi ci sta anche che il tavolo abbia a volte un momento di discussione su un personaggio e la sua interpretazione. L'importante è che sia un momento di chiarimento, non di giudizio. Un PG che fa sempre le cose disonorevoli e truci che un giorno fa un'azione estremamente onorevole può scatenare un attimo di apprensione al tavolo (sta male? ha battuto la testa il giocatore? si è confuso con il gruppo di gioco e pensa di giocare a L5R?) e magari il giocatore ti può rispondere di farti gli affari tuoi che il personaggio è il suo, oppure parte un attimo di confronto su una cosa che lui ritiene importante sul suo personaggio, e che fino a quel momento non era saltata fuori. Entrambe le reazioni sono lecite. 2 1
Faelion Inviato 14 Marzo Segnala Inviato 14 Marzo Sono d'accordo quasi su tutta la linea. Il quasi è dovuto al fatto che, se si gioca insieme per molto tempo in avventure o campagne lunghe, ritengo impossibile tenere fuori dal tavolo la propria interpretazione del personaggio, anche se non c'è stata una "presentazione" antecedente e non si è mai condiviso nulla in merito. Il personaggio assumerà la personalità che il giocatore gli plasmerà addosso sessione dopo sessione, e questa diventerà parte di esso e familiare anche agli altri giocatori; se a un certo punto il Gino di turno cambiasse completamente approccio, ritengo normale che gli altri al tavolo glielo facciano notare. Porterà a discussioni? Probabilmente sì, ma non puoi evitarlo, e ritengo che sia anche giusto così. Il personaggio in fondo non è solo di Gino, ma è un po' anche dei suoi compagni, perché è parte del gioco e della storia, e se a un certo punto questo comincia a comportarsi in modo totalmente diverso dal solito, magari perché Gino si è stufato di usarlo, e così facendo crea scompiglio in tutte le dinamiche di gruppo, è giusto che si discuta insieme della cosa. In una situazione così è più che legittimo a mio avviso che qualcuno (il Master in primis) alzi l'obiezione "il tuo personaggio non farebbe questo", perché se lo fa senza una motivazione plausibile nella storia, allora c'è un problema che va risolto prima che peggiori.
Percio Inviato 14 Marzo Segnala Inviato 14 Marzo 1 ora fa, Bille Boo ha scritto: Secondo me funziona quando è descrittivo, non prescrittivo (cioè: hai fatto la tal cosa ergo sei caotico; e non: sei legale ergo non puoi fare la tal cosa), quindi rimane in linea con quanto detto. Ma sicuramente per usarlo occorrono definizioni condivise, chiare a tutti, e molto migliori di quelle che si trovano tipicamente sui manuali Vero. Ma se è una meccanica è prescrittivo; l'essenza precede l'esistenza (vuoi essere legale per poter avere i vantaggi del paladino quindi ti devi comportare in questo modo). Ed essere legale deve comportare qualcosa, siano azioni in positivo (aiutare gli innocenti), divieti (non uccidere) o entrambi. Che è l'atteggiamento precedente la 5e.
Bille Boo Inviato 14 Marzo Autore Segnala Inviato 14 Marzo (modificato) 3 hours ago, Percio said: Ma se è una meccanica è prescrittivo; l'essenza precede l'esistenza (vuoi essere legale per poter avere i vantaggi del paladino quindi ti devi comportare in questo modo). Forse non mi sono espresso chiaramente. "Per potere avere i vantaggi del paladino devi comportarti in questo modo" non è quello che intendevo con meccanica prescrittiva (anche se ovviamente contiene una prescrizione). Io parlavo di definizione prescrittiva/descrittiva dell'allineamento. Spoiler In breve, definizione descrittiva = "sai che per essere paladino devi essere legale; per essere legale devi comportarti in quel modo; ergo, tecnicamente puoi non comportarti in quel modo, ma se non ti comporti in quel modo non sei più paladino". Definizione prescrittiva = "sai che per essere paladino devi essere legale; per essere legale devi comportarti in quel modo; ergo, è un fatto inamovibile che in ogni situazione ti comporterai in quel modo; devi comportarti in quel modo; se non lo fai, non stai interpretando correttamente il personaggio e quindi il DM ti corregge e ne prende il controllo al tuo posto contraddicendo la tua decisione". Perché è di questo che parla l'articolo, interpretazione "corretta" del personaggio. In altre parole: l'allineamento come meccanica descrittiva è una regola che ti dice "se non ti comporti in un certo modo succedono certe cose"; come meccanica prescrittiva è una regola che ti dice "se non ti comporti in un certo modo hai infranto le regole" [non il codice del paladino, proprio le regole del gioco; come se avessi barato coi dadi o usato il d8 al posto del d20 per il tiro per colpire; come se avessi dichiarato che il tuo umano vola, senza che abbia nessuna capacità per volare]. Minuzie, comunque, ci siamo intesi. 4 hours ago, Faelion said: Il quasi è dovuto al fatto che, se si gioca insieme per molto tempo in avventure o campagne lunghe, ritengo impossibile tenere fuori dal tavolo la propria interpretazione del personaggio, anche se non c'è stata una "presentazione" antecedente e non si è mai condiviso nulla in merito. Il personaggio assumerà la personalità che il giocatore gli plasmerà addosso sessione dopo sessione, e questa diventerà parte di esso e familiare anche agli altri giocatori; se a un certo punto il Gino di turno cambiasse completamente approccio, ritengo normale che gli altri al tavolo glielo facciano notare. Ti è mai successa di persona questa situazione? Se sì, mi faresti un esempio? (Nota - Escluderei il caso in cui il giocatore "si è stufato" di usare il personaggio: in quel caso certo che bisogna fermare il gioco e parlarne, ma del fatto che un giocatore si sia stufato, è quello il problema; sarebbe uguale anche se qualcuno si fosse stufato, che so, dell'ambientazione o del luogo in cui si svolgono le sessioni; non è una questione di roleplay ma di rispetto reciproco. - Mi interesserebbe invece un esempio in cui il giocatore non si è stufato, e non ci sono problematiche sociali o personali di nessun tipo, semplicemente lui vuole che il personaggio faccia una cosa, e gli altri ci vedono un cambiamento di approccio e glielo fanno notare.) Modificato 14 Marzo da Bille Boo 1
Casa Inviato 15 Marzo Segnala Inviato 15 Marzo 8 ore fa, Bille Boo ha scritto: Questa è una meccanica di gioco: è rispetto delle regole, non c'entra con l'immaginare una personalità Quello che volevo dire è che in teoria non c'entra, ma in pratica aderire ad una meccanica coincide con l'immaginarsi a priori un qualcosa. Quando scelgo di fare un guerriero mi immagino di voler risolvere i problemi principalmente con la spada o la forza (estendiamo il discorso non solo alla personalità ma in generale all'idea di personaggio che vorrei giocare), per fare questo, ad esempio, metterò valori alti a certe caratteristiche e basse ad altre assecondando le meccaniche di gioco. E quando dovrò superare gli ostacoli, l'entrare in mischia per spaccare teste coincide sia con la meccanica che con l'idea di personaggio che mi ero precostituito. se buildo un mago "puro" e lo lancio in mischia spada in mano ad ogni scontro, pur essendo liberissimo di farlo, tutto il tavolo si accorge che c'è qualcosa che non va. Ma questo non succederà mai (se non in casi estemporanei) proprio perché meccanica e "preconcetto", sulle questioni ricorrenti, di fatto coincidono.
Faelion Inviato 15 Marzo Segnala Inviato 15 Marzo 12 ore fa, Bille Boo ha scritto: Ti è mai successa di persona questa situazione? Se sì, mi faresti un esempio? (Nota - Escluderei il caso in cui il giocatore "si è stufato" di usare il personaggio: in quel caso certo che bisogna fermare il gioco e parlarne, ma del fatto che un giocatore si sia stufato, è quello il problema; sarebbe uguale anche se qualcuno si fosse stufato, che so, dell'ambientazione o del luogo in cui si svolgono le sessioni; non è una questione di roleplay ma di rispetto reciproco. - Mi interesserebbe invece un esempio in cui il giocatore non si è stufato, e non ci sono problematiche sociali o personali di nessun tipo, semplicemente lui vuole che il personaggio faccia una cosa, e gli altri ci vedono un cambiamento di approccio e glielo fanno notare.) Premessa: non ho mai detto che è frequente, ma che può succedere. Personalmente ho, nel mio gruppo di amici storici, sia l'esempio di quello che si stufa (in genere i suoi pg diventano apatici, non fanno mai troppo "danni" alla storia, e poi chiede di cambiarli), sia quello che una sera si ricorda che il suo personaggio è caotico (quando prima di allora non lo ha mai giocato tale, e a tutti andava bene così) e inizia a fare cose a caso. Lo conosciamo, lo si insulta un po', ci si fanno due risate, e si continua. (farti un esempio specifico è difficile, di recente non ho giocato spesso con loro, ma ho ben chiare le discussioni nate per azioni "sconsiderate" come derubare qualcuno o stuzzicare inutilmente mostri). Sono d'accordo che nel caso di un giocatore che si è stufato, il problema è insito nel perché si è stufato, e non nel come lo manifesta. Ma se esterna il suo malessere nell'interpretazione, invece che parlandone con il gruppo, allora - per gli altri - diventa prima un problema di interpretazione.
Bille Boo Inviato 15 Marzo Autore Segnala Inviato 15 Marzo @Casa penso che siamo d'accordo: fintanto che segui le meccaniche di gioco e quelle in modo "naturale" ti portano a immaginare certe cose, va tutto bene, è il gioco che sta funzionando. Il mio punto non è che non bisogna mai immaginare niente, nemmeno quando ci viene spontaneo o quando il gioco lo richiede. Il mio punto è che "ruolare" consiste, appunto, in questo, nel seguire (anche con l'immaginazione) il funzionamento del gioco. Quello che critico è il pensiero che sia essenziale, per ruolare, formarsi a priori un'idea completa del personaggio, anche per cose che il funzionamento del gioco non richiede (l'esempio tipico è chi si scrive paginate di backstory drammatica), e meno fai questo meno stai "ruolando davvero". Se con il tuo guerriero, un bel giorno, non vai in mischia per spaccare teste ma provi, che so, a dialogare pur avendo Carisma 8, perché in quel momento ti pare una buona idea, magari stai sbagliando tattica, ma non è che non stai ruolando o stai ruolando male. Tutto qui. @Faelion gli esempi non mi chiariscono molto le idee, comunque ho il sospetto che l'azione "sconsiderata" susciti discussioni proprio perché è, appunto, "sconsiderata", cioè rischia di mettere il gruppo nei guai; mi sembra una cosa che prescinde dall'interpretazione. Personalmente, troverei giusto discutere (in modo rispettoso e amichevole) un'azione "sconsiderata" sia se la ritenessi pienamente "in linea" con l'idea che mi ero fatto del personaggio, sia se non fosse così. Voglio dire che non hai torto ma ho il sospetto che stiamo parlando di cose diverse. L'articolo, ridotto brutalmente all'osso, parla del pregiudizio che esista un "vero ruolare" basato sull'attenersi a una "parte" preesistente e predefinita. Non è che penso che sia sbagliato dire a un altro giocatore (amichevolmente) che sta facendo una cavolata. Penso che non sia corretto, e non sia utile, declinarla come "non stai interpretando correttamente la tua parte". 2
Faelion Inviato 15 Marzo Segnala Inviato 15 Marzo @Bille Boo ho compreso benissimo il senso del tuo articolo, e mi trovo d'accordo per la gran parte di esso. Quello che sto dicendo io è che possano esistere (rare) situazioni in cui la cavolata da sottolineare è una scorrettezza interpretativa, anche se non c'è nessuna idea di personaggio condiviso al tavolo; e in queste situazioni non è un male assoluto se il Master lo sottolinea. Il caso più eclatante è il già citato paladino, che però è anche regolamentato. Ma vale per qualunque altro personaggio: se fino a ieri ho interpretato il mio ladro elfo come un introverso professionista del borseggio e improvvisamente in una sessione mi metto a urlare in una locanda e sfidare il più grosso mercenario che vedo, mi pare naturale che qualcuno mi chieda "sicuro che il tuo personaggio lo farebbe?" al di là del rischio che posso far correre al gruppo. Oh, poi magari nessuno lo chiede, e siam tutti felici uguale. Ma se qualcuno obietta, non è la fine del mondo o del gioco…
Bille Boo Inviato 17 Marzo Autore Segnala Inviato 17 Marzo @Faelion certo che fare una domanda non è la fine del mondo o del gioco, nessuno ha detto che lo sia. Però, ti posso chiedere una cosa? Se alla domanda "sei sicuro che il tuo personaggio lo farebbe?" quello risponde "sì", che succede? Perché io mica ho mai contestato il fare la domanda, eh. Quella che io contestavo era una affermazione: "il tuo personaggio non farebbe così"; tradotto: a meno che non lo giustifichi in modo convincente per il DM, non puoi farlo, punto. Allora sì che finisce il gioco (a meno che uno dei due non ceda - e non credo che debba essere il giocatore a cedere). Che ne pensi? 1
Casa Inviato 18 Marzo Segnala Inviato 18 Marzo Il 15/03/2025 alle 11:37, Bille Boo ha scritto: Quello che critico è il pensiero che sia essenziale, per ruolare, formarsi a priori un'idea completa del personaggio, 17 ore fa, Bille Boo ha scritto: Quella che io contestavo era una affermazione: "il tuo personaggio non farebbe così"; tradotto: a meno che non lo giustifichi in modo convincente per il DM, non puoi farlo, punto. Allora sì che finisce il gioco c'è un altro "problema" non trattato riguardo l'idea del personaggio. nella seconda citazione, il problema lo vedi quando è il DM o il tavolo che si fa un'idea del PG di un giocatore (che magari ha un'idea o non ne ha affatto) e le di lui azioni non collimano con ciò che si aspetterebbe il tavolo. c'è anche il caso in cui il giocatore si fa una idea ben precisa di pg e che può benissimo coincidere con quella del tavolo ma al grido de "il mio pg farebbe così!" commette nefandezze di tutti i tipi rovinando le giocate a tutto il tavolo. in questo caso non c'è problema di coerenza tra azioni pg e idea di pg, ma è l'idea stessa di pg (quella particolare idea) ad essere un problema.
Bille Boo Inviato 18 Marzo Autore Segnala Inviato 18 Marzo @Casa sì, concordo: il famoso "è quello che farebbe il mio PG" usato come giustificazione per dare fastidio alle persone (le persone vere con cui si gioca) è un grande classico tra le disfunzionalità. Non ho voluto usarlo come argomentazione perché mi sembrava troppo scontata. Ma è un'altra dimostrazione del fatto che alla fine è sempre il giocatore a prendere le decisioni e ad essere responsabile delle decisioni che prende: il personaggio come identità astratta ed autonoma, a priori, non esiste. Conviene vedere il gioco come giocatori (persone vere) che prendono decisioni su una situazione immaginaria. 1
Faelion Inviato 18 Marzo Segnala Inviato 18 Marzo 19 ore fa, Bille Boo ha scritto: @Faelion certo che fare una domanda non è la fine del mondo o del gioco, nessuno ha detto che lo sia. Però, ti posso chiedere una cosa? Se alla domanda "sei sicuro che il tuo personaggio lo farebbe?" quello risponde "sì", che succede? Perché io mica ho mai contestato il fare la domanda, eh. Quella che io contestavo era una affermazione: "il tuo personaggio non farebbe così"; tradotto: a meno che non lo giustifichi in modo convincente per il DM, non puoi farlo, punto. Allora sì che finisce il gioco (a meno che uno dei due non ceda - e non credo che debba essere il giocatore a cedere). Che ne pensi? Io parto sempre dal presupposto che al tavolo ci siano persone civili e aperte al confronto (presupposto non sempre vero, lo so bene). Che siano tutti aperti al confronto, Master e Giocatori. Se la risposta è "Sì" e il giocatore ha una motivazione valida, si prosegue e sono tutti felici. Se la risposta è "Sì" ma il Master dimostra le ragioni della sua perplessità e convince il Giocatore a cambiare approccio, si prosegue e sono tutti felici. Se la risposta è "Sì" e si finisce per litigare perché ognuno si arrocca sulle proprie posizioni, allora c'è un problema. Ma il problema molto probabilmente c'era già, e non è di interpretazione. 1
Bille Boo Inviato 18 Marzo Autore Segnala Inviato 18 Marzo (modificato) @Faelion ovviamente se si finisce per litigare e non si riesce a instaurare un dialogo costruttivo c'è un problema sociale al di là del gioco, su questo sono d'accordo con te. E, altrettanto ovviamente, se uno dei due convince l'altro il problema è risolto, e fine. Ma mettiamo che il dialogo costruttivo ci sia, pacato, senza litigi. E ci sia semplicemente un'onesta divergenza di vedute sulla questione specifica (quel personaggio farebbe quella cosa o no?). Opinioni diverse in buona fede. Ma nessuno dei due riesce a convincere l'altro. Che si fa? Secondo me (è la mia personale convinzione) l'ultima parola spetta al giocatore, e si va avanti. Se invece pensiamo che non si può andare avanti a meno che uno dei due non convinca l'altro, e quindi convincersi a vicenda è un requisito irrinunciabile per poter proseguire il gioco... beh, non sono d'accordo, e mi sembra poco funzionale. Edit: Spoiler (Anche perché, intendiamoci, quando decidiamo che il nostro PG vuole fare una certa cosa, il vero motivo, il vero perché, è che ci sembra interessante - a noi, giocatore - che la faccia; non è obbligatorio che prendiamo questa decisione tenendo conto di "quello che il personaggio farebbe", non tutti lo fanno, va benissimo non farlo e il gioco funziona lo stesso; è questo alla fine il punto dell'articolo.) Modificato 18 Marzo da Bille Boo 1
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