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Draghi d'inchiostro – Dicembre: Natale


Samirah

Messaggio consigliato

Per non essere da meno alla più classica delle tradizioni, il tema di dicembre non poteva che essere il Natale! Di novelle dedicate al Natale ce ne sono di tutti i tipi, più o meno famose e radicate nell'immaginario comune.

Quello che vi chiediamo è di rielaborare il tema del Natale, seguendo due possibili vie.

La prima è quella di trasporre la tematica della natività in un mondo prettamente fantasy o comunque non reale, potendo spaziare dai più conosciuti Forgotten Realms a un mondo interamente inventato da voi. La cosa importante è che sia presente l'elemento fantastico e che abbia a che fare con un avvenimento simile al nostro Natale. Può quindi essere la narrazione della nascita di una divinità, della leggenda riguardo a un simile evento o la descrizione di una particolare festività legata ad essa.

Il secondo modo che avete per reinterpretare il tema del Natale è invece quello di partire dalla festività reale, il Natale del nostro mondo, e aggiungere ad essa elementi fantastici. La classica novella natalizia, insomma.

Ovviamente confidiamo nel vostro buon senso, per quanto riguarda l'aspetto religioso.

Ancora una volta, vi auguriamo un buon lavoro!

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  • 2 settimane dopo...

Lo anticipano sempre!... O sarà forse solo una mia impressione che ogni anno il periodo natalizio venga subdolamente anticipato di qualche giorno?... No! E’ constatazione precisa... Io annoto!... Io annoto tutti gli avvenimenti che mi sembra vadano sullo storto così che oramai ho collezionato tanti di quei cahiers de doléances da aver messo insieme una biblioteca... da non poterci più stare dietro.

Lo scorso anno, ricordo e controllo, si era cominciato a crearne l’atmosfera, del Natale, a partire da fine november Quest’anno è anticipato alla metà di november. In pochi giorni sono già montate nelle strade dello shopping le luminarie a luci intermittenti. Qualche negozio addirittura non le ha mai smontate, le sue luminarie Le ha solo spolverate e tac! Push button! E vualà! La festa luminosa è già iniziata.

Nei supermarket i panettoni dal primo di november, e hanno già ammazzato il meraviglioso gigantesco albero, trenta metri di abete, da regalare al papa... Lo hanno caricato su un treno... almeno dieci vagoni... Da trasportare poi lungo le strade di Roma come il sommergibile Toti tra ali di folla plaudente e da issare in piazza S. Pietro come l’obelisco:

“ACQUA ALLE FUNI!!!”. Il solito spiritoso.

“Chi si è permesso?”.

Dissacrante miscredente! Come ti permetti di creare imbarazzo in una occasione così solenne? Saresti da appendere al ramo più alto!

PerdonoPerdonoPerdonoooo!...

Ma sì, è Natale!

Questa anticipazione ha però anche il suo lato confortante E’ quasi un invito ad archiviare in anticipo questo stupido anno che sta per andarsene.

Anno da dimenticare!

E per il prossimo?...

Fortuna, scaramanzia, propositi... e soprattutto oblio.

Non è divertente la memoria. E’ fuori luogo! Non diverte e non inchioda, la memoria. Si continua a guardare al cumulo di rovine del passato che ci sono davanti, mentre un vento impetuoso ci spinge irresistibilmente nel futuro a cui però volgiamo le spalle... Meglio chiuderli del tutto, gli occhi!

La vita non può essere memorabile Tutto si confonde C'è troppa gente chiassosa... troppo rumore.

Sì, la smetterò di annotare. A che serve? Le cose inesorabilmente capitano. Anche le più atroci continueranno ad accadere in qualsiasi momento.

Smemorarsi, è la scelta! Non ricordare nemmeno la metà delle cose che abbiamo visto e fatto in questo ultimo stupido anno e prendersi in premio uno spensierato altro Natale in compagnia di gente adeguata, decisa ad affermare se stessi... ad ogni costo e senza pudore.

“Lei perdona?”

“Io perdono! Sì!”

E la vita continua a scorrerci accanto con boati, stridor di denti, zaffate di fumo, brividi di terrore... Tutto da perdonare... dimenticare.

Eppure... eppure... Nonostante che a pensarci bene questa del Natale consumistico sia l’ultima cosa di cui dovrei sentire il bisogno... Eppure, dicevo, anch’io con la massa vado a riempire in festa le strade Fischiettando e sfregandomi le mani in modo incoraggiante!

Acquisti e pacchi sotto un albero che comunque, crisi o non crisi, viene addobbato in ogni casa!... Albero di plastica? Meglio un albero vivo da far poi morire lentamente... costa un po’ di più ma è più chic!... E poi il profumo...

E arriva il babbo natale in carne ed ossa, anche. E non fa più paura ai bambini che hanno perso il senso del mistero, del magico... Manco più le fiabe!... E gli tirano la barba finta e gli tolgono il cappello a ‘sto babbo natale, i bambini, e sotto il vecchio ex barbuto ci trovano un giovane in affitto... un morto di fame da schifo, che comunque non guasta la festa.

Hanno solo fretta, i bambini, di avere in regalo il telefonino con cui fotografare e filmare porno da immettere magari in rete...

Gesù!... alla loro età!

Sì, l'unica cosa che non ci dovrebbe servire, è un altro Natale così!

Mi dicono che fino a prima della guerra l’albero non usava. Niente regali, solo la strenna da conservare nel salvadanaio... E c’era il Presepe.

Cosa sono la strenna e il Presepe?

Io lo so!

Ero bambino e c’era uno zio che ancora lo costruiva, il presepe. Un paesaggio perfetto fatto di cemento e terra, ed era grande che occupava una intera stanza e vi scorreva un fiume davanti alla grotta con acqua vera. Sovrastato da una enorme cupola curva di compensato di colore blu notte e traforata alle stelle così come si erano trovate quella notte... proprio il cielo di quella magica notte! E lo visitavano in tanti del paese, in silenzio rispettoso e si segnavano anche.

Fuori c’era quasi sempre la neve.

Betlemme!

“Consolati Maria del tuo peregrinare, ecco Betlemme ornata di trofei”... E in sovrappiù anche quest’anno ci troverai jeep carri armati bulldozer... disperati e kamikaze... Morte!

Ma... dobbiamo farlo nascere proprio qui?

E dove se no? Che sono fuori moda i Presepi. Materiale da musei, ormai.

E anche quelli come me, quelli che ricordano i presepi, siamo da musei!... da baracconi di luna park, noi! Che ormai ci sembra di vivere all’interno di una barzelletta macabra, una freddura da far gelare il sangue nelle vene.

E poi ho gironzolato anch’io Masochisticamente!... Schifato nel chiasso! E ogni suono, ogni parola captata mi ponevano enigmi da risolvere.

E’ possibile fuggire da tutto questo? Da questo concreto mondo dei soldi, per rientrare nel mondo... di che?... Del mito, della magia?... Ma come ci si arriva? Ho smarrito per sempre la strada... non trovo un varco per uscire dal branco. Impossibile! Mi sento obbligato a mostrarmi entusiasta pur avendo esaurito la scorta di bluff, e quasi mi vergogno alle battute più dissacranti che ancora mi vengono in mente.

Fingo!

Debbo fingere! Indossare una maschera perenne ché non ci si può nascondere ai soldi, a queste facce cattive mosse dai soldi, a questa marea carica di borse a cui i soldi suggeriscono le str****te che dicono.

A volte penso che io debbo essere il prodotto di un qualche shock... Forse l’emigrazione interna.

O... forse siamo tutti invalidi e bisognosi di una nuova dimensione?

Il fatto è però che si è per lo più inconsapevoli... portati nella corrente... tossicodipendenti impossibilitati a tirarsi fuori dalla m**da anche volendolo...

Sono inquieto!

Uno schizogramma!!

Le strade illuminate si sono fatte deserte.

Vento gelido di tramontana con nevischio.

“Vu cumprà?”

Vende accendini e si riscalda le mani alla loro fiamma.

Esaurito il carburante di un accendino

lo ha lasciato cadere dalle dita intirizzite,

novello fiammiferaio nel nevischio di una sera di Natale.

Cinquanta euro gli ho dato,

la mia strenna,

e non ho preso l’accendino.

Mi ha sorriso con i dentoni gialli,

ma forti...

negli occhi un incancellabile abisso di tristezza.

Gli ho messo una mano sulla spalla e glie l’ho stretta...

delicatamente:

“Va nella prima bettola, fratello!

Riempiti di birra...

dimentica la traversata...

il naufragio.

E’ Natale!”.

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Qui evidentemente devo ammettere di risentire della visione degli episodi di Heroes e delle letture dei libri di Valerio Massimo Manfredi (tipo l’Aquila ed il drago o l’Ultima Legione). Sia come sia perdonate se ho voluto affrontare in questo modo un argomento che potrebbe offendere la suscettibilità di qualcuno, magari particolarmente religioso. Non è stata mia intenzione offendere alcuno. Soltanto, ritengo che la prima ispirazione non vada mai tradita quando si tratta di scrivere... ed io ho deciso di seguirla stavolta fino alle estreme conseguenze.

IL SEGNO

Aspettarono il calare del sole. Solo quando il disco rovente scomparve dietro l’orizzonte ondulato, i cinque uomini si misero in cammino in quell'oceano ancora rovente di sabbia. Il freddo della notte già filtrava sotto i mantelli di lana e le armi sbattevano sulle loriche metalliche. Il capitano si fermò e fece cenno di proseguire agli altri mentre, lo sguardo rivolto alle prime stelle, cercava i riferimenti necessari a proseguire il loro cammino. Intanto pensava a quanto avesse odiato quell’incarico fin dal primo momento in cui gli era stato assegnato. Non vedeva proprio l’ora di ritornare di nuovo alla solita vita ed alla giovane sposa che aveva lasciato in città ad attenderlo, in balia delle usanze barbare di quella terra straniera. Ripensò con orgoglio a come lei lo aveva coraggiosamente seguito nei quattro angoli dell’impero e provò pena per lei, che aveva sofferto i suoi stessi sacrifici da quando ambedue avevano lasciato la loro patria. Da quando entrambi avevano lasciato Roma. E proprio dal centro dell’impero, erano venuti gli ordini di quella inutile missione. Coloro che ancora risiedevano nella città imperiale avevano promesso un'adeguata ricompensa, chissà magari un posto di comando più importante, lontano da lì. Immerso in questi pensieri identificò facilmente il chiarore della stella Polare lassù e si assicurò che non deviassero dalla giusta direzione che indicava, quindi raggiunse gli altri. Dovevano accelerare il passo se volevano arrivare in tempo nel luogo dell'appuntamento.

Ai margini dello stesso deserto quello che sembrava un gruppo di viandanti si affrettava sulla pista più battuta. Spronavano i loro cammelli a correre il più velocemente possibile e volavano letteralmente sulla sabbia con una fretta indiavolata. Gli animali erano avanzati instancabili su piste roventi ed irriconoscibili e presto, a quell’andatura, avrebbero raggiunto la loro meta. Joussef fece un breve cenno agli altri dietro di lui per mantenerli in riga. Il gruppetto di uomini obbedì all’istante: erano tutti temprati dalla dura legge del deserto e con facce che non lasciavano trapelare alcuna emozione, occhi freddi e privi di espressione, pelle bruciata dal sole di vite nomadi del deserto. Soprattutto erano assassini. Joussef ricordava bene l’ordine del Re: dovevano riportargli la testa della donna, a qualsiasi costo. Se lo avessero fatto sarebbero stati ricoperti d’oro, altrimenti sarebbero state le loro teste ad essere spiccate dal collo. Era una giusta contropartita: erano assassini dopotutto e conoscevano i rischi: anche per questo non avrebbero fallito. Secondo i suoi calcoli prima dell’alba avrebbero raggiunto la fanciulla ai margini di quel maledetto deserto. Le tracce parlavano chiaro. Solo una cosa allora si sarebbe frapposta fra loro ed ottenere la sua testa: i Romani. Il Re li aveva avvertiti: c’era un gruppo di soldati dell’impero che cercava la stessa ragazza. Ma le spie non sapevano cosa volessero farne, addirittura poteva essere possibile che non volessero ucciderla. Guai a loro se fossero giunti a lei prima del gruppo di assassini. Se necessario andavano eliminati, senza lasciare prove. Occorreva un lavoro pulito ed attento: di certo non volevano scatenare le ire dell’impero Romano su Erode. Joussef stesso si sarebbe assicurato che quei seccatori fossero sepolti per sempre nelle sabbie del deserto. Senza testimoni.

La donna faceva sempre più fatica a camminare. Anche se più che una donna era ancora una fanciulla: tutte le ossa le facevano male ed ad ogni passo la schiena le mandava delle fitte terribili. Il suo uomo procedeva dietro di lei, discosto e taciturno. Non la aiutava se non quando proprio la vedeva arrancare, allora la affiancava e sosteneva il suo passo, dopodiché si scostava da lei, camminando da solo. Non si rivolgevano la parola da settimane, né era capace di guardarla negli occhi. Nonostante fosse sempre stato un uomo buono nelle ultime settimane l’orgoglio e la vergogna lo avevano reso taciturno. Però stava mettendo in gioco la propria vita per lei. Sapeva che le loro vite importavano ben poco rispetto alla vita che lei portava in grembo, chiunque ne fosse il padre. Le profezie erano chiare, incontrovertibili, su questo. Per tale motivo erano scappati dalla loro casa: attraversando oasi dopo oasi, seguendo il letto asciutto degli uadi, mai fermandosi in quella fuga misteriosa. Sapevano di essere braccati anche se fino ad allora non avevano notato alcuna traccia dei loro inseguitori. Era lei, tra loro due, a dettare il passo, quasi che un istinto la portasse avanti. Ma ora non ce la faceva più. Era troppo per il suo corpo. Era stanca, allo stremo delle forze.

In quell’istante, quando ormai il sole stava calando, comparve il profilo delle prime palme: l’oasi era là dove si aspettava di trovarla, dove l’istinto ed il destinino li avevano trascinati. Si fermò dopo il lungo estenuante viaggio e scostò un lembo del vestito che l’aveva protetta dal calore intenso. Rivoli di sabbia scivolarono mentre disfaceva le pieghe. In quell’istante seppe di essere arrivata ed una profonda fitta le prese il ventre. Non mancava molto ormai, pensò, respirando profondamente e sentendo il male sordo che si allontanava da lei.

I tre cammelli avevano circumnavigato tutto il giorno l’oceano di sabbia, diretti al luogo che le stelle avevano loro predetto: era stata una marcia lunga ed estenuante ma ormai i tre sapienti erano arrivati. Proprio questo li innervosiva e li spaventava. Loro avevano tradito le profezie nel momento in cui avevano rivelato al Re Erode il luogo predetto. Lo avevano fatto pur sapendo che il primo dovere del sapiente era non svelare mai, per nessun motivo, i segreti delle loro arti. Ma i loro precetti si erano indeboliti quando la tortura aveva avuto la meglio su uno di loro: avevano parlato. Lo stesso erano stati traditi: il loro compagno non era sopravvissuto. Piegati dalla vergogna per quello che avevano svelato e per vita del loro compagno che non avevano saputo proteggere, era rimasta loro un’ultima cosa da fare per riparare al tragico danno: cercare di dare le proprie vite per anticipare gli emissari di Erode. Le loro misere vite valevano il cambio di una vita innocente? Dovevano assolutamente mettere in guardia la giovane donna dal pericolo mortale che avevano attirato su di lei. Per quello man mano che si avvicinavano all’oasi verdeggiante l’ansia ed il nervosismo di quelle tre povere esistenze si andava ingigantendo. Tutto taceva tra la vegetazione, come immerso in un silenzio irreale: potevano essere arrivati troppo tardi e questo scatenava i loro peggiori rimorsi.

La via lattea apparve in cielo, come un drappo scintillante disteso sull’oscurità. In esso la luna sorse e si arrampicò lentamente sulla volta celeste. Tutto taceva.

Pian piano il gruppo di assassini abbandonò la pista battuta. Joussef mandò degli uomini in avanscoperta verso l’oasi che si nascondeva ormai ad un tiro di sasso da dove si erano appostati ora. Nonostante non ci fosse anima viva aveva dato ordine agli uomini di nascondersi: in quel silenzio poteva nascondersi un pericolo mortale. Gli uomini partirono correndo sulla sabbia come piume e scomparvero: erano uomini ben addestrati. Difficilmente sarebbero stati scoperti.

Quando tornarono portarono ottime notizie: nell’oasi si erano ferme per la notte alcune persone. Un uomo. Una donna. Tre vegliardi stranamente agghindati. Però, giusto al limitare dell’oasi si erano accampati i Romani. Erano in pochi ma c'erano ed erano ben nascosti. Il viso di Joussef si allargò in una smorfia maligna: due buone notizie assieme. Sarebbe stato fin troppo facile: ora che la luna era ormai tramontata, forniva loro la massima copertura. I Romani sarebbero morti senza accorgersi di nulla. E dopo di loro gli altri. Sussurrando diede ordine agli uomini di sfilare i pugnali e di avanzare: potevano sorprenderli tutti tranquillamente nel sonno, disse. Gli uomini ubbidirono silenziosamente ed uscirono allo scoperto.

Erano a metà strada al limitare della vegetazione quando accadde.

Un punto nel cielo lampeggiò. Prima non c’era stato, ma ora il suo bagliore tremolò incerto, fino a diventare fisso e sempre più luminoso. Era come se si avvicinasse dalla volta del cielo verso la terra. E man mano che ciò avveniva la sua luminosità cresceva, fin quando non apparve una scia di fiamme nel cielo e si udì un sibilo che infiammò tutta quanta la volta celeste, bruciandola in un bagliore accecante. Gli uomini allo scoperto si buttarono a terra, ma era troppo tardi: le loro sagome erano ormai illuminate a giorno, le ombre distorte lacerate e allungate sulla sabbia gelida. Erano assassini, ma quello spettacolo li terrorizzò. Alcuni lasciarono cadere il pugnale e corsero indietro. Scapparono alla rinfusa, urlando di terrore.

Joussef fissò lo sguardo al cielo, i polsi che gli tremavano al timore che potesse crollargli sulla testa. L’animo soverchiato dalla sensazione che qualcosa di più grande di tutti loro avesse per un istante squarciato il cielo e sovvertito le forze della natura. Al momento gli fu impossibile vedere cosa fosse rimasto della volta stellata: vedeva soltanto tutto bianco. Poi i suoi occhi si abituarono e vide cos’era rimasto: vide una cometa, la coda scintillante in un presagio di sventura. Erano persi: erano stati scoperti.

Fu l’ultima cosa che vide, poco prima di sentire il sibilo di una lancia pesante, verso di lui.

Il comandante dei Romani si riscosse: l’improvviso bagliore illuminò il campo dove si erano accampati, riempiendo la distesa di sabbia al limitare dell’oasi di sagome. In un istante capì l’orrendo pericolo che avevano corso: dei beduini del deserto, forse dei sicari li avevano accerchiati. Colse istintivamente il lampeggiare dei pugnali sguainati, pronti a richiedere il loro prezzo in sangue. Ma poi vide quegli uomini come smarriti, dispersi e spaventati dal bagliore. I soldati Romani invece non si facevano spaventare per così poco, pensò e con una muta occhiata radunò i suoi uomini già all’erta. Erano tutti accanto a lui, pronti alla morte certa: per ognuno di loro un numero soverchiante di nemici. Eppure si alzarono, come se le loriche metalliche non più impolverate di sabbia scintillassero in uno strano bagliore. Erano certi che per ognuno di loro la morte sarebbe sopraggiunta, ma non senza combattere.

Calarono sugli assassini con i gladi in mano, pronti a difendersi all’ultimo sangue. Il comandante, Pilato, non fece in tempo a fermare uno dei suoi che era già corso in avanti, prima che desse il segnale dell'attacco. Il soldato urlava, come impazzito dalla rabbia, mentre scagliava una lancia verso uno degli assassini che scrutava il cielo, come inebetito. La lancia corse in un arco scintillante ed inesorabile che inchiodò la gola dell’uomo il quale stramazzò al suolo, esalando l’ultimo respiro.

I suoi compagni si dispersero, terrorizzati.

Solo allora Pilato capì che quella era l’ultima speranza per loro cinque Romani: solo in cinque. Si alzò in piedi ed urlò un ultimo incoraggiamento ai suoi uomini: “Compagni, a me! Morte al nemico! Non lasciamo che Longino muoia da solo! Anche le nostre lance chiedono il loro sangue.”.

Vi fu un unico rabbioso urlo ed i soldati Romani irruppero tra le file disperse degli assassini, falcidiando vite a colpi inesorabili di gladio. Finché pochi sparuti gruppi di nomadi correvano scappando nel deserto. Nessun uomo tra i Romani era morto.

Pilato alzò gli occhi al cielo e la vide.

Una cometa. Un segno degli dei, per Zeus...dietro di lui lo aspettava l'oasi dove si nascondeva forse la fanciulla. Là dove gli aruspici del colle Palatino avevano predetto che sarebbe avvenuto qualcosa… ma nemmeno loro nelle interiora degli animali erano riusciti a capire cosa fosse. Quei vecchi ciarlatani. Lui ed i suoi uomini erano qui adesso e si battevano per le proprie vite.

Avrebbe detto che la fanciulla era stata uccisa.

“Inseguiamoli!” urlò, girandosi verso il deserto, ed i suoi uomini si mossero come un corpo solo.

Sotto le palme dell’oasi i sapienti stavano assistendo la giovane fanciulla. Le fitte si erano fatte più intense e ravvicinate, segno che presto vi sarebbe stata una nuova vita in quel deserto. L’uomo non era più discosto da lei ma le stringeva una mano fra le sue, sul viso un’espressione preoccupata e contrita. Un sapiente gli sorrise: non c’era bisogno che gli dicesse che sarebbe tutto andato bene. Lo sapevano entrambi.

Poi il cielo fu squarciato dal bagliore, un’immensa luce che risplendeva propagandosi tra le piante, scintillando sulla piccola polla d’acqua dell’oasi. Quando si spense fu come se il giorno fosse stato improvvisamente spento per sempre dall’oscurità più fitta. Trattennero il respiro, quasi si aspettassero che avvenisse qualcosa.

E qualcosa avvenne al limitare dell’oasi: urla e sangue. Degli uomini stavano arrivare a loro ed ucciderli tutti senza pietà, ma per qualche misterioso motivo ora erano impegnati in un sanguinoso combattimento, per difendere le loro stesse vite. Sentirono le urla di disperazione che si perdevano nella notte e nel silenzio del deserto. Poi più nulla, se non passi di corsa che si allontanavano.

Sopra di loro rimase la cometa, con la coda scintillante che apriva il suo percorso nella volta stellata.

Eccolo il segno, pensarono i sapienti e rimasero attoniti a fissare ciò che avevano predetto e calcolato per anni. Non credevano ai loro occhi.

Mentre erano così distratti nacque.

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Spazio aperto.

Scena completamente nera, si intravedono galassie ad anni luce di distanza.

La telecamera si avvicina lentamente, zoom accelerato su un pianeta insignificante. Oltrepassa una nave cargo, un paio di stelliti boa, si vedono delle nuvole di azoto ad un altezza media.

La telecamera vi ci si tuffa in mezzo. Ti da l’idea di soffocare. Nebbia rossa, ci sta bene.

Falla durare un po’, tre secondi densa, sempre più densa e subito dopo inquadratura ampia. Voglio che metti in risalto i grattacieli di vetro e acciaio. Fa in modo che sia una cosa catartica.

Una macchina volante ti passa davanti, niente di eccezionale, è la norma. Qui su DecimasX le auto volanti sono all’ordine del giorno, in fin dei conti, se sia una Erdest3K o una Earth24 non mi frega. Basta che sia nuova.

Arriva vicino ad una olofinestra e poi giù in picchiata. Almeno mille metri di caduta libera voglio. Sentiti a disagio, hai l’impressione di cadere per davvero. Fermati all’altezza del primo livello. Perfetto. Inquadra i due alieni a destra che si baciano. Due uomini, o due donne, due mutanti ormai non fa differenza. Voglio che inquadri gli alieni.

Si, così. Ora scendi al livello due. No, più lento, non avere fretta. Ecco, lì. Fammi un mezzo campo sull’hotel. Si lo so che c’è tanta gente. Occhèì. Inquadra la scritta. Bethlem6500. Ecco. Stop.

Capisci dove sei arrivato? No, sicuramente. Allora fermati in fondo, dietro ai due tizi con tre occhi e la quella strana cosa che sembra una barba rossa. Ascolta. Quello che dicono.

Non senti bene, c’è tantissimo casino. Senti qualche brandello di conversazione. Ti pare di sentire “Scandalo…terribile.. ma tu ci credi… certo che così, dal nulla.” E poi “Che faccia tosta lei…”.

Non riesci ancora a capire, vero? Pazienza, non avere fretta. Guardati un po’ in torno. Vedi una cosa che ha le fattezze umane, a parte orecchie un po’ più lunghe della norma, la pelle grigia e i capelli bianchi. Gli occhi sono completamente neri, non solo la pupilla. Anche il bulbo oculare. È snella, slanciata, muscolosa. Vestita da una veste di pixel viola, copre solo spalle, seno e bacino. Ti sembrano blu in effetti. Ma anche verdi. Dipende dall’inclinazione con i quali li guardi, è evidente. È una veste di oled cangianti. Bella no? Tre mesi di stipendio e puoi comprarti una maglietta dello stesso tipo. Guardi l’essere vicino a lei. Due metri per centottanta chili di muscoli. Verde. Peloso, molto peloso. Ben pettinato, orecchino d’oro e canino mandibolare ipersviluppato. Questo è vestito solo con un paio di pantaloncini marroni in sintepelle. Belli, costano un occhio della testa. Deve essere ricco e forte, quel tizio. La tipa dalla pelle grigia è appesa a al suo bicipite. Lo sbaciucchia di continuo. Patetico, a tratti eccessivi. Ma qui è la norma. Sono passati gli anni in cui Drow ed orchi non si potevano nemmeno vedere. Da almeno mille anni, dalla comparsa dell’elettricità e dai primi viaggi planetari molte cose sono cambiate.

In giro è più o meno tutto così. Vedi addirittura un tizio piccolino, barba rossa, pelle abbronzata, colossale nel suo metro e 35 di statura che porta al guinzaglio una bestiolina strana. Sembrerebbe un tarrasque in miniatura, a ben vedere.

E poi umani in egual quantità. Vedi anche incroci che a te paiono terribili tipo il tizio là in fondo, assieme ad una umana bionda ed un orca. Così ad occhio, sembra un misto tra un orco e un nano. Fa il suo effetto, bisogna ammetterlo. Le femmine dicono che fanno molto più effetto nudi, sono stati creati per essere i gigolò migliori nell’intera via lattea. Certo, i gigolò della costellazione di Arturo sanno il fatto loro, grazie ai loro molteplici tentacoloni, ma questi sono il meglio a disposizione nell’arco di cinquanta anni luce.

Ascolti ancora. Parlano di un grande evento. Un grandissimo evento, che si sta per compiere da li alle prossime due ore. Dicono di un dio, un nuovo dio, non un avatar, un vero figlio, forse.

Ti alzi in volo leggermente, guardi verso l’inizio della fila. Avrai almeno un milione di persone attorno a te, nessuna si spinge, nessuna si urta. Pare quasi fantascienza.

Se guardi bene verso l’ingresso dell’hotel, vedi tre figure strane. Davanti a tutti, un omino fiammeggiante che svolazza. Ben vestito, per carità. Un papillon nero, un coletto bianco e dei pantaloni di amianto trattati. Sembra forte, molto forte. Fa da apripista a tre strane figure. Il primo è un pugno nero umanoide. Alcuni raggi verdi partono da lui, tutto intorno. Sei convinto che solo a guardarlo potresti morire di dolore. Eppure a nessuno dei presenti succede niente. Pare che il pugno nero stia contenendo il suo potere. Ha paura, il pugno nero. Paura, timore, rispetto.

Segue immediatamente un altro tizio strano. Sembra un cyber martello da guerra con in testa una bilancia con i piatti allineati. Non ha gambe, semplicemente procede così, a mezz’aria. Attorno a lui, luce, sicurezza, giustizia. Ma anche questo non ti fa effetto. Non è che contiene il suo potere, semplicemente non lo emana.Ha paura di emanarlo. E ti pare davvero impossibile che possa stare vicino al pugno nero.

A chiudere la fila, una nebbiolina rossa. Attorno alla nebbiolina, un cerchio di sette stelle blu e bianche. Anche da questa nebbia, nessun potere. Ha paura anche lei di emanare. Non ti sembra troppo a disagio con gli altri due. Sembrerebbe la loro via di mezzo.

Ti lascia interdetto tutto ciò. Senti i mezzinaniorchi che parlano dei capi delle tre casate più potenti dell’Universo. Alcuni dicono che erano pura leggenda. Altri che da eoni si credevano morti. Altri ancora che credono sia tutto marketing. È una scena solenne e tremenda, a modo suo. i nomi non ti dicono molto, non li ricordi nemmeno più. suonano come bal, bahhl, balll, non sai sente bene. latadre, lathander, ltar, e mitra, mistra, non capisci. quei nomi sono vuoti per te, giovane vivente.

Entrano nell’hotel Bethlem6500, in fila indiana. Il coso rosso volante si ferma fuori, svolazzando. Sembra una stella,ora.

Entri anche tu. Puoi farlo perché lo dico io.

Segui i tre tizi, non ti notano nemmeno. Tu ringraziami, che stai per vedere qualcosa di unico al mondo. Alcune olotelecamere riprendono la scena. Vi è una droide, distesa in un letto, gambe allargate, alla sua destra un Bove8000W (8Gw di potenza, può scaldare mezzo mondo con un solo psycovolt. Non male no?) che mantiene in temperatura i circuiti di piombo quantistico della droide. La chiamano Mary, gli ingemedici attorno a lei. A destra, un orco. Brutto, deforme, ma con uno sguardo sveglio e intelligente.

Lavora i raggi luce ed i raggi cosmici, è una sorta di fabbro laser. Un buon orco. Perché una droide sia rimasta incinta di un orco, è un mistero per tutti. O quasi.

I droidi, per definizione non hanno organi riproduttivi di alcun genere. Nemmeno i droidi di compagnia, come questi. Quando si è saputo della condizione "interessante" della droide, l'hanno sottoposta ad analisi in tutte le costellazioni dell'universo conosciuto. Non ha organi riproduttivi, ma è incinta.

Se guardi bene vi è pure Ciukop 450, mantiene i circuiti di raffreddamento della droide ad una temperatura costantemente mezzo milligrado sopra lo zero assoluto. Vogliono salvare sia la droide che il nascituro, senti dire.

Ha una luce strana negli occhi, lei. Pare serena, anche se rassegnata al suo destino. Guarda i tre entrati, con un leggero brivido. Sussurra qualcosa come “grazie di essere venuti”, e i tre si inginocchiano. Inziano le doglie,se di doglie per un droide ha senso parlare. Il ciukop450 sta lavorando a regime, la temperatura della droide non cambia. Il piomboquantistico inzia a fuoriuscire dalle gambe della droide. Gli ingemedici parlano di qualcosa di straordinario, come se fosse la rottura delle acque per i normali esseri biologici.

Vedi una luce accecante fuoriuscire dal ventre di Mary, che urla in un linguaggio strano. Riconosci distintamente solo le parole”sia fatta la tua volontà!”. la lcue ti avvolge, i entra dentro, ti guarda nell'anima e ti oltrepassa. hai l'impressione che questa lauce fredda avvolga almeno tutto il pianeta e continui ad espandersi come se trasportasse un messaggio all'Universo intero.

E per terra, giace ora un bambino. È un misto di tutte le razze. Occhi neri, capelli rossicci, un po’ muscoloso, dai riflessi metallici. Senti aura di sacralità attorno a lui. I tre esseri (pugno bilancia e nebbiolina) ti sembrano minuscoli, ed insignificanti, al suo pari. Hanno paura e rispetto, al tempo stesso. Chissà quali doni gli hanno portato.

Senti gemere il bimbo. È bello, sereno. Una vita di dolore e sofferenza lo aspetta. La folla dal di fuori ha assistito a tutto il travaglio sugli oloschermi. è da una settimana che la droide soffre. E ora il pubblico urla a squarciagola, in tutte le lngue conosciute dagli esseri viventi e non, “sia lode al figlio di Ao!!”

Allora, giovane umano, ti piace il mio bambino?

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Un giorno X decise che era venuto il momento di fare qualcosa.

E la fece.

La fece a dispetto di tutte le altre cose che, indispettite, se ne andarono a creare un altro universo, formato da paperette di gomma gialle e arancio dominate dal grande Papero Nero Imperiale. Ma questa, come si suol dire in questi casi, è un'altra storia; (peraltro di una galassia lontana lontana…).

Tornando a noi.. o meglio ai noi che saremmo stati un giorno di milioni di anni più in là.

La cosa che pare strana è che prima del giorno suddetto non s’era presentato nessun altro momento; e, dunque, nessun altro giorno.

X si trovò leggermente in difficoltà con i primi problemi mai sorti e si disse - cavolo! Devo ancora creare tutto che già il niente mi presenta dei problemi -

Ma si rese subito conto che:

-Il niente non poteva creare né problemi né nient’altro, l’unico a creare, lì, era lui;

-il niente se n’era andato nel momento in cui lui aveva iniziato a dare il via a s’è stesso;

-Il niente non era mai esistito, perché oltre al fatto che per esistere doveva averlo creato lui, e non si ricordava di averlo mai fatto, Prima di X non c’era niente. C’era solo il dopo;

-Il Cavolo doveva ancora essere creato, e quindi l’imprecazione perdeva di senso;

-Venne creata la bestemmia per permettere ad X di imprecare durante la creazione, dopodiché ne venne vietato l’utilizzo, almeno formalmente (quantomeno agli altri).

Risolse in fretta tutto brillantemente e fece quello che fece.

Creò quella che, da lui stesso, venne definita “un sacco di roba” e poi si dilettò in semplici giochetti quali la decisione di dare vita, ( almeno così X decise di chiamarla), a destra e a manca; inventare la destra e la manca; e dare l’ultimo tocco al suo creato.

E si chiese – Quale potrebbe essere l’ultimo tocco d’artista? -

Rimuginò per quello che si accorse non poter essere un lungo periodo di tempo, proprio perché il tempo non era ancora stato inventato, e si disse che il suo lavoro non era poi un gran lavoro.

Insomma decise che il “tutto” fosse l’infinito; e che il niente fosse l’antitesi dell’infinito.

In pratica non cambiò nulla.

Ma lui, per un attimo infinito, fu felice.

I pochi passaggi successivi furono quelli di prendere un po’ di terriccio e fare l’uomo e la donna.

E si rese presto conto che non fu una bella mossa.

Per questo lasciò tutto così.

Se ne andò per prendere una tazza di tè, e, di conseguenza, decise che il tè era tè; e quando tornò tutto era un gran casino.

O meglio, tutto erano dei grandi casini.

Si rese conto che l’invenzione della grammatica aveva complicato di molto le cose.

Ma vediamo con ordine gli eventi che più lo colpirono:

- Il suo albero, oltre che non aver più nemmeno un frutto, non c’era più;

- Il serpente sul suo albero se la rideva;

- Lui non aveva messo nessun serpente nell’albero;

- Il serpente non era sul suo albero perché il suo albero non c’era più;

- La terra era diventata rotonda;

- Il tè scottava un sacco e aveva tutte le labbra ustionate;

Maledisse sé stesso per essersi concesso un tè nel momento più indelicato possibile, maledisse il suo creato perché si era mosso proprio quando lui si era concesso un tè, maledisse la sua prima maledizione perché sapeva di non potersi maledire da solo.

Reintrodusse per un piccolo arco di tempo la bestemmia; così da potersi ritenere comunque soddisfatto.

Poi si accorse di un piccolo particolare che prima gli era sfuggito.

Il mondo non solo era tondo, ma era abitato da poco più che da due sole persone.

Li contò in fretta.

Quasi dieci miliardi o giù di lì, (non riuscì a contare bene perché era troppo impegnato a soffiare sul tè).

Ne diminuì il numero di circa quattro miliardi, giusto per ammazzare il tempo, che, per uno strano caso, non voleva rendersi mortale; e, di conseguenza, non morì.

Si impegnò allora a cercare un altro metodo per scacciare la propria noia, che non fosse il solito metodo dell’eliminare semplicemente la noia in sé, (perché l’aveva creata e voleva trovarle un utilità).

Nel mentre cadde il tè dalla tazza.

E non fu cosa molto buona, né molto giusta.

Nel mentre X disse, testuali parole – No eh.. No eh.. basta cose che capitano! Sono io che devo far capitare le cose! Adesso pure l’inondazione!-

Cosa curiosa fu che “No-eh” coincidesse inaspettatamente alla pronuncia fonica del nome di un certo personaggio che abitava la terra.

Il quale decise di salvare un sacco di animali e la propria famiglia da tutto quel gran casino.

X allora si prese la briga di dare alcune dritte a No-eh e di far sì che non ricapitasse il casino che si era verificato con il tè e tutto il resto.

Immancabilmente il casino si riverificò, e anche tutto il resto (anche se non fu minimamente preso in considerazione).

Non ci fu altra soluzione prevedibile o pensabile che non contemplasse l’affibbiare l’incarico di risolvere il G.C. (Gran Casino, in sigle) direttamente a sé stesso; ed X discese in terra.

Fece un gran casino.

E, quindi, decise di prendere PRIMA sembianze umane, e POI scendere sulla terra.

Vide che la cosa funzionava abbastanza bene (aveva imparato a darsi dei limiti anche con i giudizi nei propri confronti)

Decise di nascere in una certa capanna, ad una certa ora, in un certo giorno, da una certa donna e da un certo uomo,( il quale verrà visto dalla storia come l’unico al quale era stata fregata la donna senza che lui protestasse o litigasse; anzi con sua immensa felicità compresa di vanto al Bar con gli amici).

Nacque e subito si presentarono i primi problemi, ( sarebbe meglio dire i secondi in ordine di tempo, dopo i primissimi riguardanti gli inizi della propria esistenza; anche se è comprensibile: questo per lui era un altro inizio di esistenza… una cosa un po’ complicata in effetti).

Tre tizi dai nomi ambigui pretendevano di donargli rispettivamente:

-Oro;

-Incenso;

-Mirra;

Il problema non stava nei doni, né nei tizi vestiti in modo strano ed arrivati con quelli che per molti erano cammelli e per molti altri dromedari; il problema stava nella Mirra.

Nemmeno X, arrivato dov’era arrivato, sapeva che diamine fosse la Mirra.

Inventò al volo Wikipedia in modo da avere una risposta.

Riportò tutto alla normalità prevista dai mezzi di sviluppo dell’epoca da lui scelta e pensò:

- CAVOLO, Diamine, dannazione! BirraBirraBirra!!volevo dire Birra! Non Mirra quando l’ho inventata! Cavolo! -

E fu da quel momento che tutti pensarono, almeno una volta nella propria vita, che quel bambino nel presepe era un gran ubriacone sin da prima che muovesse i primi passi; e, magari, si intavolava la discussione con un esclamazione del tipo – Hei! Era ubriaco! Ecco perché ha detto e fatto tutto quello che ha detto e fatto! -

Proposizione dall’aspetto tanto intelligente quanto poco fondata.

Non bisogna dimenticare che, grazie a ciò che ha detto e ha fatto, è diventato capo di un organizzazione che, nel tempo, fece e disse un sacco di altre cose, (alcune delle quali dette, molto probabilmente, da qualcuno di ubriaco.. ma che qualcuno tenne comunque in considerazione).

Il punto era che X, nella sua forma umana, crebbe e diede il via ad un sacco di cose.

Fece dei gran casini, ai quali tentò di riparare, (e qualche volta si può dire che riuscì nell’intento).

Conobbe un sacco di gente e la sua presenza sulla terra come ‘forma vivente’ a causa di qualcuno che gli mise le mani nel piatto e a qualcun altro che non aveva la pazienza di aspettare che il gallo cantasse tre volte.

Tutto ciò venne commemorato dagli esseri a cui X aveva dato vita tramite una piccola, ma significativa, festività.

In pratica si stava a casa per aspettare la nascita di qualcuno morto un sacco di tempo prima.

Non che X non si divertisse nell’osservare una cosa del genere, c’è da dire che apprezzò molto lo sforzo da parte di alcuni di rendere questa festa un occasione di solidarietà e amabilità con il prossimo, (quello che precedeva sembrava non stare simpatico a nessuno); accolse con gioia l’idea del “papà inverno” in alcune parti della terra; non si impressionò poi molto dei vari regali che gli si chiedevano, (anche se si chiese da dove fosse saltata fuori l’idea dei regali).

L’unica cosa che lo stancava veramente era il non poter fare nulla, se non far cadere un poco di neve; mandare giù qualche santo o parlare con la gente che era arrivata sino a lui, (ben poca a dir la verità).

Gli venne in mente una grande idea, che venne immediatamente buttata fuori per assenza di spazio.

- Era troppo grande! - si spiegarono gli addetti allo spazio quando interpellati.

Decise dunque, in assenza di una grande idea, di dare in mano tutta la festività ad una bibita, che trasfigurò nel “papà inverno” la star dell’evento, diede comunque posto alla stella cadente, (-tanto- dicevano – se è cadente prima o poi cade, e rimarrà solo la nostra idea senza che nessuno ci dia degli egoisti-), e rese il tutto un poco più umano.

Nel senso di “meno idealistico e più monetario”.

Si era abituato, ormai, ai grandi casini; e decise quindi che nella festività chiamata Natale ci si sarebbe potuti illudere che il “tutto” andava ancora decentemente; anche se, in realtà, il “tutto” andava verso il “niente” a grande velocità.

Quasi ad ampie falcate si potrebbe dire.

Quasi quanto due vecchi innamorati, o due antichi amici, i quali si incontrano dopo tanto tempo,dopo non essersi visti per dei mesi, degli anni; magari dopo una litigata per qualche stupido motivo riguardante altri stupidi motivi accostati a tante stupide cose; (rese stupide non tanto dalle proprie azioni, quanto forse dal tempo), magari nel giorno di Natale.

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Vigilia di Natale.

Nel centro commerciale, non troppo grande, le persone sono impegnate nelle loro spese ed ultimi acquisti per Natale.

Sembra una danza frenetica. Un enorme formicaio intento al lavoro.

Le persone escono con enormi e piccoli pacchi colorati, nastrini, lucine ed altro. Veloci. Poche persone si fermano a guardare l’albero appesantito dai troppi addobbi natalizi.

Sembra quasi triste, i suoi rami piegati da bolle colorate e festoni a lui inutili.

Ricorda ancora il boschetto dove era nato, in mezzo agli altri alberi. Se ne stava quieto ed in pace a crescere, dando ospitalità a nidi che gli uccellini avevano deciso di fare su di lui. Poi un giorno sono venuti degli uomini. Hanno preso lui ed altri alberi, li hanno messi su dei furgoncini e li hanno portati lontano dal bosco.

Ora il suo unico nutrimento è un vaso ricoperto con della ghiaia. La poca luce che filtra dalle porte a vetro è pallida e sbagliata e l’acqua a volte la porta una ragazza che fà le pulizie lì dentro. Scosta i suoi rami, l’accarezza, e lui si sente un po’ più vivo.

L’albero guarda il fiume di persone che vanno e vengono.

“io cosa c’entro?” pensa “non dovrei essere qui”

Stanco, sfinito, piano piano accumula la poca energia rimastagli ed inizia a crescere e crescere.

Le persone non lo notano. Il rumore del centro commerciale nasconde il suo crescere e aprirsi.

I suoi rami cercano vie d’uscita cercando di rompere i vetri, di uscire dalle porte.

La gente inizia a vederlo, si sentono urla, corrono spaventati fuori.

In effetti non è cosa da tutti i giorni vedere un “albero di natale” che all’improvviso cresce a dismisura, veloce, e cerca di scappare dal luogo in cui è costretto.

Rompe le vetrate, riesce ad uscire con i suoi rami e finalmente, i suoi rami sentono di nuovo il freddo e la luce dell’esterno, sensazioni a lui familiari.

Non fa del male a nessuno, vuole solo respirare di nuovo e sparire da tutto quel rumore.

Rivuole il suo bosco, i suoi uccellini, i suoi alberi.

Spinto dal desiderio l’albero cresce, rompe e si libera, spingendo i suoi rami fuori, alla luce del pallido sole invernale.

Il muoversi di una delle sue bolle colorate scaccia i pensieri dell’albero che si ritrova di nuovo piccolo ed imprigionato dentro al centro commerciale.

Un bambino sorridente sta giocando con i suoi festoni ma presto una donna se lo porta via con se.

L’albero sembra piegarsi su stesso dalla tristezza. Si rende conto che il suo è stato solo un sogno, che non potrà mai uscire da solo da li e, soprattutto, non potrà mai crescere cosi tanto e velocemente da riuscire a rompere tutto e poter respirare la sua aria.

Ora se ne sta li, in mezzo al via vai della gente, semplice arredamento di un centro commerciale. Passato natale dove lo porteranno?

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I

Gesù impiccato a un albero di Natale. Flash di macchine fotografiche, risate di scherno, fischi nella piazza. Sopra, un cielo da neve. Lo scatto secco del ramo che si spezza sotto i suoi piedi. Filmalo mentre scalcia e manda tutto a youtube. Guardatelo! Si dimena, svoltola, come una mosca in una ragnatela, come una trota presa all’amo. Hai mai visto Dio con la bava alla bocca? Ecco, non si muove più. Avvicinati, controlla che sia davvero morto. Ancora più vicino, OK, così va bene. Ricordi di percosse sul petto nudo. Le manette hanno lasciato segni sui polsi. Occhi bianchi, di morte, da antilope. Chiudili, qualcuno potrebbe vedere che ci si riflette il cielo. Il tempo per un ultimo sguardo al suo sorriso animale, ebete, distratto.

Mentre la folla si disperde e io mi me ne vado per la mia strada, comincia a nevicare.

Andiamo in ufficio, adesso, andiamo a scuola. Lassù, nel cielo – probabilmente – un cartellino da timbrare.

II

Il Bene e Il Male giocano a scacchi nel buio assoluto e silenzioso. Tutto è pervaso di elettricità, carico di aspettativa, fremente di incosciente intenzionalità. (No, non credo ci sia bisogno di dirvi chi usa i bianchi).

- Perché? - chiede il Male. La solita vecchia domanda. Non si stufa mai, la piattola.

- Perché sì. – La solita vecchia risposta.

Il Male rimane pensieroso per un po’, poi dice – Perché di nuovo? Perché, tutto, ancora, maledettamente ancora? Nemmeno riesco a ricordare l’ultima volta che abbiamo combattuto faccia a faccia, io e te, soli, le mie forze contro le tue. Voglio farla finita.

- Sei proprio un ragazzino, Male. – Il Bene non trattiene un sorriso. Il vecchio pargolo vuole fare la lotta. –Credi davvero ancora di poterla risolvere a cazzotti? Hai continuato a sperare in una conclusione? Lo sai bene, non può esserci alcun risultato; non è contemplata la fine.

- Se solo potessimo tornare nel nulla che ci ha generato, e ricongiungerci! – ricomincia a lagnarsi il Male. - Oh, dimenticare gli antichi dissapori, l’ancestrale inimicizia impostaci dalle circostanze, di cui non conosceremo mai la ragione, e dissolverci!- Ogni volta il Male fa simili discorsi, e non si sa se a forza di ripeterle, ha sul serio cominciato a credere alle cose che dice.

- Non ci è permesso, lo sai bene quanto me. – Il Bene tenta di essere ragionevole. - Il nulla ci è precluso, per sempre. La porta è sbarrata, chiusa per sempre.

-Chiusa? Certo che è chiusa! Quel figlio di ******* ci si è barricato dentro! E noi dobbiamo starcene qui fuori a sgobbare, costretti in forme tangibili, soffocati nella materialità, dilaniati in milioni di simboli! E lui, loro, si gode la pace del vuoto per l’eternità. E’ ingiusto!

- C’è del vero in ciò che dici, fratello. – Il Bene fa buon viso a cattivo gioco. Conosce i suoi polli e sa come prenderli. – Eppure, io non sarei così severo nei suoi confronti. Bello sforzo, davvero, dev’essere stato crearsi da soli! Non mi stupisce che necessiti di un riposo tanto lungo.

- Ma riposa per l’eternità, quel maledetto, lo capisci?! Per tutto il dolentissimo sempre, il bastardo! L’eternità del nulla per un solo istante di riconoscimento! – L’avrà detta due dozzine di trilioni di volte, una cosa del genere, il Male, eppure riesce sempre a sembrare davvero arrabbiato. I trucchi del mestiere! D’altronde, è il Male.

- Ma quanto puro è stato quel riconoscimento quanto doloroso quell’istante! – tenta di convincerlo il Bene, ormai dal limite della sopportazione. Proprio non lo regge, quando fa così. E dato che fa così praticamente sempre… - Più di tutte le ore di tutti i tempi, forse! – continua. - Questa discussione non ha mai portato a nulla: non capisco perché ti incaponisci ogni volta. Le nostre parole, forse, schiudono d’un battito d’ali di farfalla il catenaccio sulla porta del nulla? Non è così. Siamo e non possiamo far altro che essere, essere, essere. Tanto varrebbe abituarcisi.

Per un istante il Bene si concede il lusso di pensare di averla avuta vinta, ma dentro di sé sa che non può essere così facile. Ha a che fare con un piantagrane d’eccezione, un fuoriclasse ineguagliato.

- E se per la prima volta ci rifiutassimo? - chiede puntualmente il Male con il solito tono lamentoso. - Se osassimo ribellarci? Tempesteremmo di pugni l’involucro del nulla finchè ci daranno una risposta!

- Non ci sentirebbero, perché non sono più. – Il Bene alza gli occhi al cielo e stringe i pugni, facendo pensieri ben poco consoni a un’astrazione del suo immacolato candore. - E se fossero non potrebbero sentirci, perché tutte le voci tacciono nel nulla. E se anche potessero sentirci, non vorrebbero fare nulla, e nemmeno sarebbero in grado. Se mai hanno avuto più potere di noi, ora non è più così.

- Dannazione, dannazione, dannazione! – Con un gesto della mano il Male spazza via le pedine e rompe la scacchiera a metà. Il solito bamboccio capriccioso. Il Bene si morde le labbra nel tentativo di reprimere l’irresistibile impulso di prendere il suo interlocutore a calci in faccia. La scacchiera si ricompone da sola e i pezzi tornano a posto.

- A volte mi trovo quasi a desiderare di esistere – continua il Male, disgustosamente tronfio per aver saputo trovare un’argomentazione di tale solidità. – Avrei il privilegio di illudermi di morire, l’ingannevole certezza di dovermi estinguere, prima o poi.

- Esistere, però, - suggerisce il Bene (dando prova di un discreto autocontrollo, forse dovuto a lunghe eternità intermedie trascorse a fare calcoli del tutto inconcepibili) – per noi deve essere semplicemente insopportabile. E poi, che delusione scoprire che non ci si può sottrarre, che non c’è libertà… Poveri mortali! Che immensa, terribile condanna per una colpa che non hanno commesso, che forse non ha commesso nessuno!

- Ecco i risultati dell’astenersi dal mondo tangibile per troppo tempo! – Il Male starnazza le sue claudicanti deduzioni, giulivo come una Pasqua. - Nemmeno questo ricordi più, caro mio? Loro non sanno, mai, mai! Non sanno nulla! Vivono obnubilati da se stessi, sopraffatti dallo straripare di ciò che li circonda; talmente afflitti dall’incomprensibile, da costruirsi un’illusione per non pensarci. Tutti, nessuno escluso, sono accecati dalla barriera d’inganno che loro stessi hanno creato! Nessuno, nemmeno il più semplice di loro, sa leggere la verità scritta nel suo corpo, tanto è ricoperto di menzogne!

- Eppure – ribatte, esasperato fin nel profondo del suo santissimo midollo, il Bene, che, detto per inciso, ricorda tutto alla perfezione. – Eppure i loro corpi sono intessuti di verità. Davvero importa la consapevolezza? Davvero l’illusione soccombe alla colpa? Esiste, forse, la realtà, o non è altro che un’illusione individuale? Cosa è e cosa appare, e chi stabilisce il confine? Vivono, queste microscopiche strutture di polvere, vivono, trincerate nel sogno della loro illusione, e trascorre l’inganno delle loro molteplici vite separate dalla morte. Non puoi negare che ci sia qualcosa di meraviglioso, nella menzogna dello scorrere di questa eterna stasi. – Sempre, a questo punto, il Bene non può fare a meno di commuoversi, non sa se per il pathos del discorso o per la gioia di averlo inchiodato.

- Meraviglioso da vedere dall’esterno, forse, - chiosa il male con la voce nasale di un bambino che si rifiuta di ammettere di essere sull’orlo delle lacrime. - Per noi che siamo senza apparire, sostanzialmente risparmiati dal battito della vita. Nessuna illusione può cancellare del tutto la colpa, e io ho pietà di loro, eternamente costretti a chiedersi: perché accadde di esistere, quale perversa casualità gira questa incancellabile ruota?

- Io credo che vivere sia un grande atto di coraggio – risponde il Bene. - E, nonostante tutto, nulla fu più giusto e irrinunciabile e sacro di quell’inintenzionale contrarsi di energia, del momento senza tempo in cui una parte del nulla si avventurò nella materialità. Tutta la polvere forma un infinito eterno corpo che risplende della sua stessa luce vitale. – Ti ho fregato, vecchio mio, pensa. Fregato, di nuovo. Indugia su pensieri vittoriosi per qualche dorato secondo, poi si riscuote e si ripromette di cercare di essere più virtuoso, d’ora in avanti.

- Facciamolo- dice il Male. –Facciamolo di nuovo. – Dipinto sulle labbra, ha il solito vecchio tragico indecifrabile puerile sorriso.

III

E allora per la miliardesima volta si misero all’opera e mossero gli invisibili cardini dell’essere, quei cardini che avevano sempre toccato senza mai comprendere del tutto. Il buio cominciò a cantare e si sedettero nello spazio ormai fremente, brulicante di visioni passate, presenti e future (sempre le stesse, più o meno, le conoscevano a memoria).

Il cantò si fece più forte e l’infinito si piegò come un foglio di giornale, poi di nuovo, ancora, e ancora, di nuovo, ancora, e ancora e ancora, sempre più velocemente finchè non fu tutto racchiuso in un punto grande come un granello di sabbia. Il Male cercò la mano del Bene e la strinse. Alla fin fine, erano vecchi amici.

Il canto cantò la luce e luce fu dappertutto. Piani, ombre, tempo, dimensioni, colpa, vento, entropia, distanze, universi, amore, incomprensione, istanti esplodevano in tutte le direzioni, più veloci di qualsiasi altra cosa. Le visioni si schiudevano al canto come uova.

Una di queste, di certo non la più potente, assolutamente non la più maestosa, era per gli uomini, gente fra le più sconosciute, che abitava un minuscolo anonimo pianeta azzurro slavato, l’ultima ruota del carro di una trascurabile galassia in universo del tutto insignificante. E la visione era…

Un bambino che piange sotto la stella cometa.

IV

Da qualche tempo in città bazzica un tipo che si fa chiamare Gesù. Non porta vestiti e dice cose senza senso.

Un giorno sale sui rami più alti del grande albero di Natale nella piazza e parla a una piccola folla di curiosi, che si è radunata lì sotto. Anch’io mi fermo a guardare, attirato dalla stranezza della situazione.

- Io vi assolvo, lastricato di porfido della piazza, vecchia fontana, decrepita statua di marmo scadente ricoperta di ***** di piccioni, liscio e grinzoso asfalto delle strade, calce e intonaco delle case, panche delle chiese, cubetti dei vicoli, chiazze di vomito di periferia, angoli di sera illuminati dalla luce dei lampioni, panchine nei parchi o sul ciglio delle strade, città, banchi verde scuro del mercato settimanale, negozi di vestiti alla moda, supermercati insanguinati, cessi delle discoteche, stoffa colorata dei cappelli di lana dei bambini.

La folla è visibilmente a disagio, ce ne vorremmo andare, ma qualcosa ci trattiene, siamo come paralizzati.

- Vi assolvo, impiegati, *******, ignoranti, vecchi, disoccupati, uscieri del tribunale, quindicenni, panettieri, attori, assassini, banchieri, re, streghe, idioti, diseredati, spacciatori, studenti, malati, ricchi e poveri, frigidi o laidi.

Qualcuno scuote la testa, altri lanciano occhiate torve all’uomo sull’albero.

- Voi che chiedete l’elemosina e voi che cambiate strada per non vedere i poveri, voi che lanciate da lontano un tozzo di pane raffermo o una moneta e credete per questo di meritarvi il cielo, voi che espiate vivendo per chi non sa farlo da sé, alla ricerca di qualcosa, che sognate nei cimiteri, sulle panchine levigate dalle lacrime o sotto terra, nei regni dei lombrichi, non fa alcuna differenza, vivete odiando e ve ne andate nell’azzurro, voi che affollate i bordelli e pregate nelle radure e ballate per dimenticare fino all’alba.

La folla è schiumante, piangente di rabbia, pesta i piedi.

Guarda, due passi davanti a te un sampietrino della pavimentazione è allentato. Prendilo in mano.

- Io assolvo la madre che abbandonò il figlio rottame dell’amore in un bidone della spazzatura, una fredda notte piovosa, assolvo il traditore e l’infanticida, non nati e mai vivi.

- Io, Gesù Cristo, vostro padre, fratello, amante e figlio, vi assolvo.

- Frugatevi il cuore e troverete una spugna. Potrete lavarvi via la colpa, e innocenti perdonare. Io vi assolvo.

Prendi la mira.

- Frugatevi la mente e troverete una candela. Potrete vedere oltre l’illusione, e illuminati illuminare. Voi siete liberi.

Tiraglielo addosso, ora. In mezzo agli occhi. Non sbagliare mira.

- Voi siete…

Un sasso lo colpisce sulla fronte e Gesù si accascia all’indietro. La folla annuisce sorridendo, liberata, finalmente. Tutti mi guardano con ammirazione. Una ragazza carina, vestita di fuxia, mi masturba con gli occhi. Sotto l’albero si raduna una folla sempre più grande, cittadini e turisti di tutte i ceti e le età, intirizziti dal freddo, gli occhi spiritati, le labbra screpolate.

Un signore sulla cinquantina, con una fascia iridata a tracolla e una corona d’oro in testa, mi dà una corda. E’ un attimo, un attimo per il mio agile corpo di ragazzo, salire lassù e mettergli un cappio attorno al collo, legare la corda a un ramo che tenga. E in un baleno sono tornato a terra, commosso dalla gratitudine di tutte quelle pupille innaturalmente dilatate.

E’ questione di minuti, prima che il suo peso spezzi il ramo sui cui l’ho sdraiato. Intanto, mi godo il respiro della fama nelle farneticanti acclamazioni della folla.

Mentre l’arancione metafisico degli autobus fa avanti e indietro sulle strade di porfido e nella buia città illuminata la gente per un attimo interrompe le compere di Natale...

V

Dall’altra parte della luna – probabilmente – inconcepibile lamento di strazianti case umane e vento delle rovine fra le finestre rotte nell'oscurità.

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A Scuola, la maestra: "Bambini, per le vacanze scrivete un pensierino sul Natale"

Piero, anni 6

È Natale e io stimo tanto il mio papà. Mio papà ha investito col SUV una vecchia signora perchè quella tartaruga non si sbrigava ad attraversare la strada e lui stava facendo tardi perchè doveva portare la mia letterina a BabboNatale. Spero che quella signora non cammini più. A meno che non sia la Befana.

Mario, anni 7 e quasi mezzo

Per Natale mio nonno s'è vestito da Babbo Natale. La mamma gli ha detto più volte che non doveva fare certe cose alla sua età, ma lui non l'ha ascoltata ed è andato sul tetto perchè voleva scendere dal camino. Per fortuna che i pompieri non vanno in vacanza.

Giovanna, anni 9

Quel deficiente di Babbo Natale non ha capito niente di quello che gli avevo chiesto! Io volevo le Winx con Cappello della Foglia Magica del Bosco di Quandamon e invece quel vecchio rincoglionito mi ha portato le Winx con Cappello della Foglia Magica del Bosco di Quindilan. Secondo me Babbo Natale dovrebbe andare in pensione e lasciare il posto a Justin Timberlake che è più bravo e non si sbaglia.

Filippo, anni 4

A Gesù Bambino avevo chiesto di diventare un Gormita. Chebbello! Non sono proprio un Gormita, ma mia mamma dice che l'herpes che mi è venuto su tutto il labbro di sopra mi ci fa sembrare!

Giacomo, anni 9, ma vissuti intensamente

Io a Babbo Natale ho chiesto la Befana della pubblicità della TIM. Anche mio papà ha detto che l'avrebbe voluta volentieri al posto della mamma. La mamma ha bruciato l'arrosto e a preso papà a schiaffi parlando di una certa Troiadellavoro che però non ho capito che regalo sia.

Assuntina, anni 7

Natale è la festa dei parenti. A pranzo eravamo trentadue. Mia mamma ha iniziato a cucinare il 17 dicembre. Mentre noi mangiavamo però, lei è svenuta sul divano con Pallino, il mio cane, che le leccava la faccia.

Carlo, anni 8 e mezzo di militanza nel sociale

Io per Natale vorrei che ci fosse la Pace nel Mondo, l'abolizione della pena di morte, il divieto mondiale di caccia alle balene e l'autofficina della Ferrari della Lego.

Cosimo, anni 7

Secondo me Gesù lavora nello showbusiness perchè tutti gli anni si ripresenta il giorno dopo che su Italia 1 danno "Una poltrona per due".

Daniele, anni 27

Qesto Natale vorrei passarlo con mio nonno. Vorrei un pranzo di Natale dei soliti, di quelli in cui mi chiedo che cavolo ci fa seduto alla mia tavola lo Zio Pino che vedo una volta all'anno, tutti i Natali e con cui non ho scambiato mai più di sei parole consecutive (Buon Natale E Felice Anno Nuovo). Vorrei un pranzo dove siamo tutti stanchi per l'anno appena trascorso, ma nonostante tutto ce la ridiamo sotto i baffi perchè siamo ancora qui pronti ad affrontare l'anno successivo...

E invece mio nonno ovviamente non ci sarà, ma ci sarà quasi certamente quel rompicoglioni dello Zio Pino (e meno male che il bastardino isterico gli è morto due anni fa, altrimenti c'era pure lui). E forse, sotto sotto, non tutti saranno allegri come al solito. Io per lo meno.

Questo Natale però, il primo senza il nonno, saremo comunque con una mezza persona in più che da settembre sarà intera.

Meno male che a Natale a tirarmi su il morale ci pensa sempre mia sorella!

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  • 2 settimane dopo...

C'era una volta in un lontano regno incantato una prin... il libro cadde per terra rumorosamente, rimanendo aperto quasi a metà: era uno di quei libri in pagine di cartoncino plastificato che, sfogliato di volta in volta, rappresenta la storia tridimensionalmente sollevando luoghi e personaggi moventi. La pagina rimasta aperta raffigurava un vero e proprio castello in stile medievale con tanto di fossato, soldati in armatura a guardia del portone e alte torri a punta: solo la torre centrale, più alta tra tutte, era strappata a metà.

"Mammaaa, mammaaa ... mi ha rotto il libro" la voce piagnucolante della bambina spezzò fastidiosamente la dolce quiete che aleggiava nella stanza: era una ragazzina dell'età massima di cinque anni, con capelli castano chiari legati in due trecce non troppo lunghe e dai grandi occhi celesti innaturalmente cristallini; indossava un semplice vestitino rosa, sopra un paio di collant bianchi, stretto sulla piccola vita da una fascia con un grande fiocco posteriore. Dall'atteggiamento si capiva subito che fosse una di quelle bambinette prepotenti e viziate che ottengono tutto ciò che vogliono semplicemente aprendo gli occhi come rubinetti dispensatori di lacrime innocenti.

"Mam .. mammaaa!" Ormai in singhiozzi, le parole apparivano incomprensibili, ma il suo sguardo era carico d'odio e sembrava voler dire <<Guarda cos'hai fatto, brutto scemo ... ora lo vado a dire a mamma!>> e così fece: prese e, quasi scapicollandosi, corse via scappando dalla stanza.

A guardarla bene mentre correva, quella bambina sembrava una vera e propria meringa bianca e rosa.

Mhmm meringhe … saranno anni che non mangio una meringa … che dico, saranno anni che non assaggio più un dolce ormai … perché? Vorrei sapere perché non posso? Cos’ho fatto? Non ricordo più. Profumo di biscotti appena sfornati, una fetta di torta della nonna, quel sapore di crema pasticcera misto all’aroma dei pinoli, bignè al cioccolato, la sensazione della pasta sfoglia sul palato: solo … non riesco a ricordare quando!

Il silenzio ... di nuovo.

C’è un libro.

Cos’è? Oh, un castello! Non ne ho mai viso uno … e pensare che da piccolo mi piacevano tanto i castelli, e i cavalieri, e le storie fantastiche che mi raccontavano.

"Mio signore, meno male che sono riuscito a trovarvi! Quali sono i vostri ordini?"

"Ordini? Cosa .. ?"

"Dobbiamo inseguire Lord Mirò? Sappiamo da fonti certe ch’è stato lui ad ordire il complotto contro di voi. Abbiamo interrogato il sicario che alla fine ha confermato l’identità del mandante. Come ci dobbiamo comportare?"

"Avete agito bene Sir Celsius. Fate preparate immediatamente la mia scorta: mi occuperò personalmente di Lord Mirò."

"Come desiderate vostra maestà."

L’intera fortezza era in fermento e la corte tutta era sconvolta e preoccupata. La sala delle udienze aveva tuttavia mantenuto una compostezza degna di nota, cosa che il re aveva molto gradito: si alzò dal trono per andare a prepararsi per l’inseguimento del traditore della corona, quando venne distratto dalle parole accese di due dame poco distanti da lui.

"Cosa ti avevo detto? Ti avevo detto di lasciarlo in pace e invece tu non mi dai mai ascolto!" disse una.

"Ma … me l’ha rotto! Vieni ti faccio vedere!" rispose l'altra.

"Mio signore, se volete raggiungere Lord Mirò dovete affrettarvi!" disse Sir Celsius, tornato ad allertare il sovrano.

"Avete ragione, vado a prepararmi."

"Stai bene papà?"

"Come dite Sir?"

"Papà, mi riconosci? Sono io, Carlo. Stai bene?"

"Cosa? Dove sono?"

"Sei a casa, dove credevi che fossimo?" La voce dell’uomo era premurosa e colma di preoccupazione.

"Ma io credevo …"

"Ma mamma, non è giusto." insistette ancora la bambina.

"Te ne comprerò un altro tesoro." si sentì rispondere.

"Tiziana, ti dispiace portarla nell’altra stanza? Papà non si sente molto bene." Ora il suo tono era leggermente infastidito.

Il vecchio aprì gli occhi: la sua faccia era una maschera di rughe, aveva un naso butteroso e i suoi pochi capelli sottili e grigi cadevano a formare uno scarno riporto sulla pelata, la pelle sembrava cartapecora dal colore chiazzato tipico delle persone molto anziane, il mento e le guance erano puntellati da un’irregolare peluria bianca, e il suo sguardo … il suo sguardo era fisso nel vuoto, come la sua espressione … vuota.

"Cosa ci faccio qui?"

"Ma papà, oggi è il giorno di Natale! Non avremmo mai potuto lasciarti da solo. Scusami solo un attimo." L’uomo, sorrise, e si alzò dalla posizione accovacciata vicino alla sedia del vecchio, stirandosi la schiena. Poi si mosse per andare nell’altra stanza ma inciampò inavvertitamente sul libro di favole calciandolo e per poco non cadde in terra. Spazientito varcò la soglia della porta e scomparve.

Il librò continuò a girare su se stesso a causa dello schianto, finché non si fermò facendo aprire una pagina che mostrava un paesaggio dominato da una grossa collina innevata, sotto l’infuriare d’una tempesta e sotto la flebile luce del crepuscolo.

"Vostra Maestà, non possiamo continuare, in queste condizioni: i cavalli sono stremati e infreddoliti. Proseguire con la tempesta è solo un inutile suicidio … cercate di ragionare!"

"Non posso darvi torto, mio fidatissimo suddito nonché amico, arrestate la marcia, dunque, e tornate indietro: avete fatto più di quanto avessi dovuto chiedervi. Io continuerò da solo. Finché avrò fiato avanzerò, perché ogni passo che compio mi porterà sempre più vicino a colei che amo e ogni attimo che sfugge via è un prezioso momento che non potrò trascorrere con lei."

"Ma come farete ad orientarvi con questo maltempo? Vi prego di non essere così test … sire, avete visto?"

"Quale prodigio è mai questo?"

"Avete mai visto stella così grande e luminosa, e così veloce? Sta rischiarando terra e cielo."

"Questo è un segno divino: sarà quell’astro ad indicarmi la strada, lo sento."

"Abbiate fede e non preoccupatevi: appena liberata Madama Tiffany, faremo ritorno a castello."

"Avrò fede in voi, mio Signore, ma che ci fa lei qui?"

"Cosa dite?"

"Non doveva essere a scuola oggi? Te l’avevo detto che non era il caso che fosse presente anche lei in casa ma tu no, sempre di testa tua. Ora torniamo in salone e per favore lascia Priscilla nella sua camera."

L’uomo ricomparve nella stanza accompagnato da una bella donna dallo sguardo triste, si avvicinò al vecchio poggiandogli gentilmente una mano sulla spalla; poi afferrò la sedia a rotelle sulla quale era seduto e la girò parzialmente avvicinandola al divano. La parete di fronte era scarsamente addobbata: un solo striscione monocromatico, di un verde metallico, era adagiato su uno strano quadro raffigurante una linea rossa e una serie di punti neri su uno sfondo blu. Il chiodo che reggeva la cornice aveva crepato l’intonaco con una linea irregolare che oltrepassava il divano arrivando vicino alla porta, all’altezza del tavolo. Un piccolo presepe preconfezionato, non più grande di un libro, giaceva inerte su un mobiletto a fianco del divano. Nessuno albero colorava la stanza con luci intermittenti e riflessi delle tipici sfere e stelle scintillanti del natale.

Il vecchio guardava, senza espressione, il viso della donna seduta sul divano affianco all’uomo.

"Papà, ti ricordi di Tiziana vero?"

Il vecchio non batté ciglio. Aveva il labbro inferiore destro pieno di saliva e non accennava a rinsavire.

"Ah, quasi dimenticavo." L’uomo prese una busta, nascosta tra il divano e il mobiletto e ne estrasse un pacco con un nastro colorato rosso. "Tieni cara questo è per te!"

La donna aprì il dono, senza troppa convinzione, rivelando all’interno uno shampoo ed una spazzola.

"Grazie caro, come facevi a sapere che volevo proprio questo?" Fece lei, abbracciandolo. Quindi fu il suo turno: l’uomo estrasse dal pacchetto, confezionato alla buona, una sciarpa un po’ consunta.

"Grazie tesoro." rispose lui baciandola sulla guancia e stringendole la mano destra ch’aveva preso a tremarle.

"Ed ora, papà!" Prese un sacchetto di carta e ne tirò fuori un piccolo cappello da babbo natale. Poi prese un fazzoletto e asciugò la bava al vecchio." Spero ti piaccia …" fece, coprendo i capelli del vecchio col buffo berretto "… so che non è molto, ma è pur sempre qualcosa!"

Il vecchio, con aria stupita, si guardò intorno, guardò la donna, guardò l’uomo. Poi inarcò le sopracciglia, aprì la bocca, stupito, e corrugò la fronte in una miriade di grinze sottili. Il suo sguardo continuava a spostarsi dall’uomo alla donna e viceversa, e i suoi occhi man mano si facevano sempre più umidi. Tanta era la commozione che inizialmente la sua voce tremò e sembrò balbettare: "M-ma io n-non vi ho fatto niente …"

"Ma papà, sai che l’unica cosa che ci rende felice è averti oggi qui con noi!" Rispose l’uomo, mentre la donna sorrideva timidamente, girando gli occhi per non guardare il vecchio.

Il vecchio si portò la mano sinistra agli occhi per cancellare il velo ch’annebbiava la sua vista.

L’uomo a quel punto si alzò, raggiungendo il tavolo per prendervi qualcosa; poi ritornò e si accovacciò vicino al vecchio. "Papà, se proprio vuoi fare qualcosa per noi, allora metti una firma qui …" disse, appoggiando sul bracciolo della sedia a rotelle un blocchetto degli assegni "… proprio qui, sotto al numero …" indicando lo spazio sotto alla cifra di mille euro "… ecco così, aspetta ti aiuto … bravissimo."

"Grazie mille papà e buon natale anche a te! Non immagini neanche quanto sia grande il regalo che c’hai appena fatto!"

Il vecchio sorrise assottigliando gli occhi e allargando le guance grinzose, tanto era felice.

La donna si alzò, coprendosi il viso alla vista di quel vecchio, e si girò asciugandosi il viso con un fazzoletto.

L’uomo, quindi, si avviò verso la porta e afferrò un mazzo di chiavi attaccate ad un gancio, vicino il termometro Celsius che segnava ben trentadue gradi; quindi spalancò entrambe la ante della porta e cominciò a raccattare alcuni oggetti sul tavolo e per terra. Nel frattempo la donna, si era rigirata facendo inavvertitamente cadere una pila di videocassette e cominciò a raccoglierle: Harry ti presento Sally, Hook - Capitano Uncino, E.T. L’Extraterrestre, Colazione da Tiffany … ma poi lasciò tutto com’era e si rivolse al vecchio con espressione affranta "Grazie per tutto quanto papà, grazie di cuore!" e l’abbracciò teneramente.

L’uomo quindi si riavvicinò, togliendo il berretto dalla testa del vecchio; poi cominciò a spingere la sedia a rotelle verso la porta, fuori dalla casa e giunse innanzi alla macchina. Una volta adagiato il vecchio sul sedile del passeggero, si mise alla guida e partì. Si asciugò la fronte perlata di sudore con il braccio e accese la radio.

<Khfzzh ... ncora qui e rimarremo assieme tutto il pomeriggio, questo caldo torrido pomeriggio di un’estate che si preannuncia infuocata! Ora vi passo, per l’ennesima volta, il tormentone dell’estate duemilasette. Rimanete sintonizzati! khfzzh ... Toda joia toda beleza, donde el hombre, Toda joia toda beleza …>

"La neve …"

"Cosa?"

"Dov’è la neve?"

"Perché dovrebbe esserci la neve in agosto?"

"A natale c’è sempre la neve"

"Natale? Papà ti senti bene? Non è natale, siamo in piena estate. Forse il caldo ti ha dato un po’ alla testa."

...

La macchina si fermò davanti all’istituto Sacro Cuore.

L’uomo spinse la sedia a rotelle all’interno dell’edificio.

Cosa c'è qui? Una torre: com’è bella, così alta e slanciata, non ne vedevo una così da tanto, tanto tempo. La scala per risalirla conterà più di mille gradini.

Si, mille gradini, ognuno più vicino alla meta, ognuno più vicino a lei. Una volta destata dal suo magico sonno la cingerò tra le mie braccia e la condurrò via da questo angusto loco. Torneremo a palazzo e ci sposeremo nel giorno di natale e vivremo a lungo felici e ... e ...

"Ciao Nicholas, giro piuttosto lungo oggi con il signor Mauri." disse il custode, all’ingresso.

"Non me ne parlare, Carl: il vecchio voleva tanto andare al parco a dar da mangiare ai piccioni che ho deciso di allungare un po' il percorso. Che diavolo, è estate anche per lui!" aggiunse l’uomo.

"Cos’ha in mano il vecchio? Sembra il disegno di una torre."

Pareti bianche.

"L’avrà raccolta da terra al parco, non è il massimo dell’igiene: ecco ora la butto."

Odore di ospedale.

"Bene, dopo il signor Mauri … vediamo, ah ecco, porta la signora Rossi a fare la sua solita passeggiata, e poi sei libero."

Sono a casa.

"Già, finalmente in vacanza, non vedevo l’ora. Ah, grazie per aver cambiato il turno con il mio, Carl, non sai che grande regalo mi hai fatto … e salutami Tiziana."

"Ciao bello e buone vacanze."

… vivremo per sempre felici e contenti!

Liberamente ispirato ad un cortometraggio di cui il freppi non ricorda il nome.

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Beh..di commenti non ne sono stati fatti..

Ma non per questo mi asterrò dal dire che, come sempre, Piri batte tutti sull'idea e composizione!

Grande Piri.

Come ho già detto in privato ho molto apprezzato anche il lavoro di Phate, il cui racconto in prima persona è davvero impressionante...colpisce l'occhio e la mente..davvero complimenti!

Oltre a questi vorrei fare i complimenti anche a Viridiana che ha affrontato il tema in un ottica davvero originale...Sinceramente, nonostante io cerchi sempre di prendere, in ciò che scrivo (non sono uno scrittore eh..ma mi ci diverto), una visione più ampia delle cose, ma soprattutto, un punto di vista che nessuno penserebbe mai; Il punto di vista adotatto da Viri, sarà per ottusità mia, mi ha colpito proprio perchè non ci avevo nemmeno pensato..il punto di vista dell'albero!

Grande viri..mi è piaciuto davvero molto il tuo racconto.

Grande Anche il Freppi..che rende partecipi i partecipanti e non (che gioco di parole eh:-p:lol:) di uno dei suoi pochi racconti. Devo dire che non mi ricordo di aver letto molto del Freppi, e, sinceramente, non l'avremi mai pensato così serioso..Soprattutto su un racconto che trattava del Natale.

Non che non abbia apprezzato, Anzi! Hai davvero un bel modo di scrivere Freppolo...complimenti! Tra quelli che ho letto sei quello che è riuscito a dare più sfumature al racconto..

Per spiegarmi meglio:

Il tuo è un racconto, serioso certo, dove, se fosse riprodotto in pellicola, si vedrebbero sfumare le varie scene a favore di altre..Ecco, è un racconto molto cinematografico..(lasciando da parte anche le tue ammissioni a fine racconto, non credo sia la tua fonte d'ispirazione a contagiare il mio giudizio..o almeno lo spero).

ESA!!

Esa davvero, il solito epico visionario:-p;-), ben articolato ed ovviamente ben scritto..Pensare al bene ed al male come due enti conversanti è un originalità, soprattutto di "punto di vista", che non mi aspettavo in un racconto sul natale.

Certo, non facilissimo da leggere rispetto agli altri, ma davvero stupendo.

Strike...beh di strike avevo già letto su LNS (come anche per Esa)..si sà..strike scrive benone..fluido, e con frasi la cui lunghezza sembra calcolata al millimetro.. :lol: Non ho niente da cmmentare a strike se non che, come gli altri del resto, il racconto per originalità (magari un poco simile a quello di phate..ma si sà..l'ispirazione è una bestia di molti e per molti molto simile) e stile mi è piaciuto davvero parecchio.

Ultimo, ma non ultimo, (come si suol dire), Ectobius...Non ho molto da dire al riguardo..hai uno stile un poco acerbo (hei..non parlo dall'alto di chissàche..solo è che mi piace leggere, tutto qui:-D) la cui maturazione credo vada coltivata in maniera profonda...è uno stile che sta prendendo una forma davvero elegante, a parer mio, e data la giovane età non posso che dirti: continua così!!!

Insomma..il tema del natale ha richiamato più intrepidi del tema precedente sula canzone (al quale avrei davvero voluto partecipare..non fosse che sarebbe stato davvero troppo difficile scegliere UNA sola canzone!:lol:), spero che il nuovo tema sul furto chiami ancora più gente.

Come credo si sia capito è un iniziativa che mi ha dato davvero dell'entusiasmo..credo che anche non fosse un contest avrebbe dei risultati altrettanto buoni..(anzi forse di più..visto che si uscirebbe, per chi ci è dentro, dal tunnel del: "che posto a fare..tanto non vinco..faccio postare quelli più bravi").

Ancora complimenti a tuttitutti!;-)

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OK: confesso di non aver votato. E il motivo è che non riuscivo a decidermi tra quello di ectobius (mi fa impazzire la delicatezza con cui riesce a trattare temi di tale entità, a commuoverti sorridendo delicatamente) e quello di BG, come al solito quasi perfettamente equilibrato nei suoi elementi

Formalmente, invece, ho gradito molto la consolidata pulizia di Strike. Si sente che è più maturo...

Ah, gran bello pure quello di Piri, dolce e amaro come il Natale degli adulti.

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Grazie lady di ferro;)

Dunque: contest sfizioso per natale, ho trovato del genio in quasi tutti i racconti.

Andando con ordine rigorosamente di postata, il buon Strikkio.

Affrontare il Natale dal punto di vista di una setta di assassini e di un plotone di centurioni è veramente alternativa, per me, come idea. Ma la bellezza del suo racconto è stata nello stile scelto per raccontarla: mi ricorda troppo lo stile di VMM in positivo, mi sono sentito catapultato nel deserto e mi sentivo quasi la sabbia in mezzo alle dita dei piedi ;) interessante pure il "dubbio", i ragionamenti delle due opposte fazioni. bello, davvero. Unica pecca, che poi pecca non è, è che forse alcune descrizioni sono un pò tanto "articolate". rendono bene l'ambientazione, ma imho rendano un pò meno leggera la lettura.

Segue il racconto di Black God.

Come dettogli anche via MP (e a sua detta, lusingandolo eccessivamente :P) aveva un no so che di Douglas Adams e della sua guida galattica dell'autostoppista. bello, demenziale al punto giusto ed anche leggero da leggere. tanto di cappello per lui, davvero squisito.

Il giovane Esaehttrha del genio, visonario QB. Non si limita ad una visione lineare, ma spazia in tempi e luoghi (o in non-tempi e non-luoghi) totalmente differenti tra di loro. tutti legati da una costante, un racconto quasi circolare con l'inzio che richiama la fine. Bello l'intermezzo tra bene e male, molto. E, permettimi un pò di hybris, imho peschi anche dal suo interland socio-culturale per come mi immagino io la vita di Esa. Bel racconto, forse crudo, ma perfetto per uno dei poeti maledetti del forum.

Piri è come il solito l'outsider, quello che tira furoi l'idea che nessuno si aspetta. la letterina, il tema, qui bambini che sono bambini di oggi eppure no, quelli che sono come lui li vede, che non capisci se sono messi così per far ridere, per riempire lo spazio che precede la SUA di lettera, se per criticare la società moderna o per tuti e tre i motivi. Bella la letterina di un bambinone troppo cresciuto che con l'innocenza di un bimbo scrive di cose da grandi, dei problemi che prima o poi toccano tutti. Quasi commovente, nella sua simpatia, il buon piri.

Il freppi sa stupire nella semplicità. Non usa paroloni, non fa giri strani, non parla di dei, divinità, semidei.

E' una storia di quotidiana sofferenza, forse di orrido approfittarsi della gente.

Triste, ma scritto bene. ti piglia, ti tira dentro la lettura, non ti molla fino all'ultimo.

è velato di malinconia, come gli occhid el vecchio, o forse come l'uomo di oggi.

un applauso a tutti, mi siete piaciuti davvero sto giro.

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Il mio voto è andato all’inquietante racconto di Phate, Natale 6K, che è metafora di un mondo che è già qui: il mondo del potere della scienza e della tecnica, il mondo del relativismo privo di certezze. Il mondo dei poteri astratti e pervadenti che sono posti fuori da ogni possibile controllo e responsabilizzazione dell’uomo.

Se ancora esisterà nel seimilacinquecento, Bethlem6500, un pianeta insignificante ove l’unica realtà interpretabile è quella dello spettacolo che “fa in modo che sia una cosa catartica”, e oltre lo spettacolo non ci sarà che una Babele di linguaggi vuoti dove “i nomi non ti dicono niente, non li ricordi nemmeno più, suonano come bal, bahhl, balll”.

DecimasX! Sta forse per decima Mas?

Ma questo è un mondo dove non occorre la violenza per controllare le masse. I mezzi della tecnica sono potenti e ammaestrano una massa di forme strane: umani impotenti, mutanti antropologici e prodotti della tecnica, cyber e robot E veline che vestono di pixel viola e si accompagnano ad esseri di “due metri per centottanta chili di muscoli.”... “Peloso, molto peloso. Ben pettinato, orecchino d’oro e canino mandibolare ipersviluppato...vestito con un paio di pantaloncini marroni in sintepelle. Belli, costano un occhio della testa. Deve essere ricco e forte, quel tizio”.

Sarà un calciatore miliardario!

“La tipa appesa al suo bicipite lo sbaciucchia di continuo”.

Eppure!...

Eppure vi sono ancora gli umani, ma sono impotenti! E ancora sognano un grande evento E il salvatore se lo attendono ancora dalla tecnica purtroppo... la tecnica che pure è stata e sarà ancora la responsabile di tanta rovina...

Una “vita di dolore e sofferenza li aspetta”.

Allora, giovane umano, ti piace il mio bambino?...

Che non è più un bambino!

Il tutto raccontato in una prosa fluida che scivola leggera su una carsica vena di ironia e rende gradevole la lettura di un testo pur impegnativo.

P.S.

Ma nutro una perplessità! E vorrei che Phate chiarisse:

forse che vede nell’accettazione del diverso la causa di tale disastro? Cioè la immigrazione e l’invasione di altre culture... naturalmente inferiori?

E magari crede davvero che la tecnica potrà salvarci?

Grazie Esa!

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Toc toc... Sono qui per annunciare il vincitore! ;-)

Dopo un attento conteggio dei voti, Samirah ed io abbiamo il piacere di conferire il simbolicissimo suppostone della vittoria a...

Piri

...che ha convinto la maggioranza dei votanti con la sua particolare composizione.

Al topic apposito per i commenti ragazzi...

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Arringranzie tutto quest'amate pubblici che con il loro cenerosità et buon animo (in uni parola "animosità") hanno contributto al'eleggimento di me medesime.

*inchini a profusione*

Scherzi e italiese a parte.

Grazie. Non pensavo che avrei potuto essere competitivo...più che altro per la forma un po' strana del componimento.

Beh...spero di essere all'altezza anche per gennaio.

:bye:

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Il freppi rinnova le congratulazioni a piri per la sua grande vittoria ... e osserva invidioso il suo tapiro d'oro di Natale!

@Piri: hai visto? hai scoperto d'avere un gran talento senza saperlo!

(il tutto aspettando che postasse qualcuno prima del freppi ... onde evitare di sbagliare topic e attirar su di se l'ira fuensta della ferrea samirah ... :P)

P.S.

Per il contest di gennaio ancora nisba ... ma non potevate mettere come argomento la cioccolata? :sbav:

P.P.S.

Per il racconto del freppi invece: siate cattivissimi e fatevi sotto con le critiche! :mrgreen:

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sono appena tornato mezzo distrutto da una giornata all'uni, e approfitto dell'occasione per fare i complimentoni al buon Piri per il contest di dicembre!!

continua così ragazzo ;)

piccola domanda.. ma il topo dei commenti non è sempre lo stesso, cioè questo??

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Piri stavolta ha stracciato tutti per originalità. ;-)

Bisogna fare dei commenti? Ahiuuuiii... qui si rischia grosso :rolleyes:

Anch'io penso che il contest stia prendendo una buona direzione e quindi i racconti che c'erano si vedeva che erano tutti dei lavori "pensati" e non qualcosa di buttato giù tanto come riempitivo. E questa sicuramente è la cosa migliore e penso anche l'elemento che darà più soddisfazione a Aerys ed a Samirah per la loro idea.

Per quanto riguarda i racconti:

ectobius: ammetto la mia ignoranza. Devo ancora ben capire il tuo stile. Comunichi l'impressione di una persona che scrive con un'idea chiara in testa e devo dire che mi incuriosisce. Voglio vedere dove andrai a parare.

phate: di sicuro la creatività non ti manca. Bella idea e bella trasposizione... mi ha ricordato molto il quinto elemento. Ma magari il mio commento è una banalizzazione. Non volermene.

esa: per me un inferno, quando l'ho letto la prima volta ho pensato: 'mazza.... ;-P Intendo dire che hai uno stile chiarissimo e molto elaborato. Ma al tempo stesso non perde un colpo. Anche qui penso che ne vedremo delle belle.

piri: spiazzante. Conciso ed originale. Hai vinto e lo hai ampiamente meritato. Personalmente mi sarebbe piaciuto molto se l'avessi sviluppato ancora.

viri: anche qui un'ottima idea. Spiazzante per il cambiamento del punto di vista.

freppi: il freppi si tira sempre la zappa sui piedi, ma scrive bene non c'è che dire. Credici un po' di più!!!!

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Piri ha vinto! E con merito.

Piri ha il dono dell’originalità e la sua sferzante ironia, condita di un sorriso amaro, esprime la critica più efficace a questo mondo che scivola inesorabilmente nella monnezza.

“E adesso aiuto, sto impazzendo, vagheggio, vaneggio, viareggio, vo a reggio...vi prego, toglietemi la canzoncina dalla testa...

Vi prego, liberatemi da quest'inferno che mi fa ballare senza ch'io lo voglia.

Vi prego, aiuto”.

“Ah, tempo lascivo che ci fai li in terra? Ah ecco, senza stampella a reggere anche me non ce l'hai fatta...”.

“Ho letto blog snob di tipi hip hop

che aman gli spot col sound di Bjork,

che ascoltano rap, che si fan dei trip

...sai com'è, pippan crack”.

“Respiro male aria densa e filamentosa, appiccicosa afa che mi chiude i polmoni e mi annebbia il pensiero.

Barcollo privo di equilibrio, satollo e ubriaco di umidità, con un vuoto alla bocca dello stomaco che mi risucchia e non mi riempie, che è il mio centro, verso cui ogni mia cellula tende, calamita di me stesso.

Ma poi mi tuffo.

Subacqueo annaspo, inghiotto il mare senza sputarlo fuori.

Assorbo e assimilo e assolutamente aspetto di colmare col calmo mare il malconcio me”.

Preso atto che qui molti scrivono bene e anche li invidio... dopo aver dichiarato che se non ho racimolato nemmeno un voto (forse se Esa non avesse titubato) mica mi offendo... dopo queste dichiarazioni posso ancora chiedere che venga pubblicata la graduatoria completa del concorso?

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