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(...) Qui abbiamo un racconto che parla al nostro intelletto ma non all’animo: volendo illustrare una tragedia senza mai giudicare né dare risposte a domande che probabilmente non ne hanno (o ne hanno troppe), il regista ha creato una opera certamente sobria, certamente non retorica ma che non emoziona più di tanto. Tratto dal romanzo omonimo di Maria Pace Ottieri, “Quando sei nato non puoi più nasconderti” segna il ritorno a Cannes di Marco Tullio Giordana ed è molta la curiosità di vedere come la stampa straniera accoglierà il film. Quella italiana si è divisa: tutti concordano sulla serietà e le buone intenzioni del regista, ma il risultato finale non ha convinto pienamente. A mio parere manca nel film unità e armonia di sviluppo tra le varie parti, tre o quattro veri blocchi che mi sono sembrati separati e non comunicanti: Brescia e il mondo del lavoro, il viaggio in mare, il centro di accoglienza, il ritorno a Brescia. Ogni singola parte è analizzata con la stessa attenzione e un eccesso di dettagli che finiscono per essere lungaggini inutili (occorrerebbero coraggiosi tagli anche perché certi silenzi, certe panoramiche in cui non accade nulla ricordano troppo Antonioni e un cinema che ormai mi sembra superato e fanno arrivare troppo tardi il finale aperto, la cosa più bella del film), lungaggini che distraggono (se non annoiano) lo spettatore che ha quasi l’impressione di vedere tanti film diversi o puntate diverse di uno stesso lavoro. Difetta poi l’approfondimento psicologico di alcuni protagonisti (...)

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