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[CyberPunk- Aurora] Fuori Programma


Aurora79

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Piove come sempre. Acqua sporca e puzzolente che rende i buchi nell'asfalto dei piccoli laghi verdastri, i neon disegnano i riflessi cangianti delle macchie oleose. Vento. Inutile ogni pretesa di ripararsi.

Poche persone in giro, con passo affrettato, la testa bassa, i vestiti inzuppati.

Qualcuno attraversa la strada di corsa, una valigetta a coprire la testa, i freni non fanno rumore sull'asfalto bagnato, il corpo viene sbalzato oltre la fila di macchine parcheggiate sul bordo stradale, la macchina è già lontana, l'uomo si rialza, riafferra la valigetta atterrata poco lontano, riprende a correre e sparisce in un vicolo.

Neon fulminati, rendono la vetrina di un vecchio negozio inquietante.

Le macchine sembrano tutte grigie, lo sporco portato dalla pioggia le rende tutte di un colore indefinibile.

E' quasi sera secondo l'orologio elettronico scorrevole del Mac, un pagliaccio mascherato fa gesti inconsulti con un braccio, l'altro penzola inerte semi-spezzato da qualche bastonata di teppisti.

@Nicto: sei uscito, cerchi qualcosa da mettere nello stomaco. Nella zona ci sono diversi locali, sia buoni che squallidi, i baracchini dei venditori ambulanti resistono solo nella zona coi portici

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[...]

@Nicto: sei uscito, cerchi qualcosa da mettere nello stomaco. Nella zona ci sono diversi locali, sia buoni che squallidi, i baracchini dei venditori ambulanti resistono solo nella zona coi portici

Sono nello Sprawl immagino; altrimenti fai come se non avessi scritto niente.

Avanzo lungo il marciapiede, stringendomi nel cappotto; troppe ore passate davanti allo schermo alle prese con l'ingrandimento di un circuito elettronico, e ora l'aria fredda punge come l'invidia, e le gocce di pioggia sulla pelle sono come ghiaccio acuminato.

Schiocco le labbra all'idea di un paio di yakitori innaffiati da birra da quattro soldi, ma nessun banco ambulante nei dintorni.

Mi fermo davanti alla vetrina di un negozio e contemplo per un momento uno scialbo me stesso.

Le mani in tasca, riprendo a camminare, guardingo, tirando su col naso.

Lo yakitori può attendere: per il momento ciò che voglio è infilarmi in qualche buco e sprofondare nell'ombra. Possibilmente in compagnia di un buon bicchiere.

Entro nel primo locale che trovo, ovviamente non di lusso.

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sei in una zona indefinibile un gradino sopra lo sprawl... quartieri poveri e violenti, ma non i peggiori

La squallida vetrina è imbrattata di vernici sbiadite e frammenti di vecchi volantini colorati, gomme da masticare usate disegnano un motivo variegato e irregolare sullo stipite della vetrata chiusa in parte da del cartone e da policarbonato di recupero.

Un piccolo gruppetto di Gothick staziona dall'altra parte della strada, vicino all'ingresso della sotterranea. Piccoli dinosauri con le creste di capelli laccati ondeggianti (cit. letteraria).

E' strano vederli fuori, una quantità di cocci luccicanti ai loro piedi lascia immaginare i litri di alcool che hanno già ingurgitato.

Spingi la porta e il locale fumoso riempie con il suo puzzo ogni tuo poro ricettivo.

Nel locale un polveroso bancone di legno sintetico espone sottovetro un paio di piatti già pronti. Poca gente, un paio di tavoli occupati, un tizio bestemmia alla macchinetta elettronica mangiasoldi, continuando a tirare leve, schiacciare pulsanti mentre una musichetta ossessiva riempie il locale.

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[...]

Un piccolo gruppetto di Gothick staziona dall'altra parte della strada, vicino all'ingresso della sotterranea. Piccoli dinosauri con le creste di capelli laccati ondeggianti (cit. letteraria).

[...]

Giù nel Cyberspazio è il mio preferito.

Sono ben felice di mettere piede nel locale e evitare così le attenzioni dei Gothick. Non è la mia zona, e non saprei a chi chiedere aiuto in caso di aggressione.

Soltanto un momento per guardarmi attorno e visualizzare l'ambiente. Ne ho viste così tante di bettole che ormai so identificarle a vista.

Questa probabilmente rientra nella categoria "Apparentemente tranquilla...". Un formicolio mi percorre la spina dorsale, non mi sento a mio agio.

E' come se da un momento all'altro dovesse accadere qualcosa di spiacevole.

Mi dirigo verso il bancone e indico la vaschetta sintetica contenente pollo fritto, poi vado al distributore per la birra.

Tutto troppo tranquillo.

Questa non è la mia zona...

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Il tizio del bancone infilza cinque pezzi di pollo fritto, grossi come una noce in uno spiedino che getta per pochi secondi su una piastra unta e nera alle sue spalle, girandolo dopo pochi attimi.

Puzzo di bruciato e fumo si mischiano.

Il tizio borbotta "non funziona" e capisci che si riferisce al distributore di birra, verso cui ti stai dirigendo, evidentemente in avaria dato che la spina della mescita sembra fusa in un ammasso informe di plastiche diverse.

L'odore dello spiedino che ti porge è indefinibile, poi si abbassa leggermente sotto il banco, rumore di un'anta e una bottiglie di birra viene appoggiata sul banco vicino al deck di credito. Ti guarda in attesa, poi gli occhi corrono per un attimo all'ingresso, rumore della porta che si apre, poi tornano a te.

Un passo spedito verso un tavolo e sedia spostata...

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Pago le cibarie, mentre mi volto anche io per dare un'occhiata al nuovo entrato.

Dopodichè scelgo un tavolo appartato, a ridosso di uno degli angoli della sala, dal quale posso osservare bene tutto il locale (entrata compresa); non dimentico di essere "ricercato", e sono solito porre un muro tra le mie spalle e il resto del mondo.

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Il tizio appena entrato è evidentemente in uno stato di pace mentale, occhi vacqui che non guardano niente e nessuno in particolare, sorriso ebete che scoprono gengive innaturalmente alte. Seduto ad un tavolino aspetta pazientemente che il barista gli porti la solita bibita in lattina con cannuccia, non accenna a nessuna reazione mentre gli viene sfilato un piccolo chip dal taschino del gilè militare, e mentre al bancone la macchinetta emette un leggerissimo bip di credito digerito, afferra senza vederla la cannuccia e succhia rumorosamente il liquido.

Una bestemmia soffocata giunge dalla macchinetta e il giocatore d'azzardo colpisce debolmente col palmo della mano le placche metalliche di gioco mentre scende pigramente dallo sgabello. Un cenno con la mano e prende la porta d'uscita, che non fa in tempo a chiudersi per far entrare un ragazzino.

La musichetta ora è cambiata, l'audio di una donna forse morente viene bruscamente interrotto dal telecomando puntato verso la parete del bar che da sulla strada. Appare un damerino che con voce affettata parla delle tragedie del giorno. Una strisciata di loghi e scritte lampeggiante scorre ininterrottamente sulla parte bassa dello schermo e a sinistra dell'immagine olografica proiettata.

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La qualità dell'alcool deve essere troppo scadente anche per loro, il gruppetto dei teppisti crestati si è spostato di poche centinaia di metri più giù, infrangendo la vetrina di un 24h automatico. Saccheggiano con calma i distributori, gettando sul marciapiede gli involucri già svuotati di snack sintetici e le lattine schiacciate.

Sono nella direzione diametralmente opposta alla tua

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"Oggi sono fortunato..." penso tra me e me.

Finché quei bravi ragazzi decidono di sfogarsi con i distributori, il resto della città può tirare un sospiro di sollievo.

Mi dirigo dalla parte opposta, intenzionato a tornare "dalle mie parti" anche a costo di fare il giro più lungo.

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  • 6 mesi dopo...

Una sirena in lontananza, un riflesso di lampeggiante blu sulla facciata di vetro trasversale alla tua direzione. Stridore di freni e di lamiere che cozzano nella rambla parallela.

Sei già oltre, lasciandoti alle spalle la principale e prendendo una secondaria.

Cammini in fretta, scavalchi le gambe di un paio di barboni che allungano poco convinti una mano e la ritirano in fretta quando la tua figura insignificante lascia intendere che hai ben poco da offrire.

Senti il rumore di una vecchia jeep che imbocca la strada alle tue spalle, ti accosti ulteriormente al muro che non offre ripari, solo 150m più avanti ci sarebbe una via minore, non ce la faresti anche a correre.

Ma il mezzo passa rombando senza rallentare. Quando ti supera vedi che è un vecchio modello del sud, scoperto, con i vecchi tubi cromati oramai ricoperti da nastri colorati e adesivi.

Un robusto tizio con una bandana rossa e un giubbetto senza maniche di Jeans è seduto sulla sponda posteriore del cassone, una mano alla struttura e una mano a tenere di traverso sulle gambe quello che diresti senza dubbio un fucile, dalla canna lunga e sottile. Un altro tizio, di cui vedi solo la nera parte superiore e il viso mezzo coperto da un passamontagna e da occhiali scuri , è seduto con le spalle appoggiate all'abitacolo.

Svoltano veloci molto più avanti e il cupo rombo della marmitta scassata si perde.

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Lancio soltanto una rapida occhiata alla jeep e ai suoi occupanti: gente in cerca di guai, penso tra me e me.

Continuo sulla via secondaria, se possibile evitando i luoghi appartati. L'esperienza insegna che non c'è niente di più protettivo che un capannello di gente stanca e annoiata... e io ho decisamente bisogno di protezione.

Da anni ormai vivo con l'idea che i miei ex datori di lavoro possano rintracciarmi, e ho imparato che anche la paranoia può divenire parte delle abitudini di una persona.

Inoltre la sgradevole sensazione che ho fin da stamane non mi abbandona...

Continuo per la via secondaria e cerco di raggiungere la mia zona il più velocemente possibile, evitando i luoghi appartati.

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Passi affrettati dietro le tue spalle, poi il rumore di un clic automatico, un portone si apre e si richiude inghiottendo i passi.

Ancora sirene e voci lontane. La prossima traversa è la tua. Più voci di quelle che dovrebbero esserci normalmente dietro l'angolo, troppe voci. Sei sicuro che la voce femminile che parla velocemente e scandendo bene le parole sia estranea alla situazione.

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Allertato dal numero di voci udite, mi fermo sul posto; mi avvicino all'angolo della traversa quanto basta per tentare di captare qualche stralcio di parola...

Mi appiattisco contro il muro e mi accendo una sigaretta, in attesa.

Eventualmente mi sforzo di riconoscere qualche voce familiare...

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"... e i rilievi andranno avanti ancora per qualche ora per capire come gli assassini abbiano potuto agire indisturbati. E da Selina Derrick a voi studio!"

Un attimo di pausa, poi la stessa voce: "Michael quanto per la prossima diretta?" un uomo, dalla voce querula e debole farfuglia qualcosa, non riesci a capire cosa dice. Uno sbuffo irato di lei.

Appoggiato al muro vedi il lampeggiante blu riflesso sull'asfalto bagnato.

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"TV..." bofonchio rivolto a me stesso.

Infilo le mani nelle tasche dei jeans e avanzo verso la mia abitazione, cercando di tenermi più lontano possibile dalle telecamere e dalla folla.

Non me ne frega nulla di omicidi et similia: qui cose del genere sono all'ordine del giorno. Per cui me ne torno al mio tugurio, senza guardare in faccia nessuno.

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Come svolti l'angolo vedi che l'assembramento di gente è esattamente davanti all'ingresso della tua abitazione. Diverse auto scure con i lampeggianti stazionano di traverso nella strada, la giornalista, che sembra si stia sistemando i capelli , ti da leggermente le spalle e il cameraman, una specie robot con un casco integrale oblungo su cui è integrata la telecamera e tutto ciò che gli consente di collegarsi agli studi, gironzola pigramente tra la folla allungando di tanto in tanto l'arto cibernetico contenente un microfono telescopico.

Delle strisce bianche e rosse delimitano l'area dell'ingresso.

Nella folla vociante riconosci un paio di sagome, il tuo vicino di cubicolo, avvolto in una coperta termina, sembra al centro dell'attenzione di parecchia gente quando parla... non riesci a sentire cosa dice al microfono del cameraman.

Una rapida occhiata alla facciata dell'edificio ti fa notare diverse finestre in frantumi e macchie di recente fumo nero.

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Nel vedere la scena (sopratutto il mio 'vicino' di cubicolo), intuisco che il tutto potrebbe avere a che fare con me; per precauzione faccio dietro front e mi nascondo nel primo vicolo che trovo.

Cerco di captare quanto più possibile quello che dicono... peccato non avere qualche giocattolino con me, mi avrebbe facilitato il compito.

Non mi azzardo ad avvicinarmi alla mia abitazione finché non scopro cosa è accaduto, ed evito di farmi vedere da eventuali 'vicini' per paura che allertino la TV.

Mi accendo un'altra sigaretta...

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  • 2 settimane dopo...

Suoni confusi, chiacchiericcio indistinto, motori e sirene non troppo lontane. La voce querula e agitata, con un tono quasi acuto e timoroso: "Sel, trenta secondi!".

La giornalista risponde seccamente con una affermazione.

Un silenzio deferente nella cricca vociante, poi la voce squillante e pulita:"Qui Selina Derrick in diretta per la WNA con gli aggiornamenti sul caso del duplice omicidio avvenuto poco fa nell'edificio alle mie spalle..." la voce viene coperta dal rombo di una grossa moto. Due ragazzi a bordo, di cui uno con un colorato casco integrale molto simile a quello dell'operatore già sul posto.

Una frenata stridula e quando viene spento il motore la voce della giornalista riprende "... la polizia non lascia trapelare nulla, ma voci ben informate raccolte sul posto sembrano confermare il coinvolgimento di un pezzo grosso del dipartimento. Se le voci venissero ufficializzate..." un'automobile con le insegne colorate di un'altro network e i vetri scuri, sfreccia al tuo fianco e la frenata lascia intuire senza ombra di dubbio che ha raggiunto l'obiettivo.

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Fiutando guai, sgattaiolo velocemente nel primo vicolo che trovo e mi nascondo da qualche parte.

Attendo fino a che non sono sicuro che le acque si siano calmate, poi lentamente esco fuori e mi dirigo di nuovo nel punto in cui è assiepata la folla, senza farmi vedere, per capire cosa è accaduto.

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