Vladimir Rustovitch Inviata 2 Agosto 2008 Segnala Inviata 2 Agosto 2008 questo è il primo capitolo di un racconto che sto scrivendo la punteggiatura non è perfetta ma perdonatemi è da poco che ho iniziato a scrivere Era spaventata, il viso bruciava a causa del calore del fuoco che le devastava la casa, nessuna finestra le permetteva di scappare e la robusta porta dello stanzino angusto e stretto, un tempo utilizzato come ripostiglio ora luogo di morte, era stata sprangata da coloro che durante la notte le erano entrati in casa, forse erano ladri ma non ebbe il tempo di pensarci poiché velocemente la casa principalmente fatta di legno, costruita dai suoi avi, aveva preso fuoco. I vetri scoppiavano al piano di sotto, il legno gemeva e scoppiettava, il denso fumo nero passava attraverso le assi del pavimento e dagli spazi attorno alla porta, non riusciva a respirare i polmoni bruciavano carichi di fumo e la temperatura era insopportabile, persino gli occhi erano aridi, privi di lacrime. Non poteva urlare a causa del fumo, appena ci provava la gola si riempiva di fumo e la gola bruciava le veniva da vomitare, ma non aveva più nulla da vomitare quindi decise di tenere la bocca chiusa, era tormentata privata anche delle lacrime che le avrebbero alleviato leggermente il dolore, nessuno poteva sentirla, picchiò le mani sulla porta ignorando le estese bruciature che si procurava ad ogni colpo. Tossiva, era debole a causa del calore, del fumo e della stanchezza dopo un’intensa giornata, se non fosse stata così sfiancata probabilmente sarebbe riuscita a spaccare la porta che, anche se robusta era stata attaccata dal fuoco e resa più debole l’antico legno cercava di resistere, il rogo le sembrava iniziato ore fa, probabilmente si sarebbe potuta salvare se avesse rotto la porta prima che le fiamme divorassero ogni cosa. Il pavimento scottava e le lingue di fuoco penetravano nella stanza, il contatto col medaglione bollente che prima portava al collo fu l’unica cosa a tenerla sveglia, la speranza ancora non moriva, era come in una fornace, diverse parti del corpo erano scottate il fumo ormai saturava la stanza e i polmoni facevano fatica a ricevere l’aria, la gola era scottata e il rumore delle fiamme assordante. Chiuse gli occhi e con la forza di chi non vuol morire colpì la porta con un calcio, sentì il rumore del legno spaccarsi diverse schegge infuocate la colpirono, aprì gli occhi. La porta era ancora lì, capì allora cosa stava succedendo, e pochi istanti dopo una trave la colpì violentemente sulla testa. Il buio, non era più scottata, i polmoni non bruciavano più, la stanchezza svanita e non faceva più caldo.
Vladimir Rustovitch Inviato 21 Settembre 2008 Autore Segnala Inviato 21 Settembre 2008 Infine giunse la mattina ormai tutto era terminato e della casa ne rimanevano solo i resti anneriti e quasi totalmente inceneriti solo pochi ceppi anneriti rimanevano in piedi il terreno attorno era bruciato, nemmeno il giardino con i grossi alberi secolari si era salvato, gli alberi infuocati erano caduti sulla casa e del giardino restava solo la terra nera. Il cielo era azzurro privo di nuvole, l’inverno era appena finito e l’aria era piacevole. Davanti alle macerie della casa un telo di lino bianco leggermente sporcato dalla cenere conteneva i resti della sorella dell’uomo che arrivato poco dopo l’alba aveva trovato il disastro, gli abitanti del villaggio poco distante dalla casa erano tornati a casa lasciando l’uomo solo col suo dolore. Guardava l’orizzonte con odio l’unica cosa rimasta era la sua amata da cui si era separato anni fa, ora si trovava lontana, per raggiungerla avrebbe dovuto trovare un passo praticabile dopo le lunge nevicate invernali. Il mondo ormai era corrotto pieno di gente malvagia pronta a bruciare una casa e tutto quello che conteneva persone comprese, ormai era lei l’unica cosa rimasta al mondo per lui e per lei decise di intraprendere il lungo viaggio. Le lacrime colavano sul suo viso andando a bagnare il suolo. Tornava ora da un viaggio verso la città dove aveva venduto la lana tessuta da sua sorella e dove aveva una bottega tra le più rinomate di tutto il sud e la sua abilità come guerriero era conosciuta da molti, ma quel giorno nulla contava voleva vendetta e voleva vedere la sua amata, e per una fortunata coincidenza del fato gli assassini andavano verso le montagne che separavano il nord dal sud del continente, da parecchi anni quelle strade erano diventate troppo pericolose e nessuno ormai le percorreva più, purtroppo la sua amata era rimasta a nord, mentre lui era andato a sud per ritrovarsi con la famiglia e annunciare il matrimonio, da anni non aveva sue notizie e aveva avuto paura di attraversare le montagne, ma ora che qui non aveva più nulla prese la decisione di andare verso le montagne. Prese un mucchio di cenere lo lanciò in aria e poi carico di rancore disse “vendetta”, diede poi le spalle all’orizzonte e si diresse verso il paese. Comprò una spada visto che le sue erano o distrutte o nella bottega in città prese anche un cavallo e dei viveri poi con il volto stravolto dal dolore passato e negli occhi una risolutezza mai vista prima diede gambe al cavallo che trottando si diresse verso l’ignoto.
Landor Allevassi Inviato 21 Settembre 2008 Segnala Inviato 21 Settembre 2008 Non sono affatto male, anche se manca un po' la punteggiatura. A leggerlo a voce lta presenta periodi un po' lunghi e forse troppe subordinate, ma bello.
Vladimir Rustovitch Inviato 21 Settembre 2008 Autore Segnala Inviato 21 Settembre 2008 Non sono affatto male, anche se maanca un po' la punteggiatura. A leggerlo a voce lta presenta periodi un po' lunghi e forse troppe subordinate, ma bello. come ho scritto all'inizio lo so che manca un po' di punteggiatura ma sto lavorando alla correzione. Ho scritto un po di capitoli e lentamente sto correggendo
raemar Inviato 6 Ottobre 2008 Segnala Inviato 6 Ottobre 2008 Purtroppo la punteggiatura non è una cosa da poco in un racconto, come in qualunque altro messaggio scritto. Devo ammettere che per questo motivo ho faticato a terminare il tuo breve scritto, che ha spunti interessanti ma che ho trovato piuttosto lacunoso per una serie di motivi che vado a spiegarti (se avrai la bontà di ascoltarmi). Anzitutto, a mio parere, avrebbe bisogno di una bella rilettura, perché ci sono una serie di ripetizioni che andrebbero eliminate (non solo ripetizioni di parole, ma anche di concetti). Ad esempio: casa, legno, fuoco, fumo, sono parole troppo spesso riprese all'interno di tutta la prima parte (capisco che è un incendio in una casa di legno, però...). Esempio di ripetizione di concetti: persino gli occhi erano aridi, privi di lacrime. [...] era tormentata privata anche delle lacrime che le avrebbero alleviato leggermente il dolore. Lo stesso concetto di dolore è troppo enfatizzato nell'arco di entrambe le parti da te postate, capisco il tuo desiderio di far passare questo messaggio, tuttavia rivedrei molte delle descrizioni. In secondo luogo, sempre secondo me, hai troppo limitato la profondità dei tuoi personaggi. I pochi indizi che dai al lettore su un presunto passato e sulle loro motivazioni sono frettolosi e poco comprensibili. Ad esempio: Guardava l’orizzonte con odio l’unica cosa rimasta era la sua amata da cui si era separato anni fa, ora si trovava lontana, per raggiungerla avrebbe dovuto trovare un passo praticabile dopo le lunge nevicate invernali. Il mondo ormai era corrotto pieno di gente malvagia pronta a bruciare una casa e tutto quello che conteneva persone comprese, [...]. Tornava ora da un viaggio verso la città dove aveva venduto la lana tessuta da sua sorella e dove aveva una bottega tra le più rinomate di tutto il sud e la sua abilità come guerriero era conosciuta da molti, ma quel giorno nulla contava voleva vendetta e voleva vedere la sua amata, e per una fortunata coincidenza del fato gli assassini andavano verso le montagne che separavano il nord dal sud del continente, da parecchi anni quelle strade erano diventate troppo pericolose e nessuno ormai le percorreva più, purtroppo la sua amata era rimasta a nord, mentre lui era andato a sud per ritrovarsi con la famiglia e annunciare il matrimonio, da anni non aveva sue notizie e aveva avuto paura di attraversare le montagne, ma ora che qui non aveva più nulla prese la decisione di andare verso le montagne. Insomma, io capisco che questo personaggio: 1) ha una donna lontana che non vede da anni; 2) per raggiungerla deve trovare un passaggio tra le montagne, imbiancate dalle nevicate invernali; 3) ha una bottega in città dove vende lana, ma è anche un esperto guerriero; 4) la donna, presumibilmente la stessa di prima, è a nord, appunto oltre le montagne, e lui è a sud, appunto al di qua delle montagne, che però nel frattempo sono diventate pericolose non si capisce perché, ma dubito per le nevicate invernali, e non praticate da nessuno da diversi anni; 5) ha in ballo una proposta di matrimonio da non so quanti anni (e a questo punto, è fortunato se la donna lo sta ancora aspettando ), per cui è tornato a sud dalla famiglia (ma non aveva una bottega in città? Non era quella la sua città?) Ci stanno i primi tre punti, ma con gli altri due mescoli un po' troppo le carte senza dare alcuna spiegazione in merito. Diventa difficile ricostruire una linea temporale dei fatti, per non parlare di una logica interna ai medesimi. Un'altra cosa, poi chiudo. Io eviterei cose del tipo "per una fortunata coincidenza del fato gli assassini andavano verso le montagne", perché sembra proprio che nella fortunata coincidenza del fato ci abbia messo uno zampino chi scrive, non tanto il fato interno alla storia. Va bene che il protagonista sia fortunato, ma non occorre ricordarlo ai lettori così sfacciatamente. Spero di esserti stato in qualche modo d'aiuto.
demiurgo Inviato 6 Ottobre 2008 Segnala Inviato 6 Ottobre 2008 Ciao, ho letto il racconto. Chiaramente è ancora da rivedere molto nella forma, come è stato detto già in altri commenti. Contiene però delle buone idee, a cominciare dalla scena iniziale dell'incendio, di sicuro impatto. In questa opera di revisione, oltre alla punteggiatura e alle ripetizioni, ti consiglio di prestare attenzione all'uso degli aggettivi e a una scelta precisa dei verbi che utilizzi. Soprattutto nella prima parte, dove descrivi l'incendio, scena potenzialmente molto suggestiva. Nella seconda parte, i sentimenti dell'uomo e le motivazioni delle sue scelte sono esposti in modo troppo caotico ed incomprensibile. In generale io credo che si ha un risultato molto migliore se facciamo friure le informazioni attraverso delle scene esplicative, anziché semplicemente elencarle. Ad esempio, potresti mettere nella scena qualche elemento in più, magari potresti ambientarla nel momento in cui tutto il villaggio è riunito intorno alla casa bruciata e l'uomo parla con altre persone di quello che è successo, con dei testimoni o con dei suoi amici. In questo modo potresti far "fluire" le informazioni attraverso il dialogo, in modo meno forzato. E' solo un esempio. Se il racconto che hai in mente è più lungo, puoi tenere molte delle informazioni del background di quest'uomo per scene successive, senza avere fretta di dichiarare tutto subito. Ultimo consiglio: dai subito un nome ai personaggi , serve a definire la loro identità. Va bene anche la prima cosa che ti viene in mente (meglio di niente...) se poi i nomi non ti piacciono, potrai cambiarli in ogni momento. Ciao
Vladimir Rustovitch Inviato 9 Ottobre 2008 Autore Segnala Inviato 9 Ottobre 2008 accolgo con gioia i suggerimenti (l'ho scritto qui appunto per riceverli ) domani mi metto all'opera e cerco di riscriverlo meglio
Vladimir Rustovitch Inviato 28 Novembre 2008 Autore Segnala Inviato 28 Novembre 2008 ho riscritto il primo capitolo ditemi ora che ne pensate 1 Era una notte priva di stelle nel villaggio di Asher, un tempo famoso per la sua accademia, i migliori guerrieri provenivano da qua, ma lentamente l’accademia cadde nell’oblio qualcuno diede la colpa ai maestri d’arme qualcun altro ai tre direttori ma ancora oggi nessuno è riuscito a stabilire con certezza il motivo. Il villaggio quella notte era silenzioso, le porte delle case chiuse e nessuna luce rischiarava gli interni. Un tempo le case venivano ricavate dagli alberi di barf, gli alberi centenari erano robusti e resistenti, ma durante gli anni finirono e divennero quasi introvabili e le case furono smantellate quando con la scomparsa dell’accademia iniziarono i primi problemi economici. Solo tre case rimasero costruite in tale legno portando la testimonianza di tempi andati. Fu uno strano rumore a svegliare una donna che da sola abitava in una di queste case , si chiamava illune. Aveva circa ventidue anni ed era una delle più belle ragazze del paese , la pelle candida e gli occhi profondi e neri, i capelli scuri e riccioluti cadevano sulle spalle. Si sedette sul letto ancora insonnolita. Un altro rumore dentro la casa la svegliò del tutto, il paese solitamente era tranquillo e fu totalmente colta alla sprovvista. Silenziosa come una gatta arrivò fino alla stanza del fratello, sapeva di avere poco tempo, si diresse velocemente alla cassapanca davanti al letto e dopo averla aperta prese dall’interno un pugnale. Sapeva come usarlo glielo aveva insegnato il fratello e lei si vantava della sua indipendenza, si diresse di sotto, il pugnale gli dava coraggio. Un altro rumore gli indicò dove si trovavano, conosceva a memoria la casa e non aveva bisogno di luci per muoversi ed ormai la sua vista si era abituata alle tenebre permettendogli di distinguere i contorni degli oggetti ed evitare di finirci addosso. Arrivò infine al salotto dove presumeva si trovassero i criminali, prendendo coraggio decise di entrare. Un dolore alla testa la informò che era caduta in trappola , ma ormai era troppo tardi mentre i sensi si annebbiavano riuscì a sentire una voce dire “è lei?” e un'altra gli rispose “si è lei” poi perse i sensi quando un altro colpo la raggiunse alla nuca. Si svegliò, era buio e non capì dove si trovava. Quando tentò di muoversi si accorse di aver mani e piedi legati. Muovendosi faticosamente si accorse di essere stata chiusa nello sgabuzzino, si maledisse per la propria stupidità , era caduta in un tranello e si era promessa di non farsi più ingannare. Un tenue bagliore iniziò ad illuminare la stanza, iniziò a sperare che fosse il fratello ad essere venuto a salvarla ma la speranza si tramutò presto in un urlo di terrore disperato quando un denso fumo nero iniziò a filtrare da sotto la porta, il rumore delle fiamme diventò assordante. Tentò di liberarsi dalle corde che le limitavano i movimenti, si lacerò le carni ma non riuscì a togliersi le corde, faticosamente si sollevò aiutandosi con la parete , prese a spallate la porta ma resse fin troppo bene , il legno iniziò a gemere, la casa era oramai avvolta dalle fiamme e la luce filtrava attraverso le assi del pavimento,il fumo stava velocemente riempiendo l’aria portando con se l'odore del legno bruciato e una fitta nebbia scura che toglieva le forze e impediva il respiro , fece un passo indietro, era disperata ,le lacrime iniziarono a offuscarle la vista senza che lei potesse far niente per fermarle. Fece un passo indietro ma il pavimento indebolito dal fuoco non resse il suo peso e con un gemito di dolore quasi umano si frantumò nel punto dove aveva messo il piede facendogli perdere l’equilibrio, batté violentemente la testa sulla parete staccando grosse schegge che si infilarono nella sua testa provocandogli lancinanti fitte di dolore. Con i sensi ormai annebbiati dal calore che ormai bruciava anche l’aria e dalla botta in testa ripenso sognante a quel giorno, erano lei suo fratello e il padre tornavano da una rappresentazione teatrale in cui degli attori imitavano i combattenti dell’accademia, il nonno era stato uno degli ultimi maestri dell’accademia e prima di morire a circa 230 anni insegnò molte cose al padre prima e al nipote poi. Quel giorno uscirono prima della fine dello spettacolo in quanto il padre non riuscì a sopportare il modo in cui gli attori facevano ironia sui tempi andati. Le strade erano deserti ed una leggera nebbia avvolgeva le case, il freddo la faceva rabbrividire. Fu vicino ad un vicolo che un gruppo di criminali prese alla sprovvista suo padre e attaccandolo con dei randelli i cinque criminali lo picchiarono a morte, lei e il fratello erano troppo terrorizzati per muoversi e le urla di dolore del padre erano uno strazio per le loro orecchie, poi le urla cessarono e i criminali erano spariti rimaneva solo il corpo martoriato del padre disteso a terra nel suo stesso sangue. Per molte notti si svegliarono scossi dagli incubi immaginando di aver sentito di nuovo le urla del padre. Dei criminali non si seppe nulla e la giustizia non riuscì mai a punirli. Si riprese dallo stordimento e dai dolorosi ricordi quando le fiamme invasero anche lo sgabuzzino iniziando a bruciarla. La temperatura era insostenibile e i vetri si frantumarono. Improvvisamente capì chi erano quegli uomini, urlo con forza la sua rabbia e il suo tormento ma poi tutto tacque quando la casa ormai divorata dal fuoco cadde su se stessa. Quando una trave la colpì in testa il mondo finalmente smise di bruciare lasciando il posto solo al gelo della morte, lentamente le tenebre la inghiottirono , aveva smesso di soffrire.
Selvaggio Saky Inviato 29 Novembre 2008 Segnala Inviato 29 Novembre 2008 Un po' meglio, ma ancora con la punteggiatura dovresti fare attenzione. Probabilmente qualche punto in più e frasi corte, soprattutto nel momento in cui cerca di liberarsi, aiuterebbero a dare ritmo alla storia. Vi sono leggerezze scappate alla rilettura che vanno eliminate, per esempio questa: il fumo stava velocemente riempiendo l’aria di fumo indebolendola Per il resto, che dire, le idee ci sono^^
Vladimir Rustovitch Inviato 30 Novembre 2008 Autore Segnala Inviato 30 Novembre 2008 ogi ho riscritto anche il secondo capitolo ditemi che ne pensate, ho cercato di far attenzione alla punteggiatura ma magari qualcosa mi è sfuggita;-) All’alba della casa non rimaneva altro che un mucchio di cenere, gli abitanti del villaggio si erano riuniti davanti ai resti fumanti della casa, nessuno si era svegliato nella notte, forse a causa di un sortilegio. L’odore di bruciato riempiva ancora la zona , la gente piangeva e molti parlavano a bassa voce formulando ipotesi sull’accaduto. I resti carbonizzati della donna erano stati recuperati con fatica ed ora giacevano sul ciglio della strada sotto un panno bianco ingrigito dalla cenere che i venti invernali sollevavano e spostavano rendendo la zona vicino alla casa un pozzo nero e grigio regno di morte. I cittadini ammutolirono quando arrivò il fratello della vittima che alla vista della casa ridotta ormai a pochi pezzi di legno carbonizzati. Marek non degnò di nessuna occhiata gli abitanti del villaggio che silenziosi lo guardavano con pietà. Ogni occhiata era per lui un pugnale nel cuore ma quello che davvero lo fece scoppiare fu la vista del telo. Si avvicinò barcollando , pensava di essere in un brutto sogno, il giorno prima erano insieme e lui come molti altri giorni era andato a vendere la lana nella vicina città, l’inverno incombeva e i commerci andavano bene o almeno gli permettevano di sopravvivere all’inverno. Nel silenzio assoluto alzò il telo e l’odore di carne bruciata lo raggiunse in pieno insieme alla consapevolezza che ora era da solo, vomitò tutto quello che aveva in corpo, poi privo di forze si lasciò condurre dagli abitanti del villaggio in una casa. Si riprese dopo qualche minuto, riuscì ad alzare lo sguardo, la maggior parte degli abitanti erano fuori ma alcuni erano ancora dentro ma non li riconobbe poiché la vista era offuscata dal dolore la loro voce era ovattata e sembrava provenire da lontano. Facendosi forza riuscì a parlare “cosa è successo?” disse con voce rauca e addolorata “un incendio, non sappiamo però cosa sia successo” disse una voce che non riconobbe, per lui era come essere su un altro mondo , ancora non riusciva a credere a quello che era successo. “e nessuno se n’è accorto?” disse marek con un filo di voce “è stato un sonno innaturale quello che ci ha colpito, ci dispiace” disse la voce, sembrava quasi dispiaciuto dell’accaduto “me ne vado” disse marek senza nemmeno pensarci, era come guardarsi da fuori il dolore era troppo fu prima l’istinto e poi la mente ad accorgersi che ormai nulla lo legava a questo posto tranne il dolore della perdita. Forse fu solo un pensiero a tenerlo legato al mondo e a non farlo impazzire. Dopo la morte del padre avvenuta circa quindici anni prima marek aveva deciso che avrebbe dovuto imparare a proteggersi e a proteggere gli altri e con determinazione si era allenato per apprendere l’arte della scherma, aveva viaggiato parecchio oltrepassando gli alti picchi che dividevano in due il continente. Durante i suoi viaggi nella città stato di luskan si innamorò, la donna era la principessa della città per vederla si era arruolato nella guardia cittadina ed ebbe modo di parlarci, l’amore era corrisposto ma purtroppo dovette andarsene perché lo scopo del suo viaggio era quello di apprendere e tornare per difendere la sua famiglia, ma promise che quando avrebbe ottenuto i soldi per tornare con la famiglia sarebbe tornato. Lei gli offrì il suo aiuto ma lui rifiutò in quanto il suo orgoglio gli impediva di accettare e poi sapeva bene che per chiedere la sua mano sarebbe dovuto diventare molto più importante di quanto lo era in quel momento. Ora però nulla lo teneva legato qui e armato della sola spada che un tempo era appartenuta a suo nonno aveva deciso di partire sperando di poter rivedere la sua amata a costo di dover viaggiare attraverso tutto il mondo. Negli anni l’unica strada che portava verso il nord era diventata sempre più pericolosa, bestie feroci e briganti la infestavano ed ormai i contatti con il nord del continente si erano estinti, ma lui armato della sua determinazione e della sua spada voleva tentare in quanto ormai non aveva più nulla da perdere. Si odiava poiché non era riuscito a mantenere la promessa, non era riuscito a difendere la sua famiglia. Si alzò dalla sedia senza nemmeno sentire quello che gli altri uomini gli dicevano. Uscì dalla casa e si diresse verso un piccolo capanno degli attrezzi che era sopravvissuto alla furia del fuoco, prese una pala e in quello che un tempo era il giardino iniziò a scavare. Ci mise un ora a preparare la fossa poi preso delicatamente il corpo martoriato dalla fiamme della sorella lo adagiò nella fossa. Gli abitanti del villaggio erano lì attorno li sentiva, sentiva la loro pietà. Voleva solo andarsene ,la pietà della gente lo infastidiva e lo rendeva solo più determinato a fuggire velocemente da questo paese decadente e ora anche luogo di morte. Le lacrime tornarono a scorrere mentre con la pala seppelliva il corpo, pregò gli dei perché nella morte avesse trovato conforto. Prese due tronchi che erano rimasti attaccati nonostante il fuoco avesse bruciato tutto e li piantò sopra la tomba della sorella. Si tolse una collana d’argento con un pendaglio a forma di cuore e lo adagiò sui tronchi. “mi dispiace, ti vendicherò” riuscì a dire solo questo mentre staccava lo sguardo dal luogo di riposo eterno. Slegò il cavallo dal carro e prese qualche moneta per il viaggio poi si issò in sella e senza voltarsi iniziò a cavalcare verso le montagne.
Vladimir Rustovitch Inviato 28 Dicembre 2008 Autore Segnala Inviato 28 Dicembre 2008 ecco il terzo capitolo La notte splendeva illuminata dai bagliori rossastri della luna e dalla luce delle stelle, e nel regno di Naosri, quando il grande sacerdote l’unico che si diceva in grado di parlare direttamente con gli dei. Quella notte decise di portare a compimento la sua follia, forse gli dei possono prevedere il fato ma non possono intervenire, fu forse aver favorito questo umano che determinò la loro rovina. Il sacerdote abbigliato con lunghe vesti dorate percorse corridoi e scale segrete conosciute solo da pochi, arrivò in una grande sala dove un antico e potente re delle ere passate teneva i banchetti, ma l’aria non era festosa come allora, quando arrivò in sala un centinaio di persone mascherate e vestite con lunghi abiti dorati tenevano in mano dei pugnali ricurvi dalla lama ricavata dal corno di animali ritenuti sacri agli dei, gli uomini erano davanti a dei tavoli metallici su cui erano posti donne e uomini senza un particolare ordine, poi il sacerdote alzò le mani al cielo e iniziò il suo discorso “dei io vi sono stato fedele ma ora voglio ciò che mi spetta io sono meglio di molti voi e voglio il posto centrale alla vostra tavola ora con questo sacrificio guadagnerò la forza necessaria per avere quel posto” poi ci fu il silenzio per qualche secondo , gli uomini sui tavoli non dissero nulla probabilmente erano drogati. “Ora i trenta uomini alla mia sinistra sono per voi o dei oscuri per ottenere la vostra astuzia e la vostra forza” Abbassò la mano sinistra e i sacerdoti addetti a quel compito infame abbassarono in contemporanea le lame, i trenta posti sul tavolo si contorsero diventarono neri e poi sparirono nel nulla. Il sacerdote sorrise vedendo che il rituale faceva effetto, poi riprese la parola “Ora i trenta uomini alla mia destra non per voi o dei della luce per ottenere la vostra fede e il vostro coraggio” abbassò la mano destra e i sacerdoti colpirono il petto degli sfortunati sdraiati sui loro tavoli, anche loro si contorsero la pelle diventò pallida come il latte come i peli e i capelli poi diventarono latte che colando giù dal pavimento si mischiava con le ceneri nere dei precedenti sacrifici, l’odore di sangue era nauseabondo e l’aria era carica di potere. L’uomo non ne sembrava però turbato ma tranquillamente senza emozioni nella voce disse l’ultima parte del rituale. “I trenta uomini al centro sono per voi o dei che scelto di mantenere l’equilibrio tra le due parti per ottenere la vostra giustizia e il vostro autocontrollo” Alzò entrambe le mani e i trenta al centro fecero scattare i pugnali che colpirono gli uomini, ma stavolta qualcosa andò storto lo sentiva nell’aria, forse gli dei lo avevano punito per aver osato tanto. Dai cadaveri degli uomini uscì un forte vento di sabbia grigia che investì il sacerdote e tutto quello che gli stava attorno, il latte e le ceneri si mischiarono e lampi di potere volavano ovunque, improvvisamente dovunque il sole dormisse fu colpito dal potere del sacerdote e come una torcia alla fine della sua vita si spense. Quando il sacerdote si risvegliò nulla era cambiato in lui se non gli occhi che erano diventati color oro, tutto era sparito nella sala non esisteva più nulla nemmeno coloro che lo avevano aiutato a portare a compimento il rituale, dimenticò la strana sensazione che aveva avvertito un attimo prima della fine. Poi rise, rise come un folle forse reso pazzo dal troppo potere se non era già folle prima, quando ha cercato di ottenerlo.
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