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[Mokuren] Come fare avverare una profezia


Mokuren

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Yonas procede lentamente in avanti respirando a pieni polmoni quell'aria fresca, anche se appesantatita dalla salsedine. Osserva bene tutto intorno, fin quando si accorge della stanza, probabilmente, del capitano.

"Ehi, voi! Potete salire, la nave sembra deserta!" grida all'indirizzo degli altri sottocoperta. Aspettando che salgano anche loro, si avvicina alla porta e prova se è aperta o meno.

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Spalanco gli occhi stupita alle parole dell'elfo.

Velocemente corro sul ponto della nave osservando al situazione

"eh si, hai proprio ragione. Proviamo a osservare il resto della nave"

cautamente faccio ceno a Yonas di seguirmi e mi metto a girare intorno al ponte per vedere se ci sono forme di vita

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Nonostante l'accurata ispezione, la nave rimane completamente deserta.

La scalinata di babordo conduce nella cambusa e in una rudimentale cucina. La maggior parte delle riserve a vostra disposizione consistono in aringhe sotto sale e gallette di grano duro, la cosa consolante è che ce n'è abbastanza per forse un paio di settimane, considerando che siete soltanto in cinque a bordo.

La poppa è deserta e il timone ondeggia irregolarmente in senso orario e antiorario a seconda delle onde, in effetti il rollio sembra un po' eccessivo per un mare tutto sommato calmo. Vicino al timone è appoggiata una bussola, che indica erraticamente una direzione di ovest-nordovest, oscillazione più oscillazione meno.

In cima all'albero maestro c'è una coffa, che sembra vuota come il resto della nave.

Scendendo sottocoperta, si arriva negli alloggi dell'equipaggio. Sono sporchi, disordinati e puzzolenti quanto ci si può immaginare, con svariate amache attaccate a ognuno dei pilastri di legno. A parte qualche oggetto personale dell'equipaggio svanito, principalmente cianfrusaglie, non c'è nulla di interessante. O forse sì: in un angolo, con un coltello, qualcuno ha inciso delle linee verticali, barrate a gruppi di sette, come per contare i giorni. Se è di una qualche affidabilità, sono passati ventitre giorni dalla partenza, o da qualunque momento avesse iniziato a contare. Almeno prima che sparissero tutti.

La stiva è sorprendentemente priva di oggetti di particolare valore: ci sono attrezzi da campo, gabbie per animali vuote, strumenti da caccia e pesca, coperte pesanti, tende... Un carico quantomeno insolito per la nave di un regno mercantile.

La porta decorata in oro che conduce, per esclusione, nella cabina del capitano è chiusa a chiave, e questa volta non c'è nessun cuscino nei paraggi sotto cui cercare.

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"Ma che strano... è veramente vuota..."

Prima di scendere giù, per seguire il gruppo, verso l'ultima porta ancora chiusa, provo a muovere, verso sinistra, la ruota del timone, osservando un eventuale cambiamento di rotta della nave.

*Non vorrei che il timone fosse rotto...*

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"Piuttosto..." soggiunge, "l'unica porta a rimanere chiusa è questa. Magari dentro ci sono delle carte navali, la rotta, un diario di bordo..."

Scuote le spalle, come a sottolineare la sua inesperienza in queste cose.

*tutti spariti, tutte le forme di vita scomparse... chissà quanto tempo è passato da quel ventitreesimo giorno...*

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La porta è solida, ma l'umidità deve averla in qualche modo indebolita, tanto che dopo ripetuti tentativi crolla verso l'interno.

La cabina del capitano è piuttosto pulita e ordinata, lo spazio non è enorme ma è piuttosto accogliente. Una vetrata dà sul retro della nave, lasciandovi lo spettacolo dell'oceano infinito. Una scrivania e una sedia occupano buona metà dello spazio, l'altra metà è occupata da un letto e da alcuni ripiani con oggetti personali, carte nautiche e strumentazioni. Resta poco spazio per muoversi.

Sul letto, pulito e in ordine, c'è un grosso libro con la copertina di cuoio, chiuso. Non ha nessun titolo nè presentazione, ma ha tutta l'aria di essere il diario del capitano.

C'è anche una cassa, più grande di quella che avevate nelle vostre stanze per uso personale. E' chiusa a chiave, ovviamente.

No, neanche qui c'è una chiave sotto il cuscino.

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*si sta stretti...*

Dopo aver dato una fugace occhiata all'interno della stanza, Yonas decide che è meglio lasciare spazio agli altri. *odio la folla...*

Cammina nervosamente sulla poppa, e sempre guardandosi attorno e rimirando l'oceano *che meraviglia questo spettacolo...* arriva fin sopra alla piattaforma col timone.

"Oh, scusami, non ti avevo vista salire" dice all'umana arrossendo leggermente sulle guance. "Er... Erenia, giusto?" domanda mentre si avvicina al timone studiandone la fattura.

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Mi giro, guardando l'elfo.

"Si. Il mio nome completo in realtà è Erenia Silverhand, ma ovviamente mi puoi chiamare Erenia."

Sorrido. Un sorriso naturale, bello ed innocente, che dimostra la freschezza d'animo e la giovinezza della donna.

Guardo l'elfo provare a sua volta con il timone.

"Sai... err... "

Arrossisco dalla vergogna, rendendomi conto di una gaffe tremenda, che stavo per fare. Cambio subito discorso:

"Scusami, ma come ti chiami ? Ero sicuramente troppo indaffarata da tutta questa storia, e il tuo nome mi è sfuggito."

*Come ho fatto a non rendermi conto prima di questa mia ignoranza! Che figuraccia!!!*

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"Yonas", le risponde semplicemente, stando bene attento a non incrociare gli sguardi.

Spoiler:  
Come Erenia, valuto anche io il funzionamento del timone, e mi guardo attorno per vedere se c'è una corda nelle vicinanze... Se sì, per stabilizzare la nave lego temporaneamente un braccio del timone al parapetto della poppa rialzata.
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"Yonas." ripeto, mentre annuisco.

Lascio passare un pò di tempo, mentre Yonas prova anch'esso a capire lo stato del timone.

"Ne capisci qualcosa ?" chiedo infine.

"Io no.

Non sono mai salita su una nave prima d'ora.

Su delle barche di fiume si, ma una nave no."

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Il timone una volta preso in mano fa una certa resistenza, come se cercasse comunque di seguire il moto delle onde invece della direzione giusta. Non è difficile da tenere comunque, e legarlo con una corda al parapetto ne stabilizza in parte la rotazione. Ora la nave è più stabile.

Il diario del capitano è molto spesso ma per fortuna sembra essere nuovo di zecca apposta per questo viaggio.

C'è parecchio da leggere, ma già le prime pagine iniziano a dare una certa visione d'insieme.

Diario di bordo del capitano Hollar Amut della nave Sogelia, 11 aprile 1442

Siamo partiti oggi dal porto di Marrand, salutati da una nutrita folla di persone come se fossimo già tornati da eroi. Il re di Dalmar, Nier Yuman Dalmar IV°, ha personalmente finanziato questa missione di esplorazione, la più ambiziosa che si ricordi nella storia del suo regno.

Secondo le profezie della veggente Carrera, è giunto il momento per attraversare le colonne del cielo e dirigersi in mare aperto. Dopo che avremo attraversato il mare in una notte lunga quanto tre giorni, giungeremo a una nuova terra.

E' per me un onore e un privilegio essere stato scelto per questa storica missione. Abbiamo provviste per un mese, che a questa nave basterebbero per percorrere tutta la rotta di Kifar facendo tappa anche ai porti più insignificanti.

Diario di bordo del capitano Hollar Amut della nave Sogelia, 12 aprile 1442

Il re ha insistito molto perché ci facessimo accompagnare da cinque avventurieri in questo viaggio, ha sostenuto che avremmo avuto bisogno di persone capaci di tutto e pronte a tutto per esplorare un mondo nuovo.

Con tutto il dovuto rispetto per il nostro re, non avrei mai imbarcato il nano; passa troppo tempo a lamentarsi, come se fosse stato portato a bordo con l'inganno, con la forza o con entrambe le cose, temo che alla lunga possa incrinare il morale dei marinai.

Li ho sistemati nelle stanze sotto tribordo, tranne ovviamente in quella stanza. Ho preferito non spiegargli che è occupata dal fantasma di Sogelia stessa per evitare di spaventarli, o peggio di incuriosirli. Terrò sempre la porta chiusa a chiave, a scanso di problemi.

Da lì in poi la maggior parte delle pagine, scritte quotidianamente, sono semplici riassunti della vita di bordo, non c'è nessun altro elemento interessante o utile, finché non si arriva al mese dopo.

Diario di bordo del capitano Hollar Amut della nave Sogelia, 5 maggio 1442

Ancora nessuna traccia di terra, stiamo seguendo l'ovest come ci è stato detto da quasi un mese ormai. Le provviste stanno iniziando a scarseggiare e rimpiango di non avere insistito di più di fronte al re quando mi ha convinto che un mese sarebbe stato più che sufficiente.

Ho iniziato a razionare le scorte di cibo sperando di guadagnare almeno una settimana di viaggio, se nemmeno questo sarà sufficiente, sono contento che il disastro che segnerà la fine di questa missione avverrà lontano dagli occhi di tutti

La calligrafia inizia a farsi più tremolante, più sporca e con un tratto molto affrettato.

Diario di bordo del capitano Hollar Amut della nave Sogelia, 7 maggio 1442

Il morale è a terra, non si sente una sola parola su tutta la nave; ognuno tiene la bocca chiusa sapendo bene che un solo suono potrebbe fare scattare il massacro più sanguinoso e disperato della vita di chiunque.

Ho servito la marina di Dalmar per vent'anni e ho passato i miei brutti momenti, ma se mai uscirò vivo da questo, consegnerò personalmente al re le mie dimissioni come prima cosa una volta toccata terra.

Non posso più nascondere a nessuno che abbiamo cibo per sì e no quattro giorni, questo è il tempo limite per un miracolo. Sempre che io non venga ammutinato da un momento all'altro, abbiamo quattro giorni di tempo per vedere terra, o ciò che porterà la nostra nave in questo nuovo mondo, sempre che esista, saranno solo le nostre ossa.

Le pagine seguenti, fino alla fine, sono vuote.

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