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Feldman Corber: investigatore consorziato (non è un fantasy, è grave?).


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Inviata

Feldman fu svegliato da qualcosa, scosse insofferente la testa liberandola dal cappuccio del giubbotto che fungeva da inutile cuscino fra la sua testa e il freddo vetro della macchina.

Quando dischiuse faticosamente gli occhi infastiditi dal mattino, aveva ancora lo zigomo appoggiato al vetro; fu allora che vide quella cosa: un enorme anello carnoso, scuro, come una specie di narice, che alitava e inumidiva il vetro, a pochi millimetri dalla sua faccia.

Feldman sobbalzò lanciando un gemito poco virile; lo spavento lo mandò sedere dalla parte opposta del sedile posteriore.

- Ma... che cazz..."- In certi casi, ammettiamolo, è anche difficile dire di meglio.

Si girò affannosamente intorno, lanciando occhiate veloci attraverso i finestrini dell'auto, per cercare di dare una collocazione logica a quello che gli stava succedendo, poi tornò sul vetro dell'auto dove s'era appiccicata quella cosa e dal quale, adesso, proveniva un sordo bussare.

Al posto della narice c'era però una faccia affiancata dalle nocche

di un giovane di pelle scura, dal sorriso un po' sdentato, che sfumava nel vetro appannato.

Feldman, organizzato qualche neurone, stabilì con l'interlocutore misterioso un primo contatto: serrò la mano a carciofo e l'agitò nella sua direzione -Ma... che cazz...- (era il suo cavallo di battaglia, quella frase, nelle occasioni di sgomento).

-Scusa, amico...- disse il ragazzo, -ma Juliano faceva la sua passeggiata, pulisco io tuo finestrino, non ti preoccupare-.

Prese a pulire il vetro con la sua manica impolverata, ma gli riuscì solo di disegnare delle spirali di bava striate di polvere.

Feldman scese dalla macchina, finalmente sveglio.

-Sì ma anche tu...- disse quello strano personaggio dal sorriso spettinato, -ti metti a dormire vicino circo. Noi a elefanti fa sempre fare passeggiata al mattino -.

Poi cambiò espressione, scrutando Feldman con aria paterna - stai bene amico?-.

Feldman l'osservò inespressivo, facendo scorrere lo sguardo lungo tutta quella minuta figura; osservò che reggeva un frustino con la mano destra, e con la sinistra un lungo guinzaglio che terminava in un'ampia imbracatura dentro la quale, placido, ondeggiava un elefante.

-Juliano è lui?- disse Feldman indicando il pachiderma con un cenno del mento.

-Sì amico, io vuole bene a Juliano, lui amico, molto intelligente; ogni mattina io porta a pisciare-.

Feldman osservò una grossa pozzanghera poco distante dalla sua auto.

-Se voleste davvero bene agli animali li lascereste in Africa- gli rispose malinconico con lo sguardo fisso su quel piccolo lago dorato.

Il giovane esplose in una grottesca risata rauca e risucchiata -Ma questo è elefante indiano, amico. No Africa-.

Feldman salì in macchina, dopo aver gettato un'ultima occhiata all'opera d'arte che Juliano e il giovane gli avevano lasciato sul finestrino posteriore sinistro. Fece per assestarsi sul sedile, prima di avviare il motore, ma non trovò appoggio e cadde all'indietro disteso.

-*******- disse, risollevando il ribaltabile.

Allacciò la cintura, mise in moto la New Beetle Cabrio color avorio e se ne andò.

_

Percorse via Fratelli Bandiera unendosi in rituale processione al traffico mattutino di Porto Marghera; quando arrivò al vicino Parco Tecnologico Vega, guardò l'orologio e non riuscì a trattenere un'imprecazione.

Avrebbe fatto prima a piedi.

-

Raggiunse gli uffici della InvestiCoop, attraversò il corridoio con una camminata marziale e lo sguardo fisso in avanti, incurante di chiunque. Era un pubblico avviso a tenersi alla larga da lui.

Varcò la porta ed entrò nel proprio studiolo ove si lasciò cadere sulla poltroncina davanti alla scrivania, sfilandosi dal volto l'espressione da duro che aveva forzato nel corridoio e abbandonandosi con un sospiro al proprio esausto sconforto.

Accese con fare automatico il suo Macintosh, raccolse i giornali vicino alla tastiera e realizzò che l'aria profumava gradevolmente di caffè.

Ruotò sulla sedia e si girò in direzione della porta.

Di lì entrava un'elegante figura femminile con un vassoio in mano, un cappuccino fumante e due cornetti caldi che mitigavano l'atmosfera di quel grigio mattino.

-La ragazzina ti ha fregato ancora, Feldman, vero?-

-Mi son fregato da solo, Lisa. Mi sono addormentato in macchina.

Poi mi ha svegliato un elefante con la proboscide sul vetro e...- Feldman si bloccò incrociando l'espressione di Lisa che lo guardava come stesse delirando.

-Feldman, stai bene?-

-C'è il circo, Lisa. C'è un ***** di circo a Marghera, e io stanotte ci ho dormito dentro. Con la macchina.-

Era giunto il momento di riordinare le idee e non c'era nulla di meglio, per farlo, che introdurre, mediante cappuccino e brioches, un po' di zuccheri che venissero in soccorso al suo cervello.

-

-"la costanza è fatta di migliaia di impercettibili varianti che si susseguono rapide, ma è nell'inconsueto dell'eclatanza che sta l'assoluta perfezione..."-

-Non la seguo, dottore- disse la donna corrugando la fronte e chinando leggermente il capo per scavalcare con lo sguardo gli occhiali da lettura.

-Cosa c'entra questo con Feldman Corner?-

-C'entra, Gigliola, perché quell'uomo non è costante, lo ammetto, ma ha i numeri per il colpo da maestro, lo sento; e prima o poi lo tirerà fuori.-

Fidelio parlava alla grassa segretaria fissando il vuoto con un'espressione che accavallava lo ieratico al sognatore. Aveva antiche ragioni per tifare Feldman, sebbene ormai difenderlo diventasse sempre più arduo, da qui il suo ricorso alla filosofia e alle citazioni, quasi volesse ingabbiare la presenza di quell'uomo nell'azienda, in una dimensione mistica o metafisica; un'ultima spiaggia retorica per avvalorarlo disperatamente.

Poi, disincantandosi dallo stato di deliquio nel quale sembrava versare aggiunse: -Comunque Feldman ha risolto un caso recentemente, Gigliola, non è del tutto inutile alla cooperativa..."

La donna sollevò l'enorme **** dalla sedia la quale salutò la fine del suo supplizio con una serie di scricchiolii di rilassato assestamento -Dottore, ha ritrovato un gatto a una vecchia, suvvia!-

-Sì, ma a Venezia, e non era un gatto qualsiasi, la signora Cabianca ha pagato fior di euroni per quella creatura, e lui l'ha ritrovata-

Gino "Ginger" Fidelio, presidente della cooperativa InvestiCoop che consorziava una squadra di investigatori privati, si sentiva come un allenatore di calcio; per lui Feldman era il talento inespresso, una sua scoperta, che prima o poi sarebbe esplosa incoronandolo come grande saggio dell'azienda; unico lungimirante intuitivo ad aver creduto in colui che per tutti era solo un cialtrone; ma per lui era anche, e soprattutto, quasi un figlio sfortunato, al quale pensava di dover qualcosa.

Era un pessimo manager Fidelio però, come spesso sono i romantici, e alla gelida amministrazione provvedeva Gigliola, segretaria-manager; implacabile corpulenta e cinica zitella. Nessun cuore spezzato, nemmeno il suo, ma tante ottime operazioni finanziarie e un genocidio di licenziamenti al suo attivo.

-Ma l'aveva chiuso lei stessa per sbaglio nello sgabuzzino, l'avremmo ritrovato sia io che lei, quel gatto, dottore-

-Appunto, lui è stato geniale nel dedurre che il gatto non fosse mai uscito di casa, le sembra poco?-

Gigliola contrasse il volto in una teatrale espressione infastidita, come quella di chi morde un frutto troppo aspro.

-Dottore, scusi se mi permetto, ma quel gatto chiamava disperato da giorni; era impossibile non trovarlo...-

-Ah certo, allora la signora Cabianca è scema - scattò Fidelio - che butta via le migliaia di euro così e assolda un investigatore per trovare un gatto che le miagola in casa!-

-La signora Cabianca non è scema, dottore: è ricca... e completamente sorda.-

-

Lisa stavolta bussò discretamente e, senza aspettare risposta, entrò nuovamente nell'ufficio di Feldman.

-Non mi dire, Lisa. La balena dal capo, per farmi licenziare, esatto?-

-Passavo vicino all'ufficio del boss, e non ho potuto fare meno di sentire...-

-Spiona!- Sbottò lui divertito.

-Lisa, questa è una cooperativa, e io sono socio, e poi Ginger Fidelio ha un debito con me, non lo dimenticare, o almeno pensa di averlo.- Feldman sostenne la sua tesi compassato, come un divulgatore scientifico a sancirne l'ineluttabilità.

Lisa si appoggiò informale ma discreta coi glutei alla scrivania accennando a sedersi -Ma questo non lo sa nessuno, Feldman; e se lo sapessero sarebbe peggio, avrebbero le prove che hai un trattamento di favore all'interno della struttura.-

-All'interno della struttura...- canticchiò Feldman canzonatorio.

Sospirò, posò il giornale dal quale non aveva mai staccato gli occhi e finalmente guardò Lisa: -La ragazzina non era al Centro Sociale, stanotte.- disse cambiando completamente discorso ed espressione.

-Sebbene mi sia addormentato, sono rimasto sveglio abbastanza da capire che lei non c'era proprio. Devo parlare col cliente, suo padre, e gli dirò che il "problema" della ragazza non sono le sue scelte politiche; può stare tranquillo: non frequenta i comunisti, piuttosto ne frequenta uno in particolare.-

-Sai chi?- Lisa glielo chiese con aria svogliata, senza curiosità; sapeva già la risposta, probabilmente.

-No, ovviamente.-

-

Patrizia emerse dalla vasca, si lasciò gocciolare un po' e si impacchettò nella morbidezza di quell'accappatoio che le stava un po' grande.

Uscì dal bagno, inghiottì infreddolita il breve corridoio con una rapida corsetta in punta dei piedi, quasi da ballerina classica, entrò in camera e si sedette sul letto strofinandosi i capelli col cappuccio di spugna per asciugarli; qualcuno la stava osservando.

Un paio di mani eleganti le si posarono sulle spalle, massaggiandola dolcemente.

-Alla buonora, Feldman ha scoperto che esco con qualcuno- disse socchiudendo gli occhi alla delizia del massaggio.

Nessuno le rispose.

-Se continua così 'sta storia durerà dei mesi.-

Il massaggio si fece più ampio, liberando le spalle della ragazza.

-hai già qualche idea di cosa fare?-

Ma ancora non ottenne risposta, quelle mani affusolate scesero unite sul suo sterno, aprendosi poi in direzione dei piccoli seni e impugnandoli delicatamente ancora umidi di bagno recente.

-Mmmm, pare tu abbia le idee abbastanza chiare-

Si voltò; il massaggio diventò bacio e l'accappatoio colò informe sul pavimento.

-

Gli occhi del tirannosauro fissavano Feldman terrificanti, l'essere preistorico abbassò la testa: stava per attaccare.

L'uomo rimase impassibile e concentrato, sapeva che il momento dell'attacco era anche il più vulnerabile per la bestia, e stavolta lui dovrebbe essere stato letale.

Feldman scrutò rapidamente il terreno circostante per assicurarsi di poter saltare senza incontrare ostacoli e fu proprio in quell'istante che il mostro s'incuneò su di lui.

L'immagine si fece sfuocata, Feldman balzò sulla sinistra, i due cerchietti rossi della mira automatica conversero sul cranio dell'animale e lui, con tempismo perfetto, fece fuoco.

L'essere si contorse in un rantolo disperato e poi fu il silenzio.

-Ah, *****, finalmente ce l'ho fatta! Ora ho capito a cosa servono quei cerchietti!-

Salvò la partita e spense la Playstation.

-E' giocando a Tomb Raider che intendi risolvere il caso?- le disse Lisa materializzatasi alle sue spalle.

Feldman ebbe un sobbalzo, era ancora carico di adrenalina; e

-Ma, Lisa, il caso è chiuso, no? Patrizia Cespuglio frequenta il Centro Sociale per amore, nulla a che vedere con la politica.

Il Governatore della Regione può stare tranquillo: nessuno scandalo, solo un'infatuazione. Penso che perfino un conservatore come quello possa accettare una cotta giovanile, no?-

Lisa pareva sconsolata -Già, e quando lui ti chiederà chi è il suo probabile futuro genero tu cosa gli racconterai? Lara Croft?-

-Sei matta?- rispose divertito - Magari! Sai che ridere se un cattolico reazionario come quello si ritrovasse una figlia lesbica e comunista?-

Sghignazzando a quella sua astrazione raccolse la sua giacca a vento giallo-girasole dirigendosi verso l'uscio; -Mangi con me, Lisa?-

-No, oggi sono da mia madre-

Feldman inscenò un'espressione di teatrale impotenza, aprì le braccia rassegnato, salutò la donna e lasciò l'edificio di buon umore.

Sarà stata anche una cazzata, ma superare un livello a Tomb Raider lo rinfrancava sempre un po'.

Uscì dal Vega affondando nella nebbiolina frizzante e cancerogena di Porto Marghera, diresse il maggiolino verso l'entroterra e si iniettò nuovamente nell'arteria di via Fratelli Bandiera, finalmente un po' meno trafficata.

Si infilò l'auricolare all'orecchio e chiamò la sua osteria del cuore.

-Moira, cosa c'è di buono da mangiare, oggi?-.

Ma non fece in tempo a sentire la risposta dell'ostessa, dall'altra parte del telefono, perché vide qualcosa che lo fece trasalire.


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Inviato

Ho letto.

Bello, non male. Mi piace il tono ironico, e anche la storia e i personaggi promettono bene.

E' un po' lungo per cui non ho tempo di commentare sul testo. Nella scena con Gigliola e Fidelio i dialoghi mi sembrano un po' falsi, per il resto direi che è ben scritto, con il ritmo giusto.

Complmenti,

ciao

Inviato

A dire il vero 'sta cosa l'avevo scritta altrove, quasi per gioco.

Non ho ricontrollato le sbavature, ho scritto di getto cercando di creare un incipit curioso.

Ammetto che sia abbastanza banale, come intelaiatura, ma non ho mai scritto, non con questa intenzione, ameno.

In genere mi esprimo attraverso le arti grafiche, ma siccome questo "pezzo", in un altro forum, aveva ottenuto un successo inaspettato, volevo provare a sentire anche il vostro parere.

Feldman Corner (Cornèr, cognome antichissimo veneziano) mi è simpatico, lo ammetto, ma forse ha ragione chi ha detto che non se ne può più del protagonista cialtrone e sfigato che però poi vince tutto e tutti.

E' un format un po' troppo sfruttato, così io vorrei dare alla storia e ai personaggi un'aria surreale, meno banale.

Quello che vedere è solo l'embrione di un racconto, e forse lo rifonderò completamente.

Vedremo se mi rimarrà questa inconsueta vena letteraria.

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