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  • 5 proprietà fisiche delle armi – Battle Science II

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    • La rubrica del prof. Marrelli su scienza e Giochi di Ruolo oggi ci parla delle proprietà fisiche delle armi. Quali sono i vantaggi nell’usare un’arma e su quali principi fisici più o meno evidenti si basano.

    La natura ci ha creato più deboli, più spogli e gracili di molti altri animali.
    Non ci ha dato pelli spesse, zanne, artigli, corna e forze devastanti.

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    Ma ci ha dato il cervello.
    E noi, con il cervello, abbiamo creato quello che ci serviva per sopperire alle nostre carenze fisiche.
    Con il cervello abbiamo creato le armi.

    Ma perché un’arma funziona? Quali sono i vantaggi nell’usare un’arma e su quali principi fisici più o meno evidenti si basano? Bentornati a questo secondo articolo della rubrica BattleScience, oggi andremo a scoprire 5 vantaggi delle armi analizzati dal punto di vista della fisica.

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    5 – La portata

    Il primo evidente motivo per usare un’arma è che è possibile attaccare più lontano: la lancia, che si può usare per tenere i predatori alla larga e scagliare contro le prede, è stato un passo fondamentale per l’egemonia della nostra specie.

    La portata è la distanza alla quale è possibile colpire il bersaglio: per le armi a distanza viene chiamata comunemente gittata e, nella maggior parte dei casi, dipende sostanzialmente dal funzionamento dell’arma e dai materiali di cui è composta. Per le armi da lancio, invece, essa deriva principalmente dalla forza e dalla tecnica del combattente.

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    Al fine di capire come ottenere la gittata massima di un’arma è importante l’angolo con il quale il proiettile viene scagliato: si tratta di un classico problema di fisica delle superiori.
    Un angolo troppo vicino all’orizzonte non fornirà abbastanza tempo di volo al proiettile, mentre un tiro eccessivamente diretto verso l’alto non darà abbastanza spinta orizzontale.
    Senza entrare nei conti, è possibile ricavare che, ignorando l’attrito dell’aria, l’angolo migliore è proprio quello a metà tra un lancio orizzontale e uno verticale, cioè 45 gradi; introdurre l’attrito dell’aria avvantaggia invece lanci più vicini all’orizzonte, con l’angolo preciso che dipende dalla forma del proiettile.

    Per quanto riguarda invece le armi da mischia, è evidente che la portata dipenda dalla forma e dimensione dell’arma e dalla lunghezza degli arti del combattente, dando ulteriori vantaggi a combattenti di dimensioni maggiori come sottolineato già nel precedente articolo.

    4 – Massa extra: la Quantità di Moto

    In che modo la massa extra di un’arma “fa più male”? Per capire questo concetto, introduciamo la Quantità di Moto (da ora Qdm)

    La quantità di moto è il prodotto di massa e velocità di un corpo (Qdm = M x V).

    Chi ha letto il precedente articolo (altrimenti recuperabile qui) si ricorderà come l’efficacia di un colpo dipenda dalla massa e dalla velocità.
    Una delle grandezze fisiche che si ricava da questi due dati è proprio la quantità di moto: essa aumenta al crescere della massa e/o della velocità, diminuisce al loro ridursi. La quantità di moto, come vedremo, è una grandezza molto importante per quanto riguarda gli impatti tra due oggetti.

    Durante un urto tra due corpi si sviluppano, per tempi estremamente brevi, delle forze molto intense dette Forze Impulsive che, come andremo a vedere, dipendono anche dai materiali.
    Queste forze, in pochi attimi, possono variare molto, alternando istanti di intensità molto differenti ed è per questo che andremo a considerare i loro effetti medi (o Forza Impulsiva Media)

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    Le forze impulsive possono variare anche molto in poco tempo

    Quando un corpo si abbatte su un altro fino ad arrestarsi, come accade per un colpo o un proiettile, è possibile mettere in relazione tramite una formula:

    • la Qdm iniziale del corpo prima dell’urto;
    • la Forza impulsiva media sviluppata nell’urto.
    • la Durata dell’urto, cioè per quanto tempo il corpo subisce tale FIM;

    La relazione che lega queste tre grandezze è:

    Forza impulsiva media = Qdm / Durata

    Sapendo dunque la quantità di moto di un corpo, per esempio quella legata a un attacco, e la durata dell’urto è possibile avere una stima delle Forze in gioco. È importante comprendere che la durata dell’urto non è il tempo necessario per portare l’attacco: è invece il tempo necessario per fermare il colpo a partire dall’inizio del contatto o, se vogliamo, il tempo necessario per assorbire la potenza del colpo.

    A questo punto è facile notare come la Forza impulsiva legata a un colpo aumenti con la massa e la velocità del colpo e diminuisca se il tempo per fermare il colpo aumenta: per avere colpi più devastanti, dunque, abbiamo bisogno di tempi di frenata inferiori.

    3 – Materiali

    Abbiamo visto che per aumentare le forze impulsive bisogna ridurre i tempi di frenata e per ridurre le forze impulsive bisogna aumentare questi tempi.

    Il secondo caso è evidente se pensiamo agli air bag o ai materassi contro le cadute: in quel caso, il soggetto ha a disposizione più tempo per frenare, quindi viene fermato più dolcemente e riduce i danni subiti.
    Ma in che modo un materiale più duro funziona al contrario?

    Per comprenderlo, dobbiamo andare ad analizzare la struttura molecolare dei materiali.

    Un materiale è formato da tante molecole o atomi uniti, negli oggetti solidi, da stretti legami tra loro.
    L’effetto complessivo è simile a quello di una molla: se soggetto alla compressione, man mano che un legame si accorcia, diventa sempre più difficile comprimerlo ulteriormente.

    I materiali duri funzionano come delle molle molto robuste, che sviluppano resistenze particolarmente intense anche con poca compressione.
    Ecco così spiegato come mai un materiale duro ha delle forze impulsive molto grandi: i legami del materiale, soggetti alla compressione del colpo, riescono in poco tempo a sviluppare una reazione tale da fermare il colpo. In questo modo la reazione è brevissima e la Forza impulsiva diventa quindi molto intensa.

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    Martello e incudine possono produrre forze estremamente intense, essendo entrambi molto duri

    Anche se avremo modo di parlarne in seguito, è evidente come armature diverse sfruttino queste proprietà in maniera diversa: un’armatura imbottita tenderà a ridurre le forze impulsive, rendendola efficace contro urti intensi, mentre un’armatura più dura come quella a piastre sarà meno efficace nel ridurre gli impatti. Allora come mai le armature di metallo sono universalmente riconosciute come migliori?

    2 – Pressione

    La pressione è il rapporto tra una forza e l’estensione della superficie sulla quale viene applicata.

    Facciamo il classico esempio dei chiodi.
    Se premete con tutta la vostra forza con un dito sulla punta di un chiodo vi fate male.
    Eppure, i fachiri sono famosi per stendersi su letti di chiodi senza uccidersi: come fanno?
    Nessuna magia in corso: nel caso del fachiro, la sua forza peso è suddivisa su un’area più ampia, ovvero la somma di tutte le punte dei chiodi, e in questo caso non è sufficiente per la penetrazione della punta all’interno della carne.

    Sì, perché è la pressione a determinare se un oggetto penetra o meno all’interno di una superficie.

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    La Pressione aumenta se la Forza cresce, mentre si riduce se la superficie si ingrandisce: se fate più forza sul vostro martello, riuscirete a piantare meglio il chiodo… ma pensate ora di piantare a forza un birillo. Molto più arduo!

    È però evidente che cercare di piantare lo stesso chiodo su un muro di cemento o di acciaio sia cosa molto differente: il secondo infatti, essendo un materiale più duro, risponde alle forze esterne con delle reazioni che, come abbiamo visto, sono molto più intense ed è dunque necessaria una forza maggiore per penetrarlo.

    In conclusione la difficoltà di penetrazione di un materiale dipende sia dalla forza con cui si agisce, sia dalla superficie interessate, sia dalle proprietà del materiale.

    1 – Punte e lame

    Alla luce di questo dato, è evidente l’utilità delle armi appuntite: una punta concentra la forza di un colpo in un solo punto, rendendo più facile penetrare carni e armature.

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    Ma cosa possiamo dire invece sulle lame? Le armi munite di lama sono in grado di esercitare pressioni inferiori a quelle di una punta, ma sufficienti per tagliare la carne e, se ben affilate, vestiti o armature molto leggere. Chiaramente migliore è il filo, più stretta e precisa è la lama, maggiore è la pressione.

    Le armi da taglio tuttavia sono in grado di effettuare gravi danni ai tessuti biologici non tanto per la loro capacità di penetrazione, ma perché durante un taglio si generano degli attriti tra la lama e il bersaglio in grado di danneggiare i tessuti.

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    Questo rende le armi da taglio perfette contro nemici privi di armatura o comunque poco protetti, come abbiamo già detto nell’articolo sulle spade.
    Le armi da taglio riescono meglio nel loro compito se aumentano il tempo in cui tagliano le carni nemiche e la forma che più si adatta a questa necessità è quella arcuata: inoltre questa forma riduce la porzione di lama a contatto con il bersaglio, aumentando la pressione. È per questo motivo che molte delle migliori armi da taglio come sciabole e katane hanno la lama curva.

    È chiaro d’altra parte come le lance e, entro un certo limite, gli affondi delle spade siano uno strumento ideale contro le armature, per quanto le corazze più dure siano spesso in grado di resistere a tali penetrazioni. Le protezioni più leggere potrebbero perfino essere tagliate da un fendente di spada o un colpo di ascia.

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    Le mazze hanno più punte di quello che si possa pensare

    Infine armi note per essere contundenti, come mazze e martelli, oltre che avere masse importanti e dunque grandi quantità di moto concentrano in realtà la loro forza su superfici relativamente piccole come la testa del martello o le punte le flange di una mazza: questo le rende quindi ottime contro le armature.
    Se tuttavia le forze impulsive sono più intense contro superfici più dure, non pensiamo comunque che le armature metalliche siano del tutto inutili contro le armi da impatto: il metallo infatti, subendo il colpo, può ovviamente piegarsi o ammaccarsi. Nel farlo dissipa una parte dell’energia del colpo riducendo di fatto la quantità di moto subita dal malcapitato. Ma come calcolare queste quantità di moto, a partire dalle forze? Lo scopriremo nel prossimo articolo che parlerà di affondi, fendenti ed energie ad essi legate.

    Se ti è piaciuto questo articolo, dai un’occhiata al precedente della rubrica BattleScience:


    Articolo originale: http://www.profmarrelli.it/2019/06/24/5-proprieta-armi-secondo-la-scienza-battle-science-ii/

    Se questo articolo ti è piaciuto, segui il prof. Marrelli su facebook e su ludomedia.

     


    Tipo Articolo: Approfondimenti

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