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  • Avventure Investigative #6: Investigation Crawl

    Bille Boo
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    • D&D può essere usato per creare delle avventure investigative interessanti? Eccovi il sesto articolo di una serie in cui espongo le mie idee in merito.

    Avventure Investigative #1: Un Dungeon in Rosso
    Avventure Investigative #2: L'Avventura in Giallo
    Avventure Investigative #3: Cherchez la Succube Parte 1
    Avventure Investigative #4: Cherchez la Succube Parte 2
    Avventure Investigative #5: Indagini per Tutti i Gusti

    È passato un po’ di tempo da quando ho pubblicato i primi 5 articoli di questa serie sulle avventure investigative in D&D. Articoli molto apprezzati da qualcuno, molto criticati da qualcun altro.

    Quando li ho pubblicati erano obiettivamente carenti di solide prove sperimentali, tant’è che ci ho poi aggiunto un bel disclaimer rosso per informarvi di ciò. Il tempo passa, e con molto piacere posso accingermi a rimuovere quel disclaimer, perché ho completato tre playtest e ne ho un quarto in dirittura di arrivo. Presto vi racconterò tutti i dettagli, ma vi posso anticipare che sono assai soddisfatto.

    In attesa di ciò, oggi vorrei provare a presentarvi il mio metodo (lo stesso metodo) da un’altra angolazione, che forse mi permetterà di spiegarmi meglio.

    Investigazione come dungeon

    In effetti, quello che vi ho presentato non è altro che un metodo per progettare un dungeon un po’ particolare. In fondo è quello “l’ambiente naturale” di D&D, anche di quello di cui parlo su questo blog, il “mio” D&D.

    Immaginiamoci un sano, vecchio dungeon, con tutti i suoi soliti pregi e i difetti; solo, con le seguenti peculiarità.

    Il tesoro contenuto nelle stanze non consiste in monete d’oro e gemme sfavillanti, ma in due tipi di cose:

    • chiavi per accedere ad altre stanze, e
    • tasselli di un puzzle da ricomporre.

    Le stanze non sono vere camere di un complesso sotterraneo; non necessariamente, almeno. Potrebbero essere luoghi, ad esempio in una città. (Potrebbero perfino essere cose o persone da esaminare, senza una posizione precisa… ma non voglio farla troppo complicata.)

    Quello che ho chiamato puzzle, inoltre, non è fatto di tasselli che si abbinano con gli occhi e con le mani, in base alla loro forma: è fatto di informazioni che i giocatori debbono associare nel loro cervello, ragionando, con la logica e l’intuito.

    Ricomporre il puzzle permetterà di ottenere la ricompensa finale del dungeon. Essa non è il solito artefatto magico o roba del genere: è invece un’informazione su qualcosa che esiste già, oggettivamente, nel mondo di gioco e che per i PG è importante. Ovviamente starà a loro, poi, decidere come comportarsi una volta che l’avranno appresa.

    Ecco: questo (e nient’altro) è l’essenza del metodo che ho presentato nell’episodio 2 e in generale in questa serie.

    Chiarimenti e dettagli

    In questo modo di vedere la cosa, le stanze sono ciò che ho finora chiamato Fonti. Ogni Fonte è come la stanza di un dungeon nel senso che è un “qualcosa di delimitato” da esplorare, attraverso il proprio PG, per trovare i tesori.

    Importante: immaginatevi come se tutte le stanze si affacciassero su uno stesso corridoio. Le porte sono tutte raggiungibili, il problema è trovare la chiave per aprirle. So che ad alcuni di voi “suonerà male” questo modello, so che vorreste far giocare un ruolo ai corridoi e ai collegamenti tra le stanze, come in un dungeon “comune”. Ne riparliamo più avanti, ma la risposta breve è: fidatevi, vedetela così, si capisce meglio.

    Le chiavi sono ciò che ho finora chiamato Informazioni-Freccia. Sono una delle due cose che è possibile trovare esplorando le stanze. Ognuna serve ad aprire la porta di un’altra stanza. Alcune stanze sono aperte sin dall’inizio, altre inizialmente sono chiuse ed è possibile “sbloccarle” solo trovando la loro chiave. È possibile che esistano più copie della chiave di una certa porta (o, se volete, più chiavi in grado di sbloccare la stessa porta).

    I tasselli del puzzle sono ciò che finora ho chiamato Informazioni-Tessera. Sono l’altra cosa che è possibile trovare esplorando le stanze. Sono una forma di tesoro, in un certo senso. Alcuni si possono combinare tra loro per ottenere la ricompensa finale. Altri si possono combinare tra loro per formare una chiave (vedi sopra), come se fossero pezzi di chiave. Altri ancora fanno entrambe le cose.

    Infine, la ricompensa finale è ciò che finora ho chiamato Risposta. Immaginatela come un mega-artefatto da ricomporre mettendo insieme i suoi diversi frammenti. È la ragione per cui i PG stanno esplorando il nostro dungeon. Quello che faranno con il mega-artefatto una volta che l’avranno ricomposto… beh, sta a loro deciderlo.

    Altri due chiarimenti

    Ricordate i due princìpi di base che avevo esposto alla fine dell’episodio 1? In questa nuova angolazione funzionano così.

    • Quando i PG esplorano una stanza, trovano le cose (le chiavi, o i tasselli / pezzi di artefatto) se cercano nel posto giusto e nel modo giusto. Non chiederemo di tirare dadi. Se dietro la fontana a forma di demone c’è una chiave attaccata con un pezzo di scotch, e un giocatore dice: “guardo dietro la fontana”, trova la chiave. Punto. Non dobbiamo infrangere nessuna regola: in qualunque regolamento di D&D e affini che io conosca è facoltà del Diemme stabilire se un’azione richiede una prova oppure no, salvo eccezioni; le eccezioni sono i casi in cui una regola stabilisce espressamente che una prova è obbligatoria e impone anche la CD (perché, chiariamoci, se una regola dice di fare una prova ma non dice la CD, il Diemme è libero di dire “ok, la CD è 0” e andare avanti); ebbene, semplicemente non metteremo chiavi né tasselli in condizioni simili. Niente casseforti da forzare, lucchetti da scassinare, trappole da disarmare per arrivare a una chiave o ad un tassello. Siamo noi che progettiamo il dungeon, e lo progetteremo così.
    • Quando i PG trovano dei tasselli, spetta ai giocatori trovare il modo giusto di combinarli. Niente “prove per trovare il modo” di combinare i tasselli. Niente “aiutini” in funzione dei punteggi o della classe dei PG. Niente incantesimi che combinano i tasselli: la magia può essere utile solo per scoprire / far saltar fuori tasselli che non si sono ancora trovati (una magia di divinazione, per esempio). Questo significa che i PG possono trovare tutto ma non riuscire comunque a comporre il mega-artefatto perché i giocatori non ragionano bene? Sì, significa questo. E a quel punto cosa succede? La stessa cosa che sarebbe successa se i PG non avessero trovato, o non avessero trovato in tempo, abbastanza tasselli: hanno fallito. Le conseguenze del fallimento non dipendono dal dungeon ma dal contesto in cui il dungeon si inserisce (perché i PG sono andati in quel dungeon, qual era la posta in gioco?). Il buon Diemme deve pensarci (e in passato vi ho dato suggerimenti in materia). Ma non fa parte della progettazione del dungeon in sé, perché, come mi è già capitato di dire, il dungeon è solo una parte dell’avventura, non è l’avventura intera; non è una storia.

    Al solito, se questi due princìpi non vi piacciono vuol dire che il mio approccio alle avventure investigative in D&D non fa per voi. Non è un problema. Non vi odio per questo.

    In conclusione

    Avrei potuto spiegarla così sin dall’inizio. Forse a certe persone sarebbe risultata più appetibile. Ammetto di avere sempre avuto una certa insofferenza per la “moda” di usare ostinatamente il dungeon come riferimento universale a cui ricondurre per forza ogni cosa. “Tutto è un dungeon”, “ogni avventura è un dungeon”, e via discorrendo: che barba (se mi è permessa un’espressione personale)! Tuttavia, in questo caso (e in generale quando si parla di progettare uno scenario del gioco) il parallelismo tiene, e la mia idiosincrasia personale potrebbe avermi sviato.

    L’articolo si conclude qui, e nel prossimo episodio parleremo di diagrammi… in attesa di potervi presentare un bel resoconto del mio playtest.

    Se però vi è rimasto il dubbio riguardo all’uso dei corridoi, leggete pure la parte seguente, che è del tutto opzionale.


    Appendice: perché chiavi e non corridoi

    Ho detto che le Informazioni-Freccia sono chiavi: le trovi esplorando una stanza, e ti permettono di accedere a nuove stanze. Giusto? Ma perché non le ho rappresentate, invece, come porte segrete e cunicoli che uniscono una stanza all’altra? Perché ho detto che è meglio visualizzare le stanze come se si affacciassero tutte sullo stesso corridoio, e solo poche di esse fossero inizialmente aperte, anziché dire che quelle poche stanze sono le uniche ad affacciarsi sul corridoio iniziale, e le altre sono dietro passaggi segreti di quelle stanze?

    Primo, perché le Informazioni-Freccia non sono bidirezionali. Se disegno una mappa con un passaggio segreto tra la stanza A e la stanza B, chi legge la mappa capisce che perquisendo la stanza A si possa trovare un passaggio per andare alla B, e perquisendo la B si possa trovare un passaggio per andare alla A. Ma non è così che funzionano degli indizi in un’investigazione: se in cucina è nascosto un indizio che punta alla biblioteca, non è detto che in biblioteca sia nascosto un indizio che punta alla cucina; è possibile, ma non è detto. Avrei dovuto farvi immaginare un dungeon pieno di “sensi unici”, cosa molto contro-intuitiva.

    Secondo, perché un’Informazione-Freccia può scaturire dalla combinazione di Informazioni-Tessera; non succede spesso, ma succede. Oppure, una stessa informazione può funzionare sia da Freccia che da Tessera. È possibile, con uno sforzo di immaginazione, visualizzare una chiave divisa in pezzi da ricombinare, oppure un frammento di mega-artefatto che funge anche da chiave di una porta. Mentre un corridoio segreto diviso in pezzi, o un corridoio segreto che funge anche da frammento di artefatto, avrebbe poco senso.


    Per approfondire:

    Non si può parlare di avventure investigative in D&D senza parlare di The Alexandrian (vedasi Letture consigliate) e della sua trattazione degli “scenari basati su nodi” (node-based). Per la verità vi ho fatto cenno nel secondo episodio di questa serie, ma mi pento di non averlo fatto più estensivamente, e rimedio adesso. La serie originale, in inglese, comincia qui: Node-Based Scenario Design, part 1. A suo completamento c’è anche la serie seguente, che inizia qui: Advanced Node-Based Design, part 1. Fa piacere che Dragons’ Lair abbia quasi finito di tradurre in italiano entrambe le serie: ecco l’ultimo episodio, che all’inizio presenta un indice con i link a tutti i precedenti.

    Ora, vi verrà spontanea la domanda: ma il mio metodo è uno scenario basato su nodi? E, se sì, perché non l’ho presentato come tale facendo ricorso alle tecniche e alle terminologie di The Alexandrian? Risposta 1: sì, il tipo di avventura investigativa che presento in questa serie è senz’altro uno scenario basato su nodi. Risposta 2: non l’ho fatto perché l’avventura investigativa è un tipo molto particolare di scenario basato su nodi, con delle esigenze particolari, e mi premeva concentrarmi su queste particolarità. The Alexandrian è molto teorico e astratto, mentre io volevo essere pratico e concreto. The Alexandrian è molto concentrato sulla struttura “geometrica” e grafica dello scenario, mentre a me premeva il contenuto. Infine, cosa più importante, lui si concentra esclusivamente sui “nodi” / punti di interesse (quelli che io chiamo Fonti) e sugli indizi che fanno muovere dall’uno all’altro (che chiamo Informazioni-Freccia), mentre trascura quasi del tutto (solo qualche accenno) la vera e propria ricostruzione della Risposta. È comunque una lettura che vi consiglio.

    Passando ad un’altra fonte, vale la pena menzionare, di sfuggita, questo articolo, anche se al di là del titolo “investigation as dungeon” ha poco a che spartire con il mio modello, e contiene diversi punti su cui non concordo (se il mio è railroad – e non lo è – il suo è una monorotaia; detto senza offesa). In particolare, modella l’indagine come uno schema a “stanze” ma non fa nessun cenno a come consentire il passaggio da una stanza all’altra, a progettare quali informazioni si trovano in una stanza e perché conducono alla stanza successiva. Invece, secondo me, è quello l’aspetto cruciale su cui lavorare. Attenzione che il sito non solo è in inglese, ma non ha il protocollo di sicurezza https, quindi se ci cliccate è a vostro rischio e pericolo.



    Tipo Articolo: Approfondimenti

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