Cosa vuol dire, davvero, "interpretare un personaggio" in un gioco di ruolo? Come funziona in pratica? In materia ci sono tante idee diverse ma anche un bel po' di confusione. Proviamo a ridurre tutto all'essenziale.
Guida all'Interpretazione #1: Bando al Recitazionismo
Articolo di Bille Boo del 12 febbraio 2021
Nella parte precedente di questa nuova serie, oltre a fare un po’ di necessaria polemica, ho iniziato ad esplorare la questione dell’interpretazione dei personaggi.
Quello di oggi è l’episodio più teorico: che cosa intendo, nel mio D&D, quando dico "interpretare"?
Premessa
A livello fondamentale, un gioco di ruolo come D&D, ridotto all’osso, funziona così:
- C’è un mondo immaginario, dove ogni giocatore ha un personaggio.
- Il Diemme descrive una situazione.
- Il giocatore decide cosa vuole fare il suo personaggio.
- In base alle regole si stabilisce se ce la fa.
- Il Diemme narra le conseguenze e chiede di nuovo di prendere una decisione, e così via.
Parti in causa
Supponiamo di essere a un tavolo di D&D con un Diemme e quattro giocatori. Concentriamoci sul giocatore di nome Gino. Il suo personaggio è il guerriero Cutie Headcutter (il che ci fa dedurre che sia un po’ bimbominkia, ma non lo giudichiamo).
Ora, Gino avrà una sua testa (sembra strano ma anche i giocatori ce l’hanno 😉), dove stanno i suoi pensieri e quello che immagina per conto suo.
Poi ci sarà un immaginario condiviso, che è quello che emerge al tavolo di gioco: le cose che avvengono al tavolo durante il gioco, infatti, sono dati di fatto oggettivi a cui ognuno deve “adeguare” la propria immaginazione se vuole continuare a giocare.
(In effetti mi hanno giustamente fatto notare che sarebbe più corretto parlare di "spazio immaginato condiviso".)
E poi ci sarà la parte meccanica del gioco, vale a dire schede, manuali, dadi, tutto quello che è strutturato per dare degli strumenti e delle regole.
Cutie Headcutter esiste in tutte e tre queste aree: nella testa di Gino, ma anche nello spazio immaginario condiviso, e anche nella meccanica (la sua scheda). Solo, in modi diversi. Vediamo come.
Come si interpreta: a valle
Come abbiamo detto poco fa, in ogni situazione il giocatore deve decidere cosa vuole fare il PG: è questo il suo compito fondamentale nel gioco. Per Cutie Headcutter, quindi, questa decisione avviene nella testa di Gino. Andrà poi comunicata al Diemme e al resto del tavolo, naturalmente.
A questo punto, il Diemme potrebbe ricorrere alle meccaniche di gioco per stabilire l’esito di quella decisione. Ho evidenziato “potrebbe” perché non è obbligato: questo passaggio serve solo se l’esito è in qualche modo incerto (vedi tutto il discorso sul flusso di gioco). Non sempre c’è da tirare un dado. Se Gino decide che il suo personaggio apre una porta (che non è chiusa a chiave), sale le scale, o urla “al ladro!”… beh, lo fa e basta.
Dopodiché l’azione scelta, con i suoi risultati e le sue conseguenze, prende forma nel mondo di gioco: diventa un avvenimento (un qualcosa che è effettivamente accaduto). In genere è il Diemme che si occupa di descriverlo. Tutti i giocatori al tavolo (non solo Gino) lo ascoltano e ne prendono atto.
Fin qui tutto okay, come evidenziato, nell’immagine, dalla faccina sorridente e dal pollice in su di un bel verde brillante.
Come si interpreta: a monte
Ma come ha fatto Gino ad arrivare a quella decisione per il suo PG? Ci sarà stato un qualche procedimento, nella sua testa, che lo ha portato lì. Ha pensato a qualcosa? Ha immaginato qualcosa? Ci interessa tutto ciò?
La risposta è: essenzialmente no, non ci interessa. Come simboleggiato dalla faccina indifferente a lato.
Il gioco ha solo bisogno che Gino prenda la decisione per Cutie Headcutter. Non c’è niente che stabilisca o regoli la modalità con cui la prende. Il che è molto saggio da parte degli sviluppatori del gioco, perché tanto non ci sarebbe modo di verificare se quella modalità è stata seguita o no: né gli altri giocatori né il Diemme sanno come pensa Gino; è probabile che non lo sappia del tutto nemmeno Gino.
C’è un solo aspetto importante da considerare: per prendere la sua decisione Gino ha diritto a informazioni su cui basarsi. Per la precisione, ha diritto a sapere tutto quello che ragionevolmente dovrebbe sapere Cutie Headcutter. Ha diritto a conoscere la situazione nel mondo di gioco, infatti il Diemme si sarà premurato di descrivergliela. E ha diritto a conoscere le regole del gioco e la meccanica particolare del suo PG; avrà quindi accesso ai manuali e alla scheda.
Qualunque sia il procedimento decisionale che avviene nella testa di Gino (ripeto, non possiamo conoscerlo) avrà a disposizione queste informazioni, come mostrato nello schema. Assicurarsene è responsabilità del Diemme, che infatti controlla e sovrintende questo flusso di informazioni, come schematizzato dalle frecce dorate tratteggiate.
È importante prendere sul serio questa responsabilità. Se il Diemme ha anche solo il sospetto che qualcosa sia stato frainteso o dimenticato, non inchioderà Gino mani e piedi alla sua decisione disinformata, ma si premurerà di evidenziare l’informazione mancante e chiedere di nuovo. Ad esempio: “Hai solo For 8 e un’armatura pesante, che ti svantaggerebbe molto: sei sicuro di volerti gettare nel fiume?”. Oppure: “Se ti muovi per ingaggiare in mischia il mago nemico provochi attacco di opportunità da parte delle due guardie del corpo, l’hai considerato?”. O ancora: “Hai detto di voler saltare il crepaccio, ma è largo 9 metri, sai bene che a meno di un miracolo non riusciresti mai a farcela”. Su questa cosa, magari, torneremo in futuro.
L’indifferente mondo delle idee private
C’è un concetto che viene spesso assunto come scontato quando si gioca di ruolo, specialmente oggigiorno (la "Vecchia Scuola" era meno sensibile alla questione), ed è che l’interpretazione di un personaggio richieda di immaginarselo, a priori, come figura / persona diversa da sé.
Secondo questo approccio, Gino si è già costruito nella sua testa un’idea di Cutie Headcutter (la sua storia, la sua personalità, i suoi sentimenti eccetera). E prenderà la sua decisione basandosi su quell’idea, immedesimandosi in quel personaggio (oltre a tenere conto delle informazioni a disposizione come spiegato sopra, ovviamente).
Fare questo è sbagliato? No, non è sbagliato.
Fare questo è necessario? No, non è necessario. (Anche se lo fosse, non vi sarebbe modo di verificare se è avvenuto.)
Quindi la cosa ci è indifferente, come indica la faccina nell’immagine.
So che qualcuno di voi sarà tentato di pensare cose come “se Gino non fa così, sbaglia” oppure “se Gino vuole davvero giocare di ruolo deve fare questo“. Resistete a questa tentazione: Gino può usare qualunque procedimento per giungere alla sua decisione. Se questo procedimento coinvolge un’identità immaginaria precostruita, perché si trova bene così, buon per lui, ma sono affari suoi.
Il velenoso mondo delle idee condivise
Ora veniamo ai problemi. Come sapete, il mio approccio in queste faccende è strettamente pragmatico, quindi quando dico che qualcosa è sbagliato è perché non funziona, o funziona male, lasciando da parte (per carità!) i giudizi morali.
Ecco, quindi, alcuni concetti che ritengo potenzialmente non funzionali per il gioco di ruolo e in particolare per D&D.
Il primo concetto nocivo è che l’identità del personaggio sia qualcosa di oggettivo che è in qualche modo al di fuori della testa di Gino: qualcosa che è noto a tutto il tavolo, e che appartiene all’immaginario condiviso della giocata. Spesso ci si pone in questa situazione involontariamente, condividendo la backstory dei propri PG e “raccontandoseli” a vicenda prima del gioco.
Male, molto male, come indicato dal diavoletto e dal pollice in giù. È l’anticamera di un sacco di brutte cose: giudizi su se Gino stia interpretando bene o no, obiezioni alle decisioni di Gino e relative discussioni, e altro ancora.
E c’è un concetto ancora peggiore: quello che il Diemme debba in qualche modo regolare, sovrintendere, assicurare che le decisioni di Gino siano effettivamente coerenti con l’idea astratta del personaggio.
A cosa serve, se non a rimproveri del tipo “No, il tuo personaggio non farebbe questo” (che è pressappoco la cosa peggiore che un Diemme possa dire a un giocatore)?
Lo voglio affermare con forza: il principio dell’idea di personaggio condivisa, e/o che l’interpretazione di un giocatore sia tanto migliore quanto più è aderente a un’idea di personaggio preesistente, è inutile (quando va bene) o foriero di guai (quando va male). Abbandoniamolo.
Nell’immaginario condiviso, Cutie Headcutter è ciò che Cutie Headcutter effettivamente dice e fa. Niente di più, niente di meno.
Sulla base di questo, ognuno (il Diemme, gli altri giocatori, perfino Gino stesso) è libero di farsi una propria idea dell’identità di Cutie Headcutter, di chi lui sia veramente. Ma è un’idea che discende dai fatti, e che potrà sempre cambiare in futuro se i fatti cambiassero. Esattamente come avviene per le persone reali: non si può mai dire di conoscere del tutto una persona, non si può mai dire di conoscere del tutto un PG.
Conclusione
Abbiamo visto in cosa consiste, nella sua essenza, l'interpretazione di un PG: nel prendere decisioni per lui, sulla base di informazioni legate al gioco, a prescindere dal procedimento mentale con cui si arriva a tali decisioni, e a prescindere dall’esistenza o meno di un’identità immaginata a priori per quel PG.
Se vi siete riconosciuti in qualcuno degli approcci che ritengo problematici, vi invito a fare l’esperimento di giocare senza. Vi assicuro che la qualità del vostro gioco, e la profondità delle vostre storie, non ne risentirà per niente. Anzi, potrebbe migliorare. Se smettete di preoccuparvi del meccanismo che porta i giocatori (voi e gli altri) alle decisioni, e vi limitate a prenderne atto e a vivere la storia che spontaneamente ne deriva, sarete molto più liberi di apprezzare la giocata. Provare per credere!
Però…
Una tipica obiezione che mi viene fatta a questo punto è: ma così non vengono fuori solo personaggi piatti, stereotipati, senza personalità? Oppure, personaggi del tutto incoerenti? La risposta è: no, decisamente no. E lo vedremo per bene nella parte successiva di questa guida.
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