Anno 1326: in un periodo in cui la spada lunga è l’arma nobiliare d’eccellenza e la corazza a piastre deve ancora riuscire a ricoprire totalmente il cavaliere, si hanno le prime testimonianze di cannoni in occidente (in questo arrivato molto tardi rispetto all’oriente).
Ci vorrà l’inizio del secolo successivo affinché si diffondano le primitive armi da fuoco portatili.
In risposta a questa nuova minaccia, l’armatura si fa più resistente. Più spessa. Impenetrabile.
Questa corsa alle armi (e alle armature!) prosegue per secoli: ancora nelle guerre napoleoniche i corazzieri indossano armature per proteggersi, ormai, principalmente dalle schegge, dai proiettili di striscio e di rimbalzo.
Per secoli armi da fuoco e armature convivono una accanto all’altra, senza mai completamente surclassarsi reciprocamente: ma come funzionano queste tecnologie? Quali segreti nascondono la polvere da sparo e l’acciaio?
Andiamo a scoprirlo assieme!
POLVERE NERA
In questo paragrafo si parla di combustioni. Per avere un’idea più chiara di come esse funzionino, prossimamente pubblicheremo un articolo a riguardo.
La polvere da sparo è un composto di diverse sostanze polverizzate e mescolate assieme, nello specifico
Carbone, Zolfo e Nitrato di Potassio (KNO3), più noto come Salnitro.
Lo scopo dello Zolfo è quello di facilitare la reazione di combustione. Infatti, lo zolfo fonde a temperature relativamente basse (114°C) ed è, in questa forma, in grado di stimolare la reazione degli altri componenti della polvere tra loro.
Il Salnitro è una sostanza con una grande quantità di ossigeno disponibile per reagire con gli altri componenti: questa sua capacità permette di rendere più rapida e vivace la combustione. Esso rappresenta oltre il 70% della massa della polvere nera.
Infine il Carbone è la fonte del carbonio della reazione: la polvere da sparo, infatti, esplode combinando il carbonio all’interno del carbone con l’ossigeno nell’aria e nel Salnitro.
Questa reazione ha come prodotto, oltre al calore, una grande quantità di anidride carbonica che, essendo un gas (tra l’altro a temperature elevate), si espande: è questa espansione gassosa che, se canalizzata nella canna di un’arma da fuoco, è in grado di spingere via il proiettile.
METODI DI ACCENSIONE
Questo tipo di reazione richiede un innesco: storicamente le armi da fuoco hanno sfruttato vari metodi per accendere la polvere da sparo.
Il più antico è sicuramente la miccia, una corda che brucia più o meno lentamente fino a portare la fiamma a contatto con l’esplosivo. Ne abbiamo tutti in mente una vivida immagine per quanto riguarda l’uso nei cannoni, ma forse non tutti sanno che anche le prime armi da fuoco portatili utilizzavano questo metodo per accendere la polvere da sparo, seppur con qualche accorgimento.
Nei primi archibugi, gli antenati dei nostri fucili, vi era un foro, detto focone, che permetteva la comunicazione tra il cuore della canna (la culatta) e una sezione esterna, detta scodellino, nella quale era posta ulteriore polvere da sparo. Questa polvere poteva essere accesa tramite una miccia a combustione lenta attaccata a un uncino mobile, chiamato serpentina.
Quando l’archibugiere premeva il grilletto, la serpentina si muoveva portando la miccia a contatto con la polvere dello scodellino che a sua volta, attraverso il focone, accendeva la polvere in canna.
Ovviamente questo metodo non era necessariamente tra i più comodi ed efficaci, e ben presto, durante il XVI secolo, nuovi metodi di accensione furono inventati: tra di essi i più famosi sono l’acciarino a ruota e quello a pietra e martellina.
Nel primo (Wheellock), una ruota metallica caricata a molla veniva liberata dal grilletto, andando a strofinare una pietra di pirite che, emettendo scintille, accendeva la polvere nello scodellino.
Si tratta di un meccanismo raffinato e delicato, attribuito secondo alcune tradizioni a Leonardo da Vinci, che però fu inevitabilmente sostituito dai successivi, più affidabili e resistenti.
Nell’acciarino a pietra e martellina (in inglese Flintlock) o acciarino a focile, invece, un dispositivo metallico mobile detto martellina fungeva da copertura per lo scodellino: un altro pezzo metallico detto cane, caricato con una molla, terminava con una morsa nella quale era trattenuta saldamente una pietra focaia.
Quando il grilletto veniva premuto, la molla scatta, il cane colpiva violentemente la martellina e, mentre la spostava scoprendo lo scodellino, l’urto della pietra focaia produceva scintille che andavano ad accendere la polvere.
L’evoluzione nel tipo di acciarino, nel caricamento e l’introduzione delle cartucce (inizialmente contenitori di carta, da cui il nome, contenenti pallottola e polvere da sparo assieme) permise un netto miglioramento della cadenza di tiro da parte di queste armi nel corso dei secoli, ma inizialmente i primi archibugi e moschetti potevano sparare circa 40 colpi… all’ora!
Questo perché il caricamento era lungo e complesso, richiedeva la pulizia della canna, la pressione del proiettile assieme alla polvere da sparo all’interno dell’arma, la preparazione del sistema di accensione e ovviamente il tempo necessario per impugnare l’arma, mirare e sparare.
ENERGIE IMPONENTI
Ma allora, con tale bassa frequenza di fuoco, come mai queste armi riuscirono a dominare i campi di battaglia? La risposta si cela nelle enormi energie con le quali i proiettili potevano essere scagliati.
L’appendice del meraviglioso The Knight and the Blast Furnace di Alan Williams, che vi consiglio vivamente, fa uno studio approfondito delle energie approssimative a disposizione di varie armi (calcolate al momento del lancio del proiettile, e che dunque si riducono con la distanza del bersaglio).
Un archibugio del XVI secolo imprime su un proiettile circa 1300 Joule (J) di energia, mentre una pistola dello stesso periodo può svilupparne oltre 900.
Ricordiamo che il Joule è l’unità di misura dell’Energia nel sistema internazionale: per fare un paragone, un Joule è pari all’energia necessaria per sollevare da terra di 10 cm un oggetto di 1kg di peso.
In confronto, l’energia di una freccia scagliata da un arco lungo ammonta a circa 150 J: da questo esempio, vediamo che tali energie sono molto elevate.
Tali quantitativi di energia saranno ulteriormente ampliati da due grosse migliorie.
In primo luogo, la scoperta della polvere da sparo granulare: si tratta di una polvere preparata con gli stessi ingredienti, ma mescolati in ambiente umido e poi ridotti a un mezzo granulare omogeneo prima dell’uso. Questa polvere permette un’efficienza molto maggiore, portando le energie disponibili a oltre 1700 J.
Ma le migliori armature in circolazione del 1500, secondo i resoconto storici, erano ancora in grado di rispondere a queste fenomenali energie, soprattutto sulle lunghe distanze: per questo si cominciarono a costruire armi da fuoco di dimensioni maggiori, che richiedevano una forcella d’appoggio al terreno per essere correttamente utilizzate: nacque dunque il Moschetto (termine che andrà poi a indicare semplicemente l’antesignano del fucile moderno), in grado di imprimere fino a 3000 J di Energia ai proiettili.
Si tratta comunque di energie calcolate “a bruciapelo”: un colpo poteva perdere anche metà della sua energia cinetica nei primi 100 metri di percorso.
Ma queste energie sono “tante” o sono “poche” rispetto a quelle necessarie per perforare un’armatura dello stesso periodo? State pronti, lo scopriremo la prossima settimana…
BONUS – Cosa giocare?
Se la sfida tra armi da fuoco rinascimentali e armature vi appassiona e volete provare l’ebbrezza di metterle a confronto, se vi piacciono i giochi di ruolo (e se non vi piacciono è probabilmente perché non li avete provati), non posso che consigliarvi ampiamente Historia!
Historia è un’ambientazione tutta italiana per Dungeons & Dragons (quinta edizione) che vi cala in un rinascimento popolato da… animali antropomorfi!
Lungi dall’essere un mondo “carino”, Historia vi porrà in mezzo a intrighi, lotte politiche, battaglie campali, dilemmi etici, un mondo dove Alchimia, Magia e Religione si sfidano ogni giorno dove Spade, Armature e Pistole vivono fianco a fianco.
VAI AL KICKSTARTER!
Oltre a ciò, in ambito videoludico, abbiamo recentissimo Greedfall, ambientato in una versione fantasy dell’età delle esplorazioni, dove le armi da fuoco si incontrano ogni giorno con le corazze dell’acciaio migliore… con un pizzico di magia!
Inoltre, ha decisamente fatto scuola Mount & Blade: With Fire and Sword, l’espansione standalone del mitico Warband, passata purtroppo in sordina, che ci pone nel complesso panorama dell’europa orientale di metà ‘600, durante la rivolta cosacca contro il commonwealth Polacco-Lituano (per inciso, è grazie a questo titolo che so dell’esistenza di suddetto commonwealth…).
Come non citare poi la saga di Ezio di Assassin’s Creed, dove le armi da fuoco, appena accennate in Assassin’s Creed 2, si fanno sempre più presenti nei seguenti Brotherhood e Revelations, come a mostrare la lenta ma inesorabile diffusione di queste armi nel rinascimento.
E già che citiamo Ezio, non possiamo non guardare le produzioni italiane: se vi piacciono i librogame e i giochi di ruolo non posso che consigliarvi la saga di Ultima Forsan, ambientata in un macabro rinascimento assediato dai non morti dove solo le nuove tecnologie del ‘500 potranno tenere i nostri eroi in salvo dagli abomini!
Uno degli autori, Mauro Longo, famoso autore di librogame italiano nonché gestore del blog Caponata Meccanica e di una pagina su libri da tavolo per bambini (Bambini e Draghi), ha scritto numerosi libri game di Ultima Forsan e inoltre alcuni romanzi ambientati sempre in questo periodo come Guiscardi senza Gloria e il fabbricante di spettri.
Se l’argomento vi è piaciuto, vi invito a leggere The Knight and the Blast Furnace di Alan Williams. Se invece cercaste una lettura (lievemente) più leggera, questo stesso argomento è stato affrontato e approfondito nel 2008 sul blog Baionette Librarie del mitico Duca, alias Marco Carra, con una serie di articoli sulle armi e gli acciai, più tecnici, che potete trovare quì.
Se questo articolo ti è piaciuto, segui il prof. Marrelli su facebook e su ludomedia.
Modificato da aza
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