Non sono un tipo da eulogie: se c'è una cosa che detesto sono proprio le manfrine e le litanie post-mortem dedicate ai personaggi appena scomparsi. Ho sempre ritenuto più corretto parlare dei meriti dei vivi finché sono ancora vivi, piuttosto che stracciarsi vesti e capelli quando passano a miglior vita. Ma allora perché mai hai scritto questo post, vi starete chiedendo ? Perchè ve lo state chiedendo, vero ?
Una delle ragioni per cui ho deciso di scrivere questo articolo è che i ragazzi di Dragon's Lair mi hanno chiesto di farlo... ma non perderei mai del tempo a scrivere di qualcosa che non reputo interessante, a prescindere dalla fonte da cui proviene la richiesta. Per cui questa non è la motivazione principale, c'è dell'altro, andiamo oltre...
Ebbene si: sono uno di quelli. Ecco la ragione principale. Faccio parte di quella cerchia di persone (a quanto pare molto vasta, di questo mi sono reso conto in questi giorni) che si è avvicinata ai giochi di ruolo tramite i libri di Joe. Ricordo persino la prima volta in cui mi sono imbattuto in un libro della saga di Lupo Solitario, il numero 14 "Il Prigioniero di Kaag", ed ero a casa di amici. Quel libretto, assai malridotto a dire il vero, catturò immediatamente la mia attenzione a tal punto che presi a sfogliarlo senza una ragione apparente. Capirete che alla luce di tutto ciò, non posso non scrivere qualcosa su Joe Dever. Perchè se non ci fosse stato Joe, molto probabilmente non sarei qui a scrivere articoli sul nostro passatempo preferito e non avrei messo su un blog sui giochi di ruolo. In parte glielo devo, al buon Joe. E non voglio essere un ingrato.
Ma torniamo al mio incontro con Lupo Solitario: ovviamente mi feci prestare il libro e lo divorai. Procedetti poi ad acquistare anche gli altri, tutti quelli che le mie (allora esigue) finanze mi permettevano. A quel tempo non avevo ancora capito se mi piaceva davvero il fantasy o se semplicemente amavo la buona scrittura, ma Lupo Solitario era ambedue. Lo so, lo so: alcuni di voi, anche in un sito come questo, avranno da ridire sul secondo giudizio che ho dato, ma a costoro io ribatto: come definireste un libro dal quale non riuscite a staccarvi nemmeno quando i morsi della fame iniziano a farsi sentire ? Mia madre ne ha sempre avuto di fiato, ma quel giorno penso che finì per esaurire un bel pò della sua riserva a forza di chiamarmi... ma io ero nel Magnamund. Avrebbe potuto continuare a chiamarmi per millenni, ché non avrei comunque risposto. Mi resi conto che avevo una fame da lupo (solitario) solo quando poggiai quel maledetto libro sullo scaffale. Se questa per voi non è buona scrittura, allora ditemi cos'altro potrebbe essere. Io sono qui che vi aspetto.
Lo stile di Joe Dever era quanto di più naturale e spontaneo possibile. Era diretto come sapevano esserlo in pochi, non era aulico come quello di Tolkien e sedicenti eredi, sapeva trasmettere la tensione e la suspance. Andava dritto al sodo, come i migliori pezzi punk... era un maestro nel trasmettere il dubbio, l'incertezza della scelta. Tutti i libri-game in un certo senso avevano questa caratteristica, ma Dever ne aveva fatto un'arte. Che questo dipendesse dalla "presa" che aveva il suo personaggio più amato, Lupo Solitario, o dallo stile di cui parlavo sopra, non saprei dire e francamente nemmeno mi interessa. Io so solo che di libri-game ne lessi a iosa e nessuno, ripeto nessuno, si avvicinava a quelli di Joe come intensità e capacità di trasportare il lettore altrove.
Di recente mi interrogavo sull'impatto che i libri di Lupo Solitario ebbero su di me e sul mio stile di Master (almeno agli inizi) e mi venne in mente questo aneddoto: stavo masterando la mia prima sessione d&d in assoluto a casa di amici. Ero un niubbo, perché gli altri due avevano avuto a che fare con sotterranei & draghi da molto più tempo rispetto a me, e mi "concessero" l'opportunità di provare a fare il Master. Ad un certo punto il gruppo era giunto ad un bivio ed io esclamai: "Davanti a voi due strade: imboccate la destra o sinistra ?". Uno dei due scoppiò a ridere e ci tenne a farmi notare che non ero costretto a dire ogni volta "fate x o y ? Andate a w oppure z ?", perchè era questo che facevo. "Non è mica un libro-game, è un gdr !" mi diceva, ma io scuotevo la testa incredulo: ormai ero completamente invaso dallo spirito di Joe Dever. Quando quel mio amico mi disse così, quasi mi si spezzò il cuore. Ma aveva ragione lui, sacrosanta. Fatto sta che è così che mi avevano descritto i gdr la prima volta che ne sentii parlare, cioè come una sorta di libro-game ma senza libro. Ed è stato proprio per merito di questo impreciso paragone che mi sono avvicinato al mondo dei giochi di ruolo: se invece mi avessero detto "è come un gioco di società, ma puoi fare quello che vuoi", probabilmente non avrei capito, avrei fatto spallucce e sarei tornato nel Magnamund.
Prima di dichiarare conclusa la messa e farvi uscire a giocare a pallone all'oratorio, volevo dire un'ultima cosa. Sono rimasto piacevolmente colpito dall'onda di post, messaggi e riflessioni sui social che l'evento della morte di Joe ha scatenato. Chi se lo sarebbe mai aspettato ? A quindici anni ero convinto di essere uno dei pochi a conoscere Lupo Solitario... ma quella era un'altra era, un'era in cui giocare di ruolo e leggere i libri-game era un pò come girare per le strade di Roma col cappello a cilindro, bastone da passeggio, monocolo e baffi spioventi. E' stato bello scoprire che oltre a me, nel Magnamund, tanti anni fa c'erano anche Marco, Mattia, Valentina, Simone, Roberto, Nicola, Giuseppe... e che per gran parte di loro, me compreso, Joe è stato fondamentale nell'introdurli nel mondo dei giochi di ruolo. A piccoli passi, senza tante cerimonie e manualoni di regole, ma soltanto con la forza della narrazione e tanti brividi lungo la schiena.
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