Progetta Le Tue Avventure #1: Tutto é Storia
Progetta Le Tue Avventure #2: I Primi Passi
Progetta Le Tue Avventure #3: Ferrorie e Scatole di Sabbia
Progetta Le Tue Avventure #4: Si Va in Campagna
Progetta Le Tue Avventure #5: Tessitura di una Campagna - Teoria
Progetta Le Tue Avventure #6: Tessitura di una Campagna - Pratica
Progetta Le Tue Avventure #7: Va In Scena La Sfida
Progetta Le Tue Avventure #8: Fallire Senza Morire
Progetta Le Tue Avventure #9: Programmazione ad Incontri
Progetta Le Tue Avventure #10: Un Esempio di Programmazione ad Incontri
Quante volte avete sentito l’espressione “senza se e senza ma”? È tipica di chi, oggigiorno, nell’ambito di un conflitto di qualche tipo (morale, civile, politico…), vuole dire che c’è un Giusto e uno Sbagliato con una chiara linea di demarcazione, senza sfumature, senza grigi. Il che è anche condivisibile, in certi casi; meno in certi altri.
Ma quando ci sediamo alla scrivania con indosso il sacro abito talare da Diemme abbiamo un compito: che è quello di permettere che avvenga un bel gioco con una bella storia. Per questo scopo le sfumature e i grigi sono una miniera d’oro, sono il santo Graal. In tutti i media narrativi (libri e film compresi). Ma soprattutto per un GdR.
Questo articolo deve molto a un vecchio post di The Angry GM che a suo tempo mi ha colpito. Lo trovate qui, in lingua inglese (vedasi anche le letture consigliate per qualche nota riguardante l’autore). È sua l’idea centrale su come creare un eccellente conflitto. Di mio ci aggiungo qualche riflessione personale sulle migliori soluzioni, e su… beh, su un certo tipo di cattivo conflitto.
Conflitti chiusi
Un conflitto chiuso è uno elementare, liscio, in cui ci sono solo la Parte Giusta e la Parte Sbagliata. Senza se e senza ma, appunto. Questo dal punto di vista di chi sta intorno al tavolo, giocatori e Diemme: è la loro prospettiva che conta, non importa cosa pensano i personaggi dentro il gioco. (Ricordiamo, comunque, che stiamo parlando di D&D, o meglio del mio D&D).
Dal punto di vista delle scelte, dei princìpi, un conflitto di questo genere è già risolto: non ci interessa scoprire “chi ha ragione” perché lo sappiamo già, lo diamo per scontato.
Ne Il Signore degli Anelli è chiaro che Sauron è il Cattivone ed è giusto opporsi a lui. Lo stesso vale per Voldemort della saga di Harry Potter, o per Thanos del ciclo cinematografico degli Avengers. Ne I predatori dell’Arca perduta (e in molte altre storie ambientate nella stessa epoca) questo ruolo lo hanno i nazisti, in Guerre Stellari l’Impero e il Lato Oscuro. Se vi associate alla recente corrente (vedi qui) che usa i GdR come terreno di rivendicazione sui diritti delle minoranze, magari darete quel ruolo agli oppressori bigotti, razzisti, omofobi o roba del genere.
Ora, il fatto che un conflitto sia chiuso non vuol dire che non ci si possa basare una campagna: ho appena citato svariate opere di successo in cui ce n’è uno, prova evidente che funziona. Infatti può essere irrisolto sotto altri profili.
Il caso più tipico è quello in cui il conflitto chiuso fornisce l’obiettivo finale alla storia: ci interessa scoprire se, e come, i protagonisti riusciranno a sconfiggere Sauron / Voldemort / Thanos / l’Impero / i nazisti / gli oppressori.
Un caso alternativo è quello in cui il conflitto chiuso costituisce semplicemente lo sfondo della vicenda: non ci interessa in alcun modo agire su di esso, o rispetto ad esso, la storia riguarda altro. I protagonisti vivranno la propria storia (magari con un’evoluzione interiore, o con un obiettivo di altra natura) mentre il conflitto chiuso si sviluppa intorno a loro e indipendentemente da loro, come una cornice. In una storia lovecraftiana nessuno può sconfiggere Cthulhu: quello che ci interessa è scoprire se i personaggi riusciranno a sopravvivere all’orrore o usciranno di testa. In una storia realistica ambientata negli anni Trenta nessuno si aspetterà davvero di debellare il nazismo: quello che ci interessa è scoprire come i personaggi riusciranno a cavarsela con i loro scopi (quali che siano) mentre intorno imperversa questo male.
Conflitti aperti
Siete un po’ stufi dei conflitti chiusi? Volete aggiungere più “pepe” o più “impegno” tematico alla vostra campagna? Può essere il momento di sperimentare un conflitto aperto. Esso si basa su una domanda di principio di cui non si sa a priori la risposta. Non c’è, dal punto di vista di chi gioca, una Parte Giusta e una Parte Sbagliata in maniera netta e assoluta. Non si tratta di schierarsi in modo ovvio e poi lottare per la giusta soluzione, si tratta invece di trovare la soluzione, il che è molto più difficile e può produrre un role play molto più interessante.
L’esempio principale che fa Angry nel suo articolo è sempre tratto da Il Signore degli Anelli. Non dovrebbe sorprendervi: può esserci più di un conflitto in una storia. Si tratta del conflitto tra il fato (la predestinazione, la Provvidenza) e il libero arbitrio (le azioni dei singoli e la loro facoltà di scelta). È una questione che il libro (e in parte il film) affrontano in modo bellissimo e poetico, eppure pochi se ne accorgono, convinti (erroneamente) che l’unico conflitto degno di nota sia quello dei Buoni contro i Cattivi.
Altri esempi di Angry includono: natura/ambiente vs. tecnica/industrializzazione, e poi sicurezza vs. libertà individuale. Entrambi grandi classici, da cui si potrebbero trarre infinite storie. Si nota subito la loro caratteristica chiave: entrambi i fronti hanno i loro lati positivi, anzi, entrambi sono essenziali in una certa misura, non se ne può davvero fare a meno; eppure, entrambi i fronti se portati all’eccesso sono devastanti.
Volete un esempio del tutto diverso, dal mondo delle favole? La cicala e la formica. Vale a dire: dilettevole vs. utile, arte vs. duro lavoro, espressione di sé vs. bisogni materiali. Ne verrebbe fuori una campagna niente male! Quasi quasi un giorno ci provo.
Progettare un conflitto aperto
In prima approssimazione, un conflitto aperto si può schematizzare come un duopolio (i due “fronti” contrapposti) in cui ognuno dei due poli ha pregi e difetti, lati positivi e lati negativi, per cui alla fine si ha un quadripolio.
Polo A | Polo B | |
Pro (+) | A+: lati / aspetti positivi del polo A | B+: lati / aspetti positivi del polo B |
Contro (-) | A-: lati / aspetti negativi del polo A | B-: lati / aspetti negativi del polo B |
Badate: come sempre, dall’inizio dell’articolo, con “positivi” e “negativi” intendo positivi per chi gioca e negativi per chi gioca. Questo è molto importante. Se tutti al tavolo siete arciconvinti che gli aspetti positivi di un certo polo siano delle sciocchezze di poca importanza, o non siano davvero così positivi, potete fare tutte le tabelle che volete ma di fatto state giocando un conflitto chiuso: credete di starvi ponendo una domanda, ma sapete già dall’inizio la risposta. Stesso discorso per quelli negativi.
Da Diemme, quindi, per progettare un buon conflitto aperto, scegliete due cose (idee, valori, concetti…) antitetiche o in conflitto tra loro ed elencate, per ciascuna, aspetti positivi e aspetti negativi.
Importante: durante il gioco non dovrete mostrare ai giocatori le due cose, bensì gli aspetti elencati. A questo scopo può essere utile associare ciascun aspetto (positivo o negativo) a specifici PNG, specifici fatti o specifiche entità concrete del mondo di gioco, con cui i PG potranno interagire: questo vi permetterà di dare agli aspetti un senso di realtà e concretezza.
Dopodiché, dovete solo lasciare che i giocatori interagiscano con il conflitto e scelgano, di volta in volta, da che parte stare.
Un mio esempio
Vi descriverò rapidamente un conflitto che avrei tanto voluto mettere in scena al mio tavolo. Ci avevo basato una campagna, ma putroppo essa è naufragata prima ancora di cominciare a scalfire la superficie. Un giorno forse ci riproverò. Riguardava la condivisione della conoscenza.
Il polo A era l’idea per cui la conoscenza dovrebbe essere libera, diffusa, condivisa: se sai una cosa, dovresti dirla a tutti; tutti hanno il diritto di sapere la verità. I pregi di questa idea sono chiari: niente menzogne, coperture, tentativi di nascondere le cose; persone più informate e consapevoli. I suoi difetti sono meno intuitivi, ma in un mondo fantasy è facile farli emergere: ci sono cose che, se sapute, potrebbero portare al caos, all’isteria di massa; o conoscenze che, nelle mani sbagliate, possono fare gravissimi danni.
Il polo B era l’idea per cui la conoscenza doveva essere protetta, custodita, tenuta al sicuro: solo chi è pronto a sapere dovrebbe sapere; ci sono cose che sarebbe meglio fossero dimenticate. I pregi di questa idea sono: sicurezza, tranquillità, guida illuminata da parte di pochi. I suoi difetti sono, ovviamente, l’elitarismo, il rischio di oscurantismo, l’uso della menzogna come copertura.
Un monastero pieno di libri e di sacerdoti-studiosi, sempre in prima linea nell’erudizione del popolo e nella ricerca di nuovi, strani fenomeni per studiarli, incarnava A+.
Mentre un eccentrico e potente mago solitario, assetato di nuove conoscenze e disposto a qualsiasi cosa pur di svelare certi arcani misteri, incarnava A-.
La chiesa della dea del sole e della guarigione, che metteva al primo posto la salute e la protezione del popolo, e perciò aveva messo al sicuro certi pericolosi segreti affinché fossero dimenticati, incarnava B+.
Infine, una potente squadra di inquisitori fanatici, devoti al dio della giustizia e votati a reprimere, anche con la forza, qualunque cosa sembrasse anche solo vagamente “strana” o minacciosa, incarnavano B-.
Risoluzione del conflitto aperto
Una cosa a cui Angry non dedica spazio, ma che a me preme molto, è questa: come si risolve un conflitto aperto? In teoria ha quattro possibili soluzioni.
- Vince A, o Vince B: le due soluzioni più ovvie; uno dei due poli del conflitto prevale sull’altro e si afferma. Questo si traduce nell’affermazione, più o meno completa e più o meno marcata, dei suoi aspetti positivi e dei suoi aspetti negativi, e nella negazione invece di quelli dell’altro polo.
- Pessimismo Cosmico: è quella preferita dall’autrice emergente Snee Dronningen (è bravissima – nonostante sia mia sorella – leggetela!) e da molti altri autori contemporanei dei vari media; in pratica, il conflitto finisce per logorare e dilaniare tutti gli schieramenti. Alla fine si affermano, in modo più o meno completo e marcato, gli aspetti negativi di entrambi i poli, mentre i positivi, schiacciati, finiscono per soccombere.
- Sintesi Costruttiva: è quella che vorremmo tutti, o almeno tutti noi ingenui positivisti trekker che ancora ci ostiniamo a sperare che le cose possano migliorare; in pratica, consiste nel combinare i poli in un compromesso, o a volte in un qualcosa di completamente nuovo, che risolva il conflitto in maniera non distruttiva. Di conseguenza si affermano, in modo più o meno marcato, gli aspetti positivi di entrambi i poli (o, almeno, un ragionevole compromesso tra essi), mentre i negativi vengono molto attenuati o neutralizzati.
Naturalmente, nel gioco di ruolo dovrebbero essere i giocatori a portare il conflitto verso uno di questi esiti, a seconda di quello che vorranno fare e riusciranno a fare. Ma conoscere a livello teorico le possibili soluzioni può aiutare noi Diemme a capire dove si potrebbe andare a parare.
Questo è importante soprattutto perché a volte facciamo l’errore di mettere troppi ostacoli preventivi contro una delle possibili modalità di soluzione (generalmente, contro l’ultima dell’elenco). In certi casi lo facciamo senza volerlo… ma diciamocelo: a volte siamo così innamorati del nostro bel conflitto aperto che ce la mettiamo proprio tutta per impedire che si possa arrivare a una sintesi; ci sembra troppo facile, troppo comodo. Beh, in generale questo atteggiamento non è carino, lasciatemelo dire: i giocatori si meritano di avere tutte le possibilità; poi magari falliranno, ma è un altro discorso.
Aperti ma chiusi: propaganda
C’è un aspetto che Angry accenna appena nel suo articolo, ma che io voglio espandere un po’.
Abbiamo visto i conflitti chiusi, dove si assume che tutti diano per scontato qual è la Parte Giusta e chi sono i Cattivoni. Sono comuni e non c’è niente di male: producono buone storie da millenni. Poi abbiamo visto quelli aperti, con tanti “se” e tanti “ma” che servono a mettere in discussione, in dubbio una questione. Sono caratteristici delle storie eccellenti, a cui danno una marcia in più.
C’è un terzo tipo di conflitto nella fiction: quello in cui non si assume che chi guarda / legge sappia qual è la Parte Giusta, ma glielo si vuole insegnare. In pratica, per l’autore dell’opera il conflitto è chiuso, ma anziché presentarlo come tale lo presenta come se fosse aperto, e finge di metterlo in discussione mentre in realtà ogni scena serve a dar ragione sempre alla stessa parte e a puntare sempre verso la stessa conclusione. Questo si chiama propaganda, ed è una cosa che vi sconsiglio caldamente di fare nel vostro gioco.
La propaganda tende a produrre pessime storie: in effetti, tra i tre tipi di conflitto, è quello che generalmente produce di gran lunga le storie peggiori. Ma in un GdR è ancora peggio: è la morte del gioco, perché ne fa un uso strumentale. Questo a prescindere da cosa si vuole propagandare.
Una caratteristica essenziale che deve avere un’attività per essere gioco è il fatto di essere fine a se stessa: se non lo è più, diventa altro. Pensate a chi usa il role play per fini terapeutici o didattici: si fa da decenni, a volte con ottimi risultati. Non metto in dubbio la validità di questi usi, sono cose bellissime, ma (per me) non sono più giocare; tant’è vero che sconsiglio fermamente di praticarle senza uno specialista (psicoterapeuta per il role play terapeutico, insegnante per quello didattico).
Se c’è un tema più o meno impegnato che vi sta a cuore e su cui siete nettamente schierati, secondo me avete, come Diemme, tre opzioni.
- Escludere quel tema dal gioco: metterlo da parte, parlare d’altro. Va benissimo: non siete tenuti a combattere in prima linea per ogni ora di ogni giornata. A quel punto, tra l’altro, potete giocare anche con chi la pensa in modo diverso da voi (ma anche no, eh: non siete obbligati).
- Giocare solo con chi la pensa come voi in materia, e mettere in scena il tema come un conflitto chiuso: da una parte (dalla “vostra” parte) ci sono i protagonisti, le brave persone, le cose buone e giuste, dalla parte opposta i Cattivoni. È lecito, e può essere catartico. Per inciso, è quello che farei io se volessi trattare il tema della schiavitù, dell’omotransfobia o del genocidio (qualche volta l’ho fatto).
- Giocare anche con chi non la pensa come voi, e mettere in scena il tema come conflitto aperto. È un’arte difficile, perché dovete dare spazio anche agli aspetti negativi della “vostra parte” e a quelli positivi della parte opposta (se non riuscite a vederne non potete farlo); ci vuole molta empatia e immedesimazione. Ma soprattutto è una mossa rischiosa, perché comunque la pensiate dovete, dovete, accettare il rischio che i giocatori portino la storia da un’altra parte, verso una conclusione diversa. Dovete lasciarli liberi.
Quello che (per l’amor di Pelor!) vi scongiuro di evitare è architettare una giocata strutturata per dimostrare a chi non la pensa come voi quanto ha torto, e farlo sentire un escremento se non cambia idea. Quando un gioco funziona così non è più un gioco. Nessuno si diverte a sentirsi un escremento.
Appendici
Ma Allora Gli Allineamenti?
Come ho ripetuto tante volte gli allineamenti sono una cosa opzionale, che nelle edizioni più recenti (D&D 5e) si può eliminare in modo indolore. Detto questo io li trovo molto utili e li uso sempre, come ho illustrato in una serie apposita di articoli.
Il discorso che ho fatto in favore dei conflitti aperti non la contraddice: indica semplicemente che il contrasto Bene vs. Male (o, in misura minore, Legge vs. Caos) non è il miglior conflitto centrale per una campagna “impegnata” perché generalmente non è aperto. Non significa che Bene, Male, Legge e Caos non possano esistere: nelle mie campagne esistono, con le loro belle definizioni. In effetti mi aiutano a rendere le cose più complesse, perché non è affatto detto che personaggi con lo stesso allineamento abbiano la stessa posizione rispetto al conflitto centrale. E trovarsi avversari, rispetto a quel conflitto, di qualcuno con cui però si condivide una serie di altri valori vincolanti (quelli del Bene o della Legge) porta a chiedersi quanto quel conflitto conta davvero per noi, e a pensare a dei modi per convincere l’altro anziché limitarsi a sconfiggerlo.
Due ultime, "malefiche" note
Il fatto che un conflitto sia chiuso non significa che il Cattivone non possa essere delineato in modo complesso, carismatico e non superficiale. Per Sauron e Voldemort questo non avviene, ma per Thanos sì. Il Cattivone può “avere le sue ragioni” ed essere sfaccettato e credibile, ma se nessuno (autore o spettatore, giocatore o Diemme) dubita del fatto che sia il Cattivone, che sia dalla Parte Sbagliata, il conflitto è comunque chiuso. Cosa che, come ho detto, può andare benissimo.
Similmente, il fatto che un antagonista (Cattivone di un conflitto chiuso, o polo di un conflitto aperto: non importa) sia complesso, sfaccettato e in sfumature di grigio (vere o presunte) non garantisce una bella storia, né l’antagonista più bidimensionale e meno sfumato del mondo ne garantisce una brutta.
Prendete Malefica, quella vera: è chiaramente un Cattivone, bidimensionale (in pratica è cattiva perché sì), eppure è uno dei villain più affascinanti del mondo Disney, in un film che forse non è il top (specie per i nostri tempi) ma si difende egregiamente. Prendete la sua brutta copia live action: si intuisce che vorrebbe essere un personaggio complesso e profondo, con sentimenti e motivazioni credibili, eppure ne viene fuori una storia orrenda. Ok, il fatto che tutti gli altri personaggi del suo film siano piattissimi non aiuta. Ma il problema è soprattutto che il conflitto tra il mondo magico e quello degli uomini, che avrebbe tutto il potenziale per essere un bel conflitto aperto, viene gestito coi piedi, riducendolo a questioni personali tra gli individui, e non viene mai messo davvero in discussione. (Naturalmente c’è chi apprezza quel film; ed è curioso vedere che in tal caso, in genere, lo interpreta come un manifesto, che non lascia dubbi, che ha anzi precisamente lo scopo di dimostrare come le ragioni stiano da una sola parte. Sapete come si chiama questo, vero? Bravi: propaganda. Legittima, ma… non fatelo a casa! Non nel vostro gioco di D&D.)
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