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  1. artemis b. marthem

    artemis b. marthem

    Circolo degli Antichi


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  2. Maaram

    Maaram

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    Ichil

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Contenuti visualizzati con la più alta reputazione il 22/11/2005 in tutte le aree

  1. Mi scuso anticipatamente per la lunghezza del post. Alcuni punti potrebbero risultare non troppo chiari; questo perchè avrei dovuto inviare il background, ma l'ho perso causa pc rotto. Quando lo riscriverò (era lunghissimo) provvederò a inviarlo. Se avete domande chiedete pure, comunque. Buona lettura. ***** Maaram Al'Qadim, nativa della città di Calimport, lascia gli agi della sua ricca famiglia per seguire l'avventura e l'ignoto. Non è sola tuttavia. Una potente e segreta organizzazione si nasconde nell'ombra. ***** Personaggi principali: -Maaram Al'Qadim: la protagonista indiscussa una ragazza dal carattere focoso e impulsivo, ambiziosa ma leale, che sogna di farsi strada nel mondo. Ha trascorso gli anni della sua adolescenza addestrandosi nel combattimento, nelle sottigliezze della professione di ladro e studiando duramente. La sua testardaggine è direttamente proporzionale alla sua bellezza. -Zoran Al'Qadim: padre di Maaram, è ora un ricco e stimato mercante, ma in gioventù agiva tra le fila della Gilda dei Ladri di Calimport. Severo ma affettuoso, deve la propria saggezza ad anni di avventura. -Marwa Al'Qadim: madre di Maaram. Donna risoluta e affascinante, si dice abbia combattutto al fianco del marito. -Sahid Al'Qadim: fratello maggiore di Maaram, si occupa degli affari commerciali di famiglia. Si diverte parecchio a prendere in giro la sorella, ma in realtà ne è orgoglioso. Anzi, orgoglione. -Kahlid: il migliore amico di Maaram, proviene da una famiglia poverissima ma con l'aiuto degli Al'Qadim ha potuto studiare la magia. -Myriam: amica di Maaram, più grande di lei di una decina d'anni, compagnia preferita per i bagni in hammam e i pettegolezzi. -Nadir: amico molto intimo -Maja: la gazza ladra addestrata di Maaram. Un volatile bianco e nero lungo una cinquantina di centimetri, sempre attratto dalle cose "sbrilluccicose". ************************************************* XI giorno del mese di Eleint, anno 1372 Non potrò mai dimenticare questo giorno... Quel mattino mi sarei volentieri trattenuta a letto; non mi sentivo affatto riposata, probabilmente a causa dei frequenti incontri notturni con Nadir. Purtroppo dovetti abbandonare i miei propositi di ozio, poichè fui svegliata da un educato bussare alla porta della mia stanza. Si trattava di un fatto insolito, in quanto essendo obbligata per quasi tutta la settimana ad alzarmi prima dell'alba, nessuno veniva a disturbarmi quando potevo godermi qualche ora di sonno aggiuntiva. Riuscii a malapena ad aprire un occhio e vedere sbucare dalla porta la testa di mio padre, il quale mi disse qualcosa sul fatto che dovevo vestirmi e scendere, perchè aveva qualcosa di importante per me. Notai che aveva in volto uno strano sorriso, e mi ricordai di una giornata simile qualche anno prima. In quell'occasione lo avevo trovato ad attendermi al piano inferiore e la mia vita aveva ricevuto una svolta decisiva. Se si era preso la briga di venire a svegliarmi personalmente, doveva trattarsi di qualcosa di veramente serio. La mia preoccupazione crebbe esponenzialmente quando, giunta in sala da pranzo, distolse la mia attenzione dal profumo della colazione appena preparata e mi condusse nel suo studio. "Non preoccuparti, potremo mangiare più tardi", affermò con una bizzarra espressione di furbizia ed eccitazione. Iniziai a pensare che forse i primi segni dell'età cominciavano a manifestarsi in lui... Venni fatta accomodare, dopodichè mi parlò in questo modo: "Figliola, durante questi ultimi anni la tua costanza è stata messa a dura prova. Tuttavia hai dimostrato di essere una buona allieva e di possedere una grande forza di volontà." "Come voi, padre, sapete", risposi, "sono stata spronata da uno scopo importante." "Certo, Maaram, ed è proprio qui che volevo arrivare. Sembra che tu sia cresciuta abbastanza da potertela cavare da sola. Si dà il caso che tuo fratello debba, tra una decina di giorni, partire alla volta della città di Waterdeep per un viaggio di lavoro; sarebbe mio piacere se tu l'accompagnassi. Starà poi a te decidere se e quando fare ritorno." Pronunciò queste ultime parole con una vena di tristezza nella voce. Rimasi a bocca aperta di fronte a ciò che mi si prospettava innanzi. Vedendo che, scossa dalla novità, non sapevo che cosa dire, riprese il filo del discorso. "Ma di certo non puoi avventurarti per il mondo senza un equipaggiamento adeguato!", disse alzandosi e facendomi segno di seguirlo. Accese una candela e, avvicinatosi alla libreria, spostò un volume apparentemente uguale agli altri; un meccanismo si azionò ed alcuni scaffali rientrarono nel muro svelando un varco segreto. Avevo abitato quella casa per tutta la vita, eppure non conoscevo l'esistenza di quel nascondiglio... come di molte altre cose, peraltro. Scendemmo una rampa di scale fino a quello che doveva essere un antro ricavato allo stesso livello della cantina. La piccola stanza era ovviamente buia ma mio padre provvide ad illuminarla accendendo una lampada ad olio che era appoggiata su di un tavolo. Potei così vedere che sul medesimo tavolo erano sparpagliate alcune carte che mio padre si affrettò a riporre in uno scaffale, in cui si trovavano anche qualche libro e un paio di bottiglie di vino. Al muro stavano appese delle armi dall'aspetto antiquato (mi colpì in particolare un rapier dall'elsa tempestata di gemme preziose) e lo stemma di famiglia. In terra c'era un baule chiuso da un grosso lucchetto. Mio padre, estratta una chiave da una delle numerose tasche del suo abito, si avvicinò proprio al baule e si accinse ad aprirlo. "Ecco, figliola", disse quando ebbe finalmente ragione della serratura, "Ciò che ti mostrerò ora è stato conservato per lunghi anni appositamente per questa occasione". Io, sempre più emozionata, cercai di vedere cosa si nascondesse là dentro, ma mio padre recuperò un fagotto e fece per posarlo sul tavolo. "Via, via. La tua comprensibile curiosità sarà presto soddisfatta". Mi trovai davanti un'eccellente attrezzatura per lo scasso, completa in ogni suo strumento. "Questi potranno tornarti utili, così come tutto il resto. So che ti sei chiesta perchè mai ti siano stati impartiti anche rudimentali insegnamenti di arte magica, ma senza quelle poche nozioni non potresti utilizzare queste", disse mostrandomi alcune pergamene accuratamente conservate nelle rispettive custodie. Fu poi la volta di due oggetti molto particolari. Il primo era un amuleto dall'apparenza modesta, intagliato nella scaglia di un animale che non seppi identificare; l'altro era un paio di guanti in cuoio con rinforzi di metallo, di ottima fattura. Mi fu spiegato che entrambi erano intrisi di potere arcano e, se indossati, avrebbero accresciuto la mia forza e resistenza fisica. Ascoltai con attenzione, stupita dalle molte meraviglie che si paravano davanti ai miei occhi. Il meglio doveva però ancora giungere, con mia grossa sorpresa: sul fondo del baule si trovava infatti un involto di grandi dimensioni e che sembrava anche piuttosto pesante. Mio padre lo adagiò sul tavolo e con un gran sorriso mi disse: "Mi raccomando, tieni sempre in gran conto quest'oggetto, perchè il suo uso più o meno adeguato potrà fare la differenza tra la vita e la morte". Detto questo aprì la spessa coperta che faceva da protezione all'oggetto e scoprii che si trattava di una stupensa spada lunga con l'elsa finemente intagliata. Mi porse l'arma ed io l'estrassi dal fodero, potendo così vedere che lungo tutta la lama era stato inciso il mio nome. Soppesandola la trovai perfetta. Non trovai parole per esprimere la mia profonda gratitudine. Mi conmmossi e gettai le braccia la collo di mio padre. "E'... è meravigliosa. Non avrei potuto immaginare niente di più bello". "Hai detto bene, Maaram. Si tratta davvero di un'arma meravigliosa, forgiata da un metallo speciale che può sconfiggere le creature più immonde, ed affilata magicamente per trapassare il corpo nemico come burro". Come se non fosse bastato, mi diede la notizia più gradita: il mio nome figurava ora tra le fila della Gilda. Tutto ciò per cui avevo studiato e lavorato, sudato sotto il sole nell'apprendere le evoluzioni della spada, si stava avverando. La mattinata non era ancora terminata e decisi così di recarmi al mercato per procurarmi ciò di cui avrei avuto bisogno durante il viaggio. Mio padre mi aveva donato un sacchetto di monete che si rivelarono assai abbondanti rispetto a quel che dovetti spendere per i miei pochi acquisti. All'ultimo momento mi ricordai, fortunatamente, di comprare della pergamena e dell'inchiostro: il mio primo, lungo viaggio avrebbe costituito una buona occasione per esercitarmi nella cartografia. Il pomeriggio mi fu lasciato libero; sarei andata a dare la buona notizia ai miei più cari amici - omettendo ovviamente le questioni della Gilda. Per prima cosa mi recai da Myriam, sapendo che subito dopo pranzo l'avrei sicuramente trovata a casa. Mi accolse infatti come era solita fare, con un abbraccio e l'invito per il tè; era bella ed elegante come sempre, ed ogni suo gesto pareva intriso di grazia. La sua grande abitazione disponeva di una sala per l'hammam; colsi l'occasione per rilassarmi, in previsione dei giorni di duro lavoro che mi attendevano. Myriam si mostrò certamente dispiaciuta per la mia partenza, ma anche contenta perchè conosceva il desiderio d'avventura che mi aveva accompagnata negli ultimi anni. Chiamata l'ancella che aveva preparato il bagno rinfrescante, le bisbigliò qualcosa all'orecchio, e la ragazza si allontanò per fare ritorno poco dopo. Portava con sè un involto dall'apparenza preziosa; si trattava di abiti raffinati di cui Myriam voleva farmi dono per il mio viaggio. Terminate le nostre consuete chiacchiere, ci salutammo calorosamente. C'era ancora una persona che dovevo assolutamente vedere prima di tornare a casa per la cena.
    1 punto
  2. 10-11 anni fa la mia prima partita. Poi, cinque anni fa il gruppo originario si è sciolto, ed è da quattro anni che masterizzo con i superstiti. Ricordo ancora la mia prima partita, mamma che nostalgia. Il mio PG 'storico'? Direi Rastan (il bast***o ), il mio guerriero preferito, che a causa della sua personalità fin troppo caotica non ha mai passato il settimo livello.
    1 punto
  3. provo io,cercando di uguagliare il bellissimo inizio di shar Gaerthel si svegliò. La testa gli doleva, e il dolore premeva forte al livello delle tempie come se la sua testa fosse tra un'incudine e un martello. Si sentiva malissimo. Le ossa e i muscoli erano tutti uniti in un lancinante dolore che si faceva sentire non appena Gaerthel si muoveva. Provò ad alzarsi più volte, solo per venir ricostretto dal dolore ad adagiarsi sul suo letto di foglie. E sangue. In parte suo, in parte dei suoi compagni, in parte degli elfi scuri. Non riusciva a capire perchè, quella notte, sei maledetti elfi del sottosuolo li avessero attaccati. Che sapessero della missione? Impossibile. Non avrebbero potuto scoprirlo. Gli unici a conoscenza della delicata missione che era stata affidata a loro, una manciata di eletti, erano lui stesso e gli altri chierici che erano con lui, e Moradin. "Già, Moradin - pensò Gaerthel ignorando il dolore e accarezzandosi il martello che portava sul petto, un bassorilievo di eccezionale fattura frutto del lavoro di un suo confratello - che sia questo il suo disegno? Uccisi dalle nostre prede? Perchè, Moradin?" Iniziò a piangere in silenzio, guardando le fronde degli alberi sopra di lui. Poi tastò con la mano destra il punto dove erano entrati i dardi. Troppo profondi per estrarli e non rischiare di morire dissanguati. Troppo profondi per alzarsi e curarsi da soli. Semplicemente troppo profondi, come la città di quei maledetti elfi scuri. Troppo profonda per essere raggiunta in poco tempo, evitando ogni inconveniente. L'inconveniente si presentò quando, mentre erano in uno dei tunnel che portavano alla città degli elfi scuri, sei di essi erano sbucati dal nulla e li avevano attaccati. Non potevano sapere, non così bene da preparare un'imboscata. E quando i nani si erano organizzati per restituire il favore, gli elfi scuri li avevano accerchiati e uccisi tutti. "Tranne me." Pensò Gaerthel. Poi fu un attimo. Un fruscio, un sibilo, e poi qualcosa lo colpì alla testa, e ancora una volta nel giro di poche ore, Gaerthel sentì quella spiacevole sensazione di turbinio attorno a lui, mentre perdeva i sensi. Quando si svegliò, Gaerthel stava bene. <Buongiorno, nano.> Disse una voce soave alla sua sinistra, parlando comune, una voce che Gaerthel non poteva non riconoscere. Si voltò e inorridì. Un elfo dei boschi era davanti a lui, sorridente. <Come va la testa?> Continuò l'elfo. Gaerthel rimase in silenzio. La testa andava bene, ma l'elfo non aveva il diritto di saperlo. Allungò la mano sul fianco per cercare il martello, ma il quello stesso momento lo notò per terra, dietro l'elfo, troppo distante per essere raggiunto. Non gli restava nient'altro da fare che parlare. Non era mai stato un grande diplomatico con quelli della sua razza, figuriamoci con un elfo. <Bene, abbastanza bene, - brontolò burberamente - ma potrebbe andare meglio. Dove ci troviamo?> passo parola a chi voglia continuare
    1 punto
  4. Il pg di un mio compagno di avventure Monaco Maestro dell'Ubriaco ha avuto una sepoltura gloriosa: dentro un barile pieno di birra e con una lapide che citava "Nella morte come nella vita: immerso nell'alcool!!!"
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