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Legend of dragoon.... Sì in effetti era bello (soprattutto il sistema delle "combo") ma non è certo uno di quei giochi che mi hanno "segnato"... non come DUKE NUKEM, 3D o MASTER OF MAGIC... nei vecchi tempi... O come tutta la serie BALDUR'S GATE / ICEWIND DALE più di recente....1 punto
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Ciao a tutti!Io sono nuova del forum,ma questa discussione mi ha colpita moltissimo e vorrei contribuire con la mia opinione cosa avviene se un assassino che è malvagio si redime e continua la sua strada come Caotico buono? ovviamente nn potrà + acquisire livelli nella classe dell'assassino,ma cmq nn perderà le abilità acquisite,di certo ne farà un uso diverso Ad esempio i veleni potrebbero nn essere mortali ma solo stordenti,col fine ultimo nn di uccidere ma di rendere inoffensivo,lo stesso attacco mortale può essere riutilizzato come attacco stordente,dunque se quella ladra avesse percorso questo tipo di vita sarebbe ineccepibile dal punto di vista meramente regolistico... Se vogliamo considerare anche l'aspetto del role playing tale evoluzione se accompagnate da un'abile interpretazione sarebbe da premiare più che da penalizzare,soprettutto se questa evoluzione fosse stata causata proprio dalla presenza di ispirazione divina del paladino. mi scuso con tutti voi x la lunghezza di questo post concludendo con una domanda...chi può arrogarsi il diritto o nella presunzione di poter arrogarsi il diritto di giudicare il corretto o meno corretto stile di gioco altrui? grazie a tutti ciao1 punto
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C’era una volta, tanto tempo fa, un castello incantato… Il castello era abitato da strane creature, che vivevano in armonia fra di loro… o quasi. A guardia del cancello si ergeva un enorme cane a tre teste, che impediva l’ingresso ad ogni viandante così folle che osasse avvicinarsi al castello. Perché soltanto coloro che avevano ricevuto il consenso dal possessore delle chiavi erano autorizzati ad entrare nel castello. Costui era un uomo dai modi schivi e dalla parole stringate, ma la sua conoscenza era smisurata ed il suo potere incommensurabile. Ma una volta entrati, lo spettacolo che si presentava agli occhi era stupefacente! Un maggiordomo dai modi impeccabili elargiva i migliori benvenuti a tutti i nuovi visitatori, riservando le attenzioni più ragguardevoli alle dolci donzelle che si presentavano alla porta del grande castello. Dopodiché il bardo di corte si premuniva di presentare i nuovi giunti a sua maestà, il lich… Al suo cospetto chiunque veniva colto da grande timore e tutti i suoi sudditi agivano secondo la sua fredda volontà. In particolare i suoi servitori più devoti, i guardiani del castello, si aggiravano per il castello cercando di contentare il loro padrone al meglio delle loro possibilità. Chi si aggirava terrorizzando i sudditi troppo rumorosi, chi si preoccupava che l’arredamento fosse sempre impaccabile. Tra questi era poi presente il folle giullare, che raccoglieva a sé i migliori artisti del regno e vagava giorno e notte per il castello allietando (o spaventando) con le sue folli storie gli abitanti ormai rassegnati alle sue pazzie. Gli faceva una strenua concorrenza il malefico gnomo rompiscatole, in grado di creare un caos terrificante nel giro di pochi secondi, per poi tornare velocemente nella sua tana, dove passava il tempo ad inventare nuovi ed esilaranti trucchetti per far impazzire il malcapitato di turno. Ma alcuni dei servitori erano ben più oscuri. Il boia del castello si aggirava nelle ombre per sorprendere gli incauti che osavano trasgredire le ferree regole del castello. Non aveva alcuna pietà dei poveri sventurati che capitavano fra le sue grinfie. Molti dei sudditi erano rispettosi e ben pochi osavano alzare la voce per contrastare il grande potere che li sovrastava. Ma fra questi, alcuni coraggiosi (o molto ingenui), cercavano di creare zizzania per il semplice gusto di far correre come matti i poveri guardiani. Costoro si avvalevano di straordinari poteri di illusione e riuscivano sempre ad evadere qualunque tipo di sorveglianza da parte dei guardiani. Uno di questi, conosciuto come il temibile pinguino, aveva la capacità spaventosa di cambiare aspetto repentinamente e senza preavviso. Suoi compagni di marachelle erano un uomo di cui poco si conosceva, se non il suo carattere irascibile e le sue infime velleità da molestatore ed un pazzo, che amava farsi chiamare re dagli abitanti del castello. Contro costoro combatteva un valoroso guerriero, discendente di un drago splendente, di cui si narrano gesta eroiche, ma anche ire funeste. Solo i folli avrebbero osato mettersi contro di lui. Ma anche quest’uomo aveva i suoi punti deboli… una tremenda allergia al pelo di gatto! Solo il gatto di corte era talmente temerario da affrontarlo, e spavaldo come solo i gatti sanno essere, si divertiva a far infuriare il guerriero, che dal canto suo non risparmiava fendenti mortali e ruggiti poderosi. Solo la sera, di fronte al caldo del camino, tornava a regnare la pace nel grande castello, il momento magico in cui tutti placavano i propri animi. Ma nelle torri più recondite qualcuno non riposava mai. Là, in una stanza nascosta e dimenticata da tutti, il folle alchimista proseguiva i suoi esperimenti senza tregua. Il suo sogno era quello di creare il sasso spannomerale, in grado di creare e diffondere il caos in questo luogo di scherzi e delizie. A volte usciva dal suo laboratorio per cercare nuovi adepti per la sua causa, in particolare cercava di far cadere in tentazione i nuovi arrivati. Se con le promesse di potere non otteneva nulla, allora offriva loro una ghianda. I suoi adepti erano numerosi e crescevano di numero ogni giorno di più. Questa era la tranquilla vita del castello. Il Natale era ormai alle porte e tutti si stavano preparando al meglio. Gli addobbi erano già sistemati, molti avevano tolto dagli armadi il vestito della festa e la bella giardiniera, dolce compagna del bardo di corte, stava sistemando le ultime decorazioni che avrebbero reso il già stupendo giardino ancora più incantevole. Tutto sembrava filare liscio, quando la vigilia di Natale si presentò alle porte del castello una strana figura. Nevicava fitto quel giorno ed era avvolta da un lungo mantello per proteggersi dalle gelide folate. Arrivò davanti al grande cancello, il cane a tre teste cominciò a ringhiare, ma una mano avvolta da un caldo guanto di pelle si protese verso lo strano animale, che si acquietò all’istante. Il maggiordomo aprì lo spioncino per vedere chi fosse lo strano visitatore e si vide presentare un pezzo di pergamena ripiegato. Il maggiordomo lo valutò ed aprì il portone per lasciar entrare il nuovo arrivato. La strana figura entrò con passi lenti, quasi non volesse far udire neanche un suo passo all’interno del castello. Abbassò il cappuccio svelando un viso dalla pelle d’ebano. Il maggiordomo ebbe un brivido lungo la schiena ma si risparmiò ogni commento. La donna dalla pelle nera come la notte, una strega dai grandi poteri malvagi, porse il suo mantello al maggiordomo, che… malauguratamente se lo fece scappare dalle mani! La donna spalancò gli occhi di uno strano colore viola, li puntò minacciosi sul pover’uomo ed esclamò: “Come hai osato? D’ora in poi sarai il mio mortale nemico!!”, ed indignata si allontanò dal maggiordomo, che sussurrò fra i denti: “E tu, la mia mortale nemica…”. La sera giunse a riportare la calma nel tumultuoso castello, anche se l’atmosfera della vigilia permeava ogni angolo. Tutti giravano allegri nei saloni e nei corridoi, pensando alla grande cena che si sarebbe tenuta di lì a poco. Nel salone delle feste erano presenti già in tanti, pronti ad ingozzarsi smodatamente per tutta la notte, finché non fosse giunta l’ora di aprire i regali. Ma qualcuno ancora non si vedeva in giro. La strega non si era più fatta vedere dal suo arrivo ed il maggiordomo, curioso come una scimmia, decise di dare un’occhiata in giro. Si recò dal possessore delle chiavi per sapere in quale stanza alloggiasse la sua mortale nemica e rimase stupito di sapere che si era sistemata in una delle stanze riservate ai guardiani. Il suo stupore crebbe quando vide il boia di corte uscire proprio da quella porta salutando cordialmente. Si fece coraggio e si avvicinò silenziosamente alla porta che il boia aveva appena chiuso. Appoggiò l’orecchio per riuscire a percepire qualunque rumore potesse provenire dall’interno della stanza, ma non udì nulla. Allora sfilò da sotto la giacca una copia della chiave universale, che gli era appena stata spedita dall’associazione “Maggiordomi solerti per padroni contenti”, e la infilò con delicatezza nella serratura. Con straordinaria abilità riuscì a farla scattare e, premendo appena sulla maniglia, la porta si aprì senza alcun rumore. La stanza era completamente immersa nell’oscurità e sembrava che non ci fosse nessuno. Eppure il boia era appena uscito salutando. Il maggiordomo inghiottì per farsi coraggio e si addentrò nella stanza. Dopo qualche secondo i suoi occhi cominciarono ad adattarsi al buio e cominciò a distinguere i contorni dei vari mobili. Poi qualcosa cominciò a brillare al centro della stanza: una sorta di sfera luminescente cominciò ad apparire sopra ad un tavolino rotondo. Il maggiordomo si avvicinò incuriosito e si rese conto con sommo stupore che si trattava di una boccia di vetro con un pesce rosso! Strabuzzò gli occhi per l’incredulità e si avvicinò ancora di più per osservare meglio quello strano fenomeno. Senza rendersene conto il suo viso arrivò a sfiorare la boccia di vetro ed improvvisamente si ritrovò scaraventato a terra. Cercò di rialzarsi ma era come se non riuscisse più a rimettersi in piedi, come se non avesse la forza di sollevare il proprio corpo. Ma dopo qualche secondo si rese conto di essere perfettamente in piedi, ma… al livello sbagliato! Era ben al di sotto del bordo del tavolino e tutto sembrava infinitamente più grande attorno a lui. Con grande terrore abbassò gli occhi ed osservò il proprio corpo… era diventato… cos’era diventato? Il suo corpo era giallo e sembrava una sorta di cubo bucherellato; si tastò e l’effetto fu stranissimo, sembrava… una spugna! Anzi, era una spugna! Il povero maggiordomo cominciò a disperarsi, ma le sue lacrime non fecero che peggiorare la situazione, perché venivano assorbite dal suo nuovo corpo, che si gonfiava sempre più e gli impacciava i movimenti. Cercò di correre fuori dalla stanza, ma una figura imponente gli sbarrò la strada. Era la strega, che lo osservava con un ghigno beffardo. “Vedi cosa succede a diventare il mio mortale nemico?” “Maledetta mortale nemica!” squittì lui con una vocina che non riconosceva come la propria. “Sai che hai solo un modo per tornare com’eri prima: impegnarti nel voto sacro del caffè!”. Il maggiordomo inorridì, perché il voto sacro del caffè era vincolante più di un patto di sangue. Ma il problema era anche un altro: riuscire a convincere il cuoco a farsi dare del caffè. Sapeva che non sarebbe stata un’impresa facile…1 punto
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